GLI AVVOCATI E IL FASCINO PERVERSO DELLA PAS O ALIENAZIONE GENITORIALE

9 Febbraio 2018 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio

n questi giorni è tornato alla ribalta un argomento che gli avvocati familiaristi conoscono fin troppo bene: la cosiddetta Pas (sindrome da alienazione parentale-genitoriale) recentemente mutata in alienazione genitoriale e della quale abbiamo già parlato nel nostro articolo del 29 gennaio scorso.

Ciò su cui poco ci si interroga è il perché questa “sindrome”, inventata di sana pianta da un sedicente Professore Docente alla Columbia University, eserciti il proprio fascino perverso su moltissimi avvocati.

La prima risposta che verrebbe spontanea è che la Pas costituisce una facile strategia difensiva, sebbene non degna di fondamento, peraltro costosissima (perché comporta un lungo iter processuale ed il coinvolgimento anche di consulenti del Tribunale e di parte, psicoterapia, percorsi di mediazione ecc…), che tuttavia costituisce essa stessa di per sé una fonte di traumi per i minori coinvolti.

Cavalcarla nei Tribunali è stato agevole e poco impegnativo, perché per evocarla è bastato citarne il teorizzatore, Richard Gardner, indicarne i titoli accademici (senza specificare che fossero inveritieri!) per poi passare ad illustrare brevemente al Giudice delle condotte considerate tout court “alienanti” di un genitore (normalmente la madre) verso l’altro, ma spesso senza specificare molto di più e senza che vi fosse un minimo di seria indagine preventiva, per poi semplicemente presumere, da ciò, l’esistenza di una “alienazione” e, per di più, di una “sindrome da alienazione”!

Una volta evocata la famigerata Pas, l’iter giudiziario diventa fra i più dolorosi e penosi immaginabili: i bambini ed i ragazzi vengono analizzati in minuziose CTU (consulenze tecniche d’ufficio) e, sovente, inviati in psicoterapia per recuperare A TUTTI I COSTI il rapporto con il genitore cosiddetto alienato (poco importa se fosse abusante o maltrattante il minore stesso).

Il tutto con somma soddisfazione del legale che ha messo in moto tale procedura nonché, almeno inizialmente, del genitore “alienato”.

Tuttavia la soddisfazione processuale ed economica non sono sufficienti, a nostro sommesso avviso, per spiegare l’enorme successo della Pas fra gli avvocati (degli psicologi ci occuperemo in separato articolo). Non lo sono perché è una lettura superficiale ridurre ad una mera questione di soldi e successo processuale tutto il male che viene fatto ai minori coinvolti, a causa della battaglia di CTU e CTP che si innesca in tali casi, ma anche perché spesso si impongono incontri protetti fra questi minori ed il genitore “alienato” (spesso abusante o maltrattante).

Dopo anni trascorsi nei Tribunali e patrocinando cause di diritto di famiglia, possiamo affermare che, a nostro sommesso parere, tra gli elementi che attirano gli avvocati in un procedimento di affidamento di minori che evochi la Pas vi sono anche fattori ulteriori e più profondi, spesso inconsci (altre volte perfettamente consci) all’avvocato medesimo e che affondano le loro radici nelle stesse dinamiche psicoaffettive del singolo legale, nelle sue motivazioni e nei suoi condizionamenti più intimi.

Gli avvocati del resto sono persone, assolutamente imperfette e con una propria storia che non ha ricadute evidenti in cause di diritto ordinario ma potrebbe averne in cause più delicate e dai risvolti psicologici ed affettivi importanti, come appunto avviene nelle separazioni e nei divorzi giudiziali. Gli avvocati che si dedicano al diritto di famiglia, dunque, dovrebbero avere una formazione di qualità ed improntata SEMPRE ad un’azione giudiziaria scevra da condizionamenti e pregiudizi personali perché, in caso contrario, non si può assumere una difesa efficace.

Pertanto, possiamo asserire che un avvocato che “sposi” la causa del proprio assistito in modo del tutto acritico fino al punto da cavalcare una sindrome inventata come la Pas, non sta svolgendo il proprio mandato con la necessaria competenza.

Aggiungiamo che il medesimo legale affascinato dalla Pas non può certamente difendere in modo efficace le donne vittime di abusi o maltrattamenti poiché, sovente, la Pas viene utilizzata proprio per smantellare ogni accusa di abuso o maltrattamento, assumendo che i figli (cioè i testimoni per eccellenza di reati endofamiliari) sarebbero manipolati dalla madre, vittima denunciante.

Di conseguenza, ci chiediamo come possa un legale che ha utilizzato la Pas nella propria casistica giudiziaria, ergersi a paladino dei diritti delle donne vittime di violenza. Eppure è ciò che accade con un dualismo quasi schizofrenico.

Si tratta di quesiti che dovrebbero far riflettere innanzitutto gli avvocati, proprio quelli che hanno subito il fascino della Pas e che sono convinti essa esista davvero. Dovrebbero essi stessi distinguere fra ciò che è un comportamento rilevabile oggettivamente ed analizzabile nel contesto in cui si manifesta ed una sindrome che venne inventata per colpire le vittime di violenza e, spesso, viene spasmodicamente cercata nelle CTU per finalità che sono assai lontane dal tutelare il benessere dei minori.

Occorrono, dunque, un’etica ed una coerenza professionale che vanno ben oltre il codice deontologico forense e che dovrebbero fare naturalmente parte del sentire ed agire di un avvocato familiarista competente.
Il nostro compito, quello degli avvocati, non è quello di creare sindromi pur di vincere una causa. Il nostro compito è difendere un assistito e le sue ragioni, ma solo se queste sono legittime e non manifestamente infondate perché, viceversa, ne saremmo complici.

Tuttavia, nel diritto di famiglia, il nostro compito di avvocati è ancor più delicato poiché è primariamente quello di tutelare anche i minori ed il loro benessere: perché tutto ciò che viene espletato in un processo di separazione/divorzio giudiziale ha un forte impatto personale e sociale del quale noi avvocati dovremmo sentirci responsabili. Sempre!

“La famiglia è un’isola che il mare del diritto può solo lambire e non sommergere” (Arturo Carlo Jemolo)

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