LE NOSTRE INTERVISTE: VIOLENZE DA PARTE DELL’EX COMPAGNO. IL FIGLIO ORA E’ IN COMUNITA’ INSIEME AL PADRE CHE HA ALCUNI PROCEDIMENTI PENALI IN CORSO

1 Luglio 2020 | Redazione

Ma per la Cassazione non si può prescindere dalla bigenitorialità

di Marzia Lazzerini, Giornalista

La storia è quella di una donna, come molte altre, che subisce violenze dal compagno. Verso quest’uomo pendono alcuni procedimenti penali per condotte violente. Da una episodio la scelta di voler procedere ad una separazione e di chiudere ogni rapporto con l’uomo per la protezione di se stessa e del figlio.

Il padre però richiede immediatamente l’affido esclusivo del bambino ma la madre si oppone dichiarando che il figlio è spaventato da numerosi episodi di violenza a cui ha assistito. L’uomo, tuttavia, si appella ai suoi diritti di essere genitore. Dopo due gradi di giudizio (in sede di merito era già stata decisa la collocazione del padre e del minore presso una comunità educativa) è la Cassazione a confermare definitivamente la decisione già espressa in Corte d’Appello: non si può prescindere dalla bigenitorialità ovvero dal diritto di entrambi i genitori di esercitare il proprio ruolo, anche nel caso in cui uno dei genitori sia rinviato a giudizio per violenza. Così per far recuperare il rapporto tra padre e figlio si dispone che siano messi entrambi in una comunità educativa protetta. La Cassazione infatti non nega i tre procedimenti penali a carico dell’uomo, ne le violenze contro la ex compagna ma pur di far ritrovare il rapporto tra padre e figlio ma, allo stesso tempo, consapevole di dover proteggere il minore da un uomo ancora sottoposto a processo penale, dispone il collocamento di entrambi presso una comunità educativa e protetta. Come si legge nell’ordinanza: “..l’esigenza di far sì che il recupero dei rapporti con il padre non vada a detrimento della sicurezza del minore…”

Questo è il risultato delle valutazioni degli esperti e dei giudici della Cassazione, ma non della consulenza tecnica d’ufficio che già si era discostata da tale conclusione. Gli esperti dunque avevano già escluso l’affidamento del bambino direttamente all’uomo, proprio alla luce degli episodi di violenza denunciati dalla ex compagna e ancora al vaglio di procedimenti penali non ancora conclusi. Elementi tutti riportati in Ordinanza, che sono stati solo “ridimensionati ma non sottovalutati”.

Estratto CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – ORDINANZA 19 maggio 2020, n. 9143:

Un provvedimento che obbliga un bambino a vivere in una comunità, separato dalla madre con la quale aveva vissuto sempre,  e con un padre diciamo così da “controllare” è veramente un atto disposto nell’interesse del minore?

Il difensore della donna, dichiara: “Questa ordinanza sembra essere posta in virtù di una bigenitorialità voluta a tutti i costi, dove per bigenitorialità invece si deve intendere un principio applicato nell’interesse superiore del minore. In questo modo significa prendere un bambino che rifiuta il padre, perché spaventato in quanto l’uomo è già stato rinviato a giudizio per denunce di violenza, e in nome della bigenitorialità stessa applicarla, come ideologia astratta. È un atto in nome di un concetto, astratto, ideologico e patriarcale che supera le ipotesi di violenza e pericolo sulla integrità psicofisica dei bambini. Alcuni documenti precedenti, infatti, avevano sconsigliato di stare con il padre.”

Dalle relazioni degli esperti è emersa inoltre la difficoltà del minore ad interagire con il padre a causa del condizionamento materno. Cosa vuol dire?

“È un chiaro riferimento alla sindrome di alienazione parentale, ma questo non è che un sistema per penalizzare le vittime e per punire. Il condizionamento se è tale me lo devi provare e se non è provato non può essere applicato in una causa. È una regressione culturale sulla violenza delle donne e sui diritti dei bambini. I femminicidi sono solo la punta di un iceberg”.

La sindrome da alienazione parentale (PAS, Parental Alienation Syndrome), o semplicemente alienazione genitoriale, ricordiamo è la controversa teoria che è stata introdotta negli anni ‘80 dallo psichiatra americano Richard Gardner per la quale un bambino, soprattutto in fase di separazione dei coniugi, sarebbe condizionato da uno dei genitori tramite una campagna denigratoria a sfavore dell’altro genitore. Alla luce delle ultime novità in quanto a sentenze o inserimento ufficiale all’interno del DSM – Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – questa sindrome, spesso accostata anche a teorie sulla pedofilia, è stata negata sia dalla comunità scientifica internazionale che da quella legale.

E anche la ormai nota Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, sembra essere reinterpretata. Gli articoli citati in Ordinanza, 26 e 31, parlano infatti di interessi superiori dei minori in quanto a protezione e tutela – “…garantire l’esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini” – che i giudici di Cassazione interpretano mettendo sotto vigilanza sia il minore che il padre.

L’associazione Maison Antigone, tramite la Presidente Michela Nacca, dichiara l’assurdità di questa ordinanza “per il figlio minore è più pericolosa la madre vittima di violenza domestica che il padre violento che l’ha resa zoppa. Sembrerebbe che la violenza non venga più negata ma anzi accetta, banalizzata, con tutti i rischi e i pregiudizi ad essa legata. Quasi a voler chiedere la complicità delle donne.”

Riteniamo di dover segnalare – si esprime sui social l’avv. Naccala grave deriva giurisprudenziale che si sta delineando in Italia  e che inevitabilmente le donne, madri e minori, impotenti e complici della violenza domestica e degli abusi perpetrati dai partner, ex partner nonché padri violenti su loro stesse e i loro bambini, sono destinati a rimanere senza adeguate protezioni. Intendiamo come associazione denunciare quello che potrebbe essere un grave attacco ai Principi supremi della Democrazia e della Giustizia. Una grave violazione dei Diritti Umani ed un ripristino inaccettabile della patria potestas violenta”.

Musica: “Stato di Natura”, il nuovo singolo discografico di Francesca Michielin

12 Giugno 2020 | Redazione

Un’aperta denuncia ad ogni forma di violenza perpetrata contro la donna

di Cristina Auditore studentessa Liceo Classico U.Foscolo di Albano L. ( attivita’ di Alternanza Scuola Lavoro anno 2019)

L’arte è in grado di parlare e colpire nel segno. È in grado di dire più di quanto potrebbe un discorso magistralmente articolato, o un saggio redatto con estrema accuratezza.  Questo accade perché una creazione artistica possiede ‘proprietà rappresentative’, ha un valore simbolico. La parola “simbolo” deriva dal verbo greco symbállo, che significa “mettere insieme”, “far coincidere”: ad un elemento ne possono essere associati numerosi altri e l’arte è quindi così capace di evocare idee.

Secondo Aristotele l’arte poetica inscrive il verosimile nell’universale, ed è possibile attribuirle per questo una maggiore filosoficità rispetto ad altre attività facenti uso della parola, come la storiografia, la quale appunto “dice i particolari” e non gli universali. Il filosofo afferma infatti che il compito del poeta non è quello di dire le cose avvenute, ma quelle che possono avvenire, quelle verosimili.

Potremmo dire che oggi tra i nuovi poeti ci siano i cantautori e le cantautrici. Ci offrono canzoni che si adattano spesso perfettamente al nostro vissuto, che ci accompagnano nei momenti di gioia, di tristezza, canzoni che spesso entrano a far parte della colonna sonora della nostra vita, canzoni con messaggi talvolta profondi e forti e davvero universali.

Stiamo affrontando un periodo che definiremmo strano, un periodo sicuramente difficile per tutti, anche se in maniera diversa per ognuno di noi. E specialmente in questo momento l’arte può salvarci da ogni forma di sconforto.

Lo scorso mese è uscito su YouTube il videoclip del singolo tratto dall’album di inediti di Francesca Michielin (https://www.youtube.com/watch?v=gMSnJJiZ7UI  ). Il brano si intitola “Stato di Naturaed è un’aperta denuncia ad ogni forma di violenza perpetrata contro la donna; è il manifesto di un progetto comunitario – il suo nuovo album FEAT (Stato di Natura) – nel quale ha voluto convogliare suoni e colori differenti attorno ad un contrasto tra natura e ambiente urbano, collaborando con numerosi artisti e produttori.

v. video al seguente link https://www.youtube.com/watch?v=bygIl362RO8

 La cantante, nell’intervista del 18/03/2020 rilasciata a Fanpage.it, afferma di aver acquisito una consapevolezza quasi sociale e di aver voluto sperimentare e divertirsi nella produzione di questo album, affrontando inoltre tematiche affatto trascurabili, tra cui la libertà di espressione, la violenza verbale, l’indipendenza, il femminismo. E nonostante la situazione critica, ha voluto comunque che uscisse il suo album, perchè «la musica in questo momento storico ha la funzione di farci rimanere belli, in qualche modo, di farci continuare a sperare e a condividere», come lei stessa ha dichiarato. «Quello che farò ora è cercare di inventarmi delle modalità» racconta la cantante veneta, che ha girato parte del videoclip di Stato di Natura in casa, a Milano, col suo cellulare, facendosi aiutare per il montaggio dal suo amico regista, Giacomo Triglia, che si trova in Calabria. In un post Instagram del 15 marzo Francesca scrive «Lo “Stato di natura” è un’espressione filosofica che indica la condizione dell’uomo prima dell’avvento delle leggi e della civilizzazione, quando viveva ancora allo stato selvaggio. Ora che viviamo in un contesto tecnologico, avanzato e frenetico all’interno delle città, siamo paradossalmente regrediti di nuovo a uno stato di inciviltà e di aggressività che spesso manifestiamo attraverso i social e che troppe volte si riversa sulle donne».Il brano, realizzato in collaborazione con i Måneskin, è la traccia che apre il disco e affronta tematiche importanti a livello sociale, in quanto porta a riflettere sul peso delle parole, sulla violenza verbale e sulla figura della donna, la cui femminilità «non riesce mai ad esprimersi come desidera ed è sempre attaccata dalla società» – afferma la cantautrice in un’intervista del 12/03/2020 su ‘Recensiamo Musica’«per questo ho anche voluto la presenza dei  Måneskin e di Damiano (voce del gruppo musicale) che ha saputo dare con una prospettiva fresca, giovane e di ragazzo, di uomo, una chiave di lettura interessante».

La cantautrice, sicuramente d’esempio per coloro che la seguono, vive questi giorni con una grande responsabilità sociale, rimanendo a casa, approfittando di questi momenti per studiare, lavorare e scrivere, e continuando senz’altro a fare musica, attraverso sessioni in streaming e collaborazioni con colleghi cantanti e musicisti.

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E

In Libreria: “Finche’ non sorsi come madre” di Debora Donnini

7 Giugno 2020 | Redazione

Debora e’ una Vaticanista e nel 2020 ha scritto un libro importante in cui, rifacendosi al Magistero di San Giovanni Paol II, Benedetto XVI e Papa Francesco, denuncia l’attacco alla maternita’ in atto nella societa’ odierna, comprese le aule dei tribunali dove, attraverso strategie processuali difensive fondate sulla “pseudoteoria” Pas/Alienazione Parentale, bambini vengono strappati a madri amorevoli.

Grazie Debora per aver citato anche Maison Antigone

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E

Agenzia Stampa DIRE – Padre porta petardi al figlio durante un incontro protetto, per il Ctu la mamma è ostativa.Sul caso al lavoro la commissione femminicidi di Silvia Mari

22 Maggio 2020 | Redazione

Lettere durante il lockdown – Lettera di una madre al Magistrato

12 Maggio 2020 | Redazione

Sig. Giudice,

mi permetta di esprimere alcune mie considerazioni sul prodotto finale del giudizio contro il mio maltrattante o, se vuole, chiamiamola pure sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.

Non sussiste rispetto a cosa? Al capo di imputazione “maltrattamenti in famiglia? O rispetto alla esiguità delle percosse inflittemi?

Perché in entrambi i casi io, abituata non solo da avvocato ma come essere pensante e attenta all’uso delle parole, nella Sua sentenza non leggo da nessuna parte che il maltrattante non ha usato violenza fisica o psicologica o che non sono stata vessata durante la relazione ( per non parlare della violenza economica che mi teneva legata mani e piedi nella relazione violenta).

Leggo solo che per Lei manca la famiglia perché non avevo la residenza con lui….

Ma la convenzione di Istanbul dice l’esatto contrario di quanto da lei affermato!  del resto lo ha scritto anche Lei in epigrafe della sentenza:  anche la sua residenza, non coincideva con la nostra abitazione comune.

 Leggo che essendo gli episodi da me indicati solo tre (del resto ho indicato quelli principali supportati da certificati medici) questi non sono a Suo giudizio essere di numero sufficiente a considerare l’individuo come “violento”:  perché tale sarebbe  solo uno che ti massacra quotidianamente di botte!

Bene, caro Giudice, a parte il fatto che non potevo certo descriverLe i pugni sulla schiena ricevuti ogni qualvolta ero sul pavimento a piangere per le sue vessazioni, insulti, accuse ingiustificate o di quando lui mi colpiva o sbatteva di qua e di la per farmi alzare e costringermi ad uscire insieme come se niente fosse successo; a parte il fatto che in udienza Le ho parlato di questo e forse anche di quando alle tre di notte non mi “concedevo” a lui per stanchezza e il meglio che poteva dirmi era che “non servivo a niente , neanche a soddisfare il mio uomo”…, o tutte le volte che mi ha stretto la mano per togliermi il cellulare procurandomi lividi che in inverno spacciavo per geloni o mi stingeva da sotto/ le braccia e per notti intere non riuscivo a dormire su quel fianco per il dolore…..

Ha solo una vaga idea di cosa significhi svegliarsi la mattina nel letto con un uomo che da  li a 5 minuti potrebbe svegliarsi e cominciare a urlare per ore intere, insultarti, accusare di cose che non hai fatto e piegarti psicologicamente, ridurti a pezzolina, sentirsi trattare come il verme più immondo da piegare?

Si, piegare.. uomini come lui ti annientano l’anima, te la succhiano come veri “vampiri emotivie si nutrono del tuo stare male… non hanno la minima empatia, sanno solo godere nel vederti star male e si fingono vittime del tuo soffrire.

E inizi a credere che sei tu la parte sbagliata nella relazione

Ma una psicologa da cui ci rivolgemmo per fare terapia di coppia fu chiara : “signora scappi da quest’uomo che non prova sentimenti!”  

Allora mi dica Giudice, non c’era famiglia e gli episodi pochi… ma comunque c’erano!?!?

Lei nella sua sentenza non ha escluso che il soggetto fosse violento con me, non ha escluso che lui non mi ha picchiata o vessata o insultata o umiliata quotidianamente, ha detto solo che lo ha fatto fuori da un contesto familiare (!).

Non eravamo conviventi perché quando litigavamo, su suggerimento di SUA madre, scappavo a casa dei miei per sentirmi al sicuro…

Lui ha contato 37 liti: come si chiama uno che conta il numero delle liti e le segna sul calendario – lo faceva – invece di risoverle? Uno che  mi filmava per precostituirsi le prove mentre litigavamo???

Ma, per Lei, lui mi ha picchiata “solo” poche volte. Sebbene io comunque sia finita in ospedale per quelle “poche volte”…..

Lei sa Giudice che è in suo potere la derubricazione del reato? Si lo sa….

Sa che ci sono le lesioni personali e anche la  violenza privata…. poiché lui mi seguiva, tracciava, controllava ogni istante della mia vita impedendomi di lavorare, frequentare la mia famiglia da sola, mia figlia…. le amiche neanche a parlarne erano sparite, grazie a lui. Io non avevo più una vita e lui era ormai per me il Grande Fratello:   controllava la mia vita e se deragliavo dalle sue direttive erano guai. Ma anche se rigavo dritto, se lui decideva per il NERO  era NERO.

Sig. Giudice se Lei non mi avesse mai creduto non mi avrebbe chiesto se ero disponibile ad accettare un congruo risarcimento del danno e rimettere la querela (tra l’altro atto impossibile a farsi perché il reato contestato procede d’ufficio..);  lui ha detto subito “IO PAGO” , io ho rifiutato perché “IO non ho un prezzo e quello che mi ha fatto non è quantificabile”…

Ma Lei, Giudice, aveva forse bisogno di un mio SI per rendere meno gravosa quella sentenza che sapeva di stare a scrivere…. 

Caro Giudice, sono stanca.

Stanca della violenza che anche lei ha usato con me assolvendolo e scaraventandomi addosso le sue valutazioni.

Stanca di ricordare quella violenza,

Stanca di combattere lui e il suo avvocato che arroganti  mi hanno piu’ volte detto che tutti hanno un prezzo e i processi si aggiustano.

Sono stanca di andare avanti.

Non riesco a lavorare per pensare a tutto questo.

Anzi proprio per questo uno straccetto di lavoro che avevo lo sto’ perdendo perché non sono più concentrata. Non posso più permettermelo.

E sono stanca anche nella vita di relazione di parlare di questo.

L’unica cosa che mi sta dando orgoglio è portare la mia testimonianza tra i ragazzi delle scuole.

I ragazzi mi ascoltano, piangono, vengono da me con domande, assetati di risposte.

Vengono come se fossi la loro mamma….

Ma anche questa cosa lui ed il suo avvocato non la stanno gradendo e vanno in giro a dire che “dico di essere vittima di violenza ma la verità processuale è diversa”.

E’ vero, ma è la verità processuale. Non la verità.

Avvocato, Giudice, c’eravate in quella casa? NO, ma vi permettete di dare giudizi.

 Forse il suo avvocato avrebbe fatto meglio a ben consigliare il suo cliente. Lui che dei  comportamenti del suo assistito sapeva da ben 4 anni addietro, essendo andata a chiedergli aiuto presso il suo studio, aiuto che mi negò dicendo di non essere uno psicologo ma l’avvocato di …..

Ma gli avvocati hanno il dovere morale di consigliare i loro assistiti ! Anzi…hanno una responsabilita’ sociale!  E poiché ravvisò lo stalking nei comportamenti del cliente, forse avrebbe dovuto avvertirlo, ma capisco perché non lo ha fatto..

Mentre Lei sig. Giudice, che rappresenta lo Stato,  non ha fatto altro che armare la mano di un uomo violento.

Lui le ha picchiate tutte le sue ex  e con la ex moglie, oltre ad abbondanti denunce per botte e maltrattamenti,  ha anche a carico degli ordini di protezione e allontanamento dalla casa familiare. Perchè lo rifarà , purtroppo, perché lui è così: un violento con la giacca e la cravatta.

 Mi dispiacerà per la prossima , ma non sarà stata colpa mia. Se ne ricordi.

Non farò appello. Ho bisogno di liberarmi di questa storia che ha già intossicato abbastanza la vita mia, di mia figlia, della mia famiglia.

Devo ritrovarmi.

Ho bisogno di serenità, perché se devo iniziare un nuovo lavoro devo farlo a mente “serena” .

Ma non farò appello soprattutto perché ormai ho paura della giustizia.

Mi sento dire che il primo grado è finito così perché ho sbagliato strategia processuale….

Scusate quale strategia?

 Io ho preso botte, punto.

Io ho subito stalking, punto.

Vessazioni, umiliazioni indicibili, punto.

Ho pianto, troppe volte, per sei lunghi anni, troppo spesso e la mia vita è cambiata, stravolta.

Mi chiedo come sarà la mia vita futura di relazione con un uomo…..

E mi parlate di strategia processuale?

Mi dite che bisognava fare la perizia psichiatrica, che ora servirebbe accertare il mio danno post traumatico….

Ma lui è un manipolatore narcisista, lo so, l’ho subito e  non mi serve che lo accerti un perito e un Giudice poi lo assolva ancora.

Ho subito troppi torti in questa storia e non sono in grado di affrontare un processo di appello che potrebbe concludersi in maniera analoga solo perché la mia strategia processuale si basa su quello che è avvenuto nella storia.

IO non aggiusto. Io non ho un prezzo.

La sensazione è terribile, mi sento ancora più sola davanti alla prospettiva dell’appello, come mi sono sentita sola durante il primo grado.

La sensazione che le  parole mie, quelle del mio avvocato, dei testi, fossero aria non ascoltata; e così è stato.

Una sentenza errata anche nei passaggi della storia ….tutto sbagliato. Anche lessicalmente errata, tanta è stata la fretta di scriverla…

Delusa dalla giustizia.

Il mio riscatto me lo restituirà la mia vita di persona per bene, lo troverò fuori da un’aula dove mi sono sentita giudicata come se fossi sotto processo. Il mio unico desidero è voltare definitivamente pagina.

Perchè violenza è anche quando ti inducono a dubitare che i tuoi pensieri sono frutto di una immaginazione.

E.

Petizione: BASTA SCIENZA SPAZZATURA NEI TRIBUNALI ITALIANI

25 Aprile 2020 | Redazione

Petizione di Avv. Michela Nacca

“Marco”, di soli 5 anni, deve restare con la madre!

Firmiamo tutti contro lo scempio della “pseudo teoria” PARENTAL ALIENATION e la sua applicazione nelle CTU, che violando la convenzione di Istambul banalizzano e ignorano non solo le denunce per violenza domestica ma persino le condanne!

Nelle CTU e nei provvedimenti dei tribunali non si parla  più di Parental Alienation, ma l’impianto usato è sempre lo stesso, stessi i criteri, stessa la logica… sempre gli stessi anche gli effetti  devastanti sulle madri che trovano la forza di denunciare!

Che Stato è quello che chiede alle donne di denunciare i maltrattamenti, ma poi punisce le madri per averlo fatto?

https://www.change.org/p/sergio-mattarella-basta-scienza-spazzatura-nei-tribunali-marco-5-anni-vuole-la-mamma?utm_content=cl_sharecopy_21777588_it-IT%3Av3&recruiter=34598318&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink&utm_campaign=share_petition

APPELLO

al Presidente della Repubblica
al Ministro della Giustizia @alfonsobonafede
al Ministro della salute @robertosperanza

e al @grevio @marcelinenaudi

Egregio Presidente della Repubblica,  Ministri, Commissione Grevio della UE.

Atteso che:

-L’Italia ha ratificato nel 2013 la «Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica»,Convenzione di Istanbul,   primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza.

– Con la L. 69/2019 (codice rosso) l’ordinamento italiano chiede alle donne vittima di violenze di denunciare  i maltrattamenti che si consumano tra le mura domestiche, spesso innanzi i figli minori.

La teoria “alienazione parentale” (gia’ denominata PAS ) ritiene che la maggioranza delle madri denuncino gli ex partner, padri dei loro figli minori, per maltrattamenti domestici o altri reati legati alla VD, per meri fini strumentali ossia per ostacolare la relazione paterna.

Tale teoria, pur imperversante da anni nei tribunali italia, tanto da costituire oggetto di piu’ proposte di Legge,  non e’ mai stata riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale ed  e’ stata  ritenuta  infondata scientificamente dal nostro Ministro della Salute gia’ nell’anno 2012.

Gia’ denunciata come:

  “«unsophisticated, pseudoscientific theory» (The Leadership Council on Child Abuse & Interpersonal Violence )

una “junk science at its worst” ( Psichiatra Prof. P. Fink, capo del Board incaricato di elaborare il DSM III, ex Presidente APA e del The Leadership Council on Child Abuse & Interpersonal Violence )

«Il peggior cumulo di spazzatura antiscientifica mai visto» (John Robert Conte, docente e ricercatore in discipline sociologiche all’Università di Washington),

una Teoria «discredited …scientific invalidity….have no grounding in reality» (National Council of Juvenile and Family Court Judges. NCJFC) 

« mancante di basi scientifiche» (Bruch C. S)

un “castello in aria” «e’ pericolosa» che «non deve essere utilizzata dagli psicologi ne’ in ambito clinico ne’ giudiziario» ( Associazione Spagnola di Neuropsichiatria – 2010)

« the PAS construct fails to meet scientific standards and should not be admissible in courts.”( Journal of Child Custody)

Da essa   ha ripetutamente preso le distanze anche l’APSAC americana con una nota del 16 agosto 2019 pubblicata sul proprio sito web.

– L’Alienazione Parentale – o in qualunque modo essa si voglia ridenominare – non e’ stata inclusa nell’ICD 11, nonostante forti pressioni lobbistiche, cosi come gia’ avvenuto con il DSM 5.

– La stessa Corte di Cassazione ha  ripetutamente, nel 2013  ed ancora nel maggio 2019, definito la Parental Alienation una teoria  priva di fondamento scientifico ;

– Numerose altre Corti supreme si sono espresse in analoga misura : si veda  ad esempio la Sentenza della Corte Suprema di NY del 16 dicembre 2018 a firma del Giudice Dollinger, che in riferimento ai criteri della Parental Alienation parla di  “apice della follia“.

– Pur non essendo piu’ nominata, tuttavia dal 2019 ad oggi  l’impianto della teoria  Parental Alienation  continua ad essere  utilizzata nelle CTU e nei conseguenti provvedimenti dei Tribunali ,  sostituita  con altre definizioni e perifrasi di analogo senso  (madre simbiotica, ostativa, ostacolante, sfiduciata  ecc) determinando  la richiesta di affido ai servizi sociali,  la sospensione della responsabiita’ genitoriale materna o nel prosieguo addirittura l’allontanamento dei   figli minori, anche di tenera eta’, dalle loro madri:  in quanto esse denunciando le violenze subite dagli ex partner, padri dei loro bambini, anziche’ voler proteggere gli stessi e se stesse dalla violenza, secondo i sostenitori di tale teoria   manifesterebbero in realta’  una precisa volonta’ “ostacolante” (alienante) che dimostrerebbe   una supposta incapacita’/inadeguatezza genitoriale materna!

Le stesse denunce materne per maltrattamenti e per reati analoghi, anche quando esitano in rinvii a Giudizio e condanne penali,   dunque nei Tribunali per i Minorenni rischiano di diventare automaticamente   prova di grave inadeguatezza genitoriale delle madri!

Una presunta inadeguatezza che, per taluni CTU, diviene piu’ grave della  violenza paterna, denunciata e talvolta persino accertata in ambito penale!

– Atteso che il 13 gennaio 2020 il GREVIO (Gruppo Esperte sulla Violenza contro le donne del Consiglio d’Europa) ha pubblicato un rapporto sulla situazione italiana sottolineando la distanza tra la teoria dell’impianto legislativo e la pratica giurisprudenziale nel nostro Paese, esprimendo GRANDE PREOCCUPAZIONE per la MANCATA TUTELA dei diritti delle vittime di violenza, giacché in numerose CTU sull’affidamento dei minori si assiste ad un occultamento della violenza e ad una svalutazione delle madri e delle loro denunce, che perdono così l’affidamento dei figli, esponendo cosi i medesimi a ulteriori rischi di vittimizzazione.

Quello  che sta accadendo alla madre di “Marco” (nome di fantasia) appare emblematico una donna che, dopo aver denunciato le violenze dell’ex compagno -dettagliatamente provate e per le quali  l’uomo  è stato gia’ condannato in primo grado  ed ulteriormente rinviato a Giudizio per altri reati di violenza-  oggi rischia di perdere la custodia del figlio di 5 anni, cosi come richiesto da una CTU che l’avrebbe  ritenuta immotivatamente  “ostativa”.

Nonostante la condanna inflittagli,  l’uomo infatti non avrebbe  MAI  smesso di agire violenza, anche durante o in occasione delle visite protette.

Eppure le adeguate capacità genitoriali della donna erano gia’ state riconosciute da una precedente CTU. Mentre la nuova consulenza tecniinca d’ufficio  ha derubricato  la violenza a mera “conflittualità genitoriale” e ha concluso  sostenendo  incredibilmente  un presunto atteggiamento materno  non protettivo ma  ostile, diffidente e sfiduciato, dunque   ostativo alla genitorialità del padre,   tale da giustificare e richiedere, secondo la CTU,  la sospensione della responsabilità genitoriale della mamma!

v. in https://www.maisonantigone.it/blog/?denuncia-il-compagno-violento  https://www.tpi.it/cronaca/alienazione-genitoriale-denuncia-violenza-ex-compagno-condannato-20200421589481/?fbclid=IwAR1_mfp-J088AmWVwAwy3Su59prVvzLoMa1UgXQbWQu0sNwW-5d20LN1JNM

RISCHIARE DI PERDERE I FIGLI PERCHÉ SI DENUNCIANO LE VIOLENZE È UN RICATTO INACCETTABILE.

Ci chiediamo che Stato siamo diventati e diventeremo, se non proteggiamo i nostri futuri cittadini dalla violenza e non li mettiamo in condizione di crescere in modo sicuro e sano.

Chiediamo risposte e CONCRETE TUTELE.
#siamotuttesabrina

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E

Lettere durante il lockdown – Gentile Presidente di Maison Antigone,

23 Aprile 2020 | Redazione

sono una madre tedesca e Le sto scrivendo dalla Germania, dove il Covid 19 mi ha sorpresa mentre mi stavo curando da una improvvisa, devastante patologia.

Mi sono separata dal mio ex compagno italiano alcuni anni fa, dopo aver sopportato violenze psicologiche, economiche ed infine anche fisiche.

Ho denunciato, come le istituzioni italiane ci chiedono di fare, e l’ho fatto soprattutto per i miei bambini. Perche’ vedevo che iniziavano a risentire gravemente  del clima familiare sempre teso, sempre sull’orlo di venire sconvolto dalle furie violente del padre.

Separandomi speravo che i miei figli avessero finalmente l’opportunita’ di iniziare a vivere in una famiglia serena, costruttiva. Ma l’incubo e’ continuato. Le denunce archiviate. Cosi da quando sono entrata nel tribunale italiano, specialmente quello civile sulla custodia, mi sono sentita discriminata. Accusata di voler portare via in Germania i miei figli, ci hanno impedito per anni persino di fare le vacanze.

I Miei bambini da anni non vedono piu’ i nonni materni, gli zii, i cugini e tutti i parenti del ramo materno. Eppure in questi anni avrei avuto 1000 volte l’occasione di andarmene e portarli via, se avessi voluto farlo.

Tutte le richieste, le argomentazioni e le prove prodotte dal mio difensore sono state ignorate completamente.

Lui invece in ogni sua richiesta sempre accontentato.

Il padre davanti al giudice civile ha anche ammesso le violenze ed i suoi metodi coercitivi sui nostri figli e negli atti ha dovuto riconoscere che sicuramente non si è sempre comportato bene nei miei confronti.

Ma tutto cio’ non interessa ai Giudici civili.

Dopo una CTU nella quale sono stata definita “istrionica” ( una diagnosi già smentita con regolare test icd), sono stata accusata di essere io stessa responsabile della violenza assistita ai miei figli.

Ormai nelle ctu non parlano piu’ di pas o di alienazione parentale, ma i principi sono gli stessi: accusare la madre del rifiuto dei bambini verso il padre. Dire che sono stati condizionati da lei.

Cosi i miei figli sono stati affidati al padre violento, anche se loro ne avevano paura. Anche se loro chiedevano apertamente di rimanere e vivere con me, la loro mamma.

Io per sentirli e poter vederli ho dovuto accettare un percorso come e’ stato scritto nel decreto, gia’ iniziato, ma cio’ nonostante sia il padre sia i servizi sociali non mi fanno ne’ sentire ne’ vedere i miei figli da ormai 5 mesi!

La neuropsichiatra infantile dice che potrei essere per loro “pericolosa” anche a telefono. Casomai ammette che me li faccia vedere solo quando sarà finita l’ emergenza coronavirus! Potrei rivolgermi ad un giudice, ma non è stato assegnato nessun giudice al mio caso dopo lo spostamento del vecchio.

La mia famiglia e’ stata descritta dal tribunale italiano come pericolosa per i miei figli, senza mai aver parlato con qualcuno di loro, solo per un pregiudizio verso me e loro….o verso i tedeschi? Ai miei figli viene negato ogni contatto non solo con me ma anche con i nonni , zii e cugini, come del resto ha fatto sempre il padre, che faceva di tutto per negare le loro origini materne.

Le istituzioni italiane hanno solo continuato ad agire la stessa identica violenza che agiva lui.

Io oggi non so come stanno i miei figli. Non so cosa fanno. Posso solo immaginare lo smarrimento che provano. La loro paura. Vorrei fargli sapere che non e’ vero che li ho abbandonati. Mai lo avrei fatto. Vorrei fargli sapere che proprio il loro padre ha chiesto ed ottenuto di separarli da me. Mentre oggi so stara’ dicendogli solo cose malvagie su di me.

Vorrei abbracciarli o almeno vederli, per rassicurarli, per dirgli che andra’ tutto bene e che prima o poi ci rivedremo. Vorrei chiedergli di non scordarsi di me.

È possibile che noi madri in Italia non abbiamo diritti per proteggere noi e i nostri figli? I diritti dei bambini non esistono?

Ora mi sto ammalando perché mi hanno preso la mia vita, i miei figli…. Ci si sente impotente quando chiedi aiuto alle istituzioni ma invece di riceverlo, ti trovi ad essere punita perché hai scelto di liberati da una persona violenta.

Una mamma tedesca tradita dai tribunali italiani


Sehr geehrte Präsidentin von Maison Antigone, Ich bin eine deutsche Mutter und schreibe Ihnen aus Deutschland, wo mich der Covid 19 überrascht hat, als ich mich von einer verheerenden Pathologie geheilt habe. Ich habe mich vor einigen Jahren von meinem ehemaligen italienischen Partner getrennt, nachdem ich psychische, ökonomische und schließlich physische Gewalt erlebt hatte. Ich habe ihn angezeigt, worum die Institutionen uns bitten und ich habe es speziell für meine Kinder getan. Weil ich sah, dass sie ernsthaft anfingen unter der angespannten familiären Atmosphäre zu leiden, immer kurz davor, von der heftigen Wut ihres Vaters noch mehr verängstigt zu werden.Durch die Trennung hoffte ich, dass meine Kinder endlich die Möglichkeit haben würden, in einer friedlichen, konstruktiven Familie zu leben. Aber der Albtraum hat sich fortgesetzt. Die Anzeigen alle eingestellt. Seit ich in das italienische Gericht eingetreten bin, insbesondere in das Zivilgericht, habe ich mich diskriminiert gefühlt. Ich wurde beschuldigt, meine Kinder nach Deutschland mitnehmen zu wollen und haben uns jahrelang daran gehindert, überhaupt Urlaub zu machen. Meine Kinder sehen seit Jahren nicht mehr ihre Großeltern, Tanten und Onkel, Cousins ​​und alle Verwandten des mütterlichen Zweigs. Doch in diesen Jahren hätte ich 1000 Mal die Gelegenheit gehabt, zu gehen und die Kinder mit zunehmen, wenn ich es gewollt hätte. Alle Anfragen, Argumente und Beweise meines Verteidigers wurden völlig ignoriert. Stattdessen wurde dem Kindesvater alles immer bestätigt. Der Vater vor dem Zivilrichter gab auch die Gewalt und seine Zwangsmethoden gegen unsere Kinder zu und in den Akten hat er ankannt, dass er sich mir gegenüber sicherlich nicht immer gut benommen hat. Aber das alles interessiert keine Zivilrichter. Nach einer CTU, in der ich als “histrionisch” definiert wurde (eine Diagnose, die bereits mit einem regulären ICD-Test ausgeschlossen wurde), wurde ich beschuldigt, für die von meinen Kindern assistierte Gewalt verantwortlich zu sein. Inzwischen sprechen sie in der CTU nicht mehr von PAS oder elterlicher Entfremdung, aber die Prinzipien sind dieselben: die Mutter der Kinder wird für die Ablehnung gegenüber dem Vater verantwortlich gemacht. Sie sagen, dass die Kinder von der Kindesmutter konditioniert wurden.Also wurden meine Kinder dem gewalttätigen Vater anvertraut, auch wenn sie Angst vor ihm haben. Auch wenn sie offen darum gebeten haben, bei mir zu bleiben und zu leben, ihrer Mutter. Um sie zu hören und sehen zu können, musste ich von Ihnen Hilfsangebote akzeptieren, wie es im vorläufigem Beschluss steht und die ich bereits begonnen habe, aber trotzdem haben mich sowohl der Vater als auch die Sozialdienste seit 5 Monaten nicht meine Kinder hören oder sehen lassen! Der Kinderneuropsychiater sagt, dass ich am Telefon für sie “gefährlich” sein könnte. Nur für den Fall, er gibt zu, dass er sie mir zeigen wird, wenn der Coronavirus-Notfall vorbei ist! Ich könnte zu einem Richter gehen, aber nach der Versetzung des alten wurde meinem Fall bisher keinem neuen Richter zugewiesen. Selbst meine Familie wurde vom italienischen Gericht als gefährlich für meine Kinder beschrieben, ohne jemals mit einem von ihnen gesprochen zu haben, nur wegen eines Vorurteils gegenüber mir und ihnen … oder gegenüber den Deutschen? Meinen Kindern wird jeglicher Kontakt nicht nur mit mir, sondern auch mit ihren Großeltern, Onkeln und Cousins ​​verweigert, wie es der Vater immer getan hat, der immer alles getan hat, ihre mütterliche Herkunft zu leugnen. Die italienischen Institutionen üben nur genau die gleiche Gewalt aus wie er sie ausgeübt hat.Ich weiß nicht, wie es meinen Kindern heute geht. Ich weiß nicht was sie tun. Ich kann mir nur vorstellen, wie verwirrt sie sind. Ihre Angst. Ich möchte sie wissen lassen, dass es nicht stimmt, dass ich sie verlassen habe. Ich hätte es nie getan. Ich möchte sie wissen lassen, dass ihr Vater darum gebeten hat, sie von mir zu trennen und dies erhalten hat. Während ich weiß, dass er ihnen nur böse Dinge über mich erzählen wird. Ich möchte sie umarmen oder zumindest sehen, sie beruhigen, ihnen sagen, dass alles in Ordnung kommen wird und dass wir uns früher oder später wiedersehen werden. Ich möchte sie bitten, mich nicht zu vergessen. Ist es möglich, dass wir Mütter in Italien kein Recht haben, uns und unsere Kinder zu schützen? Kinderrechte gibt es nicht? Jetzt werde ich krank, weil sie mir mein Leben, meine Kinder genommen haben … Es fühlt sich hilflos an, wenn Sie die Institutionen um Hilfe bitten, aber anstatt sie zu erhalten, werden Sie bestraft, weil Sie sich entschieden haben, sich von einer gewalttätigen Person zubefreien.

