di Br. Rucci, Psicologa Psicoterapeuta
Già dai tempi di Salomone si sapeva bene che il genitore disposto a dividere il figlio a metà non ha a cuore il bene del piccolo, un genitore che ama è disposto a fare un passo indietro e non è spinto da egoistico possesso. Nei tribunali non si rendono conto dei danni che si stanno provocando da anni sui bambini costretti a vivere in due case. Psicologi dell’età evolutiva e neuropsichiatri infantili, partendo dalle basi della psicologia dell’età evolutiva, Bowlby e Winnicot, hanno studiato e scritto sull’attaccamento primario del bambino alla madre, che rappresenta il suo caregiver primario, ossia la figura genitoriale che si occupa in maniera prevalente del bambino dalla sua nascita in poi.
Il ruolo della mamma e del papà non sono uguali e non devono esserlo, e questo è indispensabile per lo sviluppo psicologico, emozionale e cognitivo del bambino soprattutto quando il bambino è molto piccolo, fino ai 4/6 anni. Il riferimento, perché si sviluppi una base sicura da cui si svilupperà l’equilibrio psicologico ed emozionale del bambino, presuppone che ci sia una differenziazioni di ruoli e che il bambino possa fare riferimento ad un caregiver primario con il quale vive.
Dalla fase prepuberale e preadolescenziale il bambino può in autonomia decidere con quale genitore vivere, o decidere di vivere una settimana con l’uno e una settimana con l’altro, ma deve essere una libera scelta del bambino, e solo in questo modo non si pregiudicherà il suo sano sviluppo psicologico ed affettivo.
Un bambino piccolo ha bisogno della sua mamma e di avere un’abitazione prevalente, anche se vedo sempre di più tribunali decidere per pernotti quando il bambino ancora non è in grado di gestire il distacco dalla madre, creando traumi abbandonici difficili da ricomporre.
Facciamoci una domanda: quando la coppia è ancora unita chi si occupa del bambino? Chi lo nutre, lo lava, lo fa addormentare, chi cerca il piccolo quando è stanco o ha paura? LA MAMMA. Mamma è la prima parola che l’essere umano pronuncia e spesso anche l’ultima.
Nella nostra società ancora patriarcale i padri, per necessità o per scelta, passano più ore fuori casa delle madri, delegando quasi del tutto le cure dei figli. Magicamente dopo la separazione si scoprono PADRI che pretendono di avere con sé i figli tanto quanto le madri se non in via esclusiva! Siamo arrivati al paradosso di bambini collocati presso i padri senza che ci sia un motivo valido o che la madre abbia delle disfunzionalità genitoriali, così, solo per assecondare un’onda che è sempre più accomodante verso i “capricci”o le “vendette” degli uomini. E questo è molto grave e preoccupante. Una società che nega e sottovaluta l’unicità e l’importanza della figura materna nello sviluppo e nella crescita di un essere umano, è una società che ha perso ogni valore e riferimento etico.
I paesi del nord Europa dove la residenza alternata e l’intercambiabilità dei ruoli madre/padre sono stati provati prima che in Italia, stanno facendo un passo indietro perché i bambini che – anche in assenza di conflitto e con l’accordo dei genitori – sono stati collocati a settimane alterne, hanno presentato crisi abbandoniche, ansia da separazione, depressione, aggressività o addirittura crisi identitarie e scissione. Tali sintomi sono spariti quando il regime di affido è tornato ad essere prevalente presso la madre. E stiamo parlando di genitori entrambi funzionali. Un bambino al di sotto dei 4/5 anni non è in grado cognitivamente di assimilare che la sua mamma è lì che lo aspetta, che tornerà nella sua casa, se non per poche ore, e tale angoscia aumenta con il passare la notte in assenza della madre.
Catherine Dolto’ “L’affidamento alla madre è sempre preferibile, in assenza ovviamente di patologie o carenze gravi nell’accudimento”. Lo insegna l’etologia, la biologia, per interessi personali e politici frutto di adultocentrismo, si sta andando contro il benessere del bambino, che rimane senza tutela dei suoi bisogni e delle sue esigenze profonde ed evolutive.