Abbiamo inviato vari report all’ONU
Nel luglio 2021 al CSW (Commissione sullo Status delle Donne) e nel dicembre 2022 alla Relatrice Speciale Reem Alsalem
Cio’ e’ stato possibile grazie ad una impegnativa ed isolata attivita’ di raccolta e studio dei casi giudiziari iniziata nel 2017 ma intensificata tra il 2018-2022. Resa possibile grazie al data base realizzato per noi da Eleonora Francica.
Abbiamo raccolto in tale periodo infatti circa 800 casi giudiziari di violenza istituzionale in cui e’ stata usata la Pas/Parental Alienation, la Sindrome della Mare Malevola, la teoria del falsi ricordi o pseudoteorie analoghe e corollari.
500 sono casi di violenza domestica su donne e minori e, tra questi, circa 100 di abuso sessuale su minori (non tutti denunciati). Spesso l’abuso sessuale paterno su minore coincideva con la DV.
Negli altri 300 casi – assente la DV e l’ abuso sessuale su minore- la strategia difensiva basata sulla Pas/PA ecc. e’ stata usata per ottenere la collocazione paritaria alternata dei minori, sebbene svantaggiosa per il loro benessere (es. su minori molto piccoli oppure nel caso in cui le abitazioni genitoriali fossero distanti anche oltre 20 km) .
Dall’analisi dei casi emerge in modo chiaro come l’uomo #violento inizi spesso a manifestare la propria reale #natura aggressiva e coercitiva proprio quando la compagna rimane #incinta. Ciò avverrebbe nel 40% dei casi anche in base a studi USA.https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fmaisonantigone%2Fposts%2Fpfbid0qo6UW2yFZWP1MVmdPYhi1x4xQgyCY1t7dGsViQUtA7qkakgXkAFGbjktyqPJCJiZl&show_text=true&width=500&is_preview=true
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Tutti i casi di abuso sessuale ed il 50% circa dei casi di DV raccolti sono terminati con allontanamento radicale materno (Reset) e collocamento paterno previo periodo di un anno o piu’ di istituzionalizzazione. In questi casi le mamme non erano piu’ seguite dai centri antiviolenza (v. dopo).
Nel 40% dei casi la madre ed il minore hanno evitato l’allontanamento dimostrando totale «resilienza» all’atteggiamento violento paterno ma con gravi rivittimizzazioni e rischi, indotti dal sistema e non certo dalla madre costretta a cio’. Il caso di Erica Patti e dei suoi figli e’ emblematico, cosi come quello del figlio di Antonella Penati, dei fratelli Pontin, di Daniele Paitoni e tanti altri.
L’accusa alla mamma di essere inadeguata come genitirice in quanto alienante/simbiotica/malevola/ostativa ecc., e’ giunta anche solo per il fatto di essersi rivolta al tribunale richiedendo l’autorizzazione al trasferimento del figlio minore, per esigenze di lavoro. Molti sono i casi di minori allontanati in conseguenza di cio’. I tribunali italiani sembrano infatti reagire molto aggressivamente ed in modo svalutante verso le madri che chiedono o programmano il trasferimento del minore, ritenute colpevoli di non tutelare i diritti relazionali paterni e il the best interest of child.
In tutti i procedimenti raccolti l’istruttoria giudiziale non e’ mai stata effettuata, o se effettuata e’ avvenuta dopo la CTU, riflettende i pregiudizi della CTU. L’istruttoria infatti e’ stata sostituita con un incarico di valutazione delle capacita’ genitoriali affidato dal Giudice al CTU o ad una equipe interdisciplinare (di quelle predisposte in alcune asl, nono raramente anche esse formate alle pseudoteorie della Pas/Pa e corollari).
I quesiti per il perito mai hanno chiesto di indagare la violenza domestica o di considerarla negativamente ai fini della valutazione della adeguatezza genitoriale, cio’ anche quando fossero state allegate – al Ricorso o alla Comparsa di costituzione – documentazioni e testimonianze attestanti la violenza e gli abusi. Anche quando gia’ vi fosse rinvio a Giudizio e persino condanna per maltrattamenti, lesioni, stalking ecc.