LE NOSTRE INTERVISTE. A TRE ANNI RIFERISCE “ATTENZIONI PARTICOLARI” DA PARTE DEL PADRE

21 Aprile 2020 | Redazione

di Marzia Lazzerini Giornalista

Denunciato dalla madre, il bambino è ora collocato nella casa paterna a 800 chilometri di distanza dalla figura materna. “Con il lockdown non posso vedere mio figlio”

Un’altra storia che ci racconta di una violenza istituzionale compiuta ai danni di una donna, ora disperata, distante 800 chilometri dal proprio figlio, e oggi in tempi di lockdown impossibilitata ad incontrarlo, dove a pagarne le conseguenze maggiori, come sempre, sono i bambini. Il minore in questione, che oggi ha 6 anni, aveva riferito quando aveva tre anni ed in maniera del tutto spontanea di essere stato oggetto di “attenzioni particolari” e di atteggiamenti ambigui sul proprio corpo da parte del padre. Già in corso di separazione la madre allarmata dalle parole del figlio sporge denuncia che verrà archiviata, senza nemmeno essere presa in considerazione. Dopo altre vicende giudiziarie il bambino verrà collocato definitivamente nella casa paterna, sradicandolo dalla madre e dal luogo dove negli ultimi anni aveva vissuto: verrà trasferito da una regione del Sud Italia alla Sardegna con a carico della donna le spese di viaggio se vuole vederlo due volte al mese.

Ma cerchiamo di capire cosa effettivamente ha portato a questa conclusione da parte dei giudici, che si sono serviti, come ovvio che sia, di consulenti tecnici quali medici e psicologi. Il caso è stato segnalato all’Associazione Maison Antigone che si è subito attivata per conoscere i fatti. La vicenda, come spesso accade, nasce da una separazione violenta, da giudizi di non saper gestire i figli o da richieste che si appellano al diritto alla bigenitorialità. Tuttavia in questa vicenda compaiono elementi più gravi.

Innanzitutto avviene il passaggio di competenza territoriale, e di tutti gli atti, dal tribunale del luogo in cui risiede la donna, inizialmente investito della causa, al tribunale della regione nella quale risiede il marito. In quel contesto processuale viene nominato dal giudice un consulente tecnico d’ufficio per valutare la capacità di entrambi i genitori.

Nella sua relazione tecnica, e da altra documentazione esaminata, si parla di un padre che abusa di sostanze stupefacenti e di alcool e che potrebbe aver maltrattato e violato sessualmente il bambino che riporta, come già detto, di essere stato oggetto di “attenzioni particolari”, mentre la madre in un esposto racconta: “il bambino mi infilò la lingua in bocca come un uomo che mi da un bacio dicendomi di non preoccuparmi perché mi stava dando solo dei baci come faceva il padre con lui, poi pianse perché aveva rivelato un segreto tra lui e il padre”. Durante tutta la CTU, ovvero nella relazione tecnica, vengono ignorati anche altri elementi. Per esempio, alla luce delle dichiarazioni e delle denunce della donna si erano già attivati i servizi sociali ed il tribunale del luogo di residenza, e quando viene concesso dal giudice che il bambino possa trascorrere un week end con il padre viene allo stesso tempo accordato alla madre il potere di decidere in autonomia circa le visite paterne, visto che le indagini sulla presunta violenza non sono ancora concluse. La certezza invece è la presa in carico della donna in un centro antiviolenza dal 2017 al 2018 ma che, sempre nella consulenza depositata al giudice viene definita come una banale depressione. Infatti quando tutta la documentazione, come detto, passa da un tribunale all’altro sembra che nulla di quanto fatto in precedenza venga analizzato dai magistrati. Le denunce della donna vengono archiviate ed in CTU non viene minimamente accertato o approfondito l’uso di sostanze stupefacenti da parte del padre del bambino e addirittura un consulente di parte della donna viene denunciato al proprio Ordine Professionale di appartenenza per aver sottolineato questi aspetti.

Viene invece scandagliata la vita passata della donna: tutto viene analizzato nei minimi particolari, dal cambio di università all’allattamento al seno, considerato come una pratica svolta fino ad  età troppo elevata del bambino.

“Il parere del consulente tecnico d’ufficio, ricordiamo, è un accertamento tecnico di ausilio al giudice per la sua decisione. In questo caso, tale accertamento appare viziato, anziché totalmente oggettivo, da giudizi che non sono utili al benessere del bambino e invece mettono in cattiva luce esclusivamente la figura materna aderendo, sembrerebbe, a quel concetto ascientifico denominato alienazione genitoriale e che viene utilizzato normalmente al fine di insabbiare le violenze denunciate da una donna” dichiara l’Avv. Simona D’Aquilio.

La Presidente dell’associazione Maison Antigone, Avv. Michela Nacca aggiunge che “nei tribunali italiani sembra sia ormai diffuso l’uso di dare per scontata e presente a prescindere la capacità genitoriale paterna, che però non viene indagata, a volte neppure dinanzi a rinvii a giudizio o con plurime condanne definitive per maltrattamenti in famiglia. Viceversa, dalla lettura di centinaia di consulenze, constatiamo che viene messa in discussione sempre e solo la capacità genitoriale materna. Sembrerebbe addirittura che ci sia un ribaltamento dei parametri nella psicologia giuridica, non valutando più le capacità empatiche, affettive e pedagogiche della madre ma valutando piuttosto le capacità di far accettare al figlio minore il rischio e talvolta la condannata per violenza paterna”

Da alcuni studi provenienti da filoni medici statunitensi, Richard Gardner e la sua  “junk science” (scienza spazzatura) così definita dal Professor Paul Fink, viene infatti considerata più pericolosa ed inadeguata una madre protettiva che denuncia le violenze sul figlio anziché un padre condannato per violenze o abusi.

“Non è un caso – avverte l’Avv. Nacca – se ad oggi, nelle università italiane, le idee ed il nome di Richard A. Gardner vengono insegnate e diffuse tra i futuri psicologi, assistenti sociali e consulenti tecnici che opereranno nei tribunali”.

A conclusione della vicenda il bambino viene strappato all’affetto della madre per essere collocato presso il padre, con grande limitazione della relazione genitoriale materna, e sembra che ancora una volta chi ne esce veramente punito sia solo ed esclusivamente il figlio.

BELGIO: ALBERGHI PER VITTIME DI VIOLENZA

8 Aprile 2020 | Redazione

https://trendstop.knack.be/nl/ontop/ondernemen/hotelkamers-voor-slachtoffers-huiselijk-geweld-1068-662376.aspx

Traduzione da Ilse Heyrman

La quarantena imposta dalla pandemia da covid-19 ha fatto aumentare i casi di violenza domestica lasciando le donne bloccate in casa con i propri carnefici. Per tale motivo, in Belgio, si è deciso di utilizzare anche strutture alberghiere per mettere in sicurezza le vittime e salvare le loro vite

Una catena di alberghiera metterà a disposizione le camere vuote per ospitare le vittime di violenza domestica. Lo dice il Ministro fiammingo della Giustizia Zuhal Demir. Il Governo delle Fiandre paga le spese e mette a disposizione 90.000 euro.

Da tempo è chiaro quanto il lockdown porti a tensioni in diverse famiglie. Ora questo è chiaro anche dall’occupazione delle case rifugio. In alcune città sono alla loro massima capacità. Ciò è anche in parte dovuto al rispetto delle regole di distanza. Demir ha quindi contattato diverse catene alberghiere, chiedendo se le loro stanze vuote potessero essere utilizzate per le famiglie in fuga. Nel frattempo, è stato concluso un accordo con una catena, che per motivi di sicurezza non viene nominata. Se necessario, altre catene sono pronte ad aiutare. Il Governo Fiammingo paga le camere. Con i 90.000 euro stanziati a tal fine, l’iniziativa potrebbe essere prorogata oltre il 19 aprile. “Le strutture per le vittime di violenza tra partner o abusi sui minori si riempiono più rapidamente a causa delle misure per il coronavirus” afferma Demir. “Inoltre, molte udienze sono state cancellate e non si possono quindi emettere degli ordini restrittivi temporanei contro gli autori dei reati. Per garantire che le vittime possano ancora essere accolte, una catena alberghiera ha offerto il suo aiuto. Mettono volentieri le loro strutture a disposizione. Ne sono molto grata” dice Demir. Le vittime possono chiamare o chattare con il 1712, la hotline per domande sulla violenza. I minori possono anche chattare su nupraatikerover.be (il sito si chiama adessoneparlo). In particolare nel caso della violenza sessuale, si può sempre contare sui centri dedicati (Zorgcentra Seksueel Geweld), rimangono aperti, la loro chat è seksueelgeweld.be (violenzasessuale). In situazioni d’emergenza si può chiamare il numero 101 della polizia e il 112 per assistenza medica

IL CYBERBULLISMO di Cristina Auditore

5 Aprile 2020 | Redazione

Siamo ormai tutti consapevoli del fatto che al giorno d’oggi se si parla di qualsiasi tema, questione o realtà, allora si parla anche di social media: dall’abito appena acquistato al piatto messo in tavola, dalla risata condivisa all’esperienza di un viaggio. Non solo fra noi giovani, ma anche nel mondo adulto, si è venuto a creare un vero e proprio sistema sociale, una sorta di mondo parallelo, un teatro di marionette i cui fili sono nelle mani degli utenti.
Il web è certamente di un mezzo vantaggioso, naturalmente se utilizzato nel rispetto di tutti. Ma ciò spesso non accade: tra gli utilizzi impropri dei social vi è appunto il cyber bullismo. D’altronde, così come nel mondo reale esiste la prevaricazione e la violenza, bisogna aspettarsi che anche in una realtà fittizia, comunque abitata da uomini e donne, queste si ripropongano. Da sempre e in ogni organizzazione sociale esiste infatti il fenomeno del bullismo, determinata dall’istinto umano dell’ “homo homini lupus”: con la creazione del mondo social nasce anche il cyber bullismo.
Più nello specifico si definisce cyber bullismo, o bullismo informatico, qualsiasi violenza psicologica, insulto e rivelazione di materiale privato online (tramite social network, forum, chat), reiterata nel tempo ai danni dell’individuo designato come vittima. Dunque non è altro che vero e proprio bullismo riportato ad una dimensione virtuale.
Statistiche ISTAT del 2014 affermano che tra i ragazzi utilizzatori di cellulare e/o Internet, il 5,9% denuncia di avere subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social network; inoltre che le ragazze sono più di frequente vittime di cyber bullismo (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi), dato che usano più frequentemente dei coetanei sia il telefono cellulare (86% contro 79,2%) sia Internet (59,8% contro 54,1%). Altri studi hanno invece evidenziato la più ampia diffusione del fenomeno, che riguarda anche soggetti di età maggiore, fino ai 60 anni, ma la questione riguarda più da vicino il mondo giovanile e le nuove generazioni.
Certamente la Polizia delle Comunicazioni promuove progetti per sensibilizzare i giovani nei confronti di questo cattivo uso della rete, ma i casi continuano a proporsi e
non è facile per le vittime denunciare, in quanto è considerato motivo di vergogna subire vessazioni sul web. Il più delle volte i cyber bulli sono ragazzini orientativamente tra i 10 e i 17 anni, spesso incapaci di valutare la gravità delle azioni compiute o di comportarsi in modo tanto aggressivo e privo di freni etici anche nella vita reale: la vera identità del molestatore può infatti essere celata da un falso account o può essere difficile da individuare addirittura a causa dell’utilizzo, da parte del vessatore, dei profili della vittima stessa.
In Italia è in vigore la Legge 29 maggio 2017 n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Essa, definendo esattamente il fenomeno del cyber bullismo (v. art.1 comma 2), prevede che la vittima possa richiedere di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in rete; che in ogni istituto tra i professori sia individuato un referente per le iniziative contro il cyber bullismo e che al Dirigente Scolastico spetti informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo informatico nonché attivare adeguate azioni educative; che se il cyber bullo è minorenne e non è stata ancora esposta querela o denuncia, possa essere, in presenza del genitore, formalmente ammonito dal questore che lo inviterà a non ripetere gli atti vessatori (art. 7).
L’approvazione di una legge ad hoc, sebbene perfettibile e non priva di incoerenze normative, rappresenta sicuramente un grande passo in avanti al fine di contrastare tali fenomeni attraverso misure preventive, educative e repressive e, si spera, al fine di convincere le vittime a denunciare, sicuri che le autorità possano essere in ogni modo e con ogni mezzo possibile dalla loro parte.
La nostra generazione di adolescenti è comunque cresciuta in una società in cui l’essere connessi è di fatto una costante, un meccanismo congenito e quotidiano. Ed è proprio attraverso questo meccanismo social che bisogna sensibilizzare le masse, dando valore al “diverso”, educando alla sana e produttiva interazione tra esseri umani.
Cristina Auditore
Liceo Classico “U. Foscolo” di Albano L. (Rm)

ANNA MAGNANI di Cristina Auditore

5 Aprile 2020 | Redazione

Tante sono le donne che hanno dato il loro contributo alla crescita dell’umanità nella storia. Chi attraverso lo studio della scienza, della medicina, chi nell’aviazione, nella politica, nella moda, nello spettacolo: ognuna unica e fondamentale nella costruzione del grande puzzle che costituisce la formazione della collettività. E ognuna di esse ha percorso un cammino ricco di ostacoli, di vie impervie, di fatica, ma senza mai perdere il coraggio e la forza.
La grande Anna Magnani diceva di essere terribilmente stanca e distrutta dai casi della sua vita, ma anche orgogliosissima dei suoi primi impieghi e ruoli, grazie ai quali, in seguito, sarebbe divenuta una delle maggiori interpreti femminili della storia, attrice simbolo del cinema e del Neorealismo italiano, in un’epoca in cui il cinema italiano dettava le regole cinematografiche nel mondo. apprezzata da appassionati e critici del cinema di ogni generazione, fino ai giorni nostri.
Nel 1956 con il film La rosa tatuata fu la prima interprete italiana nella storia degli Academy Awards a vincere il Premio Oscar come migliore attrice protagonista, un BAFTA come attrice internazionale dell’anno, e il Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico. A pochi giorni dal suo arrivo in America la stampa dichiarò: “In confronto a lei le nostre attrici sono manichini di cera paragonate ad un essere umano”; il Time la definì “divina, semplicemente divina”.
Attrice e donna spontanea, trasparente, unica nel suo genere, affermò in un’intervista di apprezzare l’assegnazione dell’Oscar a lei come un gesto leale, a dimostrazione del fatto che “in arte non esiste nazionalità”. Del resto la Magnani apprezzava la lealtà: lei stessa si reputava molto leale, profondamente umana e ricca di poesia dentro. Definita ruvida, affascinante, patetica, non sopportava l’ipocrisia e non respingeva mai le critiche: come attrice preferiva non dare un giudizio di se stessa, ma lasciava che gli altri la giudicassero, ed era oltremodo cosciente del fatto che il pubblico e la critica fossero molto esigenti con lei, e che un passo falso avrebbe potuto rovinare la sua carriera per sempre. Preferiva infatti prendersi dei periodi di pausa tra un film e l’altro, sempre in cerca di una parte che le corrispondesse perfettamente e che, secondo le sue parole, le stesse addosso come un vestito cucito per lei. Cercava
personaggi senza troppe complicazioni, ma con “un po’ di terra dentro, di sangue, di passione”. Se la vita le avesse riservato altro, avrebbe preso una piccola casa e si sarebbe dedicata alla campagna e agli animali.
Possiamo affermare che fosse una donna “vera”, sincera fino all’estremo, dalla quale era possibile – e lo è tutt’oggi, attraverso i suoi film – carpire ogni emozione, ogni vibrazione, ogni lacrima, ogni risata. Sicuramente continuano a parlare di lei documentari, interviste, varietà in cui vengono riproposte scene di film e spettacoli risalenti alla seconda metà del Novecento italiano, ma certamente chiunque sia appassionato di cinema non può fare a meno di notar spiccare la sua figura tra i grandi nomi del periodo più fiorente per il cinema italiano, e di stimarla per le sue ammirevoli doti recitative e comunicative. Diceva di avere una piacevole ambizione, un “gusto” come attrice, quello di essere amata da tanta gente, e sicuramente questo non è rimasto una semplice desiderio. In un’intervista le venne chiesta una definizione di attrice. Lei dopo una minima esitazione rispose: “gli attori, gli artisti sono egoisti, egocentrici, un po’ esibizionisti, però guai se non ci fossero gli attori”.
Cristina Auditore
Liceo Classico “U. Foscolo” di Albano L. (Rm)

MASSACRATA DI BOTTE di Anna Princi

5 Aprile 2020 | Redazione

Il 5 febbraio 2018 è stata pestata a sangue dal compagno di 44 anni, nella loro casa di Macomer (Nuoro), Martina Murgese, originaria di Milano ma da tempo residente in Sardegna: è stata ricoverata in condizioni gravissime, in attesa di subire vari interventi chirurgici, in un letto del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale San Francesco di Nuoro. Martina – non appena le sue condizioni di salute lo permetteranno – sarà portata in un reparto dell’ospedale civile di Sassari dove dovrà subire un’importante ricostruzione maxillofacciale e anche numerosi interventi al cavo orale, danneggiato dall’assunzione dell’acido muriatico. I medici si sono detti comunque fiduciosi.
La povera donna ha lanciato un appello: “Aiutatemi ad andare via – ha ripetuto con un filo di voce – ho visto la morte in faccia e sono rimasta sola. Ho tanta paura. Ora il mio solo pensiero è quello di fuggire e stare accanto a mia figlia”- “Aiutatemi a ricostruire la mia vita , voglio scappare da Macomer per tornare nella mia terra, ma sono invalida, non ho una casa, non ho parenti, non ho soldi”.
L’appello è stato immediatamente raccolto dall’associazione “Onda rosa” (un centro antiviolenza di Nuoro) che grazie alla sua presidente Luisanna Porcu ha preso in carico la situazione ed ha aperto un conto corrente per dare supporto economico per Martina Murgese, ancora ricoverata al San Francesco di Nuoro in Neurochirurgia. Lo scopo sarà quello di aiutarla e sostenerla, magari permettendole di tornare nella sua città natale (Milano) e andare via da Macomer.: “Non riesco ancora a capire – ha raccontato in lacrime Martina dal letto dell’ospedale di Nuoro – perché tutta questa violenza nei miei confronti. Perché tanto odio contro di me, non riesco a capirlo. Mai prima di ora – ha continuato la donna – aveva provato a mettermi le mani addosso. Abbiamo vissuto insieme per ben due anni e io ho addirittura lasciato Milano e la mia vita per lui. Pensavo fosse l’uomo giusto per me ma mi sbagliavo” .”Non so se il mio compagno è stato arrestato – ha ripetuto la donna – sono terrorizzata che possa di nuovo avvicinarsi a me”.
Da quanto emerge dalle agenzie stampa Francesco Falchi, disoccupato di 44 anni, si trova in stato di fermo, in attesa dell’udienza di convalida dell’arresto da parte del giudice, nell’ospedale di Oristano, dove è stato ricoverato in seguito a un malore. Insomma dopo le cure per lui si apriranno le porte del carcere, dove sarà rinchiuso con la pesante accusa di tentato omicidio. L’uomo infatti avrebbe picchiato a sangue la povera donna, sicuramente al termine di un banale litigio nella loro abitazione di Macomer. Martina Murgese, vittima dell’assurdo pestaggio, ha anche raccontato agli inquirenti che quell’uomo l’avrebbe costretta a bere dell’acido muriatico, prima di essere brutalmente colpita senza alcuna pietà con pesi da cinque chili.
Tra l’altro Martina è anche reduce da una storia travagliata: anche il suo ex marito infatti la picchiava e lei ha raccontato agli investigatori di essere invalida “per dei danni subiti alle vertebre durante i precedenti maltrattamenti”.
“La mia vita è un incubo” ella ha aggiunto.
Sono circa 114 le donne che, da gennaio a dicembre 2017, hanno perso la vita per mano del marito, compagno, fidanzato o ex. Questo è il triste bilancio delle vittime di femminicidio in Italia, due delle quali assassinate in procinto di diventare madri, con la conseguente morte dei figli che portavano in grembo.
Ad uccidere queste povere donne sono, quasi sempre, mariti, compagni, fidanzati o ex… una vera e propria strage cui si aggiungono violenze quotidiane che sfuggono ai dati ma che, se non fermate in tempo, rischiano di fare altre vittime.
Tante le donne molestate, perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate; così come numerose sono quelle strangolate, bruciate, accoltellate, nella quasi totalità dei casi proprio da chi diceva di amarle. E come se non bastasse, a tutto ciò si aggiunge il preoccupante fenomeno dello stalking.
L’età del carnefice è solitamente compresa tra i 31 e i 40 anni; mentre la vittima rientra nella fascia 18-30 anni. Purtroppo sono tante le donne che non denunciano gli uomini colpevoli della violenza, e preferiscono subire in silenzio lo sfregio, fino a mettere continuamente a repentaglio la propria vita.
Tuttavia quando la donna denuncia questa viene sottovalutata e lasciata in un cassetto o della polizia giudiziaria o del giudice; oppure viene lavorata, ma c’è una sottovalutazione del rischio e il giudice magari applica una misura che poi si rivela inadeguata.
Importante deve essere dunque il ruolo delle istituzioni, ma anche culturalmente si può fare molto nella società, attraverso la prevenzione.
Nessuna donna deve permettere di farsi isolare forzatamente dalla famiglia e dagli amici, denigrandoli e sradicandoti da un terreno affettivo amicale di riferimento. È necessario osservare nel proprio partner se vi sono eccessivi e frequenti cambi di umore, anche minacciosi, con un ossessivo continuo denigrare la tua attività, il tuo aspetto, il tuo abbigliamento, deridendoti in pubblico o in privato. Prestiamo attenzione se vi è un eccessivo controllo delle nostre telefonate e delle amicizie o ripetute intimidazioni verbali e guardiamoci dalla insana e tormentosa gelosia, anche verso le amiche. Soprattutto dobbiamo saper dire di “no” in modo chiaro e sereno se serve a creare confini sani: i troppi “sì” creano autorizzazione a monopolizzarci. Stiamo attente ai comportamenti persecutori, come telefonate anonime, sms, e-mail, violazioni di domicilio, spionaggio e sorveglianza ossessiva.
Anna Princi
Liceo Classico “Ugo Foscolo” di Albano Laziale (Rm)

RIFLESSIONI DI UN’ADOLESCENTE SUL FEMMINICIDIO di Vanessa Marucci

5 Aprile 2020 | Redazione

Sono tante le domande che insorgono in me dinanzi il fenomeno del femminicidio, ma ce n’è una in particolare che si impone alla mia attenzione: cos’è esattamente quel meccanismo causale che spinge l’uomo a commettere un atto di violenza contro una donna?
Questa è la domanda fondamentale che mi sorge nella mente ogni volta che leggo un giornale o sento al telegiornale la notizia di un marito, un compagno o di un fidanzato che uccide la propria compagna.
In Italia si verificano molti casi di questo genere, se si pensa che ancor oggi almeno 120 donne vengono uccise ogni anno per mano del loro marito/fidanzato o ex compagno.
Molti fra questi uomini usano la “scusa” della cosiddetta “gelosia” per giustificare questo loro gesto criminale.
Ma è questa la verità? E, se lo è, da cosa origina una simile “gelosia”? Da una insicurezza dell’uomo? Da altro?
Per capirlo forse bisognerebbe comprendere il fenomeno del femminicidio nel suo complesso, ed è per questo che ho scelto di esaminare e parlare prima di tutto del femminicidio in generale, anziché di uno specifico delitto commesso in questi ultimi mesi: per il fatto che questo non solo è un argomento delicato, ma sarebbe giusto parlarne ampiamente, per tracciarne i dati generali, comuni e per capirlo come fenomeno nel suo complesso.
Esistono molte organizzazioni, gruppi ed organismi che si prendono cura delle donne, vittime e superstiti di queste violenze. Si tratta per lo più di associazioni femministe, che basano il loro scopo associativo nella difesa dei diritti femminili.
Molti individui credono che questi movimenti femministi esistano solo per “dare” o “accentuare” il potere delle donne a scapito degli uomini. In realtà le donne da secoli sono costrette a combattere per arrivare ad ottenere gli stessi diritti degli uomini, essendo state da sempre storicamente screditate e poste ai margini della società maschile.
Forse dovremmo chiederci il motivo per cui storicamente si è determinato in origine uno squilibrio abnorme tra questi generi.
Un motivo che probabilmente è legato alla domanda posta al rigo iniziale: cos’è esattamente che porta un uomo a compiere violenza verso una donna, la propria moglie, fidanzata o compagna? Perché quegli stessi uomini sostengono che sia proprio la gelosia la causa della loro violenza? O perché questi uomini violenti, dovendosi giustificare, danno la colpa proprio alla donna, in realtà la vittima del loro crimine? Oè realmente la donna la vera causa di tutto ciò?
Ulteriore domanda che mi pongo: perché si dice che accanto il femminicidio esista il maschicidio e che quest’ultimo in realtà sia pari al femminicidio, sebbene se ne parli molto meno o per nulla?
Penso che cercare una risposta a queste domande sia fondamentale per comprendere la storia dell’umanità ed anche il fenomeno del femminicidio. Una risposta, tuttavia, che non sia ideologica ma aderente ai fatti storici e attuali.
Vanessa Marucci
Liceo Classico “U. Foscolo” di Albano Laziale (Rm)

LA SPAGNA CONTRO LE VIOLENZE DI GENERE… E L’ITALIA? di Federica Cerreti

5 Aprile 2020 | Redazione

ERA il 7 luglio 2016 a Pamploma, in Spagna, durante le celebrazioni per la festa di san Firmino, quando una ragazza madrilena di 18 anni veniva assalita da cinque uomini originari di Siviglia. José Angel Prenda, Alfonso Cabezuelo, Antonio Manuel Guerrero, Jesus Escudero e Angel Boza, si erano offerti di accompagnare alla sua auto la giovane, conosciuta la sera stessa, che venne invece condotta nell’androne di un palazzo dove, intorno alle 2:00 di notte, avvenne l’aggressione. La donna è stata trovata il giorno seguente, accasciata a terra in posizione fetale ed ancora in stato di shock. I cinque si facevano chiamare “la manada”, ovvero “il branco”, e due di essi operavano nelle forze dell’ordine spagnole: uno era militare nella guardia nazionale, un altro poliziotto. Gli uomini hanno dichiarato che la donna era consenziente poiché non solo, di sua volontà, aveva baciato uno dei cinque, ma neppure aveva opposto resistenza né manifestato cenni di agitazione durante l’aggressione. A verificare la dichiarazione è stata una ripresa fatta con il telefono da uno del branco, con lo scopo di inviarla poi a degli amici per vantarsi dello stupro; nel video si vede la donna immobile con gli occhi chiusi che non tenta di divincolarsi dagli aggressori. La difesa in Giudizio ha spiegato che la giovane non ha reagito perché troppo terrorizzata per muoversi, l’unica cosa che voleva era che la terribile disavventura finisse presto, motivo per cui, a parere dell’accusa, avrebbe preferito non contrastare gli uomini.
Secondo il codice penale spagnolo, se il sopruso non è caratterizzato da violenze, minacce o costrizioni, non può essere giudicato “aggressione sessuale”, 20 anni di prigione, ma solo “abuso sessuale”, 9 anni di galera. Il processo si è concluso dopo sei mesi, la sentenza era attesissima ed è stata trasmessa in diretta tv nazionale: gli aggressori sono stati condannati per mero abuso sessuale a 9 anni di carcere.
La decisione finale è stata accolta con sdegno dall’opinione pubblica che ha dato vita a rivolte e sollevazioni popolari, nelle piazze spagnole più di diecimila cittadini, da Barcellona a Madrid a Siviglia, hanno manifestato gridando “ti crediamo sorella”. La rivolta è divampata poi sui social con l’hashtag #YoTeCreo (io ti credo), sostenuto ed accolto anche da alcuni leader politici di partiti socialisti come Pedro Sanchez, che ha sostenuto“ ha detto NO. Ti crediamo e continueremo a crederti”, e Pablo Iglesias, che su twitter ha scritto “se non lotti contro 5 bruti non ti stanno violentando: vergogna e schifo”. Il governo stesso si è scagliato contro la sentenza ed il ministro della Giustizia Rafael Català ha chiesto di rivedere i reati di tipo sessuale inclusi nel codice penale.
Nel contempo in Italia una bambina di 12 anni è stata vittima di stupro di gruppo, avvenuto nel Catanese: la piccola è stata portata in ospedale poiché perdeva sangue dall’utero, ma la scoperta dei medici è stata sconcertante, perchè la dodicenne presentava lacerazioni interne tanto brutali, da non poter essere attribuite ad atti sessuali. Questa rivelazione ha dato il via alle indagini, si pensa che la vittima sia stata attirata dal fidanzatino in un garage per poi essere legata e violentata anche con l’impiego di oggetti impropri. Ora, a differenza di ciò che avvenuto in Spagna, nel paese regna il silenzio, l’omertà predomina sulla giustizia, sull’etica, e sull’umanità. In pochi hanno davvero compreso la gravità dell’accaduto, ma anch’ essi restano chiusi nel silenzio, nell’attesa che l’aggressione venga dimenticata e superata. Mentre una bambina di 12 anni resterà segnata per il resto della sua vita.
Federica Cerreti
Liceo Classico “Ugo Foscolo” di Albano Laziale (Rm)

HARVEY WEINSTEIN: LO SCANDALO di Federica Cerreti

5 Aprile 2020 | Redazione

La “regina di cuori”, Harvey Weinstein, 65 anni, stravolge il “paese delle meraviglie”, Hollywood; il co-fondatore prima della Miramax ed in seguito della The Weinstein Company, grandi società di produzione filmografica, in pochi mesi viene travolto da un’ondata di accuse per molestie sessuali.
Il re dei produttori, con oltre 300 nomination agli Oscar, di cui vinti ben sessanta, è finito sulla bocca di tutti a seguito di svariate denunce. Le prime accuse risalgono all’ottobre 2017, in seguito alle quali è nato il movimento “Metoo” a sostegno di tutte le donne vittime di abusi sessuali. Il movimento ha spinto molte donne a confessare le violenze subite sia in ambito privato che lavorativo, così il #metoo” è diventato il simbolo contro i soprusi di tipo sessuale e si è diffuso rapidamente in tutto il mondo.
In Italia il volto della protesta è la nota attrice Asia Argento; tuttavia non fu lei il motore iniziale della denuncia: la vera eroina si chiama Rose Mcgowan, la prima donna a denunciare l’abuso del produttore. Sull’argomento la vittima ha scritto un libro intitolato “Brave”, in cui racconta dettagliatamente l’assalto di Weinstein; in seguito è stata girata una serie TV sottoforma di documentario, chiamata “Citizien Rose” che ha contribuito alla diffusione in tutto il mondo dello scandalo nei minimi particolari. Dalla prima accusa si è scatenata un pioggia di denunce ad effetto domino, in totale oltre 80 celebrità, tra cui Agelina Jolie e Gwineth Paltrow, hanno raccontato le terribili minacce del produttore: da massaggi richiesti, a inviti espliciti nelle camere di hotel, dall’obbligare ad essere guardato durante una doccia, a costringere a praticare del sesso orale. L’attrice premio Oscar Meryl Streep ha tenuto a chiarire che il produttore l’ha sostenuta trattandola con rispetto e lavorando sempre professionalmente, ritiene inoltre di non essere mai stata a conoscenza di queste azioni che definisce disgustose, e manifestazione di un imperdonabile abuso di potere. Probabilmente Meryl non suscitava le attenzioni del produttore, rimanendone per sua fortuna indenne.
A distanza di 8 mesi dalle prime accuse Weinstein si è consegnato alla polizia ed è stato arrestato; poco dopo è stato rilasciato su cauzione, con un pagamento di 10 milioni di dollari e costretto ad indossare un dispositivo GPS (braccialetto elettronico) per essere sempre rintracciabile dalle forze di polizia.
I due giornali che hanno fatto conoscere al mondo la verità per primi sono stati il “New York Times” e il “New Yorker”. Le prime notizie sono state pubblicate il 5 ottobre 2017 dal “New York Times” con la firma di Jody Kantor e Megan Twohey. Solo cinque giorni dopo esce lo scoop bomba: il “New Yorker” pubblica il servizio del giornalista Ronan Farrow, figlio della famosa attrice già moglie di Woody Allen, non estraneo anch’esso ad altri scandali sessuali, legati alla figlia adottiva a cui il regista si è unito sentimentalmente e sessualmente. In questo articolo Ronan Farrow, dopo aver scavato a fondo, è riuscito a racchiudere mesi di lavoro e le accuse di ben 13 attrici, tra cui anche quella di Asia Argento. Ai due giornali ed ai giornalisti che hanno permesso l’emersione dello scandalo Weinstein è stato conferito il premio Pulitzer: il più prestigioso riconoscimento nella categoria di servizio pubblico nel giornalismo.
Federica Cerreti
Liceo Classico “Ugo Foscolo” di Albano Laziale (Rm)

 Lettere durante il lockdown – “QUESTA GUERRA STA EVIDENZIANDO FASCE SOCIALI, DISCRIMINAZIONI, INGIUSTIZIE ED IPOCRISIE”. Lettera di una infermiera a Maison Antigone 

1 Aprile 2020 | Redazione

Mi presento sono un’ infermiera di un ospedale romano. La mia vita si divide   tra lavoro e bimbo di 18 mesi.

In questo difficile momento sembra di vivere in un mondo surreale…. Vedere la gente che guida con le mascherine e noi in reparto non ne abbiamo…. Ora che i casi aumentano ci viene data una mascherina chirurgica a testa, giorno per giorno. Non ci è consentito sapere nulla, dobbiamo lavorare e basta.  Poi magari un’amica ci manda la foto di una testata di giornale e vieni a conoscenza che un intero reparto dell’ospedale dove si lavora viene chiuso perché c’è un focolaio Covid_19.

Ma tu non devi sapere nulla…. Anzi se chiedi…. “PARLI TROPPO” è la risposta che ti viene data!

Gli infermieri vengono acclamati sui balconi ma nelle corsie fidatevi, veniamo trattati come al solito… Da servi:  tutto VI È DOVUTO!

In questo periodo di stress, a consolare pazienti malati che non possono ricevere visite dai cari, devo aggiungere il pensiero del mio contratto che sta per terminare.. E non so ancora che fine farò. 

Quando stacco mi faccio una doccia al volo a lavoro, come se quel gesto servisse per togliermi da dosso possibili tracce di virus… 

Torni a casa e timbri un altro cartellino. Un bimbo di 18 mesi, il nido ha fatto un ottimo lavoro ma ora a casa e’ tutto difficile!!!   Un bimbo diverso dagli altri, lui non può stare protetto a casa perche’ due volte a settimana   affronta  un viaggio di 100km in un solo pomeriggio, cosi come deciso dal Giudice: il  suo papà  (di quelli “più bravi” che se ne scappano in gravidanza, dicendo di non essere lui il padre) adesso sostiene  di avere un amore smisurato per la creatura,  che dunque deve portare necessariamente a casa sua. Nonostante il figlio abbia solo 18 mesi. Nonostante la pandemia. 

Poi a fine giornata ti fa il report in cui si esalta come bravo papà, affermando  che per proteggerlo da eventuali contagi lo tiene lontano da tutto e da tutti.

Ma Il piccolo parla… e dice ben altro! Ma se glielo fai presente il bugiardo è il bambino ! 

E tu non puoi replicare, ne’ smentire, ne’ segnalare al tribunale: gia’ lo sai che tutto sarebbe  inutile ed anzi usato contro di te!  Non riconoscerebbero cio’ che e’ evidente: ossia che vuoi solo proteggere il bambino facendo in modo che l’altro genitore capisca  l’importanza di tutelarne la salute e, visto che non crede alle parole di una mamma infermiera, speri che siano le istituzioni a fargli comprendere l’importanza della protezione di un bimbo di 18 mesi dal contagio.

Questo avverrebbe in un mondo normale.

Ma oggi  NO, NON VIVIAMO PIU’ IN UN MONDO NORMALE….Oggi servizi sociali, Giudici, CTU ti rispondono che  vuoi solo manipolare ed ostacolare i diritti del padre! FOLLIA!

Il padre puo’ dire e fare cio’ che vuole, comunque (creduto o no) viene difeso e le sue richieste accolte. Se io protestassi per il suo comportamento irresponsabile  tutto si rivolgerebbe contro di noi. 

Scherziamo?? Un papà eccezionale con possibilità differenti dalle mie, molto piu’ elevate, se la cava con un mantenimento di 10 € al giorno. Però quando gli si chiede di non allontanarsi con un bambino di soli 18 mesi, in tempi di pandemia, risponde che è un SUO  diritto farlo

Questo periodo dove le famiglie del mulino bianco sfornano pane e biscotti,  io convivo col mio legale….. Figure che in questo momento sono messe a dura prova da un mondo adultocentrico, egoista ed anaffettivo verso i propri stessi bambini.

Mi fate ridere quando scrivete che ne usciremo migliori.

 NO!!!!   Non porterà nessun cambiamento tutto questo.

Chi è forte sarà più forte, mentre il debole deve lottare in silenzio pregando che vada tutto bene. 

QUESTA GUERRA STA EVIDENZIANDO INVECE FASCE SOCIALI,  DISCRIMINAZIONI, INGIUSTIZIE ED IPOCRISIE: non solo dei singoli ma anche delle istituzioni. 

Bambini che sono PROTETTI, da bambini che invece sono solo oggetti, vengono dalle istituzioni lasciati  usare da adulti annoiati a casa,  che non sanno cosa fare, per uscire e divertirsi o per distrarsi, non pensando minimamente alla salute dei bambini ed al rischio a cui li espongono.

 Figli usati  come lasciapassare per violare la quarantena, alla stregua di un cane e  con il beneplacito del Governo, dei servizi sociali  e del tribunale: perche’ oggi i capricci dei padri sono difesi piu’  del diritto alla salute dei loro bambini!

Nonni che vedono solo per telefono i nipoti  e nonni che invece non hanno mai fatto una sola  visita ai bambini gia’  prima della pandemia, che ora  continuano a stare comodi sul divano: tanto per soddisfare le loro richieste glieli portano direttamente a casa, a costo della salute  dei bambini medesimi! 

C’è gente che può fare la spesa e gente che non può farla. 

Non vado oltre…. 

Questa è solo la mia semplice testimonianza della vita ai tempi del coronavirus.

Scritta in silenzio accanto a mio figlio che dorme beato. Oggi può riposare:  nessuno lo viene a prendere  svegliandolo in orari assurdi per un bambino di soli 18 mesi, solo perché gli altri, gli adulti,  lo stanno aspettando. 

Una mamma, infermiera in un ospedale romano

Lettere durante il lockdown: MAMMA TEDESCA TRADITA DAI TRIBUNALI ITALIANI

30 Marzo 2020 | Redazione

9–11 minuti


Gentile Presidente di Maison Antigone,

sono una madre tedesca e Le sto scrivendo dalla Germania, dove il Covid 19 mi ha sorpresa mentre mi stavo curando da una improvvisa, devastante patologia.

Mi sono separata dal mio ex compagno italiano alcuni anni fa, dopo aver sopportato violenze psicologiche, economiche ed infine anche fisiche.

Ho denunciato, come le istituzioni italiane ci chiedono di fare, e l’ho fatto soprattutto per i miei bambini. Perché vedevo che iniziavano a risentire gravemente del clima familiare sempre teso, sempre sull’orlo di venire sconvolto dalle furie violente del padre.

