di Avv. S. D’Aquilio
Sta lentamente emergendo una nuova figura professionale che affiancherà i Giudici che trattano la materia della separazione, divorzio ed affidamento dei minori: il “coordinatore genitoriale”. Soggetto non meglio specificato, senza un inquadramento specifico (non sarebbe propriamente un mediatore familiare) questi avrebbe il ruolo di contenere il conflitto della coppia genitoriale e tutelare il superiore interesse dei figli minori.
Tuttavia, per chi di diritto di famiglia si occupa da tempo, tale innovazione, importata dagli Stati Uniti, pare alquanto superflua ed, anzi, piuttosto sconcertante per i seguenti motivi:
in Italia esiste già ed è utilizzata la MEDIAZIONE FAMILIARE, percorso volontario e non costrittivo praticabile in caso di mera conflittualità genitoriale (e fra persone intelligenti ottiene ottimi risultati), mirante a dirimere ogni acredine fra coniugi al fine di ripristinare un dialogo costruttivo nell’interesse dei figli minori. La mediazione è attiva, ormai, nei consultori familiari ed a TITOLO GRATUITO. Non solo: ciò che accade in una mediazione familiare non può in alcun modo essere riferito a Giudice e/o avvocati, trattandosi di un colloquio riservato e di fiducia assoluta fra coniugi e mediatore il quale potrà solo rilasciare un documento che attesti se la mediazione è fallita (MAI quali siano i motivi del fallimento) o se si è giunti ad una risoluzione dei problemi più rilevanti (gestione dei figli, mantenimento, orari di visita ec…) che verrà, in seguito, trasposta da un legale in un accordo di separazione o di divorzio.
Tale efficace strumento, in realtà, in Italia non è mai decollato a pieno regime: molti avvocati ne diffidano, i magistrati tentano di inviare coppie litigiose in mediazione ma, sovente, invece di utilizzare i molti mediatori familiari accreditati presso gli uffici giudiziari ed i Municipi, delegano tale delicata fase ad un consulente del Tribunale il quale ha dei costi economici di non poca entità e, normalmente, non dovrebbe occuparsi di effettuare la mediazione familiare ma solo consulenze tecniche di ufficio volte a determinare la capacità genitoriale della coppia o altri aspetti psicologici della famiglia. Non solo, ci domandiamo anche se una donna che abbia subito seri maltrattamenti o violenze DOVRA’ (come, purtroppo, siamo avvezze a vedere), sotto osservazione di un Giudice, ricostruire un dialogo con un uomo che ha fatto di tutto per distruggerla anche giudiziariamente. Inoltre, come già accennato, stiamo parlando di “professionisti” non meglio qualificati. Dovranno essere mediatori abilitati da anni? Assistenti sociali? Oppure basterà seguire un corso con un monte ore assolutamente insufficiente?
In ultimo, ma non di minore rilevanza, ci pare questa la deriva di un sistema il quale sembra faccia davvero fatica a comprendere che è NECESSARIO innanzitutto proteggere le vittime e solo in seguito capire se esista tra i coniugi un semplice conflitto, e non un maltrattamento, perché, a nostro avviso, un mero conflitto può essere oggetto di una buona mediazione familiare o altro percorso psicoterapeutico nel quale le parti si trovino sul medesimo piano relazionale. Un maltrattamento o, peggio, una violenza subita non consentono alcuna forma di REALE dialogo, neppure nel superiore interesse dei figli, e certamente non nell’immediatezza dei fatti.
A ben guardare, dunque, questa nuova figura del coordinatore genitoriale sembra partorita da un sistema giuridico filostatunitense al quale tanto piace istituire un tutor per i genitori ma che sembra avere un solo, amaro scopo: introdurre i costi di nuovi consulenti del Tribunale dei quali, onestamente, non si sente alcuna necessità.