•Dall’analisi degli 800 casi risulta che il/la CTU non ha mai ascoltato i testimoni della violenza, ne’ valutato le prove della violenza paterna già depositate dalla difesa legale della mamma o, quando le ha prese in considerazione, lo ha fatto per svilirne la pericolosita’, il senso ed il conseguente rischio di pregiudizio per il minore, travisando la richiesta di protezione materna come atteggiamento «alienante» o simbiotico/malevolo/intrusivo/»appatellato» ecc.
•La maggior parte delle 800 donne intervistate hanno sostenuto di aver subito esplicite minacce dal CTU o dai servizi sociali, dal curatore per il minore, dal padre e talvolta persino in udienza (avvertimenti circa il fatto che i minori sarebbero stati allontanati se non fossero divenuti resilienti o comunque se non avessero accettato le pretese paterne, anche quando irrazionali es. collocazione paritaria alternata con le case genitoriali distanti 20 o anche piu’ chilometri ).
•Non raramente si attestano violazioni del contraddittorio in CTU (es. il CTU acquisisce documenti dal padre ma non dalla madre, oppure acquisisce documentazioni/testimonianze indicate dal padre ma in assenza della CTP o dell’avvocato della mamma, non considera le argomentazioni materne o riporta erroneamente le stesse, in modo pregiudizievole verso la mamma e manifestando uno sbilanciamento a favore del padre).
•Dall’analisi degli 800 casi e’ emerso che le videoregistrazioni degli incontri peritali non sono state effettuate dai CTU o, se effettuate, non sono state messe a disposizione della difesa legale della mamma e della sua CTP o sono risultate compromesse o incomplete o interrotte.
Non raramente la CTP della mamma non mette a disposizione della difesa legale della medesima le videoregistrazioni ottenute al CTU.
• Si evidenziano conflitti di interesse non rari: talvolta i CTU risultano avere rapporti professionali/amicali stretti con la CTP e/o gli avvocati del padre. Alcuni CTU incaricati hanno gia’ subito condanne (es. per peculato). In un caso la CTP ha poi sposato il padre. In un altro la assistente sociale che ha richiesto, ottenuto e attuato l’allontanamento del minore di tre anni alla madre (poi dichiarato illegittimo in quanto immotivato) era cugina del padre. In seguito tale assistente sociale e’ stata arrestata per altri casi analoghi. Quasi mai i casi di conflitto di interesse attenzionati sono stati considerati dai tribunali.
• Le relazioni appaiono in modo evidente sbilanciate a favore del padre, anche quando si e’ manifestato violento durante la CTU (aggressioni dinanzi o direttamente verso il CTU, uso di turpiloquio ecc.), ed a sfavore della madre.
Gli argomenti utilizzati per sminuire la capacita’ materna sono o del tutto destituiti di fondamento, o fuorvianti il contenuto di documenti e/o delle affermazioni e dei comportamenti, in senso nettamente contrario. Es. una mamma e’ stata ritenuta simbiotica e dunque inadeguata perche’, durante le operazioni peritali, si rivolgeva al figlio di un anno e mezzo con «la vocina» , mentre fu ritenuto idoneo il padre che non riusciva a comunicare con il bambino. In molti casi fu del tutto ignorato da CTU e ss il minore che, tornando dalle brevi visite paterne di circa due-tre ore, presentava lividi, ferite, malessere, raccontando maltrattamenti e in vari casi anche masturbazione compulsiva, arrossamenti genitali e anali. In un caso, analogo a molti altri, venne affermato dai servizi sociali, nonostante prove contrarie, che la mamma si fosse allontanata dalla citta’ durante le vacanze natalizie, per tornare nel proprio paese di origine a circa 600 km di distanza, senza aver preso previ accordi con il padre e con gli stessi servizi sociali. La mamma, accusata di sottrazione di minore, e’ stata condannata nonostante evidenti prove contrarie all’assunto accusatorio e nonostante gravi contraddizioni delle testimonianze e delle dichiarazioni di chi l’ha denunciata. In altro caso la CTU e l’assistente sociale ritennero che un bambino di 8 anni, rimasto vittima di un incidente stradale causato da un automobilista estraneo, avesse «manie di suicidio» : cio’ al fine di poter affermare una diagnosi di disagio psicologico e rafforzare la richiesta di allontanamento materno. In una CTU e’ stato relazionato che il bambino, «probabilmente psicotico e scollato dalla realta’», per tutto il tempo dell’incontro peritale, circa un’ora, avesse sostenuto con la CTU di essere un «agente segreto». In realta’ andando a verificare la registrazione audio si evidenziava come fosse stata la CTU a chiedere al ragazzino se gli piacessero i film di spionaggio ricevendone una breve risposta.