Separandomi speravo che i miei figli avessero finalmente l’opportunità di iniziare a vivere in una famiglia serena, costruttiva. Ma l’incubo è continuato. Le denunce archiviate. Cosi da quando sono entrata nel tribunale italiano, specialmente quello civile sulla custodia, mi sono sentita discriminata. Accusata di voler portare via in Germania i miei figli, ci hanno impedito per anni persino di fare le vacanze.

I Miei bambini da anni non vedono più i nonni materni, gli zii, i cugini e tutti i parenti del ramo materno. Eppure in questi anni avrei avuto 1000 volte l’occasione di andarmene e portarli via, se avessi voluto farlo.

Tutte le richieste, le argomentazioni e le prove prodotte dal mio difensore sono state ignorate completamente.

Lui invece in ogni sua richiesta sempre accontentato.

Il padre davanti al giudice civile ha anche ammesso le violenze ed i suoi metodi coercitivi sui nostri figli e negli atti ha dovuto riconoscere che sicuramente non si è sempre comportato bene nei miei confronti.

Ma tutto ciò non interessa ai Giudici civili.

Dopo una CTU nella quale sono stata definita “istrionica” (una diagnosi già smentita con regolare test icd), sono stata accusata di essere io stessa responsabile della violenza assistita ai miei figli.

Ormai nelle ctu non parlano più di pas o di alienazione parentale, ma i principi sono gli stessi: accusare la madre del rifiuto dei bambini verso il padre. Dire che sono stati condizionati da lei.

Cosi i miei figli sono stati affidati al padre violento, anche se loro ne avevano paura. Anche se loro chiedevano apertamente di rimanere e vivere con me, la loro mamma.

Io per sentirli e poter vederli ho dovuto accettare un percorso come è stato scritto nel decreto, già iniziato, ma ciò nonostante sia il padre sia i servizi sociali non mi fanno né sentire né vedere i miei figli da ormai 5 mesi!

La neuropsichiatra infantile dice che potrei essere per loro “pericolosa” anche a telefono. Casomai ammette che me li faccia vedere solo quando sarà finita l’ emergenza coronavirus! Potrei rivolgermi ad un giudice, ma non è stato assegnato nessun giudice al mio caso dopo lo spostamento del vecchio.

La mia famiglia è stata descritta dal tribunale italiano come pericolosa per i miei figli, senza mai aver parlato con qualcuno di loro, solo per un pregiudizio verso me e loro… o verso i tedeschi? Ai miei figli viene negato ogni contatto non solo con me ma anche con i nonni, zii e cugini, come del resto ha fatto sempre il padre, che faceva di tutto per negare le loro origini materne.

Le istituzioni italiane hanno solo continuato ad agire la stessa identica violenza che agiva lui.

Io oggi non so come stanno i miei figli. Non so cosa fanno. Posso solo immaginare lo smarrimento che provano. La loro paura. Vorrei fargli sapere che non è vero che li ho abbandonati. Mai lo avrei fatto. Vorrei fargli sapere che proprio il loro padre ha chiesto ed ottenuto di separarli da me. Mentre oggi so starà dicendogli solo cose malvagie su di me.

Vorrei abbracciarli o almeno vederli, per rassicurarli, per dirgli che andrà tutto bene e che prima o poi ci rivedremo. Vorrei chiedergli di non scordarsi di me.

È possibile che noi madri in Italia non abbiamo diritti per proteggere noi e i nostri figli? I diritti dei bambini non esistono?

Ora mi sto ammalando perché mi hanno preso la mia vita, i miei figli… Ci si sente impotente quando chiedi aiuto alle istituzioni ma invece di riceverlo, ti trovi ad essere punita perché hai scelto di liberati da una persona violenta.

Una mamma tedesca tradita dai tribunali italiani

Sehr geehrte Präsidentin von Maison Antigone, Ich bin eine deutsche Mutter und schreibe Ihnen aus Deutschland, wo mich der Covid 19 überrascht hat, als ich mich von einer verheerenden Pathologie geheilt habe. Ich habe mich vor einigen Jahren von meinem ehemaligen italienischen Partner getrennt, nachdem ich psychische, ökonomische und schließlich physische Gewalt erlebt hatte. Ich habe ihn angezeigt, worum die Institutionen uns bitten und ich habe es speziell für meine Kinder getan. Weil ich sah, dass sie ernsthaft anfingen unter der angespannten familiären Atmosphäre zu leiden, immer kurz davor, von der heftigen Wut ihres Vaters noch mehr verängstigt zu werden.Durch die Trennung hoffte ich, dass meine Kinder endlich die Möglichkeit haben würden, in einer friedlichen, konstruktiven Familie zu leben. Aber der Albtraum hat sich fortgesetzt. Die Anzeigen alle eingestellt. Seit ich in das italienische Gericht eingetreten bin, insbesondere in das Zivilgericht, habe ich mich diskriminiert gefühlt. Ich wurde beschuldigt, meine Kinder nach Deutschland mitnehmen zu wollen und haben uns jahrelang daran gehindert, überhaupt Urlaub zu machen. Meine Kinder sehen seit Jahren nicht mehr ihre Großeltern, Tanten und Onkel, Cousins ​​und alle Verwandten des mütterlichen Zweigs. Doch in diesen Jahren hätte ich 1000 Mal die Gelegenheit gehabt, zu gehen und die Kinder mit zunehmen, wenn ich es gewollt hätte. Alle Anfragen, Argumente und Beweise meines Verteidigers wurden völlig ignoriert. Stattdessen wurde dem Kindesvater alles immer bestätigt. Der Vater vor dem Zivilrichter gab auch die Gewalt und seine Zwangsmethoden gegen unsere Kinder zu und in den Akten hat er ankannt, dass er sich mir gegenüber sicherlich nicht immer gut benommen hat. Aber das alles interessiert keine Zivilrichter. Nach einer CTU, in der ich als “histrionisch” definiert wurde (eine Diagnose, die bereits mit einem regulären ICD-

Test ausgeschlossen wurde), wurde ich beschuldigt, für die von meinen Kindern assistierte Gewalt verantwortlich zu sein. Inzwischen sprechen sie in der CTU nicht mehr von PAS oder elterlicher Entfremdung, aber die Prinzipien sind dieselben: die Mutter der Kinder wird für die Ablehnung gegenüber dem Vater verantwortlich gemacht. Sie sagen, dass die Kinder von der Kindesmutter konditioniert wurden.Also wurden meine Kinder dem gewalttätigen Vater anvertraut, auch wenn sie Angst vor ihm haben. Auch wenn sie offen darum gebeten haben, bei mir zu bleiben und zu leben, ihrer Mutter. Um sie zu hören und sehen zu können, musste ich von Ihnen Hilfsangebote akzeptieren, wie es im vorläufigem Beschluss steht und die ich bereits begonnen habe, aber trotzdem haben mich sowohl der Vater als auch die Sozialdienste seit 5 Monaten nicht meine Kinder hören oder sehen lassen! Der Kinderneuropsychiater sagt, dass ich am Telefon für sie “gefährlich” sein könnte. Nur für den Fall, er gibt zu, dass er sie mir zeigen wird, wenn der Coronavirus-Notfall vorbei ist! Ich könnte zu einem Richter gehen, aber nach der Versetzung des alten wurde meinem Fall bisher keinem neuen Richter zugewiesen. Selbst meine Familie wurde vom italienischen Gericht als gefährlich für meine Kinder beschrieben, ohne jemals mit einem von ihnen gesprochen zu haben, nur wegen eines Vorurteils gegenüber mir und ihnen … oder gegenüber den Deutschen? Meinen Kindern wird jeglicher Kontakt nicht nur mit mir, sondern auch mit ihren Großeltern, Onkeln und Cousins verweigert, wie es der Vater immer getan hat, der immer alles getan hat, ihre mütterliche Herkunft zu leugnen. Die italienischen Institutionen üben nur genau die gleiche Gewalt aus wie er sie ausgeübt hat.Ich weiß nicht, wie es meinen Kindern heute geht. Ich weiß nicht was sie tun. Ich kann mir nur vorstellen, wie verwirrt sie sind. Ihre Angst. Ich möchte sie wissen lassen, dass es nicht stimmt, dass ich sie verlassen habe. Ich hätte es nie getan. Ich möchte sie wissen lassen, dass ihr Vater darum gebeten hat, sie von mir zu trennen und dies erhalten hat. Während ich weiß, dass er ihnen nur böse Dinge über mich erzählen wird. Ich möchte sie umarmen oder zumindest sehen, sie beruhigen, ihnen sagen, dass alles in Ordnung kommen wird und dass wir uns früher oder später wiedersehen werden. Ich möchte sie bitten, mich nicht zu vergessen. Ist es möglich, dass wir Mütter in Italien kein Recht haben, uns und unsere Kinder zu schützen? Kinderrechte gibt es nicht? Jetzt werde ich krank, weil sie mir mein Leben, meine Kinder genommen haben… Es fühlt sich hilflos an, wenn Sie die Institutionen um Hilfe bitten, aber anstatt sie zu erhalten, werden Sie bestraft, weil Sie sich entschieden haben, sich von einer gewalttätigen Person zubefreien.

Lettere durante il lockdown – Buongiorno Maison Antigone,

28 Marzo 2020 | Redazione

 vi scrivo in questi giorni di quarantena, costretta dalle istituzioni e dal padre a vivere  lontana dai miei figli. Da anni impedita a rassicurarli, coccolarli, amarli e crescerli come qualsiasi altra madre. Senza alcuna valida ragione.  

La mia separazione inizia circa 5 anni fa, dopo delle aggressioni pesanti da parte del mio ex compagno. Ho tre figli e restare sola con tutto a carico non è stato facile per i primi mesi. La famiglia per me era ed è importante e dunque, nonostante le denunce, ho provato  la riconciliazione… che pero’ mi hanno portato  successivamente a ritirare quelle denunce.

Con il tempo ho capito che quella riconciliazione e’ stata solo una “mossa ” per lui per  rientrare a casa e riappropiarsene, ma soprattutto per vanificare le mie richieste. L’apparente  riconciliazione duro’ infatti neanche un  anno e di nuovo ricomincio’  ad aggredirmi  davanti i bambini.

Da  quel momento sono stata costretta ad andar via io con i tre  bambini, senza ricevere alcun tipo di aiuto da parte di lui, sebbene sia il padre. In estate mi  chiese di andare in vacanza con i bambini, io accettai anche se con timore. Ma al termine della vacanza non mi riporto’ i bambini  ! Subentrarono  i servizi sociali  ed inizio’ la mia odissea, l’inferno per i  bambini,  che da quel momento sono stati da lui usati come arma per colpirmi. Conosciamo cosi le diamiche dei servizi sociali, dello spazio neutro, fu  incaricato l’ educatore domiciliare, il mediatore. In tutte le relazioni redatte da ss e mediatori non e’ stata nascosta la verita’: lui   descritto come un padre che apertamente dichiarava di volermi distruggere, di volermi ammazzare, veniva  riferito di come parlava  male di me anche davanti i bambini e che continuava  in questo atteggiamento nonostante gli venisse  detto che questo fosse  un comportamento che non andava  assolutamente  usato, specie  davanti i bambini. Nelle relazioni veniva  precisato che il padre non rispettava le  regole e gli orari stabiliti, non si presentava  agli incontri…mi ostacolava in ogni modo…..tutto scritto.

Ma il tribunale dei minori non lesse nulla e poi improvvisamente si dichiaro’ non competente,  perché nel frattempo c’era il ricorso per la separazione in corso. Dunque tutto il fascicolo ando’  al tribunale ordinario, che pero’ di nuovo ignoro’ tutto! Di fatto quelle relazioni non vennero mai lette  da nessuno. 

Circa 3 anni fa  finalmente e’ stato emesso il primo decreto dove fu stabilito affido condiviso e fissati  giorni e orari di visita. Ma la sua  voglia di distruggermi era ancora  troppo forte….Cosi quando  iniziai una nuova vita con un compagno che mi aiutava e sopportava su tutto, la cosa lo  fece imbestialire : perché il suo obiettivo  di distruggermi era diventato  più difficile se qualcuno mi aiutava!

Arrivo’  cosi anche a denunciare il mio compagno in maniera del tutto falsa, per  presunti abusi sui miei figli, mai verificati.

Scatto’ la prassi: immediatamente i bambini furono  trasferiti nella casa del padre. Ovviamente senza alcuna valutazione del suo comportamento pregresso. Di nuovo sono stata allontanata dai bambini.  Furono  avviate perizie, interrogatori protetti e via dicendo….Mi fu concesso di  vedere i bambini solo  dentro lo spazio neutro per 1 ora a settimana, tutti i contatti telefonici mi furono  sospesi, anche se non esisteva un decreto che li vietasse. 

Nel tempo ho seguito tutte le indicazioni del giudice per riavere i miei figli. Ma così non e’ stato.  Durante gli incontri mio figlio mi chiedeva costantemente di voler venire con me ed esprimeva  anche alla dottoressa dello spazio neutro la sua volontà, ma mai  hanno relazionato le continue richieste del bambino. Anche al ctu i bambini hanno dichiarato di non avere problemi ad incontrarmi, anche perché di fatto la denuncia per abusi su minori non ha ottenuto condanna e ad oggi c’è una richiesta di archiviazione. A mio carico non esiste nulla, neanche una nota negativa nei miei confronti.

Nonostante il giudice in seguito mi abbia dunque riaffidato  i bambini con regolare decreto, il padre ha continuato  a rifiutare   di consegnarmi  i bambini,    violando il decreto giudiziale.

A questo punto, a seguito di una denuncia di scomparsa di minori, il padre viene  interrogato e per magia il Pm di turno del tribunale dei minori emette un decreto provvisorio in cui  riaffida i bambini al padre,  senza neanche conoscere probabilmente le disposizioni del tribunale ordinario. Denuncio tutto in procura e a distanza di breve tempo  anche il tribunale ordinario riaffida i bambini al padre e dispone il trasferimento di scuola dei bambini nel comune di residenza del padre…..senza alcun motivo! Un balletto di tribunali e di decreti l’uno in contraddizione con l’altro.

In seguito  e’ stato confermato  il mio diritto di visita ma ancor oggi da mesi,  nonostante il decreto,  non ho mai avuto modo di vedere e sentire i miei figli. Solo da qualche giorno mi e’ stato concesso di risentirli telefonicamente, di tanto in tanto, anche se sotto controllo e con notevoli limitazioni.

In questo momento di allarme generale sarebbe importante  per i bambini sapere che mamma c’è e  soprattutto che non li ho abbandonati…che li cerco e li cercherò sempre. Ma dal padre e da istituzioni miopi o complici da anni mi e’ impedito anche solo fare la mamma, con una discriminazione ed una violenza inaudita ed ingiustificata!

Chiedo che venga pubblicata questa mia testimonianza….

Comunicato Stampa: Maison Antigone apre uno sportello virtuale psicologico per affrontare la Pandemia

23 Marzo 2020 | Redazione

La notizia di alcuni suicidi avvenuti a brevissima distanza dall’avvio del Lockdown, a marzo 2020, a causa del Covid 19, ci ha indotte ad aprire uno sportello psicologico on line gratuito cosi da sostenere le persone in difficolta’.

Numerose psicologhe hanno risposto al nostro Appello di aiuto gratuito, anche grazie al CSV Lazio che ha dato risalto alla notizia. Le ringraziamo tutte.

Si puo’ accedere chiamando i numeri sul manifesto

v. le notizie sulla stampa https://ilcaffe.tv/articolo/65651/l-associazione-maison-antigone-offre-sostegno-psicologico-ai-cittadini-di-albano

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E

Lettere durante il lockdown. STORIA DI UNA MAMMA

19 Marzo 2020 | Redazione


Una mattina come tante mi alzo e svolgo le mie commissioni. Inps, spesa, bollette, le solite cose normali di una vita banale.

Quanto torno a casa arriva un messaggio su tutti i gruppi di scuola e di catechismo… Codogno casi di coronavirus. Essendo noi strettamente correlati a Codogno e Casalpusterlengo si consiglia massima attenzione ai contatti per evitare il contagio.

Era il 21 febbraio e chi è responsabile come me, da quel giorno ha ridotto il più possibile uscite e spostamenti.

Da quel giorno rispondo a domande come: “Mamma quindi niente carnevale?”, “Mamma quindi quando riaprirà la scuola?”, “Mamma possiamo morire?”.

Da quel giorno trovo risposte accettabili per i miei figli, da quel giorno si fanno i biscotti, si è fatto il quizzone di Carnevale in costume con sparata di coriandoli o stelle filanti se sbagliavi, si leggono buoni libri che nutrono la mente, si creano lavoretti artistici, si condivide il dialogo, giochi in scatola, ma soprattutto si condividono paura ed emozioni mai provate prima.

I contagi aumentano, le zone contagiate pure, da quel giorno il governo fa fioccare decreti su decreti con sempre restrizioni in più.

Da quel giorno sono passati venticinque giorni e io e i miei bambini rispettiamo le regole e siamo in quarantena per non contagiarci.

Vi dirò la verità a me tutto questo non spaventa, non spaventa un virus che ha totalmente cambiato la mia vita, le mie abitudini.

Perché? Perché tre anni fa sono uscita di casa con i miei bimbi, grazie ai carabinieri, e non ci sono più rientrata. Anni ed anni e ne avevo subite troppe perché giustificavo la violenza con: “lo devo aiutare, lo amo, lo devo fare per i miei figli”. Qui sono iniziate le vere paure… Paure che le persone non possono capire, oltre a un processo dove lui è stato assolto, lui si è messo in testa di farmela pagare quindi inizia con tribunali, denunce contro di me, incontri protetti, assistenti sociali non in grado di supportarci per il problema, giudici, la richiesta della casa famiglia per i miei figli.

In questi ultimi tre anni ho fatto salti mortali, mi sono ricreata una vita da zero, ho trovato un lavoro, acquistato la mia prima casa coi miei bimbi, l’ho arredata, sono tornata me stessa… E si perché il rapporto malato mi aveva resa insicura e senza nessuno. Ero una farfalla chiusa sotto un coperchio di vetro. Oggi sono una madre felice, una donna che si piace circondata da persone che mi vogliono davvero bene. I miei figli sono rinati con me e sono felici.

Quindi mi fa paura vedere l’indifferenza della gente che preferisce uscire o andare a sciare, e non prende seriamente l’emergenza coronavirus.

Vedo gente scrivere dopo 5 giorni di quarantena che ha l’ansia non ce la fa a sopportare la situazione.

Io vorrei solo dire a queste persone… Resistete… Io sono in casa da 25 giorni. Io ho dovuto creare da zero la mia vita, anni fa, senza un paio di mutande ed è la verità: i miei vestiti come cose affettive sono nella casa del mio ex convivente.

Non le voglio nemmeno perché io sono felice nonostante tutto e anche se ora ho perso pure il lavoro perché i casini con il tuo ex ti penalizzano agli occhi del tuo datore di lavoro, io vi dico che non mollo. State a casa davvero la vita è meno importante di una sciata? Ci sono persone come me e i miei bambini che vogliono vivere.

Mi auguro per tutti noi il coronavirus passi in fretta, e che soprattutto vi faccia capire che le cose importanti nella vita sono quelle che noi diamo per scontate: la famiglia, i sorrisi, gli abbracci, il sole caldo sulla pelle, le emozioni, il cuore che batte, il ciclo della vita che si ripete.

La mia paura non é un virus che con la testa si può risolvere ma rimane che passato tutto ciò ricomincerà la mia vita che ha come unico scopo, se i tribunali me lo permetteranno, di non far rinchiudere i miei figli in una casa famiglia richiesta dal padre solo perché loro non lo accettano, avendo paura di lui e di ciò che hanno visto e purtroppo ricordano.

Cosa farò come prima cosa quando finirà tutto questo? Abbraccerò i miei figli e dirò: “E ora andiamo avanti più forti di prima”. Poi sorriderò a ogni persona che incontro camminando sotto il sole caldo con le loro mani nelle mie.

Buona vita a tutti.

Lettere durante il lockdown: LA MIA PICCOLA STORIA

18 Marzo 2020 | Redazione


Quella che vorrei condividere è la storia di una donna che quando accende la televisione, il computer, il cellulare, nel tempo del COVID19, ascolta gli inviti a restare a casa poi si guarda intorno e fa l’appello… marito e figlia: presenti; genitori: videochiamati; sorella e nipoti: appuntamento alle 16,00 per la videochiamata con la battaglia navale… ma manca lei, l’altra figlia…

Manca quella che anche ieri sera ha indossato la sua amata divisa ed è andata a percorrere le strade di Roma, cavalcando una ambulanza, con colleghi più o meno spaventati ma armati di buona pazienza e tanto, tanto amore.

Lei che accoglie le chiamate dalla centrale, indossa la protezione con guanti e mascherina, che però non deve sprecare perché ce ne sono pochi, e va alla ricerca di un ospedale che però non voleva che arrivasse, quella che accoglie con emozione gli applausi delle persone alle finestre quando al cambio turno puliscono l’ambulanza e fanno l’inventario, quella che non ha un posto dove fare la pipì perché non la fanno entrare neanche negli Ospedali .

Guardo il cellulare nell’attesa che arrivi il suo messaggio “sto ripartendo” e quando rientrerà a casa, denudata della sua amata divisa, segnata in viso dall’allergia alle mascherine, al mio “come stai?” risponderà – come sempre – “tutto bene mamma, tutto bene… stasera rifaccio notte, se ti va preparami qualcosa da mangiare” eppoi arrivederci al prossimo saluto .

Certo è che non avrei mai immaginato di dover restare a casa (mia nonna mi chiamava “ciclone” perché non c’era nulla che mi potesse fermare) e mai avrei immaginato di dover salutare mia figlia che sta uscendo quando noi per il COVID19 siamo costretti a stare a casa.

Lettere durante il lockdown. “La famiglia non è per noi figli una scelta” Coronavirus, una situazione di crisi: come la vivono i giovani

13 Marzo 2020 | Redazione

13 marzo 2020

di Cristina Auditore

In questo momento particolarmente critico siamo continuamente informati riguardo alle nuove disposizioni, attraverso telegiornali, programmi televisivi e news del web.

Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, sull’intero territorio nazionale sono state attuate delle misure rese note attraverso il decreto del presidente del consiglio del 9 marzo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/09/20A01558/sg; https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/08/20A01522/sg).

È evidente che, in questo contesto, la chiusura di scuole e università non sia sinonimo di vacanza. Eppure dai più piccoli (non di certo dagli studenti universitari) la notizia è stata accolta in un clima di esultanza. E durante i primi giorni di interruzione delle attività didattiche, ragazzi e ragazze in blocco approfittavano delle mattinate libere per andare in palestra, e di pomeriggio popolavano i centri urbani uscendo, incontrandosi, frequentando locali, fino alla sera. È stata questa la primissima reazione dei più giovani.

Trascorsi i primi giorni di incertezze e di mancata comprensione del vero spirito delle decisioni prese, grazie alle numerose sollecitazioni e agli interventi sui social media – sempre molto efficaci, soprattutto tra noi giovani e soprattutto in momenti come questo – , ha iniziato ad essere chiaro il senso di tutto ciò.

I provvedimenti riguardano attività facenti parte del quotidiano di ogni membro della società, ma ad essere improvvisamente stravolto è sicuramente in maniera più effettiva il quotidiano di noi giovani. Come riportato dal decreto, infatti, oltre ad essere sospese le attività scolastiche e di formazione superiore, sono “sospese tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo […] quali, a titolo d’esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub […] discoteche e locali assimilati” e in tali luoghi è sospesa ogni attività, come anche in palestre, centri sportivi, piscine.

Luoghi, insomma, che facevano parte della routine di noi giovani.

È tutto da riorganizzare: studio, incontri con gli amici, svago, attività sportive, tutto deve essere svolto evitando il contatto ravvicinato e rispettando le norme.

Oggi ci sono svariati mezzi estremamente utili, che ci permettono di affrontare una tale situazione nella maniera più elegante e comoda possibile: i docenti si stanno adoperando per offrire agli studenti lezioni online e continuare così nel modo migliore possibile le attività didattiche; grazie ai nostri cellulari e grazie ai social possiamo mantenere il contatto con i nostri amici, organizzare video-chiamate di gruppo, scambiarci informazioni, consigli, aiuti, far sentire semplicemente la nostra vicinanza; grazie al web o alle piattaforme di streaming, che sostituiscono la visione sul grande schermo già da tempo, non mancano certamente occasioni di svago e distrazione; oggi è possibile persino allenarsi a casa, seguendo video tutorial su piattaforme web tra le quali YouTube. Insomma, possiamo affrontare questa situazione nel miglior modo possibile, e senza farci assalire da ansie o depressioni.

Nonostante ci siano ottimali condizioni per affrontare un momento così critico, però, è comprensibile che paure e preoccupazioni possano fare irruzione. Noi universitari ci chiediamo se potremo proseguire il nostro corso di studi senza interruzioni, sperando di poter sostenere gli esami della prossima sessione. Alla tensione tipica, quasi biologica, dei maturandi si somma la paura di non riuscire a preparare per l’Esame di Stato un programma di studio quasi per niente affrontato durante le lezioni ordinarie, e la paura di doverlo affrontare in circostanze e modalità ancora non chiare. Per noi giovani abituati a trascorrere  intere giornate fuori casa, tra mezzi di trasporto, aule di lezione o di studio, abitazioni di amici, palestre e locali, ritrovarsi barricati tra le mura di casa, condividendo un piccolo spazio con i propri familiari, non è facile. Gli effetti indesiderati sono la noia, la depressione, l’insofferenza, lo scaturire di liti o incomprensioni tra i membri di una stessa unità abitativa, oppure tra amici o fidanzati che non possono incontrarsi, costretti a cercare soluzioni per far durare una relazione anche a distanza, perché funzioni nonostante tutto.

In un mondo frenetico, in cui ognuno è impegnato nella corsa verso il successo e l’affermazione, in un tempo nel quale i giovani sono chiamati ad immettersi in questa pista caotica, a dimostrare di essere realizzati nella vita sociale, sentimentale, privata e pubblica, in un tale scenario, è questo genere di avvenimenti a farci comprendere cosa sia realmente importante, a farci riformulare le nostre priorità, a farci rendere conto della futilità di alcuni aspetti della vita che rincorrevamo e a riconoscere le persone davvero care, quelle che, nonostante tutti i problemi, rimangono perché non legate a noi esclusivamente da abitudini materiali o vantaggi pratici, ma anche da affetto e intesa.

Uno dei problemi che i giovani devono affrontare in questa situazione è la solitudine fisica, cioè   trovarsi a dover trascorrere praticamente molte ore in assenza di compagnia scelta. La famiglia non è per noi figli una scelta. È comune che i giovani abbiano un rapporto conflittuale con i genitori, e queste condizioni, nelle quali si è costretti a convivere nella stessa casa per molto tempo, possono peggiorare oppure migliorare tale rapporto. È importante il rispetto reciproco ed è importante contribuire a creare un ambiente di convivenza sano e sereno, aiutandosi l’un l’altro e magari provando ad instaurare un dialogo, riscoprendo così rapporti che erano stati a priori sottostimati, e riscoprendo l’importante ruolo che ricopre la famiglia per noi giovani, spesso così pressati dal mondo esterno.

Queste condizioni straordinarie sono anche occasioni per imparare a convivere con noi stessi. La capacità di stare da soli sembra scontata, ma molti di noi non sono in grado di trascorrere del tempo di qualità con loro stessi. Ed è proprio questo uno dei problemi principali della gioventù, problema che affiora adesso più che  mai. Conoscersi, accettarsi, intraprendere un percorso di ricerca interiore e sviluppare la capacità di impiegare in maniera produttiva e piacevole anche il tempo durante il quale non siamo in compagnia di nessuno.

Sicuramente situazioni critiche contribuiscono inesorabilmente ad accentuare problematiche già esistenti, legate alla crescita e alla fase giovanile, problematiche riguardanti la difficoltà nella comprensione di se stessi e nella comunicazione con l’altro. Molti giovani stanno perdendo i loro cari, magari i loro nonni, e sono costretti a sentire ovunque, in TV, sui social, attorno a loro, conversazioni, talvolta polemiche, derisorie o ilari, che non fanno altro che rivangare la causa del loro recente lutto, rendendo la situazione sempre più difficile.

Non è facile, ma non è impossibile. E noi giovani, noi che siamo la nuova generazione, possiamo collaborare, possiamo compiere una scelta di responsabilità, affinché si possa raggiungere una ripresa, il più presto possibile e nel miglior modo possibile.

LE NOSTRE INTERVISTE: Denuncia il compagno violento: ora vogliono togliere alla madre la tutela del figlio di 4 anni nonostante il padre sia stato condannato.

13 Marzo 2020 | Redazione

13 marzo 2020

Di Raffaella Bocci

Schiaffi, pugni, ingiurie pesanti, minacce di morte e percosse difronte al loro figlioletto in lacrime terrorizzato dalle urla e dalla vista dei colpi sul corpo di  sua madre. Un escalation di violenze iniziato inaspettatamente dopo aver dato alla luce il piccolo R.

Questo è lo scenario che fa da cornice alla vicenda di S. trentacinquenne, insegnante che oggi si ritrova a temere di non poter più proteggere suo figlio da un uomo violento.

Aveva conosciuto il padre di suo figlio grazie ad alcuni amici in comune, durante una vacanza in estate. L’amicizia con quell’uomo tranquillo e gentile si era trasformata in amore tanto che dopo alcuni mesi i due iniziano una convivenza.

L’anno seguente scoprono felici di aspettare un bambino. S. Si riteneva una donna fortunata con un lavoro stabile e gratificante in ambito educativo ottenuto dopo anni di studi e dedizione, ed ora un compagno amorevole e un figlio in arrivo.

Con l’avanzare della gravidanza e a causa delle numerose assenze del compagno,  per motivi di lavoro, decidono di trasferirsi nel  paese di origine per far si che S. potesse portare a termine la gravidanza a casa dei genitori con l’aiuto delle rispettive famiglie.

Passano i mesi e la situazione si fa sempre più difficile: S. racconta che l’uomo inizia ad essere sempre più freddo e distaccato, la ragazza  inizia a sospettare un tradimento, intanto la pancia cresce. Presa dallo sconforto decide di entrare nel suo computer e quello che scopre la lascia senza fiato. L’uomo che ama  la tradisce da tempo con diverse donne, lei legge tutte le chat di gruppi di incontri a cui il suo compagno partecipava attivamente. L’uomo scoperto giura di cambiare, che non lo farà più che la ama davvero.

Il sogno si spezza definitivamente quando, nel periodo di astensione dal lavoro per maternità, S. rinviene in casa un fascicolo che farà crollare per sempre quel progetto di vita familiare che pensava di aver costruito: si trova difronte ad una sentenza di condanna per uso e spaccio di cocaina che aveva portato il suo compagno  in carcere per due anni. Incredula inizia leggere e conosce  per la prima volta l’altra faccia del suo uomo: gioco d’azzardo, scambi di coppia, abuso di alcol e stupefacenti. 

Le violenze fisiche iniziano nell’autunno di circa quattro-cinque anni fa, periodo in cui S. si ritrova a vivere una situazione quasi surreale: nei momenti in cui la coppia si trovava in contesti sociali il suo compagno era dolce, premuroso e gentile, ma chiusa la porta di casa iniziava l’inferno. Inferno del quale sono stati ripetutamente testimoni i parenti più stretti della coppia con i quali hanno per diverso tempo convissuto. Ci fu una notte in cui la madre di S. sentendo le urla della figlia e  il pianto incessante del bambino da poco nato corse nella loro camera da letto e si trovò davanti ad una scena agghiacciante: l’uomo, rincasato mentre tutti dormivano, stava stringendo le mani intorno al collo della compagna insultandola e picchiandola mentre il bambino, svegliato dalla colluttazione, piangeva a dirotto affianco a loro.

S. ricorda come in un’altra occasione fu la stessa mamma dell’uomo  a cercare di proteggere la nuora mettendosi tra lei e il figlio minacciandolo di raccontare tutto a suo padre. S. e spaventata ed inerme, ha paura per sé, per il bambino che dorme nella stanza accanto: non vuole che assista ancora una volta alla violenza incontrollabile del padre. Egli si allontana dalla donna, ma non riesce a placarsi e comincia prendere a calci e pugni tutti i mobili della cucina, lancia oggetti ovunque, le urla che la ammazzerà.

S. sfinita e provata si chiude in camera, la suocera la segue, piange e si scusa: è seriamente preoccupata per gli scatti d’ira che il figlio non riesce a controllare. Passano i mesi, la situazione peggiora tra promesse di cambiare, botte e insulti.

Arriva l’autunno dell’anno seguente e dopo una furiosa lite in cui quest’uomo violento  trascina la sua compagna per casa afferrandola per i capelli di fronte al figlio di poco più di un anno. La minaccia, la butta fuori di casa insieme al bambino, la minaccia con una spranga di ferro e le dice che se fosse tornata l’avrebbe uccisa.

Quel giorno S. Capisce che potrebbe essere la prossima vittima di femminicidio ad essere letta sui giornali. Deve chiedere aiuto e proteggere il bambino. Fino a quel momento S. non aveva denunciato, aveva paura delle reazioni violente del compagno e per paura di non essere creduta visto il comportamento ambivalente di lui.

A quel punto però proteggere se stessa e loro figlio era diventata la priorità. Capisce che se avesse continuato a vivere nella paura probabilmente non avrebbe avuto scampo. Decide finalmente di sporgere formale denuncia con tanto di prove: messaggi e addirittura videoregistrazioni di un centro commerciale voce l’uomo aveva agito violenza nei suoi confronti.

L’uomo continua liberamente ad incontrare il figlio che intanto regredisce: torna a volere il ciuccio, la notte ha improvvise crisi di pianto, ad avere paura di tutto.

Il tribunale di Bologna con una sentenza del 2017 condanna l’uomo e lo riconosce colpevole di maltrattamenti, condotte violente, vessatorie, offensive, umilianti e denigratorie, minacce e aggressioni fisiche tutte aggravate dalla presenza del figlioletto della coppia.

L’uomo continua a minacciarla anche dopo la sentenza, le dice che tanto lui in galera c’era già stato.

Un giorno le invia una mail dove le propone di incontrarsi per l’ultima volta. Vuole chiarirsi con lei, ma le chiede di non dire niente a nessuno e le scrive che non deve avere paura. Ma alla fine della pagina allega la foto di un pupazzo  a terra morto, ucciso da un colpo di arma da fuoco alle spalle. S. È sempre più terrorizzata per lei e per il loro bambino. È consapevole del fatto che benché abbia chiesto aiuto nessuno li sta proteggendo.

Iniziano gli incontri protetti del padre con il piccolo insieme agli assistenti sociali. S. È preoccupata: un giorno il bambino, 4 anni appena, rincasa con uno zainetto pieno di petardi regalatigli dal padre e dai nonni paterni proprio durate l’incontro protetto: si tratta di veri e propri fuochi di artificio vietati ai minori di 18 anni la cui vendita a minorenni è addirittura punita con la reclusione. Eppure quei petardi erano stati usati e regalati al bambino proprio sotto gli occhi evidentemente non vigili o incompetenti o poco responsabili degli assistenti sociali.

S. denuncia la situazione ma inizia cosi per lei e suo figlio un calvario fatto di relazioni distorcenti – che S. non esita a definire “false” – nonché  omissioni che i servizi sociali redigevano e trasmettevano al Tribunale competente, con il conseguente screditamento della figura materna.

S. si rende conto che la situazione si va inspiegabilmente complicando e decide di denunciare l’assistente sociale. Allega prove, email di posta certificata, scambi di messaggi, certificati e fotografie. Ma nel frattempo la macchina giudiziaria era partita tenendo conto anche di relazioni che non sarebbero corrispondenti ai fatti, come S. documenta minuziosamente. La donna manifesta in tutti i modi le sue preoccupazioni alle autorità giudiziarie competenti, ma senza mai ostacolare le frequentazioni del padre con il bambino.

Quello che S. ancora non sa è che nel frattempo l’iter per la tutela legale del bambino la getterà in un vortice di “false accuse”, come lei rivendica,  e contraddizioni giudiziarie che le vedono sottratta la possibilità di proteggere suo figlio e ricominciare a vivere una vita normale.

Nel maggio del 2019 la Procura piemontese vista la pericolosità della situazione stabilisce, per proteggere il bambino, l’inserimento di S. e di suo figlio in una comunità segreta protetta e sospende gli incontri con il padre. Ma appena un mese e mezzo dopo questo provvedimento, schizofrenicamente la Corte d’Appello ,basandosi proprio sulle “false” dichiarazioni dei servizi sociali, ritratta sulla pericolosità della situazione ed anzi incomprensibilmente ammonisce S. di avere un comportamento non collaborativo, addirittura inadempiente rispetto al decreto emesso dal Tribunale,  disponendo  il divieto di espatrio del bambino.

Intanto si aspetta l’esito della ctu, ma prima ne viene richiesta un’integrazione per capire la capacità genitoriale di S. e del suo compagno.

Alla fine della consulenza tecnica d’ufficio, tutta incentrata solo sulla valutazione della capacità genitoriale di S. e non dell’uomo,  pur condannato per violenza domestica, sorprendentemente viene richiesto di limitare la responsabilità genitoriale della madre con l’accusa di essere ostile, diffidente e sfiduciata nei confronti del padre di suo figlio. Già, di quell’uomo che l’ha percossa, tradita, umiliata e vessata davanti al figlio che nel frattempo è costretto a vivere in mezzo ad una battaglia legale che di certo S. non ha mai voluto, semmai si sarebbe aspettata uno Stato che avesse protetto lei e il suo bambino. A giorni ci sarà la sentenza definitiva e chissà se le verra’ riconosciuta la facoltà di poter crescere suo figlio o se dovrà pagare per aver denunciato e fatto condannare un uomo violento che forse, se S. non avesse avuto il coraggio e la forza di reagire, l’avrebbe messa a tacere per sempre.

Musica: La donna nella società e nel mondo dello spettacolo. La disuguaglianza di genere attraverso la penna di Taylor Swift

12 Marzo 2020 | Redazione

di Cristina Auditore (il pezzo e’ stato redatto dalla studentessa del Liceo Classico U. Foscolo in attivita’ di Alternanza Scuola Lavoro)

Disuguaglianza di genere. Nonostante i grandi cambiamenti nella società, ancora persiste, a causa dei preconcetti e delle norme sociali esistenti.

In un’intervista alla CBS, dopo il rilascio del suo ultimo album Lover, la cantautrice statunitense Taylor Swift, raccontando la sua esperienza, spiega: «Esiste un vocabolario diverso per uomini e donne nell’industria musicale. […] Un uomo fa qualcosa, è strategico. Una donna fa la stessa cosa, è calcolata. Un uomo è autorizzato a reagire. Una donna può solo reagire in modo eccessivo».

