Cinema. Aquile randagie: lo scoutismo che non ti aspetti.

2 Ottobre 2019 | Redazione

di S. D’Aquilio


Ci sono storie del nostro Paese che ancora non si conoscono. Storie eroiche di gente comune che si ribellò al nazifascismo in mille modi.

Una di questa storie sconosciute e che doveva essere raccontata, è quella narrata in “Aquile Randagie” con la regia di Gianni Aureli, un giovane uomo sensibile il quale, grazie ad un crowdfunding e tanta buona volontà e studio, ha saputo rappresentare con sorprendente capacità uno spaccato di vita italiana fra il 1935 ed il 1945. La prima è stata proiettata al “cinema delle Province” di Roma e dal 30 settembre in oltre 200 sale in tutta Italia. Sono andata a vederlo con grande curiosità.

I protagonisti del film sono dei giovani scouts i quali ricevono l’ordine, emesso da Mussolini, di sciogliere ogni associazione giovanile italiana che verrà considerata fuori legge, da quel momento in poi. I ragazzi, votati all’aiuto del prossimo, alla fedeltà ai propri ideali di fratellanza e comunione con la Natura, palpano così l’effetto più devastante di una dittatura: la perdita della propria individualità, l’obbligo di uniformarsi al regime senza discutere, senza reagire.

Non lo accettano. Semplicemente, tutto questo significherebbe tradire i propri valori, i valori degli scouts e decidono di ribellarsi. Dapprima in modo più istintivo che razionale, sfidando il sistema. In seguito, la loro battaglia personale si sovrapporrà alla battaglia dei partigiani, della resistenza e li traghetterà dall’essere dei ragazzi pieni di ideali e di gioia di vivere a dei giovani uomini che quegli ideali li metteranno in pratica a rischio della propria vita per salvare altre vite in un’impresa epica: infatti furono oltre 2000 gli ebrei messi in salvo da questi ragazzi con l’operazione denominata “OSCAR”!

Il cast è per lo più composto da giovani attori i quali, si percepisce anche parlando con loro dopo la proiezione, hanno studiato meticolosamente i personaggi che hanno interpretato alcuni dei quali erano ancora vivi, quando Gianni Aureli ha iniziato le riprese e hanno supportato la realizzazione del film con mille dettagli utili. L’ambientazione naturalistica è stupenda: girato fra Pavia, Milano, la Valtellina e la Val Codera, il film offre scenari davvero mozzafiato per chi ama la montagna.

I ragazzi, mi permetto di chiamare così gli attori per la loro giovane età e l’energia che li contraddistingue, hanno dato il meglio di sé e si vede quando, intrattenendosi con loro dopo la proiezione, raccontano delle riprese, dei pezzi più difficili da girare, delle profonde emozioni provate. Una menzione particolare la dedico, ovviamente, alla protagonista femminile di questo piccolo gioiello, Elena (interpretata dalla bravissima Anna Malvaso), una ragazza che si ritroverà a fare la staffetta partigiana abbracciando gli stessi ideali dei propri amici e del proprio fidanzato, superando paure e dubbi. Fino alla fine.

Proprio il finale merita la mia riflessione più accurata: la Giustizia, che tante volte rincorro invano nei Tribunali, trionferà grazie al cuore ed all’animo sano di Giovanni (interpretato da Alessandro Intini) e dei suoi compagni giacché proprio quei valori che li hanno animati per salvare tante vite umane saranno fedelmente applicati per impedire una facile vendetta contro fascisti e tedeschi, una volta terminata la guerra.

Gianni Aureli, Gaia Moretti, coautrice della sceneggiatura e tutti coloro che hanno lavorato a questo film hanno saputo trasmettere delle emozioni vere e profonde alla platea, tutta visibilmente commossa al termine della proiezione della prima. La genuinità del racconto, la speranza della pace che trionfa è forse quello di cui abbiamo bisogno ancora oggi. Guardare questo film, soprattutto insieme a bambini e ragazzi, ci riporta alle storie che abbiamo sentito raccontare tante volte dai nostri nonni e bisnonni e che non dobbiamo dimenticare. Fa bene al cuore questo film, fa bene all’anima ed era necessario in un momento storico nel quale la violenza quotidiana e l’odio politico minacciano l’oblio di ciò che fu e che non dovrà essere mai più.

Il messaggio profondo che ho raccolto e che mi ha toccato il cuore è chiaro e bellissimo: la Giustizia ristabilisce equità e pace, rende persone libere e migliori mentre la vendetta rende disumani ed identici ai propri carnefici.

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