Innumerevoli sono gli esempi che possono essere tratti dagli 800 casi raccolti.
•Le relazioni CTU e degli incontri peritali in quasi tutti questi casi sono state contestate dalla difesa legale delle madri, in quanto viziate di nullita’, perche’ non corrispondenti a quanto detto/avvenuto o perche’ fuorvianti o in quanto violative del contraddittorio. Tuttavia le istanze sulla nullita’ delle CTU sono state rigettate, o ignorate, anche quando le affermazioni/argomentazioni materne siano state comprovate da registrazioni audio o altre prove.
•In vari casi le mamme hanno presentato querela o esposti per frode processuale, falso ideologico ecc. contro i CTU, hanno effettuato segnalazioni all’Ordine degli Psicologi ed al CSM. Invano.
Rari sono stati i rinvii a Giudizio di alcune CTU querelate.
•L’ascolto giudiziale dei minori è stato evitato, almeno fino ai 15 anni e talvolta anche oltre. L’ascolto viene spesso preceduto da CTU squalificanti la credibilita’ del minore.
• Le relazioni di CTU, diagnosticanti la Parental Alienation o manipolazione/intrusivita’/simbiosi / malevolenza materna ecc., sono state sempre puntualmente utilizzate in sede penale per ottenere l’archiviazione delle denunce di DV/Abusi o proscioglimento del padre imputato.
•Dall’analisi degli 800 casi e’ risultato che i procedimenti giudiziali civili di affido hanno in media una durata di 8-9 anni e possono durare anche fino al compimento dei 15-16 anni dell’ultimo figlio minore coinvolto. Quindi tali procedimenti possono durare anche 15 o 16 anni. Quando il minore ha problemi cognitivi (autismo ecc.) il procedimento va ben oltre la maggiore eta’.
* Nei casi di abuso sessuale raccontato dal minore, i procedimenti sono molto piu’ brevi perche’ velocemente si arriva all’allontanamento drastico materno, anche solo in 10 mesi un anno e comunque sempre prima dell’inciente probatorio del minore.
L’allontanamento o madrectomia prosegue per anni. Prevede l’annullamento drastico di ogni rapporto con la parentela materna e le amicizie pregresse. Per anni. I contatti con la mamma vengono limitati a due al mese, di un’ora ciascuno e strettamente monitorati (condizionati in molti casi) da un educatore o un assistente sociale. La mamma viene redarguita se esprime parole di affetto al bambino, se gli chiede come sta, se gli chiede cosa fa in casa famiglia o a casa del padre e per ogni atteggiamento di cura. Rimproverata se gli chiede conto dei lividi che vede o delle occhiaie o del malassere fisico evidente del bambino. Anche solo se gli chiede come va a scuola (spesso fino a qualche anno fa al bambino veniva fatta cambiare regione e anche la scuola, pur di allontanarlo dalla madre). Facilmente le madri puo’ essere privata delle telefonate quindicinali di 15 minuti e monitorate concesse loro per sentire il figlio o private degli stessi incontri protetti. IL bambino viene spesso privato anche dello sport prima praticato , anche quando sia stato svolto a livello agonistico ed anche se il minore abbia conseguito risultati eccellenti e prospettive di ingresso nella nazionale. Lo sport precedentemente praticato viene sostituitoda altro. Le mamme vengono escluse anche dalle chat dei genitori dei bambini di scuola. Vengono allontanate da tutti (segno che probabilmente si chiede alla scuola di tenere a distanza la mamma). L’allontanamento prosegue fino a che il bambino risulti del tutto distaccato affettivamente dalla mamma, scisso o abbia addirittura raggiunto un ingiustificabile comportamento oppositivo e colpevolizzante la mamma (il che fa presumere che i bambini possano subire delle pressioni tese a colpevolizzare le mamme). Gli incontri vengono spesso cambiati di giorno ed orario per esigenze del padre o del servizio: cio’ implica che le madri non infrequentemente perdano il lavoro. Mentre quando sono i padri ad essere monitorati nei loro incontri siconsatta un atteggiamento rilassato e disponibile alle richiesta, viceversa lo stesso non accade con le mamme.