Più volte ha affrontato questa questione, e la rende tema centrale di una track del suo ultimo album intitolata The Man, realizzando inoltre un video musicale (scritto, diretto e prodotto per l’occasione dalla cantante stessa) in cui è proprio lei ad interpretare il suo alter ego maschile grazie ad uno speciale trucco (https://www.youtube.com/watch?v=AqAJLh9wuZ0). Ospite all’NPR Music Tiny Desk Concert pubblicato su YouTube il 28/10/2019, Taylor racconta: «Mi chiedevo sempre: posso scrivere una canzone riguardo a questo? C’è un modo conciso e accattivante per scrivere una canzone riguardo a questo? […] ho deciso che la cosa più divertente da fare sarebbe stata immaginare come la mia vita sarebbe stata, e cosa gli altri avrebbero detto riguardo alla mia vita, se avessi fatto tutte le stesse cose, ma se fossi stata un uomo».

Sono così stanca di correre più veloce che posso, chiedendomi se ci arriverei prima se fossi un uomo”, sentiamo nel ritornello della canzone. Nel film documentario Miss Americana diretto da Lana Wilson, che ci riporta parte della vita e della carriera di Taylor Swift, la cantautrice, parlando alla regista «Viviamo in una società in cui le donne nel mondo dello spettacolo sono relegate in un cimitero di elefanti quando compiono 35 anni», dice sorridendo, «Le artiste donne che conosco si sono reinventate venti volte in più degli artisti uomini. Devi farlo. Altrimenti resti disoccupata. […] Siccome ho quasi 30 anni voglio lavorare sodo finché la società tollera il mio successo».

Direbbero che ho tastato il terreno prima di trovare qualcuno a cui legarmi”, scrive Taylor nella prima strofa. Esistono doppi standard sessisti anche in materia di relazioni. Una donna che ha avuto molti legami sentimentali è additata come poco di buono, un uomo nella stessa situazione è invece considerato un playboy, popolare tra le donne: “brinderebbero tutti alla mia, lascerebbero giocare i giocatori”, perché se un uomo “gioca” va bene, che male c’è? E lo stesso accade per donne e uomini che, cantautrici e cantautori, scrivono sulla loro vita sentimentale. Ne parla in un’intervista del 2014, promuovendo il suo album 1989: «Ci saranno persone che diranno ‘oh sai, lei scrive solo canzoni sui suoi ex fidanzati’. E francamente penso che sia un angolo molto sessista da prendere. Nessuno lo dice di Ed Sheeran. Nessuno lo dice di Bruno Mars. Scrivono tutti canzoni sulle loro ex, sulle loro attuali fidanzate, sulla loro vita sentimentale. E nessuno alza lì una bandiera rossa».

Che cosa indossavo, se sono stata scortese, potrebbero essere separati dalle mie buone idee e mosse di potere. Le donne sono molto più giudicate rispetto agli uomini riguardo al loro comportamento e al loro modo di vestire. E spesso le loro scelte di abbigliamento sono anche usate per giustificare l’aggressione sessuale contro di loro. Inoltre è più comune che un uomo sia conosciuto e ricordato per le sue trattative di successo o per le sue idee politiche, piuttosto che per voci o scoop legati alla sua figura. In passato la cantante ha dovuto affrontare un processo per un caso di molestie sessuali. Un articolo di repubblica.it  del 15/08/2017 riporta: «La cantante Taylor Swift stravince in tribunale contro il dj radiofonico David Mueller che aveva accusato di averle messo una mano sotto la gonna e averle palpato il sedere dopo un suo concerto a Denver (Colorado) nel 2013». Lei stessa racconta: «Mi era successo, lo abbiamo detto al suo capo, hanno indagato, è stato licenziato, poi mi ha fatto causa per milioni di dollari. L’ho controquerelato per un dollaro». Il processo ha avuto dunque due fasi, entrambe vinte dalla cantante. «Ero arrabbiata perché le donne subiscono queste cose» racconta. «Non ti senti vittoriosa quando vinci perché il processo è disumanizzante». Nel suo caso c’erano sette persone e una foto a testimoniare l’accaduto. «Cosa succede se ti stuprano ed è la tua parola contro la sua?».

Durante una delle serate del suo Raputation Stadium Tour, Taylor parla ai fan: «Penso a chi non è stata creduta, a chi non viene creduta, a chi ha paura di parlare perché teme di non essere creduta», sperando che il verdetto in suo favore incoraggi a denunciare. E si è pronunciata, rompendo il silenzio sulle sue opinioni politiche, in favore dei democratici del Tennessee, per contrastare, alle elezioni americane di metà mandato del 2018, Marsha Blackburn (in lizza per la corsa al senato del Tennessee), conservatrice che proclama spesso il suo sostegno al presidente Trump, che ha votato contro la riautorizzazione del Violence Against Women Act (che serve a proteggere le donne da stalking, stupro, violenza domestica), e che si dichiara non favorevole ai principi dell’Equality Act.

Nel corso della realizzazione della track The Man, in una delle riprese di vita quotidiana della cantautrice riportata nel film Miss Americana, sentiamo il produttore Joel Little dire a Taylor: «Dev’essere estenuante. Devi pensare a questa merda tutto il tempo». E lei: «Elabori costantemente una strategia nella tua testa su come non essere umiliata per qualcosa ogni giorno. Ma poi ti accusano di essere calcolatrice perché hai una strategia». E lui: «Perdi comunque». E lei «Sì, insomma, sto bene, ma devi farti in quattro costantemente».

L’artista spiega: «Cerco di capire il più possibile come rispettare le persone, come deprogrammare la misoginia nel mio cervello. Rifiutala, respingila e resisti. Non esistono le troie. Non esistono le stronze. […] Non vogliamo essere condannati per essere sfaccettati».

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E

Cinema: “HIS GIRL FRIDAY”

12 Marzo 2020 | Redazione

Una commedia di ieri e per oggi

di Cristina Auditore (da un progetto di Alternanza Scuola Lavoro di Maison Antigone con Liceo)

Se da una parte, nelle varie filmografie di diversa nazionalità ed epoca, alla figura femminile vengono assegnati i ruoli di angelo del focolare, o di femme fatale, o di compagna ideale, o ancora di dumb blond, non mancano sicuramente personaggi femminili singolari, non stereotipati, dai tratti quasi inaspettati. 

Del 1940 è il film di Howard Hawks La signora del venerdì (His Girl Friday), uno tra i migliori film del cinema classico hollywoodiano, nel quale commedia e genere drammatico sono sapientemente combinati.

Tra le battute rapidissime ed esilaranti proprie della screwball comedy, nella quale i personaggi rifiutano il linguaggio canonico dell’amore, ma parlano moltissimo – ed è proprio parlando che si innamorano – emerge l’intreccio.

I protagonisti sono Walter Burns (Cary Grant), editore del Morning Post, importante quotidiano di Chicago, e Hildy Johnson (Rosalind Russel), migliore cronista del giornale, nonché ex-moglie del primo. All’inizio del film i due hanno appena divorziato e la donna si reca in redazione per informare l’ex-marito che sta per risposarsi con Bruce Baldwin (Ralph Bellamy), uomo banale, il quale svolge l’impiego di assicuratore.

La sua intenzione è quella di poter “essere solo una donna”, “condurre una vita normale”, avere una casa e dei figli, e dedicarsi esclusivamente alla vita familiare. Tutto ciò può esserle offerto solo da Bruce, non certo da Walter, con il quale ha avuto un matrimonio caratterizzato da una frenetica e totalizzante immersione della coppia nella dimensione lavorativa.

Walter, coinvolgendola in un intricato caso giornalistico riesce a riportare Hildy al suo amato lavoro di giornalista, salvando anche il suo matrimonio con lei.

I due quindi collaborano, come hanno sempre fatto: nel loro lavoro l’uno ha bisogno dell’altra e viceversa.

Hildy, nonostante dichiari all’inizio del film di voler abbandonare la frenetica e randagia vita da cronista, è nata per fare la reporter e la sua natura profonda le impedisce di realizzare quel sogno familiare sul quale fantastica. I due sono, sono stati per anni, e continueranno ad essere – come si evince dalla conclusione del film – amanti e compagni di avventure.

È, questo, un film riguardante il rapporto tra professionismo e vita di coppia, lavoro e amore, un film che fa ridere di gusto ma che è anche emotivamente coinvolgente e moralmente complesso, un film che presenta una protagonista singolare, compagna di gioco e d’avventura del protagonista maschile, con il quale stabilisce un rapporto paritario. E del resto è proprio nella costruzione di figure femminili anomale, per l’epoca,  che risiede uno dei maggiori elementi di continuità tra le commedie di Hawks e gli altri suoi film. 

His Girl Friday è in realtà la seconda riduzione cinematografica di un’opera teatrale, The Front Page, di Ben Hecht – che inoltre collabora alla sceneggiatura del film di Hawks – nella quale i protagonisti sono due uomini: il direttore di un giornale e il suo miglior reporter, il quale vuole sposarsi e cambiare lavoro, ma che non ci riuscirà, rimanendo fedele collaboratore del primo.

Il fatto che qui il ruolo del reporter sia interpretato da una donna rende la vicenda ancora più interessante e coinvolgente. La coprotagonista è a tutti gli effetti il collega più fidato di Walter, è il suo “compagno d’armi” nella battaglia quotidiana del Morning Post, è il suo braccio destro. D’altra parte, Hildy è una donna libera ed intelligente, e l’unico modo che ha Walter di riconquistarla è quello di riportarla al lavoro.

Piacevole da vedere oggi come ottant’anni fa, nonostante le molteplici chiavi di lettura attraverso le quali lo si può analizzare, La signora del venerdì può essere semplicemente considerato un film divertente e spiritoso, dinamico e brillante, sicuramente antenato delle commedie così popolari oggi.

Guardandolo oggi, però, non si può fare a meno di essere meravigliati dal personaggio interpretato da Rosalind Russel e da quanto esso sia anticonvenzionale.

Nonostante non si possa affermare che il regista voglia trasmettere un particolare messaggio, questo è sicuramente un film che offre svariati spunti di riflessione e approfondimento. Nel nostro caso, appunto, è interessante sviluppare quello riguardante la figura femminile che ne emerge. 

È importante che la donna sia auto-consapevole, cosciente delle proprie capacità, indipendentemente da quello che potremmo considerare conforme alla “normalità”.

Sappiamo che ogni mutamento nella struttura sociale influisce sugli individui che ne fanno parte. In parole povere, la società si aspetta ogni volta qualcosa di diverso da noi, che ne facciamo parte. E la pressione è spesso maggiore sulla donna inserita nella società. Se la società si aspetta da lei che prenda il suo posto nella cucina di una casa, che badi ai figli, che non conduca una vita spericolata o  appassionante, allora ella stessa si convincerà che questo è ciò che di più giusto e bello possa desiderare per la sua vita.

Bruce è per Hildy l’uomo che può offrirle quello che la società si aspetterebbe da lei come donna. Nella figura di Bruce, che Hildy si accinge a sposare, potremmo individuare l’uomo dalle idee antiquate, al quale può sembrare positivo e normale che la donna che gli sta accanto scelga di lasciare il  lavoro per dedicarsi totalmente alla famiglia e alla casa. Dal personaggio di Walter potrebbe invece emergere la figura dell’uomo anticonformista, le cui azioni sono governate da una nuova mentalità, più aperta e rivoluzionaria.

Hildy è, secondo questa lettura, una donna in bilico tra queste due formae mentis, l’una agli antipodi dell’altra: l’emancipazione è prima di tutto una scelta di rivoluzione e la rivoluzione deve essere un meccanismo interno alla donna stessa. Tale meccansimo deve anzitutto avvenire attraverso la consapevolezza di sé e attraverso un percorso che da personale diventi universale.

Secondo questo punto di vista, tutte le donne sono Hildy, in bilico tra le convinzioni inculcate dalla società e le loro capacità e inclinazioni. E, col cambiare della società, cambiano anche le aspettative che gravano sui suoi membri. La donna contemporanea deve terminare un percorso di studi, deve ottenere un buon lavoro, fare carriera; giunta ai trent’anni deve sposarsi; quindi deve iniziare a costruirsi una famiglia ed essere in grado di lavorare, di occuparsi della casa e dei figli, e di racimolare anche del tempo per curare la sua vita sociale. Molte donne desiderano questa vita. Ma dov’è il labile confine tra il reale desiderio e l’auto-convinzione che sia questo ciò che si desidera, sotto l’influenza di pressioni esterne? Emanciparsi è appunto liberarsi da un vincolo di dipendenza materiale o morale. Emancipazione femminile è il raggiungimento della parità di diritti e di condizioni sociali, economiche e giuridiche con l’uomo. Per la società, oggi, se un uomo di successo arriva a cinquant’anni celibe è uno scapolo d’oro; se una donna arriva a quarant’anni nubile, deve affrettarsi a trovare marito e sperare che non sia troppo tardi per avere figli. E questo è solo uno dei tanti esempi di quanto la mentalità diffusa sia ancora sessista e di quanto questa sia purtroppo spesso sostenuta e incoraggiata proprio da noi donne.

La donna è chiamata quindi, ora più che mai, a scegliere di non essere più in bilico, ma di schierarsi in proprio favore, in una lotta ardua e ancora in corso.

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MINORI IN ATTESA DI GIUSTIZIA. MIGLIAIA DI MAMME STANNO URLANDO IL LORO DOLORE CONTRO IL SISTEMA DEGLI AFFIDI

9 Marzo 2020 | Redazione

di Marzia Lezzerini, Giornalista

Laura Massaro, Giada Giunti, Frida Bertolini, Charlotte Pedone, Ginevra Amerighi e tante altre mamme che si trovano invischiate nella farraginosità burocratica del sistema della Giustizia minorile nel quale, a volte, è difficile districarsi anche per gli avvocati stessi. Sono i bambini a subirne le conseguenze: allontanati dal proprio nucleo familiare e trasferiti in case famiglia. Le madri invece quasi sempre accusate di alienazione parentale.

“Nell’affido minorile giudici, consulenti tecnici d’ufficio, tutori, curatori, assistenti sociali e avvocati sono spesso protagonisti di conflitti d’interesse e situazioni di incompatibilità – dichiara la deputata Veronica Giannone, in conferenza stampa, alla Camera dei Deputati – “Giudici onorari che lavorano nei tribunali minorili in tutta Italia, intrattengono rapporti professionali ed economici con le strutture presso cui affidano i minori sottratti alle famiglie, per ordine dello stesso tribunale. Tutori e curatori speciali spesso sono avvocati di parte. Consulenti tecnici d’ufficio, nominati dal giudice, lavorano per enti di formazione dove gli stessi giudici tengono lezioni per formare i futuri consulenti”. Sono forti le dichiarazioni anche dell’avvocato Edoardo Polacco – difesa penale nel caso Massaro – “Il tribunale dei minori è un mondo chiuso tra enti, giudici, consulenti”. Propone di sciogliere i tribunali per i minorenni, che “hanno regole ed esistono per regio decreto del 1934”. Sembra anche che chi si oppone a questo sistema e cerca di ottenere giustizia, come la psicologa Bruna Rucci o l’avvocato Lorenzo Stipa, siano poi stati denunciati ai propri ordini professionali di appartenenza. Questi fatti non sembrano più essere storie sporadiche ma sono moltissime le donne che denunciano sistemi clientelari all’interno dei tribunali dei Minorenni italiani. “Le denunce di abusi e violenze sessuali su se stesse e sui minori vengono sottovalutate e, spesso, quando queste donne e madri decidono di denunciare vengono definite alienanti, simbiotiche, adesive e per questo allontanate da quei figli che volevano solo proteggere” continua la deputata Giannone. L’accusa infatti è sempre quella della pas (sindrome di alienazione parentale) teoria molto discussa ma che tuttavia continua a comparire nelle aule dei tribunali all’interno dei processi per separazione, soprattutto quelli nei quali le donne hanno subito violenza. L’iter processuale finisce per condurre alla sottrazione dei bambini i quali vengono chiusi in case famiglia senza poter avere contatti con le madri.

A 15 ANNI DALLA LEGGE 54/2006. JUNK SCIENCE E VIOLENZA ISTITUZIONALE SU DONNE E MINORI

8 Marzo 2020 | Redazione

L’EVENTO NON SI E’ TENUTO CAUSA ALLERTA SANITARIA CORONAVIRUS

Il Centro Studi Separazioni e Affido Minori di Maison Antigone, vi invita al Convegno “A 15 anni dalla legge 54/2006. Junk Science e violenza istituzionale su donne e minori – Il punto della situazione nei Tribunali italiani ed esteri”.

L’evento, realizzato con il Patrocinio del Comune di Ariccia, avrà luogo domenica 8 marzo dalle ore 15:00 alle ore 20:00 e si terrà a Palazzo Chigi di Ariccia (RM) (Sala Maestra).

La partecipazione è libera.

Sono riconosciuti crediti formativi per Avvocati dal COA Velletri.

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Campagna mediatica “Sorry” sui Femminicidi

7 Marzo 2020 | Redazione

A marzo 2020 abbiamo inaugurato la nostra campagna mediatica “Sorry” per sensibilizzare la societa’ riguardo il Femminicidio: oltre 100 ogni anno in Italia. Donne uccise da mariti, compagni, fidanzati, ex, padri, fratelli, amici e vicini di casa.

Dopo circa 30 anni viene ripristinato il “delitto d’onore” grazie al “delirio di gelosia”

O forse ci eravamo illuse: in realtà il delitto d’onore non e’ mai stato disapplicato, nonostante l’abrogazione normativa, facendosi strada attraverso altre vie interpretative!

SORRY …

L’abbiamo chiamata cosi perche’ chiediamo PERDONO a tutte queste donne uccise anche a causa della ignavia di tutti noi ed in primis delle istituzioni.

Perche’ spesso queste donne avevano denunciato, ma non sono state credute!

Abbiamo voluto ricordarle con i loro volti. Perche’ non erano solo nomi. Erano donne, bellissime e vive.

Avevano tutti i DIRITTI di continuare ad esistere e di inseguire i loro sogni!

v. video Sorry https://www.facebook.com/michela.nacca/videos/10222158219176080

v. le altre Campagne mediatiche in Campagne mediatiche di Maison Antigone – Maison Antigone – Associazione di donne per le donne

Sono oltre 100 le donne uccise in Italia ogni anno, la maggior parte di loro in ambito famigliare da mariti, compagni, fidanzati, ex, padri o figli, per motivi di prevaricazione patriarcale.

👉Ma quante sono le.donne rese invalide dalle botte?

👉Quante quelle sfregiate e massacrate, sopravvissute per miracolo?

👉Quante le donne vittime di maltrattamenti fisici e psicologici rese inabili al lavoro?

👉Quante di loro erano madri di bambini e ragazzi minorenni?

Anno 2024

#Sorry

quasi 80 femminicidi…

49 donne uccise da compagni/mariti/ex/fidanzati …

13 donne uccise dai figli…

le restanti da vicini, un cognato, conoscenti, coinquilini ecc.

17 donne hanno tra i 19 ed i 35 anni

27 donne tra i 36 ed i 59 anni

9 donne hanno tra i 60 ed i 69 anni

25 donne hanno oltre 70 anni

💔78. A San Felice a Cancello (Caserta) il 9 ottobre 2024 e’ stata uccisa Eleonor T., 24 anni, dinanzi i figli di 4 e 6 anni che hanno avvisato telefonicamente la zia materna facendole vedere il cadavere. Il marito Luzmil T. e’ stato fermato dai carabinieri e tradotto in carcere per omicidio aggravato.

💔77. 8 ottobre 2024 Maria Angela Turturo 60 anni e’ stata uccisa a Gravina in Puglia , bruciata e strangolata dal marito, al ritorno da una festa, che gia’ da anni la maltrattava. L’uomo era stato gia’ arrestato anni fa per tentato omicidio del figlio e pochi giorni prima ricoverato per problemi psichici.

💔76. Il 7 ottobre in provincia di Arezzo, il corpo di Letizia Girolami, psicoterapeuta di 72 anni, è stato ritrovato con una brutta ferita alla testa. Ad ucciderla secondo gli inquirenti sarebbe stato il 38enne ex compagno della figlia, ospite in casa sua.

💔 75 Maria Campai di 42 anni e’ stata uccisa a Viadana tra il 19 ed il 26 settembre 2024, il corpo ritrovato giovedì 26 settembre. Si era separata dal marito, da cui aveva avuto due figli, rimasti orfani. I Carabinieri hanno sottoposto a fermo e poi convalidato l’arresto di un minorenne di 17 anni, residente nella zona, un italiano nato ad Altamura di Bari, terzogenito di una coppia di operai originari dell’Albania, come la Campai, che secondo gli inquirenti l’avrebbe sottoposta a sevizie con mosse da wrestling e poi uccisa deliberatamente strangolandola.

💔💔73- 74. A Nuoro mercoledì 25 settembre Giusi Massetti di 43 anni e’ stata uccisa dal marito Roberto Gleboni in casa e con una pistola regolarmente deternuta, che ha sparato anche alla figlia Martina di 25 anni ed al figlio minore Francesco di 10 anni, uccidendoli. L’uomo di 52 anni ha sparato anche al figlio di 14 anni, alla madre – sopravvissuti – nonche’ ad un vicino di casa uccidendo anche lui. Ne e’ seguito il suicidio.

💔72. Roua Nabi 34 anni uccisa a Torino nella notte tra il 23 ed il martedì 24 settembre dal marito di 38 anni, rincorso in strada dal figlio tredicenne ed arrestato. I due non stavano più insieme e lei aveva presentato denuncia contro di lui: da agosto, per l’uomo era stato disposto un divieto di avvicinamento alla donna. Aveva un braccialetto elettronico di controllo, che non avrebbe funzionato

💔 💔 70. 71. Maristella Paffarini e Elisa Scoccia a Fratticiola Selvatica di Perugia, nella loro casa mentre erano intente a prendere il sole, il 10 settembre 2024 vengono uccise dal marito e padre. Maristella era una assistente sociale e si occupava di disagi familiari.

💔69. Il 9 settembre 2024 Francesca Ferrigno di 64 anni è stata uccisa a coltellate nella sua abitazione a Gela, in provincia di Caltanissetta. La donna assassinata dal figlio, Filippo Tinnirello, 43 anni e tossicodipendente, che si è costituito. L’uomo era gia’ stato denunciato.

💔 68. Piera Ebe Bertini 77 anni viene uccisa annegata nella vasca da bagno a Ravenna il 9 settembre 2024 dal marito, che ha poi chiamato le forze dell’ordine per costituirsi. La donna era grravemente ammalata.

💔67. Nadia Gentili di 74 anni viene uccisa con una semiautomatica regolarmente detenuta, a Gallarate. L’omicida suicida e’ il marito Roberto Iuliano, 78 anni, ex poliziotto.

💔 66. Ana Cristina Correia Duarte 38 anni, è stata uccisa con varie coltellate dal marito Ezio Di Levrano, 54 anni, nel corso della notte tra il 6 e il 7 settembre 2024 nell’abitazione della coppia a Saltara, in provincia di Pesaro e Urbino.‍ I tre figli della coppia, un ragazzo e una ragazza di 14 e 13 anni e un bambino di 6 anni, hanno chiesto aiuto ai vicini. La donna si era gia’ allontanata da casa ed era sottoposta a Codice Rosso come vittima di DV.

💔 65. Daniela Albano 49 anni viene uccisa accoltellata insieme al marito ed al figlio piu’ piccolo dodicenne a Paderno Dugnano 1 settembre 2024. Autore il figlio maggiore di 17 anni, reo confesso. Si sarebbe sentito oppresso in famiglia.

💔 64. Grazia Franco 83 anni e gravemente malata viene uccisa a Bari il 30 agosto 2024 in casa. Sarebbe stato il marito poi suicidatosi. I corpi trovati dal figlio.

💔 63. Giuseppina Rocca di 66 anni ed il figlio Daniel, 50 – disabile dopo un incidente in moto – vengono uccisi a Rivalta Bormida il 20 agosto 2024 dal marito da cui era separata da tempo. Il padre ha ucciso Daniel sulla sedia a rotelle. Di recente la donna avrebbe iniziato un’altra relazione.

💔 62. Anna Lupo 82 anni è stata uccisa con una pistola dal marito Francesco Longhitano, 81 anni, il 19 agosto 2024 a Collegno in provincia di Torino. L’uomo ha estratto la pistola improvvisamente durante una passeggiata per il paese.

💔 61. Waltraud Jud 50 anni, e’ uccisa con una pistola dal vicino di casa , cinquantenne, a San Candido (Trento) il 18 agosto 2024, il quale uccidera’ anche il proprio padre con cui aveva avuto una forte lite. L’omicida si e’ suicidato.

💔 60. Ana Yuleisi Manyoma Casanova 33 anni viene uccisa con una pistola nella sua casa a Siena il 10 agosto 2024. L’omicida sarebbe stato il compagno. In casa vi era anche la figlia della vittima, di 10 anni.

💔 59. Lucia Felici 75 anni viene uccisa in casa, strangolata a Castelnuovo di Porto (Roma) venerdì 9 agosto. Autore sarebbe stato il marito di 82 anni, barricatosi all’arrivo delle ffoo. Dinanzi al giudice per le indagini preliminari, Alfano avrebbe riferito: “L’ho uccisa perché non la sopportavo più, molte volte ho pensato di ammazzarla“.‍ È emerso inoltre che l’ottantaduenne, dopo aver strangolato la moglie, avrebbe riposizionato il corpo senza vita a terra e messo un coltello nelle mani della donna, probabilmente nel tentativo di simulare una legittima difesa e depistare le indagini. Coinvolta la Procura di Tivoli.

💔 58. Annarita Morelli di 72 anni viene uccisa in macchina a Santa Lucia di Fonte Nuova (Roma) martedì 6 agosto. Autore il marito che le spara a bruciapelo con una pistola. I figli riferiscono di violenze vernbali e non solo. La donna stava separandosi e l’uomo, non accettando la scelta della moglie, le aveva installato un GPS registrando le sue conversazioni. Coinvolta la Procura di Tivoli.

💔 57. Sharon Verzeni di 33 anni viene uccisa con piu’ coltellate in strada di notte in provincia di Bergamo il 30 luglio 2024. Autore e’ Moussa Sangare che avrebbe confessato di aver ucciso senza particolari motivi. Gli inquirenti temono si tratti di un serial killer e che l’omicidio di Gianna del Gaudio a Seriate del 27 agosto 2016 e di Daniela Roveri a Colognola il 20 dicembre 2016 possano essere frutto di una unica mano.

💔 56. Francesca Deidda 42 anni viene uccisa con colpi alla testa sul suo divano di casa a San Priamo di San Vito nel sud della Sardegna il 10 maggio. Denunciata la sua scomparsa dalla collega e dal fratello il corpo viene ritrovato il 18 luglio 2024 sulla Orientale Sarda. Viene arrestato il marito che per mesi depista le indagini arrivando ad usare il cellulare della moglie gia’ morta sostituendosi a lei nei messaggi.

💔55. Laura Guazzotti 67 anni viene uccisa dal compagno coetaneo reoconfesso a Savona il 17 luglio 2024. L’uomo avrebbe provato inizialmente a depistare le indagini parlando di un malore.

💔 54. Rita Caporaletti di 84 anni viene uccisa dal marito ultranovantenne in un laghetto a Montefano il 7 luglio 2024. L’uomo in macchina si e’ buttato nell’acqua mentre la donna chiedeva aiuto. Vani i soccorsi.

💔 53. Lorena Vezzosi 53 anni e’ stata uccisa con varie pugnalate dal marito a Casalmaggiore venerdì 5 luglio. L’uomo aveva poi inscenato l’incidente buttandosi con la machina nel Po, dove e’ anch’egli morto affogato con accanto il corpo della donna. Da alcuni mesi si erano separati e vi erano dissidi circa l’affido dei loro figli. L’omicidio sarebbe stato premeditato.

💔 52. Manuela Petrangeli 51 anni fisioterapista viene uccisa a Roma con due colpi di pistola dall’ex compagno reoconfesso giovedì 4 luglio, per strada. I due avevano una bambina di 9 anni. Il cinquantatreenne aveva precedenti per stalking, denunciato dalla ex compagna, da cui aveva avuto altro figlio, era stato condannato ed aveva effettuato un percorso di recupero per maltrattanti. La Petrangeli aveva evitato di denunciare.

💔51. Vincenza Saracino 50 anni viene uccisa da un conoscente, in seguito arrestato in Venezuela, a Canizzano di Treviso il 3 luglio 2024

💔 50. Rosetta Romano 73 anni sarebbe stata uccisa dal marito, poi suicidatosi in carcere, strangolata in casa a Maschito (Potenza) il 29 giugno 2024

💔49. Maria Orlando 79 anni, sarebbe stata uccisa dal marito a Beinette il 28 giugno 2024

💔48. Maria Teresa Chavez Flores 65 anni, uccisa a Firenze il 24 giugno 2024. Ha confessato il nipote.

💔47. Luisa Marconi 70 anni uccisa insieme al marito a Fano il 24 giugno 2024. Fermato il figlio.

💔46. Serenella Mugnai 73 anni e’ stata uccisa dal marito che le avrebbe sparato ad Arezzo il 21 giugno 2024.

💔 45. Ignazia Tumatis 59 anni, è stata uccisa a coltellate dal marito reo confesso, uccisa con piu’ coltellate nella loro casa a Cagliari giovedì 20 giugno. Vivevano da mesi come separati in casa.

💔44. Ornella Veschi 87 anni uccisa dal figlio a Senigallia il 17 giugno 2024

💔43. Maria Dolores Cannas 57 anni e’ stata uccisa con una coltellata dal figlio a Sinnai (Cagliari) il 16 giugno 2024

💔💔 41.-42. Mariam Sassi 55 aa e la figlia Sameh Zaouali 34 anni uccise a Vittoria il 13 giugno 2024 dal figlio e fratello.

💔 40. Giusy Levacovich 38 anni e madre di tre ragazzi uccisa per strangolamento a Buggiano il 11 giugno 2024. Arrestato il marito.

💔 39. Anna Sviridenko dottoressa e medico nucleare di 40 anni, madre di una bambina, e’ stata uccisa a Modena lunedì 10 giugno dall’ex compagno itlaiano reoconfesso. Da tempo la donna lavorava a Innsbruck, in Austria, come medico radiologo, ma per circa due settimane al mese ritornava in Italia, a San Felice sul Panaro (Modena), per avvicinare i due figli minorenni al padre, con il quale era in corso un contenzioso legale per la separazione e l’affidamento dei bambini. Poche ore prima che si consumasse l’omicidio, il Tribunale di Innsbruck aveva deeciso l’affido condiviso dei due figli della coppia, che sarebbero rimasti a vivere con la madre. L’uomo averebbe comunque avuto diritto di visita,

💔38. Gergana Kaltcheva Todorova 66 anni sarebbe stata uccisa dal compagno italiano a Nettuno il 7 giugno 2024.

💔 37. Giada Zanola 34 anni, madre di un bambino di 3 anni, e’ stata uccisa a Vigonza mercoledì 29 maggio e buttata giu’ da un cavalcavia. Fermato l’ex compagno e padre del bambino.

💔 36. Irene Margherito 47 anni uccisa con un colpo di pistola a Brindisi il 27 maggio 2024. Accusato il cognato.

💔 35. Maria Benfante 90 anni uccisa a Borgetto il 26 maggio 2024. Fermato il figlio.

💔 34. Rachele Covino 81 uccisa a San Giovanni Rotondo il 25 maggio 2024 da un uomo estraneo alla famiglia.

💔 33. Caterina Ciurleo sarebbe stata uccisa per errore a Roma il 24 maggio 2024

💔 32. Saida Hammouda 47 anni, e’stata uccisa a Riccò del Golfo di Spezia lunedì 20 maggio dall’ex marito. L’uomo era stato denunciato e sottoposto ad allontanamento. Rimasti orfani i due figli adolescenti.

💔 31. La vigilessa di 33 anni Sofia Stefani e’ stata uccisa con un colpo di pistola nel Comando dei vigili da un agente a Anzola dell’Emilia (Bologna) giovedì 16 maggio 2024. L’uomo ex amante della donna e’ stato arrestato.

💔 30. Loredana Molinari 78 anni uccisa a Chiaravalle il 15 maggio 2024. Ipotesi di omicidio e suicidio da parte del figlio.

💔 29. Silvana Bagatti 76 anni uccisa dal marito reoconfesso a Parma il 15 maggio 2024.

💔 28. Giovanna Paola Scatena 66 anni sarebbe stata uccisa a Palidoro (Fiuminicino) il 9 maggio 2024. nterrogata la figlia.

💔 27. Nadia Gentili 74 anni uccisa dal marito ex poliziotto, suicidatosi, a Gallarate (Varese) il 5 aprile 2024. Pm Molteni della Procura di Busto Arsizio indaga.

💔26. Auriane Nathalie Laisne’ 22 anni viene uccisa a coltellate a La Salle (Val D’Aosta) tra il 26 ed il 27 marzo e ritrovata venerdì 5 aprile in una cappella diroccata. Viene accusato l’ex compagno, gia’ denunciato tempo prima dalla donna e condannato per maltrattamenti dal tribunale francese.

💔 25. Cristiane Angelina Soares De Souza (46 aa) viene uccisa ad Ostia (Roma) giovedì 4 aprile. Arrestato il compagno che prima la avrebbe strangolata e poi gettata dal 4 piano.

💔24. Shuai Li 45 anni e’stata uccisa a Lonato del Garda martedì 2 aprile dal compagno italiano, che poi si e’ suicidato. La aveva stordita con farmaci e poi uccisa. L’uomo aveva una figlia nata da altra relazione.

💔23. Palma Romagnoli 86 anni viene uccisa dal marito con un colpo di fucile a Corridonia il 31 marzo 2024 nella loro casa. L’uomo si e’ suicidato.

💔 22. Margherita Cannone 78 anni a Cecchina di Albano Laziale (Roma) il 29 marzo 2024 viene uccisa con un colpo di pistola dal marito. Era un’ insegnante in pensione. L’uomo si e’ poi suicidato.

💔 21. Joy Omoragbon 49 anni viene uccisa in casa a Cologno al Serio (Bergamo) il 28 marzo 2024 dal compagno, che gia’ anni prima l’aveva aggredita.

💔20. Li Xuemei (37 aa) viene uccisa a coltellate in casa a Roma sabato 16 marzo dal marito (36 aa) che fugge ma viene rintracciato ed arrestato. Presente in casa vi era la loro figlia di 5 anni. La coppia si stava lasciando.

💔19. Aneta Katarzyna Danelczyk 50 anni viene uccisa con venti coltellate dal marito a Taurisano (Lecce) sabato 16 marzo. Uno dei 4 figli , tredicenne, era presente in casa. I due coniugi si stavano separando.

💔 18. Brunetta Salvestrini 85 anni a Firenze il 1 marzo 2024 viene uccisa dal figlio.

💔 17. Sara Buratin 41 anni, è stata uccisa a coltellate dal marito , da cui si stava separando, che poi si e’ suicidato. Il femminicidio avviene a Bovolenta (Padova) martedì 27 febbraio. Avevano una figlia di 15 anni.

💔 16. Maria Battista Ferreira 51 anni viene uccisa dall’ex compagno reoconfesso a Fornaci di Barga (Lucca) lunedì 26 febbraio. La coppia si stava separando.

💔 15. Maria Atzeni 76 anni e’ uccisa dal figlio a San Gavino Monreale, in Sardegna, il 24 febbraio 2024

💔 14. Alessandra Mazza 35 anni e’ uccisa con una pistola dal padre, che poi si suicida, a Bosco dei Preti di Avellino il 14 febbraio 2024. Continue le loro liti. La donna sarebbe entrata in depressione.

💔 💔 12. e 13. Nicoletta Zomparelli (46 aa) e la figlia Renee Amato (19 aa) vengono uccise a Cisterna di Latina martedì 13 febbraio dal maresciallo della guardia di finanza Cristian Sodano, ex fidanzato della figlia di Nicoletta e sorella di Renee, che tentano di difendere.

💔 11. Antonella Salomone 31 anni e i figli minorenni Kevin ed Emanuel Barreca vengono ammazzati l’11 febbraio 2024 ad Altavilla Milicia dal marito e padre perché ritenuti posseduti dal demonio

💔 10. Ewa Kaminska 48 anni viene uccisa dal marito, guardia giurata,da diversi colpi di pistola e quaranta coltellate nella loro casa di San Giovanni a Teduccio di Napoli il 8 febbraio 2024. L’uomo si barrica in casa ed inizia a sparare dalla finestra, poi muore di infarto. I tre figli di 18,16 e 14 anni erano a scuola.

💔 9. Santina Delai 78 anni viene uccisa dal figlio , strangolata nella sua casa, a Puegnago sul Garda (Brescia) il 7 febbraio 2024.

💔 8. Silvana Bucci 84 anni viene uccisa sgozzata dal figlio, che poi si suicida, a Cerreto di Ventasso (Reggio Emilia) il 6 febbraio 2024.

💔 7. Annalisa Rizzo 43 anni viene uccisa dal marito, che poi sisuicida, con delle coltellate in casa ad Agropoli lunedì 22 gennaio.Nell’abitazione era presente anche la figlia tredicenne della coppia che aveva avviato una separazione consensuale.

💔 6 Ester Palmieri 38 anni viene uccisa con un coltello che le recide la carotide a Montalbiano di Valfloriana (Trento) nella sua casa, dal compagno che poi si suicida, giovedì 11 gennaio. La coppia aveva tre figli di 6, 10 e 11 anni. Al momento del delitto, i bambini si trovavano a scuola. La donna, aveva lavorato per anni come operatrice sociosanitaria.

💔 5. Elisa Scavone 65enne massacrata di coltellate nel pomeriggio di mercoledì 10 gennaio, dal marito Lorenzo Sofia di 70 anni, nell’appartamento in cui abitavano a Torino. E’ deceduta il giorno seguente.

💔 4. Teresa Sartori 81 anni, uccisa in casa a Saronno con varie coltellate dal figlio Stefano Rotondi, 54enne, che poi si è tolto la vita impiccandosi.

💔 💔 2.- 3. Maria Rus 54 anni, e Delia Zarniscu, 58 anni sono uccise a Naro (Agrigento) nelle loro abitazioni venerdì 5 gennaio 2024. Arrestato e rinviato a giudizio un loro connazionale di 27 anni, accusato di omicidio volontario e vilipendio di cadavere. Le donne avrebbero rifiutato le sue avance.

💔 1. Rosa D’Ascenzo (70 aa) pensionata spinta giù dalle scale di casa a Sant’Oreste presso Roma lunedì 1 gennaio 2024, viene portata all’ospedale di Civita Castellana dal marito, poi arrestato per omicidio.

