GRANDE FRATELLO? NO, GRANDE IMBARAZZO

2 Maggio 2018 | Redazione

di Raffaella Bocci,Giornalista

Sono lontani i tempi in cui Pietro Taricone & company sperimentavano per la prima volta l’esperienza di vivere 24 ore su 24 ripresi dalle telecamere. Allora, i ragazzi della casa più spiata d’Italia non avevano la più pallida idea di cosa avrebbe significato per loro la partecipazione ad un reality show.  

Nessun copione, nessuna vetrina televisiva di esibizionisti senza fama, solo dei ragazzi che giorno dopo giorno dimenticavano di essere spiati e tiravano fuori la loro indole. Qualche piccola trasgressione, sempre velata da un certo pudore: effusioni sotto una coperta, abiti provocanti ma mai eccessivi.  

Cos’è rimasto di quel “Grande Fratello”? Nulla. Negli anni il casting del Grande Fratello ha selezionato improbabili personaggi sempre più fuori luogo, che pur di ritagliarsi il loro attimo di gloria hanno perso qualsiasi inibizione.   

Un format che ha perso di valore in tutti i sensi fino a rasentare l’assurdo con questa ultima edizione.

Più che “Grande Fratello” dovrebbe essere ribattezzato “Grande Imbarazzo”. Una trasmissione che non fa bene a nessuno. Inconcepibile e inammissibile, né la rete né gli autori né i partecipanti fanno una bella figura, anzi.  

Dopo tutti i fatti di cronaca, dopo tutti gli eventi di sensibilizzazione contro la violenza e il bullismo, come si può tollerare una trasmissione in cui degli uomini mettono all’angolo una donna minacciandola, insultandola e pianificando atti delinquenziali veri e propri?

Non è tv spazzatura, non è cattivo gusto, ma è tollerare comportamenti che non solo andrebbero puniti ma anche perseguiti. Si è passati dalle limitazioni della censura al considerare “normale” ciò che normale non può diventare. Non possiamo assuefarci alla violenza e questi programmi rischiano di portare a questo. L’eliminazione di un concorrente non è sufficiente, quello che continuerà ad entrare nelle case degli italiani è la rappresentazione di un mondo che non può essere accettato. Neanche in nome dello share.

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