IL VESTIRE DELLE DONNE

28 Luglio 2017 | Michela Nacca

di Avv. M.Nacca

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E’ arrivata la metà di luglio ed anche, inevitabile, il tempo dei saldi: periodo in cui le donne amano immaginarsi rinnovate, guardarsi allo specchio con colori splendenti, solari, desiderose di comunicare novità. Meglio se a buon prezzo!

Questo è anche il periodo in cui nelle aziende della Moda escono le nuove collezioni autunno-inverno: lì dove già siamo immaginate, coccolate in vesti calde e soffici, dai toni più bruni, vestite così come saremo da qui a pochi mesi, per affrontare il freddo inverno.

Molti sostengono che quello della Moda sia un mondo frivolo, fatto solo di immagine ed estetica, forse destinato solo a frivole ragazze e donne omologate.

Eppure studi di semiologia ed antropologia culturale spiegano come il vestire costituisca una forma di linguaggio unica e tipica dell’essere umano, degna e densa di significati da decodificare, così come lo è la scrittura!

Il vestire assume un proprio senso, in maniera differente, esprimendo le varie dimensioni dell’esistenza umana in cui viene utilizzato come segno: esso è espressione del proprio tempo, di una certa epoca storica, piuttosto che di un’altra, della propria identità e della differenziazione dall’identità altrui, del ruolo sociale ricoperto, dell’umore sofferto o gioito al momento, indica lo status economico, politico o religioso della persona che quel vestito indossa.

Il vestire è espressione di valori e culture, ma è prima di tutto un simbolo (σύμβολον) cioè segno di riconoscimento, e dunque, come tale, ha bisogno di essere studiato e capito, nel suo senso intrinseco, con la stessa serietà e consapevolezza con cui si apprende a decodificare il significato del linguaggio verbale.

Il significato del vestire (o del vestito) può essere compreso tuttavia solo in relazione a colui/colei che lo indossa: dunque alla persona che lo sceglie. Il vestito diviene così il mezzo, che consente al corpo di esprimersi e manifestarsi, simbolizzarsi, in una serie di valenze contrapposte e di manifestare tali valenze come associate a valori anch’essi alternativi.

Il vestirsi non nasce come esigenza di proteggersi dal freddo e dalle intemperie, ma dal desiderio di esprimere, raccontare sé agli altri.

Dalla teoria della funzione a quella della valenza!

I colori, le stoffe, i fiocchi, piuttosto che le trine, i ricami ed i contrasti cromatici, ma anche le trasparenze, rinviano a sensi simbolici, ad elementi sessuali, a valori di attrazione e repulsione, di visibilità ed invisibilità, di pudore e spudoratezza, a valori morali e non, per le culture di cui sono espressione.

Ed ecco dunque il senso del velo islamico, del nascondimento del volto femminile, che non deve essere espresso agli sguardi altrui, non deve essere visto.

Perchè riconoscere un volto vuol dire dare identità, e dignità, vuol dire riconoscere la persona, con proprie caratteristiche, qualità e diritti.

Una sagoma che non ha volto non è una persona. Può essere qualunque cosa.

Un oggetto, uguale all’altro.

Il vestire dunque anche come espressione ed affermazione, o negazione, di libertà di scelta e, prima ancora, come consapevolezza di sé!

Thomas Carlyle nel 1869 scriveva:

«Tutte le cose visibili sono emblemi; ciò che tu vedi non è lì per suo proprio conto strettamente considerato, non è lì per niente: la Materia esiste solo spiritualmente, e per rappresentare una qualche Idea, e incorporarla. Quindi i Vestiti, per quanto deprecabili li riteniamo, sono così indicibilmente significanti. I Vestiti, dal mantello del Re in giù, sono emblematici […] D’altra parte, tutte le cose Emblematiche sono propriamente Vestiti, tessuti col pensiero o a mano; l’Immaginazione non deve forse intessere degli Indumenti, dei Corpi visibili, dove le creazioni altrimenti invisibili e le ispirazioni della nostra ragione sono, come Spiriti, rivelati […].>>.

Che dunque inizino i saldi e sfilino le nuove collezioni Autunno-Inverno 2018!!!

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