Parricidi

Makka, 18 anni di origini cecene, è accusata di “omicidio aggravato” del padre Akhyad Sulaev. Lo ha accoltellato, si è giustificata lei, per difendere la madre e mettere fine a ripetuti maltrattamenti e minacce, mai denunciati prima. «Spero che tutti gli uomini simili a mio padre – ha appuntato la ragazza sui fogli trovati nella casa del parricidio, a Nizza Monferrato – brucino all’inferno. A volte prende mia madre la trascina di fronte ai miei fratelli maschi e insegna loro come si tratta una donna. “Quando vostra moglie vi risponderà o si comporterà male dovrete prenderla così, come fa papà”…Io non ce la faccio più e lo ammazzerò. Lui ci impedisce qualsiasi libertà di movimento e di relazioni. Chi troverà questo scritto capirà, o io sarò morta, o sarà morto lui».

Figlicidi

Kevin ed Emanuel Barreca (minorenni)

Alessandra Mazza

Daniel

Elisa Scoccia

Martina Gleboni

Anno 2023

#Sorry

Questa la conta terribile dei femminicidi nel 2023:

110 donne uccise

….da compagni/mariti/ex/fidanzati …

…. dai figli…

le restanti da vicini, un cognato, conoscenti, coinquilini ecc.

2 ragazze di 17 e 16 anni

17 donne hanno tra i 19 ed i 35 anni

29. donne tra i 36 ed i 59 anni

10 donne hanno tra i 60 ed i 69 anni

almeno 17 donne hanno oltre 70 anni

5 figlicidi (tra cui il giovane Benzi)

43 donne sono uccise dal marito/compagno/fidanzato o ex

1 uccisa dal genero

1 uccisa dal cognato

1 dal suocero

6 sono sono uccise dal figlio

7 uccise da vicini di casa e amici

guarda il nostro video https://www.facebook.com/maisonantigone/videos/al-prossimo-natale-2024-sorry-113-le-donne-uccise-in-italia-dal-1-gennaio-2023-l/863010515581948/?_rdr

💔110. Vanessa Ballan 27 anni, uccisa a botte e con vari colpi di coltello a Spineda di Riese Pio X. provincia di Treviso, martedì 19 dicembre dall’ex compagno, gia’ da lei denunciato per vari reati dall’ottobre precedente e con cui la ragazza aveva un figlio di 4 anni. L’allontanamento a protezione della donna non era stato valutato urgente.

💔109. Meena Kumari 66 anni, uccisa a bastonate a Salsomaggiore Terme martedì 28 novembre dal marito connazionale Onkar Lal, 67 anni, all’interno dell’abitazione familiare.

💔108. Vincenza Angrisano 42 anni, e’stata uccisa accoltellata dall’ex compagno Luigi Leonetti, 51 anni reoconfesso, nel tardo pomeriggio del 28 novembre 2023 nell’abitazione in cui la coppia risiedeva alla periferia di Andria. In casa erano presenti anche i loro due figli, di 6 e 11 anni. Qualche giorno prima la donna si era rivolta al Pronto Soccorso dichiarando di essere stata malmenata dall’ex compagno. “Ho avuto una settimana molto particolare. Sono andata in ospedale, mio marito mi ha alzato le mani“, aveva detto Vincenza in un messaggio audio inviato a un’amica pochi giorni prima del femminicidio

💔107. Rita Talamelli, 21 Novembre, 66 anni. Muore strangolata dal marito, un pensionato di 70 anni, nella sua casa di Fano, provincia di Pesaro Urbino

💔106. #Giulia Cecchetin uccisa dall’ ex fidanzato.Filippo Turetta in Veneto tra l’11 ed il 17 novembre 2023.

💔105. Francesca Romeo, dottoressa uccisa in un agguato in Calabria.

💔104. Patrizia Vella Lombardi uccisa dal figlio il 14 novembre vicino Caserta. Aveva 54 anni

💔103.Michele Faiers Dawn uccisa a 66 anni l’1 novembre 2023 a Casoli. E’ ricercato il compagno.

💔102. Etleva Kanolja, 32 anni, è stata strangolata dal marito Selami Bodi, 41 anni, nel corso della notte tra venerdì 27 e sabato 28 ottobre 2023 a Savona.

💔101. Annalisa D’Auria, 32 anni uccisa a Rivoli (To) dal marito Agostino Annunziata, 36 anni, nelle prime ore del mattino di sabato 28 ottobre 2023.

💔100. Pinuccia Anselmino, 80 anni uccisa dal marito a Cuasso, il 25 ottobre, il movente sarebbe stato la rabbia covata a lungo.

💔99. Giuseppina Lamarina (casalinga di 65 anni) viene uccisa dal figlio di 32 con un’accetta il 24 ottobre a Latiano, in provincia di Brindisi.

💔98. Antonella Iaccarino muore il 21 ottobre a 48 anni: il vicino di casa le aveva dato fuoco un mese prima, per un parcheggio a Quarto

💔97. Marta Di Nardo 66 anni uccisa il 20 ottobre da un vicino di casa tossicodipendente.

💔96. Concetta Marruocco, 53 anni, uccisa nella notte tra il 13 e il 14 ottobre 2023 all’interno dell’abitazione in cui risiedeva a Cerreto D’Esi in provincia di Ancora. Autore del delitto è stato l’ ex compagno Franco Panariello, 55 anni.

💔95. Silvana Aru 71 anni viene uccisa a martellate a Roma nella sua casa, 13 ottobre, da un amico.

💔94. Eleonora Maruzzi 5 ottobre

💔93. Piera Paganelli uccisa a 78 anni il 3 ottobre con varie coltellate nel garage di un condominio di via del Ciclamino a Rimini: arrestato il vicino di casa, che avrebbe agito per nascondere la relazione extraconiugale con la nuora della vittima

💔92. Anna Malmusi 88 anni ed il figlio di lei, Emore Capucci, vengono uccisi con un coltello dal figlio ella prima e fratello del secondo il 1 ottobre a Vignola, Modena.

💔91, Egidia Barberio 88 anni uccisa a Roma dal figlio convivente 30 settembre

💔90. Klodiana Vefa, 35 anni, è stata uccisa dall’ ex marito la sera del 28 settembre 2023 a Castelfiorentino in provincia di Firenze.

❤️89. Monica Berta 55 anni viene uccisa ad Alessandria dal marito Martino Benzi, ingegnere informatico, che uccide anche il figlio di 17 anni, il 27 settembre 2023. L’uomo poi va dalla suocera Carla Schiffo in casa di riposo e uccide anche lei, poi suicidandosi.

❤️88. Carla Schiffo 78 anni 27 settembre uccisa dal genero Martino Benzi.

💔87. Nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 settembre 2023, Anna Elisa Fontana, 48 anni, è stata data alle fiamme dal compagno Onofrio Bronzolino, 52 anni, nell’abitazione che i due condividevano sull’isola di Pantelleria in provincia di Trapani. Omicidio maturato solo per aver la donna salutato un conoscente.

❤️86. Manuela Bittante 25 settembre

💔85. Liliana Cojita, 56 anni, è stata trovata morta nel corso del pomeriggio del 21 settembre 2023 all’interno dell’abitazione in cui risiedeva a Tombolo in provincia di Padova.La donna è stata uccisa dal compagno Youssef Moulay Mahid, 49 anni

❤️84. Cosima D’Amato 20 settembre

❤️83. Rosaria Di Marino 20 settembre

💔82. Maria Rosaria Troisi 38 anni uccisa con una coltellata alla gola a Battipaglia dal marito il 21 settembre. Due bambini piccoli resi orfani di madre.

❤️81. Nerina Fontana 16 settembre

❤️80. Marisa Leo, 39 anni, uccisa il 6 settembre in Sicilia dal suo ex compagno 42enne, Angelo Reina, che poi si è tolto la vita. La donna lo aveva denunciato per stalking nel 2020. Avevano una bambina di 4 anni di cui si contendevano la #custodia.

❤️79. #Rossella Nappini, infermiera 52enne, viene uccisa a coltellate a Roma lunedì 4 settembre dall’ex compagno Adil Harrati.

❤️ 78. Francesca Renata Marasco 28 agosto

❤️77. #Vera Schiopu, moldava di 25 anni, uccisa il 19 agosto. Fermato il fidanzato.

❤️76. #Anna Scala 56 anni, uccisa a coltellate il 17 agosto a Piana di Sorrento (Napoli) dall’ex, Salvatore Ferraiuolo, che lei aveva denunciato per due volte, per reato di stalking.

❤️75. Il 13 agosto #Celine Frei Matzohl di 21 anni viene uccisa a Silandro in Trentino dall’ex, Omer Cim di 28 anni, che aveva già denunciato.

❤️74. Il.9 agosto viene uccisa #Maria Costantini.

❤️73. Iris Setti 6 agosto

❤️72. A Milano Il 29 luglio #Sofia Castelli di venti anni viene uccisa con un fendente alla gola dall’ex fidanzato il 23enne Zakaria Atqaoui, che la stava aspettando sotto casa al mattino.

❤️71. A Rovereto il 28 luglio una infermiera di 63 anni, #Mara Fait, è stata uccisa a colpi d’accetta da un uomo di 48 anni, per motivi condominiali.

❤️70. A Pozzuoli il 28 luglio Antonio Di Razza, 50 anni, ha ucciso la moglie, #Angela Gioiello di 39, nonostante la presenza in casa dei loro tre figli minorenni.

❤️69. #Marina Luzi, 40 anni e mamma di una bambina di due anni, il 25 luglio nei pressi di Fano viene uccisa dal fratello del suo compagno. L’uomo 47enne – ex falegname attualmente disoccupato – avrebbe sparato con una pistola semiautomatica.

❤️68. Vera Maria Icardi 24 luglio

❤️67. Norma 22 luglio

❤️66. Mariella Marino, 56 anni, è stata uccisa la mattina del 20 luglio 2023 a Troina in provincia di Enna. L’ex compagno Maurizio Impellizzeri di 59 anni, è stato arrestato “in quasi flagranza di reato”. Mariella lo aveva già denunciato un anno prima. L’uomo aveva patteggiato e ottenuto la.sospensione condizionale della pena. Frequentava un corso per maltrattanti.

♥️ 65. Benita Gasparini 19 luglio

❤️64. il 6 luglio. #Ilenia Bonanno di 45 anni viene uccisa a Fontanelle (Agrigento) presumibilmente dal marito di 47 anni, poi impiccatosi. Avevano due figli di 19 e 15 anni. Più volte le pattuglie della polizia erano intervenute nel tempo richiamate dai vicini a causa delle “liti”.

❤️63. 1 luglio 2023 Laura Pin di 74 anni, morta nella sua casa di Fiume Veneto (Pordenone). Fermato il marito di 75 anni, già denunciato per maltrattamenti domestici e sottoposto a misura cautelare di allontanamento.

♥️ 62. #Michelle Causo 17 anni uccisa il 28 giugno 2023 da un coetaneo. Il suo corpo abbandonato dentro un sacco in un carrello della spesa vicino i bidoni della spazzatura. A Roma.

♥️61. Margherita Ceschin 72 anni viene uccisa a Conegliano (Treviso) il 24 giugno 2023. Sono stati arrestati in quattro, tra cui anche l’ex marito (la notizia della morte di Margherita è stata resa nota solo il 23 luglio).

♥️60. A Rimini Svetlana Genciu 47 anni viene uccisa il 19 giugno 2023 presumibilmente dal marito Gioacchino Leonardi di 50 anni, poi probabilmente suicidatosi. I corpi ritrovati dal figlio.

♥️59. Il 13 giugno Simona Lidulli, 64 anni, è stata uccisa a Roma nella sua casa dal marito Valerio Savino, 66enne, subito dopo suicidatosi. Sarebbero stati lasciati biglietti dall’uomo in cui si parla di decisione comune. Tutta da verificare.

♥️58. Rosa Moscatiello 12 giugno

♥️57. 10 giugno, a Catania Concetta “Cetty” De Bormida viene uccisa dal marito dell’amica, Piero Nasca, travolta con l’automobile. L’uomo voleva uccidere anche la moglie.

♥️♥️55-56. in provincia di Modena vengono uccise Gabriela Trandafir, 47 anni, e Renata Alexandra di 22 anni, dal marito di Gabriela.

❤️54.in provincia di Asti Floriana Floris è uccisa a 49 anni il 9 giugno 2023. Viene arrestato il compagno di 50 anni che ha confessato di averla uccisa con 30 coltellate, Paolo Riccone, 50 anni

53. Giuseppina De Francesco 8 giugno

❤️52. Maria Brigida Pesacane di 24 anni uccisa dal suocero il 8 giugno 2023

❤️51. Pierpaola Romano 54 anni uccisa dal padre, sormontata con l’auto.

❤️50. Giulia Tramontano 29 anni incinta, uccisa il 1 giugno 2023 con 37 coltellate. Ha confessato il fidanzato e padre del nascituro Thiago, che aveva già tentato di uccidere lei ed.il feto con veleno per topi.

❤️49. Pierpaola Romano 58 anni uccisa il 1 giugno 2023a colpi di pistola da un collega che si e’ suicidato

48. Ottavina Maestripieri 1 giugno

❤️47. Yirelis Pena Santana, 34enne uccisa da un giovane poi arrestato con calci, pugni e infine coltellate, il 27 maggio 2023

❤️46. Anica Panfile uccisa il 21 maggio 2023

❤️45. Jessica Malaj uccisa a 16 anni dal padre con 4 coltellate il 7 maggio 2023

❤️44 Danjela Neza 29 anni uccisa con un colpo di pistola dall’ex fidanzato il 6 maggio 2023

❤️43. Rosanna Trento uccisa il 3 maggio 2023

❤️42. Antonella Lopardo il 2 maggio 2023

❤️41. Wilma Vezzaro uccisa a coltellate dal figlio il 25 aprile 2023

❤️40. Barbara Capovani psichiatra uccisa da ex paziente il 23 aprile 2023

❤️39. Stefania Rota 21 aprile 2023

❤️38. Anila Ruci 38 anni accoltellata dal coinquilino secondo gli inquirenti il 19 aprile 2023

❤️37. Rosa Gigante 18 aprile 2023

❤️❤️35-36. Sara Ruschi e la mamma Brunetta Ridolfi, 35 e 76 anni ,uccise il 13 aprile 2023 dal compagno della prima, con numerose coltellate

❤️34. Rosina Rossi 74 anni

❤️❤️32. – 33. Carla Pasqua (70aa) viene uccisa insieme al figlio Massimo (43) e alla figlia Alessandra Vicentini (36) il 31 marzo dal marito e padre Carlo Vicentini, noto urologo de L’Aquila.

❤️31. Zenepe Uruci , 56 anni, è stata uccisa a coltellate il 30 marzo a Terni, nella sua casa, nel quartiere di Borgo Rivo, dal marito Xhaferr Uruci che la maltrattava e minacciava da tempo. L’uomo si e’ poi suicidato in carcere.

❤️30. Agnese Oliva il 29 marzo viene uccisa dal figlio. Muore anche il di lei marito.

❤️29. Francesca Giornelli 57 anni il 28 marzo è stata strangolata dall’ex marito Lamberto Roscini, 67 anni, che poi si è tolto la vita impiccandos. Avevano divorziato nel 2021 ma erano tornati a convivere.

❤️28. Pinuccia Contin, 63 anni

❤️27. Maria Febronia Buttò 61 anni. Uccisa il 10 marzo 2023

❤️26. Rubina Kousar il 9 marzo 2023

❤️25. Petronilla De Santis il 9 marzo 2023

❤️24. Rossella Maggi 65 anni uccisa il 8 marzo 2023

❤️23. Iulia Astafieya, di 35 anni uccisa dal compagno il 7 marzo 2023

❤️22. Iolanda Pierazzo uccisa il 6 marzo 2023

❤️21. Rosalba dell’Albani, 52 anni uccisa il 4 marzo 2023

❤️20. Caterina Martucci uccisa il 1 marzo 2023

❤️19. Giuseppina Traini, 85 anni uccisa il 25 febbraio 2023

❤️18. Maria Luisa Sassoli uccisa il 23 febbraio 2023

❤️17. Sigrid Gröber, 39 anni picchiata a morte il 19 febbraio 2023

❤️16. Stefania Rota 62 anni

❤️15. Chiara Carta uccisa il 18 febbraio 2023

❤️14 Rosina Rossi uccisa il 16 febbraio 2023

💔13. Cesina Bambina Damiani di 88.anni. uccisa il 12 febbraio 2023

💔💔11-12. Melina Marino e Santa Castorina uccise a 48 e 50 anni il 11 febbraio 2023

💔10. Antonia Vacchelli, 86 anni uccisa il 6 febbraio 2023

💔9. Margherita Margani uccisa il 4 febbraio 2023

💔8. Yana Malayko 23 anni uccisa il 1 febbraio 2023 dall’ex fidanzato

💔7. Giuseppina Faiella 97 anni uccisa il 28 gennaio 2023

💔6. Alina Cristina Cozac 40 anni, è stata trovata morta il mattino del 22 gennaio 2023 all’interno dell’abitazione in cui risiedeva a Spoltore in provincia di Pescara insieme al convivente Mirko De Martinis, 47 anni, che aveva lanciato l’allarme, riferendo che la donna avesse avuto un malore, tuttavia in seguito e’stato indagato per aver strangolato e ucciso la compagna.

💔5. Teresa Di Tondo 44 anni uccisa 15 gennaio 2023 dal compagno, suicida.

💔4. Oriana Brunelli 70.anni uccisa il 14 gennaio 2023

💔3. Martina Scialdone 34 anni uccisa dall’ex compagno in un ristorante il 13 gennaio 2023

💔2. Giulia Donato 23 anni uccisa dal fidanzato con un colpo di pistola il 4 gennaio 2023

💔1. Teresa Spanò 2 gennaio 2023

E la #mattanza continua

V. Dati Ministero Interno in

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2024-10/48%20Settimanale%20omicidi%20al%2006%20ottobre%202024.pdf
https://www.interno.gov.it/…/omicidi-volontari-e

E la mattanza continua

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E

Agenzia Stampa DIRE – VIDEO | La storia di Anna: la ctu chiede affido condiviso con il padre che non c’è. di Silvia Mari

6 Marzo 2020 | Redazione

Petizione GLI UOMINI VIOLENTI SONO PADRI PERICOLOSI LES HOMMES VIOLENTS SONT PÈRES DANGEREUX

4 Marzo 2020 | Redazione

https://www.change.org/p/gli-uomini-violenti-sono-padri-pericolosi-les-hommes-violents-sont-p%C3%A8res-dangereux

CHIEDIAMO CHE ANCHE I NOSTRI MINISTRI DELLA SALUTE E DELLA GIUSTIZIA, LO STESSO CONSIGLIO NAZIONALE PSICOLOGI, L’ORDINE DEGLI PSICHIATRI E DEI MEDICI PEDIATRI,  SI PRONUNCINO IN MODO ESPLICITO SULLA INADEGUATEZZA PATERNA DEI MARITI/COMPAGNI VIOLENTI, COSI COME HANNO FATTO IN FRANCIA !

CHIEDIAMO CHE IL CNF ED IL CSM METTANO  DEFINITIVAMENTE AL BANDO L’USO DELLA PSEUDO TEORIA DETTA ALIENAZIONE GENITORIALE (EX PAS) O ALIENAZIONE  NEI TRIBUNALI

I  BAMBINI DEVONO ESSERE ASCOLTATI E CREDUTI.

LE LORO PAURE NON DEVONO ESSERE IGNORATE E NEGATE  !

LE DONNE NON SONO DELLE ISTERICHE !

In Francia dopo l’ex Procuratore Generale Luc Fremiot ed il Giudice per i Minori Edouard Durand , anche il  Primo Ministro francese conferma che “un marito violento è un padre pericoloso“:  dunque un padre del genere deve essere riconosciuto dai Tribunali dei Minori come  inadeguato ad ottenere l’affido dei figli minori !

v. in https://amp.parismatch.com/Actu/Societe/Violences-conjugales-Combien-de-temps-les-enfants-vont-souffrir-en-silence-1664296?__twitter_impression=true
 

Si tratta di una ulteriore presa di posizione forte e significativa che giunge a distanza di un anno, quando già gli stessi Ministri  francesi avevano chiesto  la messa al bando dell’uso della pseudoteoria detta Alienazione Genitoriale nei tribunali francesi !

Una conclusione a cui in Francia si è giunti dopo attenti studi, sollecitati anche da indagini investigative giornalistiche attenzionate dalla protesta sempre più organizzata e incisiva delle madri, vittime di quella che in USA è stata chiamata “legal harassment”  ossia “violenza istituzionale” .

Quella violenza che noi di Maison Antigone abbiamo voluto rinominare “furto patriarcale della maternita’” perché si fonda su una visione della società e del mondo basata sul predominio politico, sociale, scientifico e giuridico del maschio sulla femmina, basata sulla presunzione – del tutto ingiustificata e infondata – della prevalenza della intelligenza maschile su quella femminile.

Una violenza che viene   attuata da istituzioni probabilmente neppure consapevoli,  manipolate attraverso pseudo teorie spacciate per scientifiche  !

Numerosi sono gli studi istituzionali e accademici francesi,  americani, canadesi, australiani, inglesi, spagnoli, israeliani  e svedesi che hanno  verificato i gravissimi e negativi risultati di una politica (espressione di una precisa ideologia)  diffusasi a livello internazionale che, basandosi su junk science (dalla defizione di Paul Fink, a capo del Board del DSM 5 che determinò la esclusione della PAS nel 2010) ha influenzato subdolamente la giurisprudenza nazionale  dei vari Paesi per anni.

Tribunali e Legislatori che hanno   aderito acriticamente  ad   una difesa della genitorialità paterna ad oltranza, anche in quei casi in cui i padri avessero agito violenza verso le ex partner e contro gli stessi figli minori, con l’adozione di pseudoteorie sulla BIgenitorialità (intesa secondo il falso principio  che ritiene un marito violento poter essere comunque un bravo padre), sulla Alienazione Genitoriale e sul falso mito delle denunce strumentali materne.

Una “scienza spazzatura” creata, rimodellata, manipolata e diffusa ad arte per favorire una ideologia patriarcale, che ristabilisse la  Patria Potesta’ assoluta, nonostante la separazione ed il divorzio, nonostante violenze domestiche accertate e persino nonostante il verificarsi di pedofilia incestuosa attuata dal padre!

Una “scienza spazzatura” che impone un contatto ed il mantenimento  della relazione familiare, attraverso percorsi di mediazione espliciti o mascherati da  percorsi di verifica e monitoraggio della genitorialità protratta per anni,  nonostante il divieto della Convezione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2011, in quanto perpetua ed anzi amplifica sia la violenza agita sia il rapporto di soggezione e ricatto dal violento! 

Una “scienza spazzatura” che nega credibilita’ alla testimonianza di donne e bambini in base a delle mere presunzioni travestite da “teorie scientifiche”!

Una “scienza spazzatura” che ha influenzato massivamente la formazione di Psicologi giuridici, Avvocati, Assistenti Sociali e Giudici in tutto il mondo ed anche qui in Italia, attraverso Convegni formativi, Corsi e Master universitari, attraverso una letteratura crescente non degna di chiamarsi “scientifica”…

Tutto ciò nonostante gli esiti disastrosi verificatisi, nonostante i gravi errori a cui questa “scienza spazzatura” espone i Giudici (banco di prova definitiva della  invalidita’ scientifica delle teorie sopra esposte!).

Nonostante  i ripetuti e chiari  pronunciamenti contrari della CEDAW e della CEDU, nonostante la presa di posizione delle Relatrici Speciali dell’ONU e  della UE !

Nonostante l’OMS abbia chiaramente riaffermato che un marito/partner/ genitore violento, specie se fisicamente e sessualmente abusante, siano pericolosi per la crescita e la salute dei figli minori.

Nonostante la ripetuta esclusione di queste pseudo teorie dal DSM 3, 4 e 5 nonché dall’ICD !

Nonostante le ripetute condanne dalla Comunità scientifica ed accademica internazionale!

Nonostante ripetute condanne di Corti Superiori Nazionali, compresa la nostra Cassazione.

Nonostante il Collective Memorandum pubblicato ad aprile scorso, e ripubblicato a settembre 2019, da centinaia di Professori Universitari, Ricercatori ed Esperti di TUTTO IL MONDO  contro la Alienazione Genitoriale ed il suo uso nei Tribunali, contro il “mito delle false denunce materne” e contro quelle infondate teorie che ritengono foriera di rischi psichici la separazione  di un figlio minore da un padre violento e abusante !

Anche in Italia da oltre  15 anni si è insinuata la medesima politica, sostenuta da una ideologia e da “teorie”  giunte al nostro Paese anche grazie all’attività di Gruppi internazionali sostenitori della Parental Alienation (ex PAS),  facendo fiorire anche QUI  corsi  in Master uniersitari, Corsi professionalizzanti e formativi, una  letteratura ed infine condizionando una giurisprudenza sotterranea, presso i tribunali di primo grado e talvolta anche presso Corti di Appello, nonostante la resistenza   della Corte di Cassazione, sempre costante nel cassare la pseudoscienza !

Lo stesso ddl 735 (ridefinito Pillon dal nome del suo primo firmatario) insieme al ddl 45 ed a molti altri DDL depositati prima e dopo di questi, mirano  alla codificazione codiciale di tali teorie pseudoscientifiche, a causa delle quali centinaia di bambini sono stati esposti ad affidi  pericolosi e  madri italiane sono GIÀ state ingiustamente  private dei loro bambini!

La loro unica colpa ? Aver  tentato di proteggere se stesse ed i loro figli, attuando la  separazione e  denunciando alle istituzioni i maltrattamenti subiti dai loro mariti e partner…

Aver voluto difendere i figli che raccontavano loro di chiari  abusi sessuali paterni !

Denunce  che, indipendentemente dall’esito, presso i Tribunali dei Minori valgono  ormai eo ipso  come prova regina della volontà cd “alienante” o “ostacolante” della madre, considerate dunque prova di una   presunta inadeguatezza genitoriale materna, cosi come insegnato dalla psedoscienza “Alienazione Genitoriale”!

Queste madri e questi bambini abusati sono stati  TRADITI dalla Giustizia italiana, da quei tribunali che  arrivano a deprivare i figli delle loro madri, nonostante i bambini stessi raccontino di abusi paterni e chiedano di continuare ad essere protetti !

Bambini spesso non ascoltati, specie sotto i 12 anni  e, se ascoltati, non creduti o presunti vittime di  manipolazioni materne!

Madri che negli anni hanno dovuto difendersi iniziando a registrare durante le CTU ed i colloqui con gli Assistenti Sociali, a causa delle distorsioni  che venivano relazionate contro di esse!

Madri che hanno denunciato!

Madri spesso impossibilitate a ricorrere alla Cassazione a causa di Decreti provvisori non ricorribili in Cassazione (non almeno fino ad alcuni mesi fa, quando anche su questo argomento la Cassazione ha provveduto ad esprimersi a tutela  di queste madri e di questi bambini vessati anche dopo la separazione ) !

I Ministri della Salute e della Giustizia, il CSM, i Consigli degli Ordini Avvocati e Psicologi e Psichiatri, devono porre definitivamente FINE al sistema che si è creato!

Un sistema kafkiano e violento senza pari, entrato in uso ormai da molti anni anche in Italia con l’ indiscriminata formulazione e applicazione della Legge 54/2006 e la pseudoteoria della Alienazione Genitoriale (ex PAS), grazie alle quali non i padri violenti e abusanti, ma  proprio i figli abusati non vengono creduti e le loro  madri protettive si ritrovano  sotto accusa,  stigmatizzate come “alienanti”, “simbiotiche”, “isteriche” , colpevoli di “amare troppo” i loro figli, quindi considerate “inadeguate” al loro affido … Nonostante referti medici ed inivio ai centri di violenza da parte degli assistenti sociali !

Madri che, pur consapevoli degli abusi sessuali paterni raccontati dai  loro bambini, si sono sentite dire da alcune  CTU e da alcuni servizi sociali “signora qui il penale non entra, a noi non interessa… Signora Lei cosi è conflittuale, cosi è alienante,  ostacola la genitorialità paterna e quindi è considerata inadeguata … Signora la deve smettere di proteggere il suo bambino… Signora lei deve ritirare le denunce per dimostrare che non è alienante!.. Signora se continua cosi le   relazioni saranno assolutamente negative, con conseguente  sospensione o decandenza della responsabilità genitoriale, la perdita dell’affido… Signora se continua cosi il bambino verrà messo in casa famiglia e poi  riaffidato in via esclusiva  al padre” !

Madri che ora  sono riuscite a farsi forza, facendo emergere le storture del sistema, come stanno facendo le mamme del Comitato delle madri Unite contro la violenza istituzionale.

Quella che in USA viene ormai riconosciuta come  “pseudoscienza” , “scienza spazzatura” “parapsicologia”  e “apice della follia”, li dove  già ha provocato la morte di  187 bambini solo negli ultimi 10 anni ed il mantenimento di molti altri minori in condizioni di violenza domestica in quanto affidati a padri violenti e privati delle loro madri protettive, qui in Italia va ancora diffondendosi: ha  cambiato solo il  nome ma non la sostanza e non la modalità violenta e discriminante di azione. Nonostante ripetute sentenze della Cassazione abbiano tentato di  metterla al bando!

È dunque ora che i Ministri della Salute e della Giustizia italiani, il CSM, il CNF, il CNOP e l’Ordine dei Medici e dei Pediatri nonche’ gli Psichiatri infantili italiani si pronuncino!

Avv. Michela Nacca 

Presidente Maison Antigone 

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E

Convegno 2 marzo 2020 – Sala Zuccari Palazzo Giustiniani Roma

2 Marzo 2020 | Redazione

Il Convegno, per la presentazione del libro della Prof.sa Rita Ferri, non ha piu’ avuto luogo causa covid 10.

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E

LE DONNE VITTIME DI VIOLENZE CONIUGALI PRESENTEREBBERO UN RISCHIO DI MORTALITA’ DEL 44% PIU’ ELEVATO

22 Febbraio 2020 | Redazione

radiotelevisione belga

Uno studio inglese stima che il rischio di mortalità cresce del 44% nelle donne vittime di violenze coniugali comparato alle altre donne della stessa età ed in condizioni fisiche simili.

La violenza domestica, che indica abusi di ordine fisico, psicologico, sessuale, economico e/o emotivo da parte del partner sfortunatamente è un fiume in piena che tocca una donna su tre nel mondo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute.

Fragilità cardiovascolare?

Un nuovo studio analizza i risultati di 18.547 donne che hanno subìto degli episodi di violenze coniugali. I dati medici di queste pazienti sono stati comparati a quelli di 72.231 donne in condizioni fisiche e sanitarie simili (età, indice di massa corporale, tabagismo…) non sottoposte alle violenze coniugali.

Gli autori dei lavori hanno constatato che il rischio di sviluppare una malattia cardiometabolica come il diabete di tipo 2 aumentava del 51% nelle donne esposte alle violenze. Nessuna associazione è stata rintracciata con l’ipertensione.

“Lo studio sottolinea anche un rischio di mortalità del 44% più elevato (riunite tutte le cause) in queste donne paragonato a quelle che non hanno subìto violenze coniugali.

Nonostante i ricercatori non siano stati in grado di confermare il motivo globale di questo aumento della mortalità, questa si può spiegare in parte con l’aumento del rischio cardiovascolare.

Delle devastazioni su tutti i piani

La prossima tappa consisterà dunque nel condurre delle ricerche supplementari per determinare quali altri fattori potrebbero specificatamente condurre ad un aumento della loro mortalità.

“Nonostante il nostro studio non sia stato in grado di rispondere esattamente alla domanda di sapere perché questa relazione esista, pensiamo che essa sia probabilmente dovuta agli effetti dello stress acuto e cronico”.

“Inoltre, sappiamo che l’esposizione alla violenza domestica può essere associata a dei fattori legati ai modi di vita come una cattiva alimentazione, l’alcool ed il tabacco, come mostra il nostro studio”, fa notare il dr. Joht Singh Chandan, autore principale dello studio.

Questi lavori si aggiungono a due ricerche condotte dalla stessa squadra di ricercatori e pubblicata nel 2019. La prima ha mostrato che le donne vittime di violenze domestiche sono quasi due volte più suscettibili di sviluppare una fibromialgia ed una sindrome di fatica cronica.

La seconda, apparsa lo scorso giugno, ha rivelato che le sopravvissute inglesi alle violenze domestiche sono tre volte più suscettibili di sviluppare delle malattie mentali gravi.

IL PARERE: UN SISTEMA SOCIALE AUTORITARIO E DISCONNESSO DAI REALI BISOGNI DEI BAMBINI

19 Febbraio 2020 | Redazione

di Anna Maria Mossi Giordano, Educatrice

Non si finisce mai di essere un’educatrice, anche se sei in pensione. Una professione tanto amata ti rimane come un tatuaggio sulla pelle, a ricordarmi che sarò sempre dalla parte dei bambini, per provare a dare voce ad un grido inascoltato. Sono rimasta basita dalla proposta di legge che vorrebbe rendere obbligatoria la scuola dell’infanzia già dai tre anni di età. Non posso fare a meno di esprimere una mia riflessione, che nasce spontanea, ma anche in virtù della mia lunghissima esperienza vissuta in ambito educativo.

Trovo sia una proposta profondamente sbagliata e diseducativa, che non tiene affatto conto delle reali esigenze dei bambini di quella fascia di età. L’aspetto doloso e manipolativo di questa proposta sta nel farla passare come una opportunità per i bambini e le famiglie, ovvero come diritto concesso, tanto da renderla obbligatoria. Niente di più falso! In realtà è solo un diktat prepotente, che vuole soltanto strumentalizzare i bambini, anzi, in parole povere, usarli per fini tutt’altro che nobili.

Stiamo assistendo ormai da anni, ad un lento quanto costante, intervento istituzionale verticale, che entra sempre di più in merito, e a gamba tesa nelle istanze pedagogiche. Decidono tout court cosa sia meglio per i bambini e le famiglie, stabilendo dall’alto e senza nessuna competenza pedagogica come debbano vivere entrambi. L’aspetto inquietante è soprattutto quello di non offrire maggiori opportunità e tutele per le famiglie, affinché possano avere più tempo a disposizione per poter stare con i propri figli. Al contrario, si sta prolungando sempre di più il tempo di permanenza che i bambini trascorrono a scuola, privandoli di fatto, di tutte quelle esperienze significanti da vivere con i propri genitori, o con chi si prende cura di loro. Queste condivisioni familiari sono fondamentali per il ben-essere psico-fisico dei bambini, rappresentano la base sicura sulla quale si potrà costruire tutto il resto.

È ormai storia conclamata dei disagi e le difficoltà che i bambini possono manifestare a scuola, se questa “base sicura” viene a mancare o è addirittura negata. Il nido come la scuola dell’infanzia possono essere delle esperienze positive ed arricchenti, se vissute con gradualità e autentico rispetto dei bisogni e dei tempi dei bambini; ma una scuola per quanto possa essere ben organizzata, non potrà mai sostituire quel rapporto speciale tra un bambino e la sua mamma, in primis e poi con tutto il nucleo familiare.

L’impressione vivida è quella di assistere ad una disumanizzazione delle relazioni, attraverso la violazione e controllo effettuato dal potere istituzionale, che sta letteralmente depredando le famiglie, dal loro diritto decisionale educativo. Le istituzioni stanno ampiamente dimostrando di non avere nessuna intenzione di investire ad esempio sul welfare mettendo in campo risorse diversificate, che aiutino realmente le famiglie nel delicato compito genitoriale, promuovendo una pedagogia attenta e sensibile verso le necessità psico-fisiche dei loro figli.

I bambini e le bambine hanno il diritto sacrosanto di poter accedere ad un tempo lento, ad un tempo dedicato, ad un tempo da vivere a contatto con la natura, ad un tempo per gli affetti. Se non ci sarà un cambio di rotta, pronto ad accogliere quello che la pedagogia dell’accoglienza, della solidarietà e del tempo liberato ci sta indicando, vedo solo ombre per il futuro dei nostri bambini, che potranno diventare con questi presupposti, adulti problematici, e purtroppo di segnali ne abbiamo tanti a disposizione.

I bambini e le bambine sono i figli di una comunità che ha l’obbligo etico di tenerli in mente e di amarli come meritano. I bambini non devono diventare merce di scambio, affinché si realizzino le brame di un potere ancora fortemente declinato verso il maschilismo e sempre più disconnesso da una visione umana ed empatica della nostra società. Piuttosto preferisce privilegiare l’aspetto produttivo ed economico, in nome del quale sta minando in profondità le sue fondamenta più preziose. Questa destabilizzazione valoriale, a favore del consumo e dei privilegi per pochi, impedisce la condivisione, la partecipazione alla costruzione del ben-essere per l’intera comunità, unico diritto incontestabile per ogni essere umano, per il quale valga la pena lottare ed indignarsi.

COMUNICATO STAMPA: È UFFICIALE: L’ALIENAZIONE GENITORIALE E’ UNA SCIENZA SPAZZATURA, UNA MERA STRATEGIA GIUDIZIALE E NON UNA PATOLOGIA O CAUSA DI MALATTIA, DUNQUE NON PUO’ FAR PARTE DELL’ICD-11

17 Febbraio 2020 | Redazione

di Raffaella Bocci


L’Associazione Maison Antigone, unica attivista italiana nella lotta all’inserimento dell’Alienazione Parentale nel ICD-11, è orgogliosa di aver dato un contributo determinante nel combatterne le posizioni ascientifiche e irrazionali dei suoi sostenitori.

È infatti di oggi la notizia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definitamente rigettato le proposte avallate dalla “junk science” che voleva legittimare l’Alienazione Genitoriale attraverso il suo inserimento nell’ICD-11.

Tutto inizia 5 anni fa quando la ricca e potente organizzazione internazionale PASGroup si attiva per richiedere l’inserimento della Alienazione Parentale all’interno della classificazione internazionale delle malattie e delle loro cause, stilato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Una battaglia durata anni che Maison Antigone ha portato avanti studiando e confrontandosi con docenti universitari di tutto il mondo che si sono quotidianamente mobilitati sulla piattaforma della World Health Organization, smontando una ad una le assurde teorie della junk science che sostiene l’Alienazione Genitoriale.

Citando Sentenze di Corti Supreme ed argomentando, spiegando e motivando l’ascientificità di tale teoria, come è stata definita all’unanimità dalla comunità scientifica internazionale, si è ottenuta una vittoria storica.

Insieme a tanti studiosi del calibro di Joan Mejer, Linda Neilson, Simon Lapierre, Danielle Pollack, Julie Doughty, David Corwin, Adrienne Barnett, Brenda Kilgour, Jean Mercer, Elspeth Mcinnes, Nancy Erickson, Susan Boyd, Peter Jaffe, Pamela Cross, il CSMS group dei Paesi Bassi, Daniel Saunders e tanti tanti altri, l’Italia grazie a Maison Antigone è stata parte attiva nella difesa di donne maltrattate e bambini vittime di violenza e pedofilia.

