Maristella Paffarini era un’ Assistente sociale della Prefettura di Perugia ed insieme a sua figlia, trentanovenne, e’ stata uccisa in casa dal marito.
Un femminicidio del genere richiede riflessioni attente.
Il fatto: Elisa Scoccia di 39 anni e la madre Maristella Paffarini di oltre 60 sono state uccise con un fucile da caccia regolarmente detenuto mentre prendevano il sole nel giardino del loro casolare di Perugia dall'”uomo di casa”- il padre della prima ed il marito della seconda- che si è poi suicidato.
Eppure la Paffarini era dipendente della Prefettura di Perugia come assistente sociale ed anche delegata CGIL.
Grazie al suo lavoro ella avrebbe dovuto riconoscere e non sottovalutare i disagi altrui e famigliari, ma soprattutto il pericolo che albergava nella mente del marito, da due anni in pensione.
Perché Maristella non se ne è accorta? O, se si e’ resa conto del pericolo che stava correndo, perche’ non ha denunciato?
Il raptus improvviso che verrà come al solito invocato ormai non sta più in piedi in nessun femminicidio, nessun caso di violenza domestica.
Noi ci chiediamo: NON SE NE È ACCORTA forse perche’ la SOGLIA DI ACCETTABILITÀ DELLA VIOLENZA SI È COSI ABBASSATA PROPRIO DA PARTE DEI SERVIZI SOCIALI, SPECIE QUANDO AGITA IN FAMIGLIA, DA ESSER DIVENTATI INCAPACI DI RICONOSCERE LE AVVISAGLIE DI PERICOLO….ANCHE QUANDO AGITE IN CASA PROPRIA? O forse perche’, pur rendendosi conto del pericolo, non ha avuto fiducia dello stesso sistema di tutela dalla violenza domestica di cui lei faceva parte?
Sono domande legittime e doverose da porre, anche alla luce delle plurime condanne che l’Italia sta inanellando da vari anni a questa parte da organismi ONU e UE sulla crisi del sistema di tutela delle vittime di violenza domestica e abusi su minori, il 96% delle volte non riconosciute nei tribunali italiani che valutano incaricando appunto assistenti sociali, CTU ed equipe multidisciplinari della ASL.