Nei casi di denunce per abuso sessuale le madri ed i minori coinvolti subiscono il trattamento piu’ coercitivo di annientamento delle relazioni ed i maggiori danni psicologici e fisici.
* Nei casi di violenza domestica e “rifiuto” (ossia paura) costante del minore, l‘allontanamento puo’ avvenire anche dopo circa 6-8 anni dalla denuncia e dall’avvio della separazione/processo di affido del minore, nonostante il rinvio a Giudizio ottenuto e persino la condanna nel frattempo raggiunta: cio’ avviene anche quando inizialmente durante il primo ed il secondo anno dall’avvio del processo civile la mamma abbia ottenuto l’ affido esclusivo del minore, l’allontanamento del padre con sospensione degli incontri col minore (che tuttavia nel giro di sei mesi vengono ripristinati). Se la mamma nel prosieguo dei processi infatti non collabora attivamente al ripristino degli incontri protetti, poi degli incontri liberi, ai percorsi di genitorialita’ ed alle educative – nonostante la paura ed i racconti persistenti del minore circa nuovi atteggiamenti paterni ricattatori o violenti – dimostrandosi “non collaborativa” alla attuazione della bigenitorialita’, viene lei stessa percepita da assistenti sociali e psicologi ed educatori come genitrice inadeguata. Gli atteggiamenti coercitivi e aggressivi o manipolatori del padre violento, pur evidenti e attuati dinanzi gli operatori, vengono negati o sminuiti, non relazionati dai servizi sociali. Le posizione si ribaltano totalmente: la vittima diventata carnefice e viceversa.
I percorsi per gli abusanti, validi per la sospensione condizionale della pena, sono in vari casi risultati utili ai medesimi per ottenere nuovi inontri o la liberalizzazione di essi.
In un caso di abuso su minore, gli incontri con il padre gia’ condannato per abuso sessuale sulla figlia sono continuati per anni nonostante le denunce e nonostante durante gli incontri la bambina venisse costretta a sedersi sulle gambe del padre, nell’indifferenza dell’assistente sociale presente. La bambina ha continuato a rispettare gli incontri “protetti” fino ai 12 anhni, quando ha iniziato a rifiutarsi . Da quel momento la madre, prima valutata come “adeguata” in quanto rispettosa delle esigenze di bigenitorialita’ della bambina, e’ stata relazionata dai ss come ostativa ed ha riferito di aver subito minacce di allontanamento, che tuttavia sono state evitate grazie al fatto che nel frattempo la sentenza di condanna per abuso sessuale e’ stata confermata dalla Cassazione.
• Nei casi di violenza domestica le CTU effettuate sono piu’ di una e possono arrivare anche a 3 o 4 CTU espletate nel corso di 10 anni.
• L’unico modo suggerito/considerato (dal tribunale) per rivedere la decisione di allontanamento materno sembra essere infatti quello di effettuare una nuova CTU di revisione o “aggiornamento”, spesso svolta dallo stesso professionista che ha svolto la prima CTU. Nei casi esaminati non e’ mai accaduto che un secondo CTU smentisse il primo, anche se avesse errato platealmente.
•Nei casi raccolti non raramente gli stessi avvocati – coloro che hanno difeso efficacemente la mamma ed il minore, anche con querele e lamentando i conflitti di interesse – sono stati intimiditi tramite denunce.
In vari casi si e’ constatato che i legali delle mamme hanno evitato di depositare in giudizio (penale e civile) le nuove prove della violenza paterna, in un caso anche la querela e la richiesta di ammonimento presentate dalla nuova ex fidanzata del padre violento con nuove prove di violenza e soprattutto la confessione scritta del padre che ammette di manipolare ed usare le stesse prassi giudiziarie per «punire» la mamma protettiva, mirando solo ad allontanarle la figlia o fare apparire la donna inadeguata.
Non raramente le madri sono state persuase dai loro legali a ritirare le querele per dimostrare la collaborativita’ e disponibilita’ verso la bigenitorialita’. Il ritiro delle denunce non le ha comunque sottratte alla gogna processuale finalizzata alla riconnessione del bambino con il padre, anche quando questi fosse fortemente inadeguato.
• In alcuni casi le CTU non si sono interrotte nonostante la mamma, ammalatasi nel frattempo di cancro, fosse sottoposta a terapia chemioterapica, con effetti devastanti, e nonostante specifica istanza. I un caso la mamma e’ deceduta durante le operazioni peritali. In un altro caso successivamente.