Nell’epoca del web purtroppo la divulgazione di massa di costrutti ascientifici come quella dell’Alienazione Genitoriale oggi rifiutata dall’OMS, risulta drammaticamente facile, ma per fortuna non abbastanza efficace da riuscire a manipolare gli uomini e le donne di scienza e di giustizia.

Maison Antigone auspica che da oggi, sulla base del rigetto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tale teoria spazzatura resti definitivamente fuori dalle aule dei tribunali.

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E

PARASITE… MISERIA E NOBILTÀ IN SALSA COREANA

15 Febbraio 2020 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio


È sempre difficile andare a vedere un film pluripremiato cercando di non farsi influenzare da ciò che un po’ tutti ne hanno scritto e detto.

Con questa difficilissima missione, sono entrata in sala. Una sala gremita, ovviamente, complice la vittoria dell’Oscar come miglior film dato a questa opera “strana” di Bong Joon-ho.

La trama è degna di un film di Totò e, in effetti, ha richiamato molto alla mia memoria “Miseria e nobiltà” poiché, fatti i doverosi distinguo, altro non è che il drammatico racconto dell’ingiustizia sociale che contrappone una famiglia costretta ad affrontare le mille difficoltà del vivere quotidiano, in una sorta di casa insalubre e minuscola situata nei sobborghi della città, ed una ricchissima e bellissima famigliola da mulino bianco che abita, rendendola viva, una villa magnificente ed esclusiva dall’altro capo della stessa città.

Queste creature socialmente così distanti si incontreranno e scontreranno in un crescendo di imbrogli, messi in atto dai “poveri” a danno dei “ricchi”, colpi di scena ed imprevisti che fanno tenere il fiato sospeso agli spettatori in più di un’occasione.

Tutto inizia quando il figlio della famiglia povera viene raccomandato da un suo caro amico per dare lezioni private di inglese alla rampolla della famiglia ricca.

La madre della ragazzina esamina il ragazzo, in un lungo colloquio e lui, non appena comprende (con la velocità di spirito e l’intuito TIPICO di un vero “scugnizzo”) di avere a che fare con una donna estremamente ingenua, ricca e manipolabile, decide di “sistemare” anche i propri familiari.

In un’escalation di fantasiose macchinazioni, egli riuscirà nel proprio piano di conquista della totale fiducia della famiglia ricca e tutto filerebbe per il meglio se non fosse per un imprevisto, davvero imprevedibile, che cambia totalmente registro alla narrazione la quale diviene improvvisamente tesa e drammatica sino all’epilogo.

Le illusioni crollano, il velo di menzogne inizia a squarciarsi e quel benessere che sembrava conquistato è messo in grave pericolo. Tutto questo animerà una serie di azioni e reazioni degne di uno scenario di guerra.

Bella la fotografia, le inquadrature scelte con cura e bravissimi tutti gli attori, incluso il più piccolo.

È un film che va visto, questo, anche se fa salire l’amaro in bocca, perché fa comprendere quanto odio possa esistere fra ceti sociali differenti e smaschera il vero ego di tutti i protagonisti. Forse anche quello degli spettatori.

Cinema: “PARASITE”… MISERIA E NOBILTÀ IN SALSA COREANA

15 Febbraio 2020 | Redazione

di S. D’Aquilio

3–4 minuti


È sempre difficile andare a vedere un film pluripremiato cercando di non farsi influenzare da ciò che un po’ tutti ne hanno scritto e detto.

Con questa difficilissima missione, sono entrata in sala. Una sala gremita, ovviamente, complice la vittoria dell’Oscar come miglior film dato a questa opera “strana” di Bong Joon-ho.

La trama è degna di un film di Totò e, in effetti, ha richiamato molto alla mia memoria “Miseria e nobiltà” poiché, fatti i doverosi distinguo, altro non è che il drammatico racconto dell’ingiustizia sociale che contrappone una famiglia costretta ad affrontare le mille difficoltà del vivere quotidiano, in una sorta di casa insalubre e minuscola situata nei sobborghi della città, ed una ricchissima e bellissima famigliola da mulino bianco che abita, rendendola viva, una villa magnificente ed esclusiva dall’altro capo della stessa città.

Queste creature socialmente così distanti si incontreranno e scontreranno in un crescendo di imbrogli, messi in atto dai “poveri” a danno dei “ricchi”, colpi di scena ed imprevisti che fanno tenere il fiato sospeso agli spettatori in più di un’occasione.

Tutto inizia quando il figlio della famiglia povera viene raccomandato da un suo caro amico per dare lezioni private di inglese alla rampolla della famiglia ricca.

La madre della ragazzina esamina il ragazzo, in un lungo colloquio e lui, non appena comprende (con la velocità di spirito e l’intuito TIPICO di un vero “scugnizzo”) di avere a che fare con una donna estremamente ingenua, ricca e manipolabile, decide di “sistemare” anche i propri familiari.

In un’escalation di fantasiose macchinazioni, egli riuscirà nel proprio piano di conquista della totale fiducia della famiglia ricca e tutto filerebbe per il meglio se non fosse per un imprevisto, davvero imprevedibile, che cambia totalmente registro alla narrazione la quale diviene improvvisamente tesa e drammatica sino all’epilogo.

Le illusioni crollano, il velo di menzogne inizia a squarciarsi e quel benessere che sembrava conquistato è messo in grave pericolo. Tutto questo animerà una serie di azioni e reazioni degne di uno scenario di guerra.

Bella la fotografia, le inquadrature scelte con cura e bravissimi tutti gli attori, incluso il più piccolo.

È un film che va visto, questo, anche se fa salire l’amaro in bocca, perché fa comprendere quanto odio possa esistere fra ceti sociali differenti e smaschera il vero ego di tutti i protagonisti. Forse anche quello degli spettatori.

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Cinema: Storia di un matrimonio, la banalita’ di un amore che finisce ma non muore.

10 Febbraio 2020 | Redazione

di S. D’Aquilio

4–5 minuti


Uscito lo scorso novembre, ho visto questo bellissimo film solo di recente su Netflix.

La storia è la più comune che si possa immaginare: Nicole (Scarlett Johansson) e Charlie (Adam Driver) non riescono più a stare insieme.

Sposatisi molto giovani, con la comune passione per la recitazione, inizialmente investono energie e denaro nel progetto teatrale di lui, giovane ed emergente regista, hanno un figlio e tutto sembra filare per il meglio finché Nicole non inizia a pensare con la propria testa, rimuginando su cosa sia diventata la propria vita e cosa avrebbe voluto fosse.

Come spesso accade, nelle separazioni, è lei che da la spinta verso la fine. È lei quella che si rende conto per prima del soffocamento che sta vivendo il suo matrimonio, fra routine e insoddisfazioni forse anche reciproche ma inespresse.

Come in molte separazioni, la causa del crollo è solo apparentemente un tradimento ma, in realtà, quello è solo la goccia che fa traboccare un vaso già colmo.

Non era semplice non scadere nei clichés di films già girati sull’argomento separazione ma il regista, Noah Baumbach, ci riesce perfettamente. La pellicola è densa, profonda e piena di scene toccanti in modo che definirei subliminale: Baumbach riesce a colpire emotivamente anche spettatori come me, avvezzi a gestire separazioni e divorzi a volte molto cruenti. Confesso che almeno in due scene, apparentemente normali, le lacrime hanno iniziato a scorrere sul mio viso lasciandomi basita.

Il regista riesce a renderci perfettamente imparziali, in questo dramma familiare: non è possibile stare completamente da una parte o dall’altra perché entrambi i protagonisti fanno una pena infinita. Anche Nicole, che pare essere la più risoluta e determinata, la più fredda dei due, svela tutto il proprio dolore nel rabbioso dialogo con Charlie e che rappresenta un momento topico del film: un’interpretazione davvero profonda e toccante nella quale gli attori raggiungono livelli molto elevati e che mi hanno ricordato lo stile del buon vecchio Ingmar Bergman.

Una menzione particolare va ai personaggi degli avvocati della coppia, ovviamente. Parliamo del sistema americano, dove i divorzi hanno dei costi davvero esorbitanti (l’avvocato che sceglie Charlie costa 950 dollari l’ora!) e dove le strategie difensive arrivano a ferire profondamente i malcapitati, senza esclusione di colpi. Così, un divorzio che avrebbe dovuto essere gestito con calma e cercando una soluzione condivisa, diventa una piccola guerra di potere fra i due avvocati di Charlie e Nicole, i quali restano letteralmente inghiottiti dal meccanismo che hanno messo in moto.

Intorno ai protagonisti, ruota la famiglia di lei (bellissimo il personaggio della mamma, interpretato dalla indimenticata Julie Hagerty) e la compagnia teatrale di Charlie con la quale lavora anche Nicole: una seconda famiglia che non riesce a rassegnarsi alla fine del loro matrimonio. Fine che pare proprio non coincidere con la fine completa del loro amore, però.

È un film imperdibile, questo piccolo capolavoro. Di una semplicità disarmante ma di una profondità unica, fa riflettere molto sul matrimonio e sulle ambizioni personali, spesso lasciate morire in nome di un fuorviante ed illusorio concetto di famiglia.

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E

STORIA DI UN MATRIMONIO: LA BANALITÀ DI UN AMORE CHE FINISCE MA NON MUORE

9 Febbraio 2020 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio


Uscito lo scorso novembre, ho visto questo bellissimo film solo di recente su Netflix.

La storia è la più comune che si possa immaginare: Nicole (Scarlett Johansson) e Charlie (Adam Driver) non riescono più a stare insieme.

Sposatisi molto giovani, con la comune passione per la recitazione, inizialmente investono energie e denaro nel progetto teatrale di lui, giovane ed emergente regista, hanno un figlio e tutto sembra filare per il meglio finché Nicole non inizia a pensare con la propria testa, rimuginando su cosa sia diventata la propria vita e cosa avrebbe voluto fosse.

Come spesso accade, nelle separazioni, è lei che da la spinta verso la fine. È lei quella che si rende conto per prima del soffocamento che sta vivendo il suo matrimonio, fra routine e insoddisfazioni forse anche reciproche ma inespresse.

Come in molte separazioni, la causa del crollo è solo apparentemente un tradimento ma, in realtà, quello è solo la goccia che fa traboccare un vaso già colmo.

Non era semplice non scadere nei clichés di films già girati sull’argomento separazione ma il regista, Noah Baumbach, ci riesce perfettamente. La pellicola è densa, profonda e piena di scene toccanti in modo che definirei subliminale: Baumbach riesce a colpire emotivamente anche spettatori come me, avvezzi a gestire separazioni e divorzi a volte molto cruenti. Confesso che almeno in due scene, apparentemente normali, le lacrime hanno iniziato a scorrere sul mio viso lasciandomi basita.

Il regista riesce a renderci perfettamente imparziali, in questo dramma familiare: non è possibile stare completamente da una parte o dall’altra perché entrambi i protagonisti fanno una pena infinita.

Anche Nicole, che pare essere la più risoluta e determinata, la più fredda dei due, svela tutto il proprio dolore nel rabbioso dialogo con Charlie e che rappresenta un momento topico del film: un’interpretazione davvero profonda e toccante nella quale gli attori raggiungono livelli molto elevati e che mi hanno ricordato lo stile del buon vecchio Ingmar Bergman.

Una menzione particolare va ai personaggi degli avvocati della coppia, ovviamente. Parliamo del sistema americano, dove i divorzi hanno dei costi davvero esorbitanti (l’avvocato che sceglie Charlie costa 950 dollari l’ora!) e dove le strategie difensive arrivano a ferire profondamente i malcapitati, senza esclusione di colpi. Così, un divorzio che avrebbe dovuto essere gestito con calma e cercando una soluzione condivisa, diventa una piccola guerra di potere fra i due avvocati di Charlie e Nicole, i quali restano letteralmente inghiottiti dal meccanismo che hanno messo in moto.

Intorno ai protagonisti, ruota la famiglia di lei (bellissimo il personaggio della mamma, interpretato dalla indimenticata Julie Hagerty) e la compagnia teatrale di Charlie con la quale lavora anche Nicole: una seconda famiglia che non riesce a rassegnarsi alla fine del loro matrimonio. Fine che pare proprio non coincidere con la fine completa del loro amore, però.

È un film imperdibile, questo piccolo capolavoro. Di una semplicità disarmante ma di una profondità unica, fa riflettere molto sul matrimonio e sulle ambizioni personali, spesso lasciate morire in nome di un fuorviante ed illusorio concetto di famiglia.

Cinema. Jojo Rabbit, coniglietto coraggioso!

9 Febbraio 2020 | Redazione

si S. D’Aquilio

4–6 minuti


Non era facile raccontare in modo spiritoso e drammatico insieme il nazismo e la seconda guerra mondiale. L’ambizioso obiettivo che si è dato il regista di questo film, Taika Waititi, poteva renderlo un clamoroso fiasco invece questa pellicola è ben fatta ed arriva dritta al cuore.

Jo Jo è un ragazzino tedesco di dieci anni, incapace di allacciarsi le scarpe da solo ma già appassionato nazista e fervente ammiratore di Hitler (Taika Waititi) che è anche il suo amico immaginario protagonista di scene davvero divertenti (esilarante idea degli autori).

Vive da solo con la propria madre Rosie (la bravissima e poliedrica Scarlett Johansson) la quale non ostacola questa veemenza patriottica del bambino anche se non la condivide affatto e tenta di spiegargli perché sia sbagliata. Il resto della loro famiglia è costituita da un padre, partito per la guerra, e la figlia maggiore Inge, morta prematuramente in età adolescenziale.

Jo Jo, dunque, tenta di trovare il proprio posto nel bellissimo e glorioso mondo nazista: dapprima frequentando un fine settimana di addestramento con armi vere e con istruttori di particolare cattiveria ed incapacità, poi mettendosi a disposizione del capitano nazista Klen, di servizio nel paese, ed affiggendo volantini propagandistici.

La vita di Jo Jo è riempita da questi impegni e dalla presenza della madre, donna eccentrica e positiva che cerca di aiutare questo figlio a trovare la strada giusta ma da solo, senza costrizioni, fiduciosa del fatto che il proprio amore potrà salvarlo dalle malsane idee naziste.

Intorno a loro imperversa la guerra e la persecuzione contro gli ebrei, esseri che Jo Jo immagina semi animaleschi ed avvezzi a compiere le nefandezze più terribili finché, proprio nella sua casa, non incontra un’ebrea in carne ed ossa, rifugiata e protetta dalla mamma di Jo Jo e che la nasconde nell’intercapedine della parete della camera da letto della compianta Inge.

Elsa, questo il nome della ragazza, era infatti una cara amica di Inge, la sorella di Jo Jo, e per Rosie salvare lei significa poterla vedere diventare donna, una rivalsa sul crudele destino che non le ha consentito di vedere crescere la propria figlia.

L’approccio iniziale di Jo Jo davanti questa intrusa, questa “cosa pericolosa”, è di paura estrema poi, a poco a poco, giorno dopo giorno, i due passano dagli insulti reciproci al dialogo fino ad arrivare all’amicizia.

La guerra finirà, Jo Jo ed Elsa si ritroveranno liberi di poter essere l’uno se stesso, senza un Hitler immaginario che ne condizioni ogni atto, l’altra semplicemente una ragazza senza più alcuna connotazione razziale.un film che tocca tanti temi questo: l’amore di una madre per il proprio bambino, innanzitutto. Una madre che tenta di mostrargli la strada della giustizia, della gioia di vivere e della libertà troppo a lungo negate al popolo tedesco dalle follie hitleriane.

L’amore di Jo Jo per il proprio Paese che lo porta ad abbracciare la fede nazista senza capirne il senso fino in fondo.

L’amore di Elsa per il suo Nathan, ragazzo che combatte per la libertà.

L’amicizia fra Jo Jo ed il suo migliore amico, Yorki, e poi quella inespressa fra Rosie ed il capitano nazista Klen che inaspettatamente svelerà la propria vera essenza.

Il pregiudizio, che è sempre cieco e stupido ma può influenzare la capacità di discernere il bene dal male, soprattutto in un bambino di soli dieci anni come Jo Jo.

La stupidità della guerra, che non è mai giusta e rende le persone disumane.

A tale proposito, bisogna dire che le scene di addestramento militare dei bambini, sono estremamente fedeli a quello che fu il programma nazista il quale esigeva di plasmare le menti dei giovani sin dalla tenera infanzia per renderli ciechi servitori del Führer e spietati assassini.

Per tutti questi motivi, Jo Jo rabbit è un film adatto ai bambini, anche se l’età minima dovrebbe essere intorno ai dieci anni, a parere di chi scrive: ci sono scene di guerra e di uccisioni che potrebbero scuotere troppo un bimbo di età inferiore.

Si consiglia di tenere a portata di mano dei fazzoletti, indispensabili almeno in un paio di scene.

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Eventi: Quando l’arte in ogni sua forma, amplia gli orizzonti e diviene propulsore di una giusta causa… “La donna è Luce”

6 Febbraio 2020 | Redazione

v. in https://www.ifattinews.it/wp-content/uploads/2020/04/I-FATTI-RM-EST-Marzo-2020-00014.pdf

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IL PARERE: RESIDENZA ALTERNATA

4 Febbraio 2020 | Redazione

di Br. Rucci, Psicologa Psicoterapeuta

Già dai tempi di Salomone si sapeva bene che il genitore disposto a dividere il figlio a metà non ha a cuore il bene del piccolo, un genitore che ama è disposto a fare un passo indietro e non è spinto da egoistico possesso. Nei tribunali non si rendono conto dei danni che si stanno provocando da anni sui bambini costretti a vivere in due case. Psicologi dell’età evolutiva e neuropsichiatri infantili, partendo dalle basi della psicologia dell’età evolutiva, Bowlby e Winnicot, hanno studiato e scritto sull’attaccamento primario del bambino alla madre, che rappresenta il suo caregiver primario, ossia la figura genitoriale che si occupa in maniera prevalente del bambino dalla sua nascita in poi.

Il ruolo della mamma e del papà non sono uguali e non devono esserlo, e questo è indispensabile per lo sviluppo psicologico, emozionale e cognitivo del bambino soprattutto quando il bambino è molto piccolo, fino ai 4/6 anni. Il riferimento, perché si sviluppi una base sicura da cui si svilupperà l’equilibrio psicologico ed emozionale del bambino, presuppone che ci sia una differenziazioni di ruoli e che il bambino possa fare riferimento ad un caregiver primario con il quale vive.

Dalla fase prepuberale e preadolescenziale il bambino può in autonomia decidere con quale genitore vivere, o decidere di vivere una settimana con l’uno e una settimana con l’altro, ma deve essere una libera scelta del bambino, e solo in questo modo non si pregiudicherà il suo sano sviluppo psicologico ed affettivo.

Un bambino piccolo ha bisogno della sua mamma e di avere un’abitazione prevalente, anche se vedo sempre di più tribunali decidere per pernotti quando il bambino ancora non è in grado di gestire il distacco dalla madre, creando traumi abbandonici difficili da ricomporre.

Facciamoci una domanda: quando la coppia è ancora unita chi si occupa del bambino? Chi lo nutre, lo lava, lo fa addormentare, chi cerca il piccolo quando è stanco o ha paura? LA MAMMA. Mamma è la prima parola che l’essere umano pronuncia e spesso anche l’ultima.

Nella nostra società ancora patriarcale i padri, per necessità o per scelta, passano più ore fuori casa delle madri, delegando quasi del tutto le cure dei figli. Magicamente dopo la separazione si scoprono PADRI che pretendono di avere con sé i figli tanto quanto le madri se non in via esclusiva! Siamo arrivati al paradosso di bambini collocati presso i padri senza che ci sia un motivo valido o che la madre abbia delle disfunzionalità genitoriali, così, solo per assecondare un’onda che è sempre più accomodante verso i “capricci”o le “vendette” degli uomini. E questo è molto grave e preoccupante. Una società che nega e sottovaluta l’unicità e l’importanza della figura materna nello sviluppo e nella crescita di un essere umano, è una società che ha perso ogni valore e riferimento etico.

I paesi del nord Europa dove la residenza alternata e l’intercambiabilità dei ruoli madre/padre sono stati provati prima che in Italia, stanno facendo un passo indietro perché i bambini che – anche in assenza di conflitto e con l’accordo dei genitori – sono stati collocati a settimane alterne, hanno presentato crisi abbandoniche, ansia da separazione, depressione, aggressività o addirittura crisi identitarie e scissione. Tali sintomi sono spariti quando il regime di affido è tornato ad essere prevalente presso la madre. E stiamo parlando di genitori entrambi funzionali. Un bambino al di sotto dei 4/5 anni non è in grado cognitivamente di assimilare che la sua mamma è lì che lo aspetta, che tornerà nella sua casa, se non per poche ore, e tale angoscia aumenta con il passare la notte in assenza della madre.

Catherine Dolto’ “L’affidamento alla madre è sempre preferibile, in assenza ovviamente di patologie o carenze gravi nell’accudimento”. Lo insegna l’etologia, la biologia, per interessi personali e politici frutto di adultocentrismo, si sta andando contro il benessere del bambino, che rimane senza tutela dei suoi bisogni e delle sue esigenze profonde ed evolutive.

JO JO RABBIT, CONIGLIETTO CORAGGIOSO!

3 Febbraio 2020 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio


Non era facile raccontare in modo spiritoso e drammatico insieme il nazismo e la seconda guerra mondiale. L’ambizioso obiettivo che si è dato il regista di questo film, Taika Waititi, poteva renderlo un clamoroso fiasco invece questa pellicola è ben fatta ed arriva dritta al cuore.

Jo Jo è un ragazzino tedesco di dieci anni, incapace di allacciarsi le scarpe da solo ma già appassionato nazista e fervente ammiratore di Hitler (Taika Waititi) che è anche il suo amico immaginario protagonista di scene davvero divertenti (esilarante idea degli autori).

Vive da solo con la propria madre Rosie (la bravissima e poliedrica Scarlett Johansson) la quale non ostacola questa veemenza patriottica del bambino anche se non la condivide affatto e tenta di spiegargli perché sia sbagliata. Il resto della loro famiglia è costituita da un padre, partito per la guerra, e la figlia maggiore Inge, morta prematuramente in età adolescenziale.

Jo Jo, dunque, tenta di trovare il proprio posto nel bellissimo e glorioso mondo nazista: dapprima frequentando un fine settimana di addestramento con armi vere e con istruttori di particolare cattiveria ed incapacità, poi mettendosi a disposizione del capitano nazista Klen, di servizio nel paese, ed affiggendo volantini propagandistici.

La vita di Jo Jo è riempita da questi impegni e dalla presenza della madre, donna eccentrica e positiva che cerca di aiutare questo figlio a trovare la strada giusta ma da solo, senza costrizioni, fiduciosa del fatto che il proprio amore potrà salvarlo dalle malsane idee naziste.

Intorno a loro imperversa la guerra e la persecuzione contro gli ebrei, esseri che Jo Jo immagina semi animaleschi ed avvezzi a compiere le nefandezze più terribili finché, proprio nella sua casa, non incontra un’ebrea in carne ed ossa, rifugiata e protetta dalla mamma di Jo Jo e che la nasconde nell’intercapedine della parete della camera da letto della compianta Inge.

Elsa, questo il nome della ragazza, era infatti una cara amica di Inge, la sorella di Jo Jo, e per Rosie salvare lei significa poterla vedere diventare donna, una rivalsa sul crudele destino che non le ha consentito di vedere crescere la propria figlia.

L’approccio iniziale di Jo Jo davanti questa intrusa, questa “cosa pericolosa”, è di paura estrema poi, a poco a poco, giorno dopo giorno, i due passano dagli insulti reciproci al dialogo fino ad arrivare all’amicizia.

La guerra finirà, Jo Jo ed Elsa si ritroveranno liberi di poter essere l’uno se stesso, senza un Hitler immaginario che ne condizioni ogni atto, l’altra semplicemente una ragazza senza più alcuna connotazione razziale.un film che tocca tanti temi questo: l’amore di una madre per il proprio bambino, innanzitutto. Una madre che tenta di mostrargli la strada della giustizia, della gioia di vivere e della libertà troppo a lungo negate al popolo tedesco dalle follie hitleriane.

L’amore di Jo Jo per il proprio Paese che lo porta ad abbracciare la fede nazista senza capirne il senso fino in fondo.

L’amore di Elsa per il suo Nathan, ragazzo che combatte per la libertà.

L’amicizia fra Jo Jo ed il suo migliore amico, Yorki, e poi quella inespressa fra Rosie ed il capitano nazista Klen che inaspettatamente svelerà la propria vera essenza.

Il pregiudizio, che è sempre cieco e stupido ma può influenzare la capacità di discernere il bene dal male, soprattutto in un bambino di soli dieci anni come Jo Jo.

La stupidità della guerra, che non è mai giusta e rende le persone disumane.

A tale proposito, bisogna dire che le scene di addestramento militare dei bambini, sono estremamente fedeli a quello che fu il programma nazista il quale esigeva di plasmare le menti dei giovani sin dalla tenera infanzia per renderli ciechi servitori del Führer e spietati assassini.

Per tutti questi motivi, Jo Jo rabbit è un film adatto ai bambini, anche se l’età minima dovrebbe essere intorno ai dieci anni, a parere di chi scrive: ci sono scene di guerra e di uccisioni che potrebbero scuotere troppo un bimbo di età inferiore.

Si consiglia di tenere a portata di mano dei fazzoletti, indispensabili almeno in un paio di scene.

Cinema: “FIGLI”… GIOIE E DOLORI!

3 Febbraio 2020 | Redazione

di Simona D’Aquilio

4–5 minuti


Di ritorno da un pomeriggio trascorso a progettare e chiacchierare con le mie amiche e cofondatrici di Maison Antigone, Michela Nacca e Maria Grazia De Benedictis, mentre guidavo verso casa, mi è venuta voglia di andare al cinema.

La scelta è caduta su “Figli” di Giuseppe Bonito con protagonisti Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi.

La trama del film è la semplice ma nevrotica vita di due genitori romani alle prese con due bambini: Anna, di circa otto anni, e Pietro, il neonato, colui che piomba nella vita placida dei tre membri della famiglia distruggendo equilibri, notti pacifiche e silenziose ed armonia coniugale.

Così, ciò che dovrebbe rallegrare e unire una famiglia, il secondo figlio, inizia ad innervosirla e disgregarla.

Il racconto è pieno di battute e riflessioni anche amare sulle difficoltà/incapacità dei genitori odierni. Bellissimo il dialogo fra Sara, Nicola e la mamma di lei che si rifiuta categoricamente di aiutare la coppia nella gestione del figlio piccolo: un’analisi acuta e senza pietà del nostro Paese visto con gli occhi della giovane coppia e poi con quelli della suocera che, senza esclusione di colpi, annovera tutti i punti di forza della propria generazione svelando anche al pubblico delle verità che, forse, non tutti riescono a vedere.

È il ritratto di una generazione di funamboli, questo film: genitori che si barcamenano per arrivare a fine mese, sufficientemente istruiti da restare schiacciati fra le loro vecchie ambizioni irrealizzate ed il peso del costo di una vita che pare sempre più assorbita dal fare continuamente fronte a catastrofi finanziarie e personali piuttosto che essere semplicemente vissuta dai protagonisti. Una generazione senza certezze, nessun futuro da programmare e tante paure.

Una notazione particolare merita la figura dei padri medi italici, che in questo film è molto ben rappresentata: piuttosto incapaci di gestire anche per poche ore i figli, si sentono supereroi se riescono a trascorrere incolumi una sola giornata tipo di quelle che trascorrono le madri, dopo la nascita di un figlio. Talmente sconvolti, essi stessi, dalla riuscita in tale impresa, da pretendere i complimenti della moglie e madre la quale si è concessa un pomeriggio di svago/sfogo con un’amica.

Esilaranti gli amici di Nicola: inizialmente solidali ed affranti per la pessima novella della seconda gravidanza di sua moglie, durante tutto il film non fanno che confermargli la negatività di quella scelta di vita che essi stessi rimpiangono di aver fatto.

Interessante il personaggio della pediatra guru: la sola che, forse, fornisce una ricetta semplice ma efficace alla coppia di genitori in crisi totale: l’accettazione!

La narrazione di Bonito ci mostra solo ciò che sappiamo già: molti passi in avanti sono stati fatti, circa la divisione dei tempi di cura dei figli, all’interno delle coppie coniugate o conviventi, ma il padre italico medio resta un soggetto assenteista, piuttosto egocentrato ed immaturo ed il film rappresenta esattamente questo tipo di padre. Gli spettatori della fascia di età fra i 40 ed i 60 anni ci si possono riconoscere perfettamente…

Una frase di Mastandrea, Nicola, racchiude questo fallimento generazionale: “Il fare tantissimo è sempre paragonato ad una media di padri che non fa niente!”. Perciò, cari padri italici, a voi basterà un piccolissimo sforzo per fare una bellissima figura in un Paese dove la media dei papà è fuggiasca!

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FIGLI… GIOIE (?) E DOLORI!

2 Febbraio 2020 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio


Di ritorno da un pomeriggio trascorso a progettare e chiacchierare con le mie amiche e cofondatrici di Maison Antigone, Michela Nacca e Maria Grazia De Benedictis, mentre guidavo verso casa, mi è venuta voglia di andare al cinema.

La scelta è caduta su “Figli” di Giuseppe Bonito con protagonisti Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi.

La trama del film è la semplice ma nevrotica vita di due genitori romani alle prese con due bambini: Anna, di circa otto anni, e Pietro, il neonato, colui che piomba nella vita placida dei tre membri della famiglia distruggendo equilibri, notti pacifiche e silenziose ed armonia coniugale.

Così, ciò che dovrebbe rallegrare e unire una famiglia, il secondo figlio, inizia ad innervosirla e disgregarla.

Il racconto è pieno di battute e riflessioni anche amare sulle difficoltà/incapacità dei genitori odierni. Bellissimo il dialogo fra Sara, Nicola e la mamma di lei che si rifiuta categoricamente di aiutare la coppia nella gestione del figlio piccolo: un’analisi acuta e senza pietà del nostro Paese visto con gli occhi della giovane coppia e poi con quelli della suocera che, senza esclusione di colpi, annovera tutti i punti di forza della propria generazione svelando anche al pubblico delle verità che, forse, non tutti riescono a vedere.

È il ritratto di una generazione di funamboli, questo film: genitori che si barcamenano per arrivare a fine mese, sufficientemente istruiti da restare schiacciati fra le loro vecchie ambizioni irrealizzate ed il peso del costo di una vita che pare sempre più assorbita dal fare continuamente fronte a catastrofi finanziarie e personali piuttosto che essere semplicemente vissuta dai protagonisti. Una generazione senza certezze, nessun futuro da programmare e tante paure.

Una notazione particolare merita la figura dei padri medi italici, che in questo film è molto ben rappresentata: piuttosto incapaci di gestire anche per poche ore i figli, si sentono supereroi se riescono a trascorrere incolumi una sola giornata tipo di quelle che trascorrono le madri, dopo la nascita di un figlio. Talmente sconvolti, essi stessi, dalla riuscita in tale impresa, da pretendere i complimenti della moglie e madre la quale si è concessa un pomeriggio di svago/sfogo con un’amica.

Esilaranti gli amici di Nicola: inizialmente solidali ed affranti per la pessima novella della seconda gravidanza di sua moglie, durante tutto il film non fanno che confermargli la negatività di quella scelta di vita che essi stessi rimpiangono di aver fatto.

Interessante il personaggio della pediatra guru: la sola che, forse, fornisce una ricetta semplice ma efficace alla coppia di genitori in crisi totale: l’accettazione!

La narrazione di Bonito ci mostra solo ciò che sappiamo già: molti passi in avanti sono stati fatti, circa la divisione dei tempi di cura dei figli, all’interno delle coppie coniugate o conviventi, ma il padre italico medio resta un soggetto assenteista, piuttosto egocentrato ed immaturo ed il film rappresenta esattamente questo tipo di padre. Gli spettatori della fascia di età fra i 40 ed i 60 anni ci si possono riconoscere perfettamente…

Una frase di Mastandrea, Nicola, racchiude questo fallimento generazionale: “Il fare tantissimo è sempre paragonato ad una media di padri che non fa niente!”. Perciò, cari padri italici, a voi basterà un piccolissimo sforzo per fare una bellissima figura in un Paese dove la media dei papà è fuggiasca!

LA DEA FORTUNA… MA NON TROPPO

6 Gennaio 2020 | Redazione

di Avv. Simona D’Aquilio


Mi piace sempre andare al cinema senza aver letto recensioni del film che devo guardare. Seguo sempre questa regola, anche quando si tratta di vecchi films. Perché il film deve entrarmi dentro per qualche motivo, deve colpirmi e non voglio avere condizionamenti di alcun tipo.

Con questo approccio metodologico da semplice spettatrice, sono entrata di nuovo nel mondo di Ozpetek, ieri sera.

La sua bravura è nota e confermata eppure anche stavolta mi ha stupita ed incantata. La poesia che ha utilizzato per narrare questo intreccio di storie e sentimenti è davvero unica, inimitabile inconfondibile: è semplicemente Ozpetek dal primo all’ultimo minuto.

La trama del film è quanto di più semplice si possa immaginare: Annamaria piomba nella vita di una coppia di amici gay, Alessandro e Arturo, ai quali lascia qualche giorno i suoi due bambini per poter eseguire degli accertamenti in ospedale.

I piccoli Sandro e Martina si ritrovano ad essere gestiti da questi due uomini, dei quali uno, Alessandro, è un caro e vecchio amico della mamma. I due, all’inizio hanno qualche difficoltà ad entrare nel mondo infantile ma la tenerezza li vincerà.

Aiutati da una cerchia di amici, fra i quali un uomo affetto da una qualche forma di demenza (forse Alzheimer) che gli fa dimenticare fatti, persone e luoghi, i due uomini si ritroveranno a dover gestire l’assenza di una mamma ed il dolore di due bambini in un momento molto critico della loro relazione di coppia: una coppia che pare proprio non funzionare più, fra tradimenti, pentimenti e rinfacci.

Non voglio andare oltre con la narrazione perché il film va visto. Ciò che posso riportare è la grandissima maestria di Ozpetek nello scegliere i luoghi, la colonna sonora ed i variopinti personaggi di questa umanità in continua evoluzione grazie all’amore che tutto muove e tutto può risolvere. Un amore stanco, come quello di Alessandro ed Arturo o sempre nuovo e diverso come quello di Filippo (che non ricorda mai nulla dopo circa tre minuti e men che meno la sua amata Ginevra che, però, corteggia puntualmente ogni giorno innamorandosene come la prima volta) o materno e protettivo come quello di Annamaria per i propri bambini, che tenta di proteggere e mettere al sicuro portandoli in casa di Arturo ed Alessandro. Un amore senza regole, quello di Ozpetek, e che si piega ad una sola regola: amare!

Ozpetek riesce a far parlare gli occhi degli attori in maniera superba: sublime Jasmine Trinca e fantastici Stefano Accorsi ed Edoardo Leo in questa prova di attori dagli sguardi intensi, complici o rabbiosi, disperati o felici. Bravissimi anche i piccoli protagonisti, Sara Ciocca ed Edoardo Brandi.

Dopo mille altalene emotive dei protagonisti, accadimenti e piccoli colpi di scena, il film lascia allo spettatore un messaggio ottimista, di grande speranza e profondità che fa rappacificare con se stessi e con chi abbiamo intorno a noi perché, in fin dei conti, prima o poi dobbiamo morire tutti e, dunque, a che pro vivere nell’odio e nel disprezzo?

Cinema. La Dea Fortuna…ma non troppo

6 Gennaio 2020 | Redazione

di S. D’Aquilio

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L’ITALIA DA CHE PARTE STA?

2 Gennaio 2020 | Redazione

di Marzia Lazzerini

L’Associazione Maison Antigone (associazione no-profit contro la violenza sulle donne e sui minori e contro la violenza secondaria perpetrata dentro i tribunali) è stata contattata oggi da un’esperta francese di violenza sulle donne e sui minori che segnala una situazione gravissima, verificatasi in queste ore in Italia.

Nelly è una madre francese che aveva lasciato il proprio marito americano, era fuggita in Francia dopo violenze coniugali e raccontate ai giudici anche dalla stessa figlia quattordicenne, ma ora è stata arrestata in Italia dietro mandato internazionale di un giudice di New York. Benché la donna viva in Francia già da diverso tempo, insieme alla figlia, affidatale in via ESCLUSIVA dalla Corte di Appello di Rennes, che ha giudicato pericoloso il rientro in Usa per la adolescente, un giudice di New York ha fatto si che venisse arrestata in un hotel di Milano (dove si era recata per il Capodanno) tramite mandato internazionale di estradizione e violando il rispetto di una sentenza dei Giudici francesi che avevano garantito protezione a madre e figlia.

Chiediamo di impedire l’estradizione in Usa di questa madre e della propria figlia. Affinché si intervenga per ostacolare un abuso di questo genere ai danni di due cittadine francesi chiediamo l’intervento immediato del Presidente della Repubblica italiana, dell’Onorevole Veronica Giannone, del Ministro Bonafede, dell’Ambasciatore di Francia.

Nel video il disperato appello del compagno di questa donna in https://twitter.com/LyesLouffok/status/1212659230832054274?s=19

La “nuova” violenza sulle donne del 3 millennio si chiama furto patriarcale della maternita’

14 Dicembre 2019 | Redazione

A questa campagna mediatica abbiamo unito diverse Petizioni per sensibilizzare l’opinione pubblica, la politica e la Magistratura stessa contro l’uso della “junk science”(P. Fink) nei tribunali.

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In Libreria. La vengeance d’une femme (la vendetta di una donna). Di Luc Fremiot.

12 Dicembre 2019 | Redazione

Simona D’Aquilio

È davvero difficile arrivare sino alla fine di questo romanzo senza trepidare per la sorte della protagonista, Lila Notti, la cui giovane vita è già segnata da tragedie che potrebbero distruggere chiunque.

Tratto da una storia vera, da un caso che l’autore Luc Frémiot ha seguito come procuratore generale in Francia, questo libro narra una delle peggiori aberrazioni che l’animo umano possa mettere in atto: la violenza sessuale di un padre sulla propria figlia ma ci arriva lentamente, con uno stile narrativo che tiene il lettore attaccato alle pagine.

Ci arriva lentamente perché il racconto si apre con il fallace tentativo di parricidio da parte di Lila Notti, aiutata dal proprio amico Ludovic il quale si presta quasi inconsapevolmente alle richieste della bellissima Lila della quale è innamorato e le sarà fedele alleato fino al termine della storia.

Lila, dunque, tenta di uccidere il padre ma fallirà il proprio progetto di vendetta e lui verrà ricoverato in ospedale. Raggiunto dalla Polizia ed interrogato sull’accaduto mostrerà da subito diffidenza, arroganza e noncuranza per quel colpo di carabina che avrebbe potuto ucciderlo, giungendo ad avere un atteggiamento stranamente omertoso. Ed è proprio questo atteggiamento di chiusura e diffidenza, quasi di fastidio, che allerta la brava Commissaria Lydie Légendre la quale, non senza fatica, riuscirà a ricomporre tutti i pezzi del puzzle di quello che sembra un banale tentativo di omicidio ma che, ben presto, le apparirà come una vicenda del tutto secondaria quando scoprirà il movente di tale atto.

Sublime la tensione narrativa dei momenti più difficili per il lettore: quelli del primo stupro di Lila, avvenuto a soli dieci anni di età e poi gli altri terribili momenti dell’infanzia di questa ragazza che ha sacrificato se stessa per proteggere la sorella minore dal mostro che si sentiva appagato da lei e tanto gli bastava.

Orfane di madre, le due bambine non la ricordano quasi più ma di una cosa Lila è certa: sua mamma non si è suicidata, come tutti credono, ma è colpa del padre se è morta!

Lila subirà gli stupri del padre mostro fino alla maggiore età quando fuggirà a casa della nonna materna portando con sé la sorella, certa che lui nulla farà per fermarla perché consapevole di rischiare una denuncia per violenze sessuali.

Il romanzo è pieno di flashbacks che fanno rabbrividire ed inorridire ma che si rendono necessari per far entrare il lettore nell’animo di Lila. La commissaria Légendre, lei invece, nell’animo di Lila entra velocemente perché nei suoi occhi vede qualcosa che gli altri non scorgono e non è solo la ricostruzione della vicenda criminale che la insospettisce ma la reticenza di quella ragazza che alla Polizia, semplicemente confessa:”Sono stata io. Ludovic non c’entra niente. Lasciatelo andare”. Alla Commissaria non basta questa confessione spontanea perché le manca un tassello fondamentale: il movente e percepisce che deve essere terribile.

L’immedesimazione della Commissaria di Polizia con Lila è commovente ed il motivo viene svelato da lei stessa, piano piano, aiutando Lila Notti a sporgere denuncia per gli stupri subiti ad opera del padre fino ai diciotto anni di età, a riaprire una ferita immensa e a chiedere Giustizia.

L’apice narrativo viene raggiunto durante i processi che verranno affrontati da Lila e dal padre e che sono connessi l’uno all’altro: lui verrà processato per violenza sessuale ed altri reati in ambito familiare, lei per tentato omicidio. La stampa nazionale francese è presente ad ogni udienza, così come lo fu al processo della vera protagonista di questa terribile vicenda. Un processo difficile, soprattutto per Lila, costretta a ripetere in aula, davanti alla giuria, ai giudici ed alla stampa, ciò che aveva sussurrato alla commissaria Légendre ma che non avrebbe mai voluto dire ad anima viva, ciò che sino ad allora aveva tenuto nascosto a chiunque per proteggersi e per proteggere la sorella minore, Mona.

Luc Frémiot sa far emergere il lato umano e disumano di tutti i protagonisti del romanzo, con particolare attenzione alla fallacità di magistrati ed avvocati, alla meschinità di alcuni difensori, identici ai propri assistiti, al coraggio delle donne protagoniste di questa vicenda: Lila, il suo avvocato e la commissaria di Polizia, unite nel cercare di far brillare la Giustizia chiedendo la condanna del padre mostro e l’assoluzione della figlia, vittima disperata che ha solo tentato di vendicarsi per avere il proprio riscatto e per riprendersi la propria dignità ferita per sempre. Invece sarà proprio quel processo così duro, così doloroso che le renderà la dignità e l’occasione di liberarsi da un peso che nessuno dovrebbe mai essere condannato a portare, giungendo sino ad una vera e propria catarsi.

Al lettore lascio il gusto di scoprire quali saranno i verdetti delle giurie coinvolte.

L’udienza è tolta…

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Donna tra Arte e Media. Valorizzazione femminile attraverso le diverse forme di arte e i mezzi sempre nuovi atti a comunicarla

3 Dicembre 2019 | Redazione

di Cristina Auditore ( il pezzo e’ stato redatto dalla studentessa del Liceo Classico U. Foscolo in attivita’ di Alternanza Scuola Lavoro 2019-2020)

Opera d’arte, spettacolo, intrattenimento, cinema, televisione, nuovi media. Sono termini e realtà che costituiscono consistente parte del nostro quotidiano, sistemi di cui gli esseri umani della nostra epoca si servono per comunicare tra loro, a partire dal semplicissimo scambiarsi informazioni o dal concordare un appuntamento, fino ad arrivare all’esprimere giudizi, punti di vista, al trasmettere veri e propri messaggi, principi, ideali. Fondamentale, dunque, al fine di ottenere un’efficace comunicazione è conoscere i mezzi atti alla comunicazione stessa propri della società nella quale si è inseriti. E se si ha come obiettivo quello di valorizzare l’immagine e l’operato femminile, di contribuire a formare una nuova coscienza sociale che condanni il sessismo e qualsiasi disparità di genere, può essere utile partire dal cogliere i punti di intersezione tra mezzo e oggetto di comunicazione: nel caso specifico, tra opera d’arte – ancor più se la consideriamo  come forma soggetta a riproducibilità tecnica – e valorizzazione femminile.

A partire dalla straordinaria diffusione della stampa (XV secolo) la distinzione tra autore e pubblico diventa sempre più sfumata e la competenza letteraria bene comune. Ciò fa in modo da una parte che tutti possano diffondere il proprio pensiero e i propri valori, perfino riuscendo a muovere le masse, dall’altra che ognuno assista da semi-specialista alle prestazioni umane, siano esse artistiche, sportive o cinematografiche. Quante volte ci è infatti capitato di pubblicare un post sui social o di commentare una partita di calcio o di esprimere un giudizio sull’interpretazione di un attore. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce perfettamente la donna tanto bisognosa quanto garante di valori quali rispetto, empatia, cura, creatività: ella può conquistare il proprio posto nella società e rivendicare così i propri diritti.

Formare una nuova coscienza sociale servendosi dei mezzi a disposizione. Coscienza d’altronde non è altro che consapevolezza e conoscenza di sé e del mondo esterno con il quale si è in rapporto; definendo “sociale” ciò che riguarda la società umana, che ha attinenza con la vita dell’uomo in quanto partecipe di una comunità nella quale ha, o dovrebbe avere, sostanziale diritto di parità rispetto agli altri membri (vocabolario Treccani online, def. 1b),  risulta ancora più chiara la natura dell’intento, intrinseca alla stessa essenza di umanità.

Nei lunghi periodi storici, insieme alle modalità di produzione dell’opera d’arte, cambia anche il  modo di percepirle, il cosiddetto medium. Nel saggio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, il filosofo e critico letterario Walter Benjamin riflette sul fatto che nell’epoca della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte – che ha già inizio con l’introduzione della riproducibilità meccanica del suono alla fine del XIX secolo –  si verifichi un allineamento della realtà alle masse e delle masse ad essa: più l’arte si fonda sulla sua riproducibilità – la quale permette all’opera di venire incontro al fruitore, raggiungendo luoghi e contesti non raggiungibili dall’originale –, invece di porre al centro l’originalità e la singolarità dell’opera, più otterrà attenzione e diffusione di massa. Quale epoca migliore dunque per diffondere i valori fondamentali di parità e dignità in favore della donna? È pur vero che all’aumentare della capacità di consumo dell’opera d’arte aumenta anche la distrazione del pubblico al quale essa è rivolta, ma anche questo entra a far parte della radicale trasformazione del sistema appercettivo umano, per cui il singolo facente parte della massa ricevente lascia agire distrattamente l’opera su di sé. E in questo sistema si può fare leva sull’abitudine nella ricezione: anche il distratto può abituarsi, anzi, la ricezione  provocata dal continuo e ininterrotto susseguirsi di immagini – basti pensare alle opere d’arte cinematografiche, a quelle esposte attraverso la radio, alle réclame o ai messaggi pubblicitari – ha luogo non tanto grazie all’attenzione quanto all’abitudine.

Valorizzazione femminile attraverso l’arte. La figura femminile è stata più volte oggetto di opere nella storia dell’arte, sia quest’ultima ancora legata al rituale – basti pensare alle molteplici veneri paleolitiche, statue raffiguranti donne a scopi propiziatori, le quali già indicano l’attribuzione di una certa importanza alla figura della donna sin dalle prime aggregazioni preistoriche – o muovendosi dal valore cultuale al valore espositivo – prendendo quindi ad esempio opere pittoriche, o plastiche come la Venere italica dello scultore neoclassico Canova, il quale riesce ad esaltare al meglio la bellezza e la delicatezza proprie della donna. Quest’ultima non è però soltanto apprezzabilissimo oggetto estetico, ma anche attivo e ammirevole soggetto performante, in tutte le forme di arte e di spettacolo. E innumerevoli sono gli esempi di donne che, tanto nel corso della storia quanto nel nostro tempo, hanno contribuito e contribuiscono ad arricchire i vari settori artistici: dal teatro al cinema – basti ricordare interpreti come Eleonora Duse, attrice teatrale dei primi del Novecento dalla quale prende il nome uno dei maggiori premi teatrali italiani, o  Anna Magnani, attrice simbolo del nostro cinema –, dalla pittura – come Artemisia Gentileschi o  Frida Kahlo, divenute tra l’altro icone simbolo del femminismo –  al settore dell’animazione – come l’illustratrice e artista dello sviluppo visivo Claire Keane – , dalla musica – come la giovane pianista cinese Yuja Wang, conosciuta per il suo grande talento e la sua grinta tutta femminile, considerata star internazionale della musica classica – alla danza – basti citare nomi come Carla Fracci o Rebecca Bianchi, giovane stella del Teatro dell’Opera di Roma già dal 2017 –. Valorizzare donna è infatti da una parte attribuirle valore, che è ciò che la rende apprezzabile, l’insieme delle caratteristiche e qualità che le danno pregio, dall’altra fornirle occasioni che le permettano di esprimere le sue capacità, attitudini, abilità, qualità. E col performare la donna non solo dà valore alla sua immagine, in rappresentanza anche dell’universale figura femminile, ma trova inoltre occasione di risalita da problematiche, di ascesa, successo, realizzazione personale.

Incontro con gli studenti del Liceo Joyce

27 Novembre 2019 | Redazione

27 novembre 2019

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25 novembre 2019 Intervista su Italia Sera

22 Novembre 2019 | Redazione

siamo state ospiti di Italia Sera e Supernova Canale 14 Digitale Terrestre parlando di Violenza Istituzionale sofferta da madri e bambini vittimizzati nel tribunali grazie alla “pseudoteoria” (Paul Fink) Parental Alienation (ex Pas).

Abbiamo chiesto aiuto ai giornalisti perche’, quando nei tribunali non si riesce piu’ a fare giustizia, la stampa diventa l’ultimo baluardo in difesa dei principi democratici.

In Italia si conta un reato ogni 15 minuti e i #maltrattamenti avvengono soprattutto in famiglia. Nel 2017 soltanto a Roma sono state 982 le donne che hanno denunciato. Durante l’intervista un uomo intervenuto in diretta sostiene che la “donna si e’ allargata” oggi: non si vuole ancora accettare il nuovo ruolo della donna, vista come minaccia…la reazione non e’ sempre pacifica.

v. intervista in

https://www.facebook.com/italiasera/videos/2451822421700282

https://www.facebook.com/maisonantigone/posts/la-nostra-presidente-avv-michela-nacca-in-diretta-fb-sulla-pagina-italiasera-e-s/2587983774763411/

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Minori. Alienazione genitoriale, ‘Maison Antigone’: è una strategia processuale contro le madri

5 Novembre 2019 | Redazione

“Nei tribunali non si parla più di violenza, ma solo di conflitto”. La denuncia di
Michela Nacca, presidente dell’associazione

“L’alienazione genitoriale è una strategia processuale contro le madri”. Ne è convinta Michela Nacca, avvocata rotale e presidente dell’associazione ‘Maison Antigone’.

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L’alienazione genitoriale divide ancora: giudici, legali e Ctu a confronto

5 Novembre 2019 | Redazione

Maison Antigone presente al convegno promosso in Cassazione a Roma dalla Commissione Progetto Donna del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma

Pubblicato:05-11-2019

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Comunicato Stampa sul Convegno organizzato dal Progetto Donna del COA di Roma!

4 Novembre 2019 | Redazione

Proprio nel giorno in cui le rappresentanze delle Nazioni relazioneranno a NY, nel Palazzo di vetro delle Nazioni Unite, sullo status quo delle violenze e delle discriminazioni subite da  donne e minori (compresi i casi di rivittimizzazione in ambito giudiziario), la nostra Presidente Avv. Michela Nacca, la Vicepresidente Avv. Simona D’Aquilio e l’esperta della nostra Associazione , la  psicologa e CTP Dottoressa Bruna Rucci, nel Palazzo della Cassazione  interverranno in un confronto dialettico sulla “parapsicologia”, la “junk science”, l’ “apice della follia” Alienazione Genitoriale, in un Convegno organizzato dal Progetto Donna del COA di Roma!

Spiegheremo perché la Parental Alienation non solo non deve essere diagnosticata, ne’ in ambito clinico ne’ forense  ma, coerentemente con quanto indicato da anni dall’Organismo UN il The Leadership Council on Child Abuse & Interpersonal violence, essa debba venire BANDITA dai tribunali di tutto il mondo, in quanto violenta strategia processuale, legal harassment, che soffoca la Giustizia e viola i fondamentali diritti umani di donne e minori!

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UN CONVEGNO CRITICO SULL’ALIENAZIONE PARENTALE

4 Novembre 2019 | Redazione

di Avv. M. Nacca

Il 4 novembre 2019, proprio nel giorno in cui le rappresentanze delle Nazioni relazionavano nella sede europea di Ginevra delle Nazioni Unite, sullo status quo delle violenze e delle discriminazioni subite da donne e minori (compresi i casi di rivittimizzazione in ambito giudiziario), la nostra Presidente Avv. Michela Nacca, la Vicepresidente Avv. Simona D’Aquilio nonché l’esperta psicologa e CTP Dottoressa Bruna Rucci, insieme all’Avv. Paolo Voltaggio, alla Gup Manfredonia Paola e la CTU Maddalena Cialdella, le Avvocate Angelica Addessi e Lucilla Anastasio, nel Palazzo della Cassazione sono intervenute in un confronto dialettico sulla “parapsicologia”, la “junk science”, l’apice della follia” Alienazione Genitoriale, in un Convegno organizzato dal Progetto Donna del COA di Roma.

Abbiamo spiegato perché la Parental Alienation non solo non deve essere diagnosticata, ne’ in ambito clinico ne’ forense ma, coerentemente con quanto indicato da anni da organismi come il UN Women, il The Leadership Council on Child Abuse & Interpersonal violence, essa debba venire BANDITA dai tribunali di tutto il mondo, in quanto violenta strategia processuale, legal harassment, che soffoca la Giustizia e viola i fondamentali diritti umani di donne e minori!

Gli interventi hanno indicato una interessante novità: ossia un ulteriore cambiamento del linguaggio da parte dei sostenitori della Parental Alienation (ex PAS).

Chi fino a qualche mese fa insegnava, parlava e scriveva di Alienazione Parentale o, in modo abbreviato, di Alienazione, e prima ancora aveva insegnato, parlato e scritto di PAS, oggi dice di non volerne più sapere!

Ma sarà veramente cosi?

Si è detto che, date le Sentenze della Cassazione – da cui la pseudoteoria Alienazione Parentale e’ stata più e più volte bocciata, aggiungiamo noi – ora si raccomanda infatti di “non parlare più di alienazione né di lavaggio del cervello che un genitore fa sul figlio” ma di “rifiuto e di disfunzione relazionale dove ognuno mette il suo contributo”.

Un invito a smettere di parlare di Parental Alienation rivolto anche a chi la Parental Alienation la combatte, quasi come un rimprovero di radicalizzazione!*

Dagli ex impavidi sostenitori della PA dunque ora viene detto che la mera conflittualità genitoriale, che potrebbe ingenerare un superabile e momentaneo rifiuto nel minore grazie a mirate cure psicologiche (sempre il Reset di cui scrivevano nel ddl Pillon fino a pochi mesi fa?), verrebbe distinta dai casi di violenza!

Questa chiara distinzione dunque dovrebbe comportare anche un discrimine chiaro tra l’ipotesi di rifiuto momentaneo, non radicato, e quello invece radicale dovuto alla paura profonda che un minore prova verso un genitore abusante. Cosi abbiamo pensato!

Abbiamo per un momento esultato, ritenendo che finalmente i sostenitori della PA fossero giunti alle nostre stesse conclusioni, per altre vie più tortuose ed a suon di bocciature delle Supreme Corti internazionali e dei Tribunali di Cassazione di tutte le nazioni!

Purtroppo il nostro convincimento è durato giusto il tempo di ascoltare subito dopo le argomentazioni aggiuntive e gli esempi riportati: tutti comunque esemplificativi di presunti comportamenti alienanti materni (implicitamente contrapposti a presunti/interpretati comportamenti positivi paterni) ricondotti alla solita logica della Parental Alienation: sicché gli episodi riportati significativi di una grave violenza subita, sotto la scure della interpretazione psicologica, sono risultati ricondotti a casi di mera conflittualità e non di violenza. Abbiamo dunque imparato che, quando un bambino mostra terrore del padre tanto da farsi la pipi addosso solo al pensiero di doverlo incontrare, a quanto pare bisognerebbe comprendere che tale comportamento non significherebbe un rifiuto radicale dovuto a terrore di esporsi ad un pericolo, ma potrebbe essere solo l’espressione inconscia del desiderio del bambino ad avere il padre vicino a sé e della sua rabbia (sempre inconscia) per non poterlo avere. Insomma il sintomo della sua rabbia verso chi gli impedirebbe di avere vicino a sé il padre!

Siamo dunque alle solite: la violenza, riconosciuta in teoria, nella pratica non è vista, pur nelle sue esplicite manifestazioni, ed i sintomi del trauma (tra cui il rifiuto e la paura) vengono ricondotti a manifestazioni di presunte manipolazioni materne!

Ad ogni modo, si è aggiunto che anche nei casi di comprovata violenza (cioè solo quelli sentenziati con condanna in 3 grado di giudizio) l’obiettivo primario parrebbe quello di “mantenere la figura interna del genitore rifiutato” assicurando perlomeno incontri protetti tra il minore vittima di violenza ed il genitore aguzzino.

E ciò, a quanto pare, per il bene stesso del minore, che viceversa crescerebbe con seri disturbi di personalità!

Insomma la solita solfa della PAS/PA!

Tutto ciò purtroppo viene prescritto anche nei tribunali e talvolta condiviso dai Giudici, nonostante Cassazione fermamente contraria, con buona pace di ciò che prescrive la Convenzione di Istanbul e di ciò che la psichiatria e la psicologia classica, nonché la vera comunità scientifica e l’OMS insegnano!

*tutto cio’ ricorda da vicino l’atteggiamento di Pillon, che dopo aver gioito, manifestato ai 4 venti la propria soddisfazione circa la stesura e la presentazione del ddl 735, rivendicandone orgoglioso la paternità e totale adesione, giudicandone gli oppositori come dei meri “ideologi” e le critiche come mere “radicalizzazioni” in realtà dal ddl stesso provocate, poi ad un certo punto e dinanzi le molteplici e gravi bocciature dovute alle evidenti e ripetute violazioni di diritti umanitari e norme costituzionali ivi contenute e rilevate (compresa la scure abbassata del Centro Livatino), egli stesso ha finito per chiedere di non definirlo più “ddl Pillon” perché, in fin dei conti, ne sarebbe stato “solo” il primo firmatario! Chissà come è, ricorda anche il dottor Camerini, che dopo aver esultato e lui stesso vantato la paternità di una parte del ddl Pillon, compiacendosi e non smentendo anche chi lo riconoscesse pubblicamente come importante ispiratore (v. sua intervista su In Terris) poi prese a negare ogni relazione fra lui ed il ddl!

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IL PARERE: L’EQUIVOCO DELL’ALIENAZIONE PARENTALE

27 Ottobre 2019 | Redazione

di Prof.sa Assuntina Morresi, Comitato di Bioetica Nazionale

C’è un grande equivoco intorno alla alienazione parentale (Parental Alienation o PA, gia’ in precedenza chiamata PAS), che cerco di spiegare.

La discussione sembra divisa fra chi dice che esiste, perché esistono genitori che strumentalizzano i figli, e chi, come me e molti altri, la ritiene un costrutto ideologico violento, senza base scientifica, che va espulso dai tribunali.

Le due affermazioni non sono incompatibili, perché non stiamo parlando della stessa cosa.

Spiego l’equivoco che c’è.

Esistono certamente genitori che strumentalizzano i propri figli, usandoli nello scontro, soprattutto, ma non solo, dopo separazioni conflittuali e violente (la violenza non ha bisogno di essere fisica per essere tale).

Ma l’alienazione parentale non è lo strumento per identificare questa strumentalizzazione, perché è un costrutto ideologico, e quindi violento. Mi spiego con un esempio.

Supponiamo che un bambino di dodici anni abbia la febbre a 38, insieme al mal di testa.

Un primo medico interpellato dice: tutti i bambini con queste caratteristiche – la febbre a 38, 12 anni, il mal di testa – hanno l’infezione X alla gola, e va dato loro l’antibiotico Y.

Un secondo medico  dice: devo visitarlo per vedere cosa ha, intanto fategli queste analisi del sangue e il tampone alla gola.

Voi di chi vi fidereste di più? Io del secondo.

Perché è vero che il bambino può anche avere quella infezione X, ma senza verificare i fatti concreti, cioè senza analisi appropriate, quei sintomi possono essere la spia di molto altro, e se ci si basa solo su quei sintomi viene dato il farmaco sbagliato, che può danneggiarlo.

Chi sostiene la alienazione parentale è come quel primo medico: in base ad alcuni comportamenti del bambino, riconducibili al rifiuto del bambino di vedere un genitore (più frequentemente il padre), deducono che il problema sia l’altro genitore che lo ha manipolato (più frequentemente la madre).

Cioè solo da alcuni comportamenti deducono la “malattia”: non a caso fino a poco tempo fa l’alienazione si chiamava “Sindrome di Alienazione Parentale”, PAS l’acronimo (e per questo motivo in gergo i sostenitori della alienazione vengono indicati come pasisti), identificata attraverso alcuni comportamenti, trattati come “sintomi”, appunto, di una sindrome.

E quindi cosa succede? In base alle relazioni degli psicologi (Consulente Tecnico di Ufficio, CTU) sui comportamenti, si stabilisce che c’è la PAS/PA, e il giudice toglie il figlio al genitore voluto, per darlo forzatamente a quello rifiutato, passando prima per una casa famiglia per “resettarlo” e fargli accettare la forzatura violenta.

Di solito il genitore voluto è la mamma, cioè il genitore che fino a quel momento è stato più tempo con il bambino: si tratta di infatti sempre di bambini piccoli, o comunque in un’età alla quale le testimonianze non si ritengono pienamente attendibili, e per questo intervengono gli psicologi. Se i figli hanno da 12-14 anni in su è più difficile ignorarne le dichiarazioni.

Io penso che se un bambino rifiuta di vedere un genitore, sia necessario innanzitutto chiedersi il perché. Gli psicologi devono osservare i comportamenti, mentre i giudici devono accertare i fatti (fare il tampone alla gola, continuando l’esempio di prima), anche basandosi sulle opinioni degli psicologi, ma non delegando a loro l’ultima parola. Sono i giudici che hanno il compito di accertare i fatti, non si devono psicologizzare.
I motivi per cui un bambino rifiuta un genitore possono essere tantissimi, fra cui anche una strumentalizzazione da parte dell’altro, ma se si parte con il pregiudizio che quello è il principale motivo, si fa ideologia, una ideologia violenta, perché non guarda il bene del bambino, non vuole scoprire la verità, ma vuole imporre una costruzione ideologica, distruggendo tutto: padre, madre e bambino.

* Assuntina Morresi e’ Prof.ssa all’ Universita’ di Perugia – Membro del Comitato Nazionale Bioetico – Consulente del Ministro Maurizio Sacconi e, per l’intera XVII legislatura (2013-2018), del Ministro della Salute Lorenzin. In qualità di esperta è stata consultata in audizioni nel parlamento italiano, ha fatto parte di diverse commissioni ministeriali, tavoli interministeriali, gruppi di lavoro del Consiglio Superiore di Sanità, e fa parte di alcuni comitati del Consiglio d’Europa (CD-P-TO, e DH-BIO). Ha fatto parte di delegazioni governative per audizioni presso Comitati ONU (CEDAW e ICCPR), e del Collegio di difesa italiano in due contenziosi presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a Strasburgo: il caso Parrillo v. Italy, e il caso Paradiso and Campanelli v. Italy, ed è stata audita dalla Grand Chambre, rispettivamente, il 18 luglio 2014 e il 9 dicembre 2015. Entrambe i contenziosi sono stati vinti dall’Italia. E’ editorialista del quotidiano Avvenire

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Maison Antigone lancia una campagna contro la teoria Alienazione Parentale e la  strategia processuale ad essa collegata.

22 Ottobre 2019 | Redazione

 Michela Nacca: È furto di maternita’ legalizzato

L’Agenzia di Stampa Dire ad ottobre 2019 rilancia una nostra campagna contro la Pas/Pa ed il suo uso nei tribunali

v. in https://www.dire.it/newsletter/psicologia/anno/2019/ottobre/22/?news=08

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Avvenire: Luciano Moia ci ha intervistate sul caso Massaro

14 Ottobre 2019 | Redazione

Il Direttore di Avvenire ha intervistato la nostra Presidente Avv. Michela Nacca

di seguito il link per leggere l’intervista https://www.avvenire.it/vita/pagine/mio-figlio-assegnato-a-un-uomo-denunciato-per-stalking

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Comunicato Stampa: Un bambino a rischio madrectomia

13 Ottobre 2019 | Redazione

di Avv. Michela Nacca

Stanno per portare via un bambino dalla sua casa, dai suoi affetti, dalle sue abitudini quotidiane e dai suoi stessi amici. Per lungo tempo non gli sarà più permesso di vedere la madre, se non durante brevi e sporadici incontri vigilati.

Eppure lui è un bambino sereno e bravissimo a scuola, ben inserito socialmente che e vuole continuare a vivere con la madre, suo principale punto di riferimento: una mamma che egli avverte come protettiva e rassicurante.

Tuttavia le Ctu ed i Giudici avrebbero sostenuto che la madre avrebbe manipolato psicologicamente il figlio con comportamenti ostativi contro il padre e che il bambino sarebbe dunque affetto da “Alienazione Parentale”.

Ma anche il Ministro della Salute italiano nel 2012 ha pubblicamente e formalmente dichiarato che la Alienazione Parentale (ex PAS), i principi e i criteri che essa segue siano un costrutto senza fondamento scientifico!

Lo stesso è stato affermato dal Ministro della Giustizia francese, chiedendo che la diagnosi e strategia processuale della Alienazione Parentale non trovasse più applicazione nei tribunali, dati gli effetti devastanti provocati sui minori (vedi. in https://blogs.mediapart.fr/…/justice-2018-proscription-du-s…

Nel 2013 il Board del DSM 5 , nonostante le pressioni lobbistiche pro PA (parental alienation) ricevute,  disse ancora un’altra volta  “NO” all’introduzione della Alienazione Parentale tra il novero delle sue classificazioni.

Nella stessa rivista dell’ Associazione degli Psichiatri Americani, l’American Academy of Psychiatry, un articolo del 2012 ha ribadito  che l’alienazione parentale, o in qualunque modo essa voglia chiamarsi, non ha fondamento scientifico ed anzi, risulta solo una mera strategia processuale dagli effetti violenti e devastanti proprio per i soggetti socialmente deboli coinvolti: donne e bambini. Una strategia processuale dalle finalità precipuamente affaristiche (Timothy M. Houchin, John Ranseen, Phillip A. K. Hash and Daniel J. Bartnicki, The Parental Alienation Debate Belongs in the Courtroom, Not in DSM-5, in Journal of the American Academy of Psychiatry and the Law Online January 2012, 40 (1) 127-131 (vedi in http://jaapl.org/content/40/1/127.full)!

Nell’aprile 2019 la stessa Comunità  scientifica internazionale ha scritto un Memorandum pubblico indirizzato al Board dell’OMS, affinché la “pseudoteoria” e “parapsicologia”(definizioni espresse in Sentenze USA) detta Parental Alienation o Pas o anche “manipolazione psicologiche” o “comportamenti ostativi”, non trovi ingresso nell’ICD 11. Ai Ricercatori e Docenti universitari iniziali si vanno aggiungendo di mese in mese centinaia d’altri esperti internazionali.

Anche molti Giudici e tribunali supremi hanno messo in guardia dall’uso della Parental Alienation, dei  suoi principi e dei suoi criteri!

Il Giudice Dollinger della Suprema Corte di NY (New York Law Journal, J.F. v. D.F., 61 Misc.3d 1226(A), 2018 N.Y.Slip. Op. 51829(U).

Ciò nonostante in Italia si continua a ricorrere alla Parental Alienation ed ai suoi principi, ai suoi “criteri” (definiti dal Giudice Dollinger, della Suprema Corte di NY, come “l’apice della follia”)!

Nel caso de quo non conosciamo il motivo del rifiuto radicale di questo bambino a lasciare la casa materna.

Ma non importa… Non perché conoscere la vera causa del rifiuto del bambino non sia rilevante, tutt’altro… ma perché essa passa in secondo piano rispetto il grave danno alla salute che questo bambino sta rischiando!

Quello che importa, infatti, è che questo piccolo “Angelo” (cosi lo chiameremo per tutelarne la privacy) soffre di una malattia rara, cronica e degenerativa. Una malattia autoimmune che pone a rischio la sua fragile vita, con recidive che si presentano ad ogni situazione di stress, aggravandola o attivando delle nuove patologie autoimmuni, su differenti organi!

Temiamo che i Giudici e gli Avvocati che hanno contribuito al raggiungimento di tale decisione non si rendano conto di cosa sia una patologia autoimmune, di come essa peggiori imprevedibilmente e drammaticamente ad ogni trauma subito da chi ne soffre!

Temiamo che questi Giudici ed Avvocati, CTU e CTP coinvolti non si rendano conto che, a causa del trauma che il piccolo “Angelo” dovrà patire, potrebbe molto probabilmente vivere una grave compromissione della sua salute, mettendo a rischio anche la sua vita.

Sembrerebbe infatti che alcun esperto immunologo sia stato consultato nell’emettere la decisione finale, di strappare il bambino alla sua casa, ai suoi affetti, alla madre a cui egli è cosi tanto legato.

Incredibilmente soltanto un avvocato tutore, psicologi ed esperti di diritto avrebbero valutato l’opportunità di effettuare una simile “ablazione” del bimbo.ciò, se fosse vero, sarebbe una follia! Se è vero che nessuno ha valutato il rischio medico, traumatico e stressante di una ablazione, stante la patologia autoimmune del bambino, ciò significa anche che NESSUNO ha saputo valutare il VERO SENSO DEL COMPORTAMENTO MATERNO!

Il comportamento di una madre che NON E’ STATO  finalizzato ad ostacolare una relazione familiare, ma a PROTEGGERE il figlioletto dal rischio di traumi emotivi, AL FINE DI DIFENDERE LA SALUTE E LA VITA STESSA DEL SUO BIMBO!

Avv. Michela Nacca

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In Libreria. ANTICHRISTA… quando il male si nasconde dietro il bene.

5 Ottobre 2019 | Redazione

Maison Antigone

~3 minuti


In un contesto universitario apparentemente normale, si muovono Blanche, sedicenne introversa ed insicura, priva di amicizie e comitive e Christa, vera star della facoltà di scienze politiche, piena di ammiratori ed amiche.

I loro due mondi sembrano distanti anni luce fino al giorno in cui Christa rivolge la parola a Blanche la quale, comprensibilmente onorata da quell’attenzione, la porta dentro la propria casa ed il proprio mondo.

Ben presto, però, quella che sembrava essere una persona vivace ed estroversa, piena di amici ed interessi, si rivela per ciò che è realmente e Blanche viene travolta da una malvagità senza pari.

La doppia personalità di Christa porta Blanche a ribattezzarla Antichrista. Le sue doti manipolatorie sono evidenti solo alla povera Blanche che viene emarginata addirittura dai propri genitori, letteralmente ammaliati dalla scoppiettante Christa fino a che Blanche non decide di agire e reagire

Ancora una volta Amélie Nothomb stupisce per la capacità di descrivere l’animo umano e le meschinità che lo possono connotare. Christa è una narcisista manipolatrice e maligna che si cela dietro l’immagine di povera ragazza studiosa e simpatica che offre a tutti, in pubblico, ma è in privato, quando si trova sola con Blanche che tira fuori il proprio vero volto malvagio rendendo l’esistenza dell’amica un vero incubo.

Come ogni narcisista che si rispetti, infatti, Christa annichilisce la propria vittima in un gioco perverso fatto di alternanza fra gentilezza e disprezzo e che fa mettere in dubbio alla malcapitata anche le proprie capacità di giudizio o il proprio intuito.

Nessuno, al di fuori di Blanche vede chi sia  Christa realmente e nessuno le crederebbe, se lei lo raccontasse.

Esattamente il medesimo meccanismo che vivono moltissime donne vittime di una violenza psicologica sottile e subdola messa in atto da uomini narcisisti manipolatori: maltrattate e torturate dentro casa mentre, in pubblico, lui appare sempre simpatico, gentile e frizzante.

Un libro che può essere letto agevolmente dai ragazzi i quali potrebbero ritrovare in Blanche e Christa i caratteri di propri compagni di scuola. Un prezioso aiuto per molte ragazze che potranno delineare l’identikit del narcisista maligno poiché, esattamente come Christa, egli si ammanta di bontà per attirare la vittima che poi distrugge con malvagità assoluta ed invisibile!

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In libreria: Antichrista di Amelie Nothomb

5 Ottobre 2019 | Redazione

di S. D’Aquilio

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Cinema. Aquile randagie: lo scoutismo che non ti aspetti.

2 Ottobre 2019 | Redazione

di S. D’Aquilio


Ci sono storie del nostro Paese che ancora non si conoscono. Storie eroiche di gente comune che si ribellò al nazifascismo in mille modi.

Una di questa storie sconosciute e che doveva essere raccontata, è quella narrata in “Aquile Randagie” con la regia di Gianni Aureli, un giovane uomo sensibile il quale, grazie ad un crowdfunding e tanta buona volontà e studio, ha saputo rappresentare con sorprendente capacità uno spaccato di vita italiana fra il 1935 ed il 1945. La prima è stata proiettata al “cinema delle Province” di Roma e dal 30 settembre in oltre 200 sale in tutta Italia. Sono andata a vederlo con grande curiosità.

I protagonisti del film sono dei giovani scouts i quali ricevono l’ordine, emesso da Mussolini, di sciogliere ogni associazione giovanile italiana che verrà considerata fuori legge, da quel momento in poi. I ragazzi, votati all’aiuto del prossimo, alla fedeltà ai propri ideali di fratellanza e comunione con la Natura, palpano così l’effetto più devastante di una dittatura: la perdita della propria individualità, l’obbligo di uniformarsi al regime senza discutere, senza reagire.

Non lo accettano. Semplicemente, tutto questo significherebbe tradire i propri valori, i valori degli scouts e decidono di ribellarsi. Dapprima in modo più istintivo che razionale, sfidando il sistema. In seguito, la loro battaglia personale si sovrapporrà alla battaglia dei partigiani, della resistenza e li traghetterà dall’essere dei ragazzi pieni di ideali e di gioia di vivere a dei giovani uomini che quegli ideali li metteranno in pratica a rischio della propria vita per salvare altre vite in un’impresa epica: infatti furono oltre 2000 gli ebrei messi in salvo da questi ragazzi con l’operazione denominata “OSCAR”!

Il cast è per lo più composto da giovani attori i quali, si percepisce anche parlando con loro dopo la proiezione, hanno studiato meticolosamente i personaggi che hanno interpretato alcuni dei quali erano ancora vivi, quando Gianni Aureli ha iniziato le riprese e hanno supportato la realizzazione del film con mille dettagli utili. L’ambientazione naturalistica è stupenda: girato fra Pavia, Milano, la Valtellina e la Val Codera, il film offre scenari davvero mozzafiato per chi ama la montagna.

I ragazzi, mi permetto di chiamare così gli attori per la loro giovane età e l’energia che li contraddistingue, hanno dato il meglio di sé e si vede quando, intrattenendosi con loro dopo la proiezione, raccontano delle riprese, dei pezzi più difficili da girare, delle profonde emozioni provate. Una menzione particolare la dedico, ovviamente, alla protagonista femminile di questo piccolo gioiello, Elena (interpretata dalla bravissima Anna Malvaso), una ragazza che si ritroverà a fare la staffetta partigiana abbracciando gli stessi ideali dei propri amici e del proprio fidanzato, superando paure e dubbi. Fino alla fine.

Proprio il finale merita la mia riflessione più accurata: la Giustizia, che tante volte rincorro invano nei Tribunali, trionferà grazie al cuore ed all’animo sano di Giovanni (interpretato da Alessandro Intini) e dei suoi compagni giacché proprio quei valori che li hanno animati per salvare tante vite umane saranno fedelmente applicati per impedire una facile vendetta contro fascisti e tedeschi, una volta terminata la guerra.

Gianni Aureli, Gaia Moretti, coautrice della sceneggiatura e tutti coloro che hanno lavorato a questo film hanno saputo trasmettere delle emozioni vere e profonde alla platea, tutta visibilmente commossa al termine della proiezione della prima. La genuinità del racconto, la speranza della pace che trionfa è forse quello di cui abbiamo bisogno ancora oggi. Guardare questo film, soprattutto insieme a bambini e ragazzi, ci riporta alle storie che abbiamo sentito raccontare tante volte dai nostri nonni e bisnonni e che non dobbiamo dimenticare. Fa bene al cuore questo film, fa bene all’anima ed era necessario in un momento storico nel quale la violenza quotidiana e l’odio politico minacciano l’oblio di ciò che fu e che non dovrà essere mai più.

Il messaggio profondo che ho raccolto e che mi ha toccato il cuore è chiaro e bellissimo: la Giustizia ristabilisce equità e pace, rende persone libere e migliori mentre la vendetta rende disumani ed identici ai propri carnefici.

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Aquile Randagie

2 Ottobre 2019 | Redazione

di Simona D’Aquilio

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Meteoweek: Maison Antigone petizione: Corradini sessista si dimetta

30 Agosto 2019 | Redazione
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SOLE, CUORE AMORE

27 Agosto 2019 | Redazione

di S. D’Aquilio


La semplicità vincente

In una sera d’estate capita di avere una sorpresa inaspettata come è successo a me quando mi sono ritrovata catapultata dentro il film “Sole cuore amore” mandato in onda su Rai3 qualche sera fa.