L’atteggiamento degli operatori dei tribunali (Giudici, servizi sociali, curatori speciali per il minore e CTU) lamentato dalle mamme e’ stato di anaffettivita’, incompetenza, pregiudizio.
Centinaia le donne che si sono rivolte a Maison Antigone lamentando che si fossero sentite “abbandonate” dai legali dei centri antiviolenza (cio’ coincide con le relazioni degli stessi centri antiviolenza che dichiarano di avere rarissimi asi di allontanamento dei minori dalle madri e tuttavia ammettono che in molti casi da essi trattati si arrivi all’affido condiviso del minore).
In vari casi le madri hanno riferito e dimostrato con documenti circa il comportamento del loro CTP che ha preteso di dire al Giudice che il minore, pur probabilmente abusato dal padre, dovesse comunque continuare a frequentarlo “per il suo miglior interesse”, perche’ sarebbe stato per il minore – a suo dire – piu’ dannoso perdere il contatto paterno.
In due casi i minori, entrambi allontanati dalla madre e collocati presso padri accusati di inadeguatezza genitoriale dalle donne, sono entrati in coma o hanno riportato gravi conseguenze sulla loro salute, perche’ non curati adeguatamente per patologie infiammatorie.
Raramente le mamme ottengono la revisione del provvedimento di allontanamento in Corte di Appello. Quando la Corte non intende entrare nel merito emette provvedmenti intendendo come inammissibili” i reclami depositati contro i provvedimenti di allontanamento del minore, in quanto “termporanei” e cio’ nonostante una sezioni unite e la stessa Cartabia abbia chiarito che tali provvedimenti siano sempre reclamabii, anche quando termporanei.
Nonostante la Commissione Femminicidio abbia appurato che il 96% dei provvedimenti di affido non tengano in considerazione la violenza domestica, sono rare le ordinanze di Cassazione che hanno visto dare ragione alle mamme esprimendosi contro tali allontanamenti (trattamenti di reset cosi come indicati nella riforma del 2018 ddl Pillon e collegati): la 7041/2013, la 13274 del 2021 (che tuttavia non ha comportato affatto l’immediato rientro della bambina nella casa materna), la 9691 del 2022 (cd sentenza Massaro) a fronte di molte piu’ numerose ordinanze che hanno invece confermato la presunta legittimita’ dell’allontanamento dei minori dalle loro madri per essere riavvicinati ai padri rifiutati.
•Conseguenze sulla salute: Tutte le mamme ed i figli minori sottoposti alle prassi giudiziarie distorsive e coercitive descritte (CTU, incontri protetti, corsi alla genitorialita’, sradicamento dalla madre ecc.), hanno progressivamente maturato malesseri psicologici e somatici ingravescenti: le mamme hanno risposto anche a sondaggi nazionali effettuati da Maison Antigone tra il 2019 ed il 2022, a tal proposito, lamentando sempre piu’ gravi stati di ansia, attacchi di panico, problemi cardiaci, depressione, insonnia, insorgenza di patologie autoimmuni, in alcuni casi pensieri suicidi e cancro. I minori presentano analoghi disturbi, aggressivita’ o chiusura, enuresi notturna e, in caso di reset, scissione e distacco emotivo dalla mamma.
• Business Tali lunghi procedimenti di affido comportano esborsi economici notevoli per le madri – che arrivano a pagare fino ai 250.000-300.000 euro per onorari di avvocati, CTP, percorsi alla genitorialita’ privati, spese legali ecc.- ma anche per lo Stato, con notevoli danni erariali.
•Oltre il 90% delle madri coinvolte in queste prassi giudiziarie violente e costose risultano possedere madri notevole capacita’ economica, provviste di Laurea, spesso con Master o Dottorato, imprenditrici, professioniste: tra queste non raramente vi sono avvocate, psicologhe, assistenti sociali, molte insegnanti ed infermiere, medici, professoresse universitarie e persino Magistrate.
Quasi tutte loro dopo circa tre-quattro anni dall’avvio del processo iniziano a perdere pr
ogressivamente e in modo grave le loro capacita’ professionali, economiche.
P.S. tutto quanto sopra scritto e’ supportato da innumerevoli atti giudiziari.
Avv. Michela Nacca
Presidente Maison Antigone