La storia è quella di due ragazze, due amiche che hanno vite molto diverse e che, ognuna a modo proprio, cercano di sopravvivere fra le mille difficoltà quotidiane. Ciò che riesce a fare il regista Daniele Vicari, in quest’opera drammatica, è rendere perfettamente l’dea della semplicità di una vita travagliata, quasi la sua tragica banalità. Infatti una delle due protagoniste ha una vita routinaria molto complessa, piena di difficoltà economiche ed è una mamma di quattro bambini che si spezza letteralmente la schiena per cercare di arrivare a fine mese. Lavora in un bar che si trova a due ore di viaggio dalla città nella quale vive e che raggiunge su dei mezzi pubblici che tutti i romani hanno facilmente riconosciuto, guardando questo film. Tutta la trama si sviluppa raccontando le giornate di questa giovane mamma: le sue delusioni le sue speranze sono appena accennate nei dialoghi con il marito, disoccupato in eterna ricerca di occupazione che, però, pare non trovare o comunque non cercare veramente fino in fondo.

Lei torna a casa sempre di sera, quando i figli sono addormentati ed esce la mattina presto, prestissimo, quando i bambini ancora dormono. Però colpisce la solarità di questa ragazza che al lavoro dà il meglio di sé, parla allegra con i clienti, è gentilissima con tutti i frequentatori del bar nel quale lavora e con la propria collega: una ragazza di origini marocchine che studia e si mantiene da sola. Ci si affeziona a questa mamma, ci si immedesima nella sua vita forse proprio perché è una vita che vediamo tutti i giorni sulla metropolitana di Roma e sulle metropolitane di tutto il mondo.

Il regista riesce a rendere perfettamente anche la forza, la tenacia, il coraggio di queste donne perché tutte hanno qualcosa per cui combattere nella loro vita semplice, nel loro barcamenarsi quotidiano. Vicari riesce talmente bene in quest’opera che si resta inchiodati sul divano a guardare minuto dopo minuto il film senza aspettarsi colpi di scena sensazionali, sapendo benissimo che quello che si sta guardando è la vita della finestra del palazzo di fronte; né più né meno. Proprio per questo motivo, forse, si resta attoniti, pietrificati, basiti ed addolorati per il finale di questa narrazione delicata, cruda ma piena di sentimenti. Si resta letteralmente travolti dalla tragedia ed anche stupiti proprio come se tutto ciò che si guarda accadesse ad una vicina di casa. Un film davvero imperdibile, magistrali le interpretazioni delle protagoniste che riescono a dipingere perfettamente delle anime femminili forti, inquiete ma generose.

Cinema: Sole, cuore, amore. La storia vera di una donna uccisa dal lavoro, da dinamiche che vedono le donne vivere in realta’ travagliate.

27 Agosto 2019 | Redazione

di Simona D’Aquilio

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«Se non puoi sedurla…puoi sedarla», le scuse del vicesindaco. Ma c’è chi chiede le dimissioni: la petizione per chiedere le dimissioni: «La t-shirt è un insulto per tutte le vittime di stupro»

24 Agosto 2019 | Redazione

Verona Sera ci intervista in merito alla nostra Petizione contro le affermazioni sessiste vicesindaco del Comune di Roverè Veronese Loris Corradi,

v. in https://www.veronasera.it/attualita/sedurla-sedarla-scuse-vicesindaco-rovere-richiesta-dimissioni-24-agosto-2019.html

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Petizione: CHIEDIAMO LE IMMEDIATE ED IRREVOCABILI DIMISSIONI DEL VICENSIDACO DI ROVERE’, LORIS CORRADI!

24 Agosto 2019 | Redazione

di S. D’Aquilio

1–2 minuti


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Troviamo inaccettabile, vergognoso ed insultante il comportamento tenuto dal vicesindaco di ROVERÈ, LORIS CORRADI il quale si è presentato ad un evento pubblico indossando una T-shirt inneggiante allo stupro di  una donna che recita: “Se non puoi sedurla, puoi sedarla“.

In un’Italia nella quale la violenza contro le donne è un’emergenza sociale, un rappresentante delle istituzioni non dovrebbe nemmeno osare pensare una frase simile a quella utilizzata così sfrontatamente da Corradi! I dati Istat parlano chiaramente, ma è di tutta evidenza che esistono rappresentanti politici che sono sordi agli allarmi lanciati in più occasioni da chi si occupa di violenza!

Non basterà scusarsi, non basterà un comunicato stampa di nessun tenore. Il solo atto che deve compiere Corradi è dimettersi dal proprio ruolo politico ed istituzionale poiché un uomo politico dovrebbe rappresentare la parte migliore del nostro paese e questo requisito pare proprio essere venuto meno!

https://www.change.org/p/qiurinale-dimissioni-immediate-del-vicesindaco-di-rover%C3%A8-loris-corradi?recruiter=52575795&utm_source=share_petition&utm_campaign=petition_show&utm_medium=whatsapp&recruited_by_id=17007c30-af09-0130-e759-0022196d7dd0

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LE NOSTRE INTERVISTE : “CI IMPEDISCONO DI VEDERE I NOSTRI NIPOTI”

8 Agosto 2019 | Redazione

di Marzia Lazzerini, Giornalista

La lettera di Francesca che non sa più nulla dei nipoti da quando sono stati traferiti in casa famiglia a Roma, ottobre 2018.

Uno scenario che ha dell’assurdo quello che racconta Francesca, nonna di due nipoti di 3 e 8 anni, una figlia morta all’improvviso per embolia polmonare e il padre dei bambini agli arresti domiciliari per violenza in famiglia.

“Si sono praticamente perse le tracce dei miei nipoti, da quando sono stati trasferiti gli atti dal Tribunale di Ancona a quello di Roma. Assieme al procedimento anche i due bambini sono stati trasferiti dalla casa famiglia protetta di Macerata a quella di Roma. Da quel momento nessuno sa più nulla. A chiunque è vietato vedere i bambini”. Così dichiara la donna. Parliamo di ottobre 2018. Quasi un anno fa. I parenti dei bambini non sanno più dove si trovano e se stanno bene. Nessuno può vederli, né i nonni né gli zii e nemmeno il fratello di 11 anni avuto da una precedente relazione della madre.

Un silenzio quello del Tribunale per i Minorenni di Roma che si è interposto tra i parenti (fratello compreso) e i bambini, che sembra aver voluto alzare un muro insormontabile riconoscendo, pare, uno strapotere nelle mani di soggetti sottratti, di fatto, a qualsivoglia controllo. A testimoniare le parole della donna ci sono le due adunanze delle camere di consiglio di Ancona e di Roma, nelle quali i giudici mostrano una netta differenza di approccio e di apertura nei confronti dei parenti dei fratellini e del loro eventuale rinserimento in un contesto famigliare di origine.

La vicenda inizia quando la madre dei due piccoli muore improvvisamente a causa di un embolia polmonare e conseguente arresto cardiaco, un anno fa. Era nelle Marche perché voleva vedere il suo compagno che si trovava agli arresti domiciliari per violenze in famiglia. Una storia burrascosa della quale evidentemente la donna ancora non si dava pace. Dunque inaspettatamente i suoi due bambini rimangono soli. La donna aveva anche un altro figlio, più grande, avuto da una precedente relazione. Anche a lui, non si comprende il motivo, sarà successivamente impedito di vedere i suoi due fratelli.

Una volta accertata la morte non violenta della donna e allertati gli assistenti sociali del luogo, i bambini, di 3 e 8 anni, vengono messi in una struttura protetta. La nonna materna, a questo punto, presenta tempestiva richiesta di affidamento dei minori presso di lei, quanto meno temporaneamente. In piena collaborazione con il Tribunale dei Minorenni di Ancona e con la casa famiglia di Porto Recanati iniziano gli incontri fra la nonna ed i bambini e gli assistenti sociali constatano anche gli immediati benefici della ripresa dei rapporti familiari ed infatti ne favoriscono la continuazione. Questo viene anche scritto in una relazione depositata al Tribunale di Roma, nella quale si sottolinea che i bambini stavano rispondendo molto bene e che giovavano del riavvicinamento ai nonni materni. A settembre 2018 il Tribunale per i Minorenni di Roma, riconoscendo la propria competenza territoriale a discapito del Tribunale per i Minorenni di Ancona, previa nomina di un tutore, disponeva la temporanea sospensione del diritto di visita dei parenti nonché il trasferimento dei minori presso una casa famiglia di Roma, tenuta segreta ai familiari. A nulla sono valse le successive richieste per la ripresa delle visite. Successivamente verranno interrotti bruscamente anche gli incontri tra il fratello più grande e i piccoli. Ad oggi, ancora, è tutto sottoposto al parere del Pubblico Ministero dei Minori ma da aprile non è stato preso alcun provvedimento e non è stata accolta nessuna istanza del difensore della nonna Francesca.

Radio Cusano Campus. Michela Nacca – maltrattamenti in famiglia, le donne non si fidano dei servizi sociali

26 Luglio 2019 | Redazione

Agenzia giornalistica Opinione. Nacca “troppe donne ci chiedono aiuto perche’ non si fidano dei servizi sociali”

23 Luglio 2019 | Redazione
https://www.agenziagiornalisticaopinione.it/opinionews/associazione-maison-antigone-maltrattamenti-in-famiglia-michela-nacca-troppe-donne-ci-chiedono-aiuto-perche-non-si-fidano-dei-servizi-sociali/#
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Roma Daily news – Angelo ha dormito con la madre, bimbo sottratto a famiglia a casa

19 Luglio 2019 | Redazione

Videointervista del TG1 su caso di “Angelo” il bambino tolto alla mamma e portato in casa famiglia senza motivo  (ossia per mera conflittualita’ genitoriale)

6 Luglio 2019 | Redazione

LE NOSTRE INTERVISTE: INTERVISTA AD UNA MADRE ED AL FIGLIO PORTATO VIA A TRE ANNI.

4 Luglio 2019 | Redazione

di Marzia Lazzerini

Mio figlio sottratto e messo in casa famiglia dopo solo un’ora di colloquio con gli assistenti sociali. Lotto ogni giorno per riaverlo”.

L’inchiesta di Reggio Emilia sugli affidi, denominata “Angeli e  Demoni”, ha riacceso le polemiche sul ruolo dei servizi sociali. Ho  incontrato una madre che nel Lazio si è vista togliere il figlio di 3  anni, dopo alcune denunce fatte all’ex marito e un solo incontro con gli  assistenti sociali. La donna ha 40 anni, una separazione turbolenta  alle spalle, un bambino di 3 anni che chiameremo Angelo e che da quando  le è stato tolto, 1 mese fa, il 7 giugno, vede un’ora alla settimana.

Perché non può vedere suo figlio?

Da tempo ho iniziato a fare delle denunce al mio ex marito perché aggressivo nei miei confronti. Puntualmente lui ha sempre fatto delle controdenunce. A causa di questo, le forze dell’ordine, la Polizia di  Stato in questo caso, un paio di mesi fa ha attivato i servizi sociali  al fine di capire meglio cosa stesse accadendo.”

Cosa è successo in seguito? Che ruolo hanno avuto gli assistenti sociali?

Gli assistenti sociali ci hanno chiamato per un colloquio. Anche  in quell’occasione il mio ex marito è stato aggressivo, perfino con loro. Un ora dopo la fine del colloquio sono stata chiamata dalla scuola  per essere avvisata che mio figlio era stato prelevato in maniera coatta per essere portato in un luogo protetto: una casa famiglia. La prima cosa che ho pensato è che erano sprovvisti della sua cartella clinica, essendo lui un bambino che soffre di varie allergie e convulsioni febbrili. Poi insieme al mio avvocato abbiamo subito provveduto a fare un istanza di accesso agli atti per capire su quali  basi era stato prelevato in quella maniera e senza spiegazioni.”

Da parte degli assistenti sociali è stato applicato il provvedimento ex art. 403 del codice civile che prevede un iter eccezionale rispetto alla procedura normale che vede prima un indagine e poi una sentenza del tribunale.

Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.”

Ritiene che suo figlio sia stato in pericolo?

“Angelo non è mai stato in pericolo, l’ho sempre tenuto lontano dalle aggressioni da parte del mio ex marito nei miei confronti, è un bambino sereno, allegro, ben educato e assistito.

Adesso come sono i suoi incontri con Angelo, lo vede cambiato?

Angelo lo vedo un ora a settimana. Mi chiede sempre di tornare a casa. Mi racconta che non sta bene. Mio figlio si sta spegnendo. I suoi occhi si stanno spegnendo. Non è più il bambino di prima. È senza  vitalità.”

Vede delle analogie con il caso di Reggio Emilia?

Certo. Ho sentito parlare di resettaggio di questi bambini e ora temo molto per i traumi che può subire. La mia angoscia è che il reset sia già iniziato.”

Come vive la sottrazione di suo figlio?

Come un abuso. Nei confronti di Angelo e nei mie confronti. Ho sempre avuto la percezione che il tutto fosse aggravato dal mio desiderio di tornare a Roma, dove anche il padre è residente, per continuare a lavorare. Non capisco. Le donne vengono accusate, se non sono indipendenti, di cercare solo i soldi da parte dei padri ma quando vogliono lavorare, o lavorano, si insinua  l’abbandono dei figli. In questa società non sei mai una buona madre e donna.”

Amo il mio lavoro e amo mio figlio. Sto perdendo tutto perché ho avuto il coraggio di denunciare le violenze. Tornando indietro non denuncerei più” mi dice la mamma di Angelo.

Avvocato Michela Nacca, Presidente Associazione Maison Antigone:

Questo caso presenta delle irregolarità che ci hanno subito  allarmato. Abbiamo molti casi simili. Il provvedimento ex art. 403 c.c. si applica in casi di estremo pericolo per l’integrità fisica e psichica del minore. In caso di abbandono, di gravi anomalie sanitarie o di  abusi che, o cogli in flagranza di reato o difficilmente è possibile accertare in un solo incontro con degli assistenti sociali.”

Cosa riporta il provvedimento?

Fondamentalmente due elementi. Un elevata conflittualità tra gli  ex coniugi, data da aggressioni, insulti e minacce da parte dell’uomo e riportate nel provvedimento stesso, e il desiderio da parte della donna di voler tornare al suo lavoro a Roma, dove entrambi sono residenti e hanno sempre lavorato. Ci saremmo aspettati di leggere negli atti episodi di entità gravissima e invece no.”

Che analogie ci sono con altri casi di cui vi siete occupati?

Ci stiamo rendendo conto che sempre più casi presentano le stesse  caratteristiche. Sempre più spesso vengono fatte valutazioni, da parte dei servizi sociali, che ci sembrano sbrigative. I bambini sembra vengano strappati alle famiglie, in specie alle madri, e dunque esposti a traumi emotivi e  psicologici senza le proporzionate ragioni. Senza cioè i gravi motivi previsti per legge. Né vengono date adeguate spiegazioni ai genitori né ai bambini stessi. In  specie le madri in questi casi  si trovano minate su più fronti e  pentite  di aver denunciato.”

RIPORTIAMO “ANGELO” ALLA MADRE

28 Giugno 2019 | Redazione

6–8 minuti


di Avv. Michela Nacca

Riportiamo Angelo, sottratto dai servizi sociali a soli tre anni, alla madre!

Quando la mamma di “Angelo” ci ha chiamate (nome di fantasia per tutelarne la privacy) ci siamo trovate dinanzi l’ennesimo scempio compiuto in casi di affidamento dei minori.

“Angelo” è l’ ennesimo BAMBINO SOTTRATTO, circa 20 giorni fa, AD UNA MADRE AMOREVOLE!

“ANGELO” HA SOLI TRE ANNI E DA TRE SETTIMANE, PER VOLONTÀ DEI SERVIZI SOCIALI di un Comune laziale, È IN UNA STRUTTURA PROTETTA CIRCONDATO SOLO DA ESTRANEI: SPAESATO, TERRORIZZATO, CONFUSO… SOLO!

I responsabili del centro protetto dicono alla mamma che il bimbo sta bene ed è sereno.

Ma può esserlo un bambino che a soli tre anni è stato prelevato da scuola con l’ausilio delle forze dell’ordine, poco prima che potesse partecipare alla recita scolastica, improvvisamente allontanato dal proprio habitat, portato via dalle premurose braccia materne e collocato in un ambiente totalmente estraneo, che da 20 giorni vede la mamma solo una volta a settimana, per circa un’ora?

Un bambino che peraltro soffre di convulsioni febbrili ed allergie, soggetto dunque potenzialmente a crisi asmatiche?

Sembra che al prelievo forzoso di Angelo fosse presente anche l’assistente sociale che ne aveva disposto qualche ora prima l’allontanamento ex art. 403 c.c.

Nel provvedimento, a quanto pare confermato e attuato in via automatica e senza alcuna reale ed approfondita valutazione critica delle motivazioni indicate a sostegno, è stato previsto che il bimbo possa vedere la madre solo in base alla decisione dei Servizi Sociali e cioè, per ora, una sola volta a settimana, per circa un’ora.

Si tratta di un bambino di soli tre anni che , fino ad alcune settimane fa, giocava ed interagiva in modo sereno, socievole, sorridente, amorevolmente curato dalla mamma: cosi come è stato attestato per iscritto dalla pediatra, dalla maestra, dalla Dirigente Scolastica del bimbo, nonché da una vicina di casa del piccolo.
“Angelo” è dunque un bambino che, in base a quanto ci racconta la madre, sembrerebbe spegnersi man mano che passa il tempo!

Ma è il caso di questa madre?
Il provvedimento sembra basato su due soli argomenti:

“Angelo” dunque senza alcun motivo valido, ossia senza motivi gravi e proporzionati al provvedimento in se’, si è trovato improvvisamente deprivato di ogni riferimento affettivo e abitativo, della sua libertà di vivere con la madre, com’ egli stesso chiede  quando la vede o sente telefonicamente !

Da quanto ci viene raccontato, durante i primi incontri ed i rari colloqui telefonici il bambino ha pianto e cercato la mamma, chiedendole disperato di andarlo a riprendere al più presto.

Da qualche giorno a questa parte tuttavia il bimbo, ripetiamo di soli tre anni, sembrerebbe aver iniziato a mutare atteggiamento: rimarrebbe silenzioso, dinanzi la madre spesso guarderebbe e cercherebbe l’approvazione della persona che ora lo accudisce in casa famiglia, un estraneo, ripetendo ossessivamente “mamma”.

Qualunque pediatra, psichiatra infantile o psicologo dell’età evolutiva conosce quali sono le gravissime conseguenze psicologico/psichiatriche su un bambino di tre anni, conseguenti ad un trauma come quello che sta vivendo il piccolo “Angelo”.

Chi ha disposto il  prelievo coatto e oggi impedisce di ripristinare la convivenza tra madre e figlio, conosce queste conseguenze?

Si tratta di persone competenti e consapevoli di ciò che stanno provocando nel piccolo “Angelo”?

La procedura ex art. 403 c.c. è una misura del tutto eccezionale, applicabile dagli assistenti sociali SOLO ED ESCLUSIVAMENTE in casi gravissimi in cui i genitori si dimostrino pericolosi per i loro figli.

Cosa ha motivato una tale eccezionale e del tutto improvvisa decisione, non preannunciata da nulla ed attuata solo qualche ora dopo quell’unico colloquio intervenuto tra i servizi sociali ed i genitori ? Una decisione che peraltro sembrerebbe non essere stata valutata previamente da psicologi ed esperti.

Dalla lettura del provvedimento, emesso e soprattutto approvato ed attuato in via urgentissima,   ci saremmo aspettati una storia di droga materna, di abusi sessuali da parte della mamma sul bambino, di criminalità volta allo sfruttamento del minore o comportamenti gravemente omissivi di cura.

NIENTE DI TUTTO CIÒ!

  1. L’ elevata “conflittualità” esistente tra i genitori, separati da qualche tempo. Una cd conflittualità, cosi come viene definita nel provvedimento, che stando a quanto riportato sarebbe  caratterizzata da gravi e ripetuti comportamenti minacciosi e svilenti imprecazioni dell’uomo, rivolte alla ex compagna ed anche agli altri operatori, nonché da grida di paura e atteggiamenti di difesa da parte della donna, chiaramente reattivi ai comportamenti dell’uomo. Il tutto è attestato nel provvedimento medesimo ma certamente non sufficiente a giustificarne l’adozione, vivendo i due genitori già separati !
  2. In secondo luogo, per aver la donna espresso agli assistenti sociali, poche ore prima l’adozione e attuazione di siffatto provvedimento, il desiderio di ritornare a vivere a Roma al fine di poter ricominciare a lavorare e di poter sostenersi autonomamente: città dove la famiglia già viveva fino a qualche tempo fa (oggi madre e figlio vivono in altro Comune del Lazio).

Ma quello che gli assistenti sociali hanno immediatamente e pregiudizialmente interpretato come un tentativo di allontanamento, in verità avrebbe costituito un riavvicinamento, visto che il padre del bimbo lavora e vive a Roma, in una abitazione di sua proprietà!!! Circostanze minimamente considerate dagli assistenti sociali e neppure dai magistrati intervenuti a confermare il provvedimento.

Le motivazioni addotte non solo appaiono generiche e inadeguate, ma soprattutto gravemente incongruenti con il dettato codiciale stesso, con i fatti raccontati nel provvedimento e con la gravità del provvedimento in se’!

Intanto però un bambino si sta spegnendo in una casa famiglia e abbiamo la riprova che nei casi di affidamento dei minori sempre più spesso si rischi di perdere il lume della ragione e dell’umanità, entrando nella follia.

https://www.change.org/p/sergio-mattarella-riportiamo-angelo-alla-madre?recruiter=58414350&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink&utm_campaign=share_petition

v. intervista di Michela Nacca al TG1 https://www.maisonantigone.it/2019/07/06/videointervista-del-tg1-su-caso-di-angelo-il-bambino-tolto-alla-mamma-e-portato-in-casa-famiglia-senza-motivo-ossia-per-mera-conflittualita-genitoriale/

v. intervista del 5 giugno 2019 alla agenzia stampa DIRE https://www.maisonantigone.it/2019/06/05/agenzia-stampa-dire-lazio-i-servizi-sociali-le-tolgono-il-figlio-e-lo-mettono-in-casa-famiglia/

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Cinema. L’Affido: storia di Violenza.

8 Giugno 2019 | Redazione

di Marzia Lazzerini

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Agenzia Stampa DIRE – Lazio, i servizi sociali le tolgono il figlio e lo mettono in casa famiglia

5 Giugno 2019 | Redazione

“Dopo lo scandalo dell’Emilia Romagna, questo è un altro caso di discrezionalità ad opera di assistenti sociali senza scrupoli” di Silvia Mari

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IL PARERE – AUTISMO: DOMANDE E RISPOSTE PER I GENITORI

3 Giugno 2019 | Redazione

di Sarah Visca

Le domande e le risposte più comuni che i genitori di bambini con autismo si pongono dopo la diagnosi.

Cosa si intende con la diagnosi di Disturbo dello spettro autistico?

Il Disturbo dello spettro autistico è classificato come un disturbo del neuro sviluppo, è caratterizzato da deficit ell’area della comunicazione e interazione sociale e nell’area degli interessi e delle attività; generalmente i segni dell’autismo possono essere riscontrati già nei primi mesi di vita del bambino, anche se la diagnosi può essere effettuata soltanto tra i 24 e i 36 mesi di età.

L’autismo viene definito una condizione a “spettro” perché anche se tutte le persone con autismo hanno in comune certe difficoltà, il modo e l’intensità varia moltissimo da persona a persona, c’è un’strema variabilità individuale e può essere difficile diagnosticarlo correttamente.

Nella classificazione dei Disturbi dello spettro autistico rientrano: Il Disturbo Autistico, Disturbo di Asperger e il Disturbo Generalizzato dello Sviluppo NAS.

Quali sono i segni e i sintomi dell’autismo?

Data l’altissima variabilità dei sintomi non sempre è facile ed immediato riconoscere l’autismo. I modi in cui si presenta sono molto diversi, facciamo alcuni esempi: l’andatura saltellante; il camminare sulle punte dei piedi; l’assenza del linguaggio, o al contrario un linguaggio eccessivamente ricco; un tono della voce piatto; movimenti ripetitivi (dondolii del capo o del corpo, mani che roteano davanti agli occhi; dita che premono sulle palpebre). Alcune persone con autismo dedicano moltissimo tempo ad attività considerate inusuali, sembrando quasi assenti e distaccati dalla realtà, ad esempio: osservare il movimento di una trottola; osservare l’acqua che scende dai vetri in un giorno di pioggia; guardare i riflessi della luce su uno specchio, o memorizzare i giorni dell’anno da un calendario. Inoltre, spesso non accettano cambiamenti nel loro ambiente di vita, vogliono che ogni cosa abbia un posto ben preciso, esattamente quello che loro hanno scelto. Tanto che cambiamenti imprevisti sia nelle abitudini, che nella disposizione degli oggetti possono generare, nella persona con autismo, disorientamento, fastidio e paura.

Alcuni bambini mostrano i primi sintomi dai primi mesi di vita, altri procedono normalmente nello sviluppo e manifestano i sintomi tra i 18 e i 36 mesi. I genitori hanno un ruolo fondamentale nel rilevare i primi segnali, sono loro che osservando quotidianamente il loro bambino possono individuare gli indicatori precoci dell’autismo. Rilevare gli indicatori precoci consente di intervenire il prima possibile, riducendo l’impatto sulla qualità della vita della persona con autismo. Di seguito sono elencati alcuni tra i più comuni campanelli d’allarme che ogni genitore dovrebbe conoscere:

  • assenza di risposta al sorriso sociale (circa 6 mesi);
  • spesso assente la lallazione (entro i 12 mesi);
  • il bambino ha difficoltà ad instaurare un contatto oculare;
  • difficoltà a seguire con lo sguardo oggetti in movimento
  • assenza di gesti comunicativi (non indica, non saluta con la mano etc.) (entro i 12 mesi);
  • non imita gli altri;
  • preferisce non essere preso in braccio, cullato o toccato;
  • non mostra interesse per gli altri;
  • non risponde al suo nome;
  • ritardo nella comparsa del linguaggio;
  • a volte sembra in grado di udire, altre no;
  • ha crisi di rabbia e mostra aggressività;
  • è iperattivo, non-cooperativo, provocatorio;
  • cammina in punta di piedi;
  • movimenti senza uno scopo apparente;
  • ripetitività nell’esecuzione di alcune attività;
  • è ipersensibile ad alcuni tessuti;
  • è ipersensibile ad alcuni suoni;
  • perdita di abilità linguistiche o sociali precedentemente acquisite.

Data la varietà della sintomatologia nell’autismo non devono essere presenti tutti gli indicatori per effettuare una valutazione diagnostica, ma è consigliato rivolgersi ad uno specialista per una diagnosi precoce ed eventualmente iniziare un intervento riabilitativo qualora si evidenzino alcuni di questi segnali.

Come percepiscono la realtà le persone con Disturbo dello spettro autistico?

Abbiamo accennato all’ipersensibilità ad alcuni suoni e ad alcuni tessuti, si tratta di problemi sensoriali. I problemi sensoriali caratterizzano i Disturbi dello spettro autistico, anche se non sono considerati un criterio diagnostico. I nostri sistemi sensoriali ci consentono di ottenere le informazioni indispensabili per agire e interagire con il resto del mondo e sono alla base dell’apprendimento. Le problematicità dei soggetti con disturbo autistico di inserirsi nel mondo possono essere spiegate con problemi di iper o ipo stimolazione dei vari sistemi sensoriali.

Ma da dove hanno origine i problemi sensoriali?

I neonati nascono senza conoscenze e strategie per percepire la complessità degli stimoli ambientali, il loro mondo percettivo si costruisce attraverso le esperienze che compiono giorno dopo giorno, memorie e processi cognitivi. Inoltre, i bambini percepiscono il loro corpo come organi separati e gradualmente imparano a sentirsi e ad avere il controllo del proprio corpo per attuare i movimenti finalizzati. Infine soltanto successivamente imparano che gli organi di senso servono a: ottenere e immagazzinare le informazioni; connettere le immagini sensoriali con dei significati.

Nel momento in cui processi percettivi non funzionano il bambino non è capace di dare senso all’ambiente. Questo è il motivo per cui il mondo percettivo di una persona con autismo è diverso da quello delle persone con uno sviluppo tipico.

Tutti e cinque i sensi (vista, udito, tatto, olfatto gusto e sensibilità cinestetica e propriocettiva) sono implicati e poiché tutti e cinque i sensi sono integrati tra loro, le carenze presentate in uno possono causare disturbi in un altro o in più sensi. Nonostante esistono numerose differenze individuali possiamo fare un elenco delle principali tipologie di esperienze sensoriali tipiche delle persone con autismo:

  • incapacità di distinguere tra le informazioni in primo piano e lo sfondo;
  • iper e iposensibilità agli stimoli uditivi, olfattivi e tattili;
  • distorsioni percettive, ad esempio oggetti immobili possono essere percepiti come in movimento;
  • ricerca di autostimolazioni sensoriali specifiche, ad esempio avvolgersi nelle coperte per soddisfare il bisogno di sentirsi tenuti molto forti;
  • sovraccarico percettivo, capita nelle situazioni piene di stimoli (luoghi affollati, luoghi rumorosi), è importante considerare questo aspetto nell’organizzazione dell’ambiente di vita della persona;
  • percezione frammentaria con elaborazione singola dei pezzi che di volta in volta attirano l’attenzione della persona;
  • iperselettività degli stimoli, consiste nella tendenza a focalizzare l’attenzione su dettagli o aspetti insoliti di uno stimolo trascurando il resto.

Di seguito elenchiamo i problemi specifici di ciascuno dei cinque sensi:

  • tatto: il tatto può essere contraddistinto sia da un’estrema sensibilità, sia utilizzato per percepire il mondo esterno. Ad esempio soggetti che presentano un Disturbo Autistico hanno la pelle estremamente sensibile, in alcuni così tanto da non sopportare il contatto con certi tipi di indumenti e tessuti. Altri non sono coscienti dei loro limiti corporei, non differenziano la fine del proprio IO e l’inizio del mondo. Problematiche caratteristiche sono rappresentate dalle condotte autolesionistiche (mordersi, darsi colpi in testa, graffiarsi; darsi calci);
  • vista: le distorsioni percettive della vista riguardano l’essere attratti o spaventati da un certo tipo di colori, da forme specifiche, da oggetti in movimento. Inoltre, la difficoltà di stabilire il contatto oculare e il riconoscere espressioni facciali è attribuibile a deficit in una particolare area cerebrale;
  • udito: alcune persone non sopportano alcuni rumori, generalmente i suoni acuti e penetranti (aspirapolvere, frullatori, lavatrici, asciugacapelli, martelli, etc.). E’ ipotizzabile che i problemi di linguaggio derivino da problemi uditivi.
  • olfatto e gusto: molti soggetti che presentano un Disturbo Autistico odorano gli oggetti per avere indicazioni sull’ambiente, altri invece non sopportano l’odore, il gusto o la consistenza di certi cibi, di conseguenza si verificano problemi alimentari.

Conoscere le caratteristiche percettive di una persona con autismo permette di indentificare la sua modalità sensoriale preferita e usarla come mezzo per trasmettergli informazioni ed individuare la giusta strategia di intervento sulla base dei punti di forza e di debolezza della singola persona. Si precisa che non tutte le caratteristiche descritte devono essere presenti contemporaneamente e che negli anni possono cambiare, sparire e ritornare.

Quali sono le cause dell’Autismo? E come si può diagnosticare?

Dopo una diagnosi di autismo l’interrogativo che si pongono moltissimi genitori è il seguente: “cosa ha determinato l’autismo in mio figlio?”. Gli studi non hanno trovato una risposta semplice, però è stato accertato che la ragione non è la deprivazione emotiva o il modo in cui il bambino è stato cresciuto, o ancora non esiste una connessione con i vaccini.

Gli studi più recenti evidenziano il ruolo di una predisposizione genetica. Più che un unico gene sembrano essere coinvolti molteplici geni, si possono verificare sia mutazioni nuove che ereditate dai genitori. Questi molteplici geni sembrano interagire tra loro e con fattori ambientali in grado di agire a livello prenatale (stile di vita, alterazioni del sistema immunitario, danni gastrointestinali, l’esposizione a sostanze tossiche o virali, forti stress durante la gravidanza, etc.).
Purtroppo ad oggi non ci sono test genetici in grado di indicare la predisposizione all’autismo e neanche marker organici che consentono una diagnosi di autismo. Quindi la diagnosi è basata a livello clinico sull’osservazione delle caratteristiche del bambino, in particolare sulla la presenza o assenza dei sintomi comportamentali.

Come intervenire per migliorare la qualità della vita delle persone con Disturbi dello spettro autistico?

È fondamentale specificare che l’autismo non è una malattia nel senso classico del termine, dall’autismo non si guarisce. Tuttavia, è possibile mettere in atto diversi tipi di interventi che consentono un miglioramento della qualità delle vita nelle persone con autismo, sia bambini che adulti, e dei loro familiari.

Tenendo in considerazione i numerosi e diversi modi in cui l’autismo si presenta, non è possibile individuare un intervento che sia valido per tutti e che possa essere applicato nelle diverse fasce di età. Le “Linee guida di intervento sull’autismo” pubblicate dal National Research Council individuano alcuni punti necessari affinché il percorso terapeutico possa essere continuativo e avere un impatto positivo sulla vita della persona con autismo:

  • prevedere il coinvolgimento dei genitori durante tutto il percorso;
  • verificare le strategie usate nei diversi interventi;
  • intervenire in modo precoce e intensivo.

Oltre all’ormai noto metodo ABA, nel quale gli obiettivi sono: una diminuzione dei comportamenti problematici (comportamenti ripetitivi e stereotipati, autolesionismo, etero ed auto aggressività); miglioramento nell’area della comunicazione; incremento dei comportamenti socialmente appropriati. In questo articolo vi presento un approccio conosciuto e sviluppato in Europa, applicato in numerosi contesti in Germania, Svizzera e Nord Italia, la Stimolazione Basale.

In questo articolo abbiamo esaminato il sistema percettivo delle persone con Disturbo dello spettro autistico ed abbiamo delineato alcune condotte problematiche che derivano da questi modi di percepire. Un metodo che si occupa della stimolazione sensoriale di persone con autismo è proprio la stimolazione basale.

La stimolazione basale è un concetto pedagogico, terapeutico ed assistenziale creato e sviluppato dal Prof. Frolich in Germania negli anni 70. È un intervento che offre alla persona la possibilità di scoprire se stessa ed il proprio corpo attraverso la proposta di esperienze sensoriali semplici, chiare e strutturate.

Inoltre, è finalizzato ad una diminuzione dei comportamenti di auto ed etero aggressività ed un aumento dei comportamenti adattivi.

La stimolazione basale parte dalle conoscenze della psicologia prenatale e da ricerche che evidenziano come il bambino nel periodo intrauterino sviluppa capacità ricettive e faccia esperienze di movimento attivo. Tutto ciò fornisce al bambino la possibilità di apprendere alcune competenze: acquisisce la percezione attraverso la globalità del corpo; conquista la capacità di muoversi; impara ad usare la propria pelle per sentire le diverse parti del corpo (mani, bocca, piedi). Il bambino nella pancia delle mamma fa esperienze corporee: vibratorie (attraverso il battito del cuore e la respirazione della mamma, tutti i rumori esterni vengono percepiti dal bambino con sensazioni vibratorie); vestibolari (il primo ambiente sperimentato dal bambino, cioè la madre, è costantemente in movimento. Le attività della madre stimolano il sistema vestibolare del bambino fin da subito); orale (i bambini bevono un litro e mezzo di liquido amniotico); somatiche (la pelle è il primo organo che si sviluppa e forma il primo limite tra l’individuo ed il mondo. Inoltre, è una fonte di scambio in quanto più il bambino cresce e più sente il contatto della sua pelle con l’ambiente uterino).

Le persone con sviluppo tipico sono in grado di ripetere queste esperienze attraverso comportamenti socialmente accettabili, la soddisfazione contemporanea di tutte le esperienze può essere messa in atto nella sessualità. Al contrario, le persone con autismo sono alla ricerca di questo tipo di stimolazioni ma la loro richiesta e il modo per soddisfare questi bisogni sono messi in atto con comportamenti non sempre facilmente codificabili e solitamente identificati come problematici. I comportamenti problematici devono essere intesi come segnali indicanti bisogni sensoriali precisi, sono autostimolazioni messe in atto per soddisfare bisogni percettivi. Da questo punto di vista, non è opportuno far scomparire le autostimolazioni attraverso strategie comportamentali. È invece indispensabile proporre alla persona altre possibilità di stimolazione, cercare forme alternative senza conseguenze negative; al fine di offrire esperienze nuove e rassicuranti nell’ambito sensoriale e di dare ordine alla percezione corporea. Gli stimoli proposti alla persona variano in base alle esigenze della persona stessa, facciamo alcuni esempi:

  • stimolazione vestibolare (amaca, altalena, rullo) al fine di modulare e regolare gli stati emotivi, favorire l’attenzione sulla percezione del movimento, aumentare la concentrazione globale. Usata in caso di iperattività motoria, dondolii, movimenti stereotipati;
  • stimolazione vibratoria (strumenti musicali, tecniche di regolazione del respiro profondo, cuscini vibratori, casse dello stereo) al fine di rafforzare la percezione profonda del proprio corpo, regolare il respiro. Usata in caso di episodi di auto aggressività come colpi sulla testa;
  • stimolazione somatica (attraverso stimolazioni della pelle con materiali diversi) al fine di rafforzare la percezione del proprio corpo, creare una sensazione di sicurezza, regolarizzare il ritmo del respiro e il ritmo biologico. Usata in casi di autolesionismo in presenza di comportamenti quali l’attorcigliandosi i capelli con le dita, oppure il bagnarsi le mani con la saliva.

La Stimolazione Basale inizialmente prevede alcuni incontri con i genitori per raccogliere informazioni sulle preferenze e sulle caratteristiche della persona con autismo; nella fase successiva il terapista sperimenta l’utilizzo della stimolazione basale con la persona con autismo, proponendo le attività più adatte alle caratteristiche comportamentali e percettive della singola persona; infine è previsto un nuovo incontro con la famiglia per parlare dell’andamento del lavoro e dare suggerimenti su alcune attività, che hanno avuti effetti positivi, per poterle ripetere a casa.

È un intervento che può essere applicato alle diverse fasce di età, deve essere modificato tenendo in considerazione il deficit specifico l’età del soggetto. La stimolazione basale può essere praticata da psicologi, psicomotricisti, fisioterapisti, educatori, che hanno seguito un periodo di formazione per l’utilizzo di questo metodo.

Come prendersi cura dei genitori di figli con autismo?

Dal momento della diagnosi i genitori vivono un periodo di smarrimento, nella maggior parte dei casi modificano la loro vita per andare incontro alle esigenze del figlio, si sentono sopraffatti da un insieme di emozioni alle quali è difficile dare un nome; presi dall’urgenza di capire come aiutare il proprio bambino dimenticano di prendersi cura di se stessi. Inoltre, i programmi di Parent Training spesso si limitano a prevedere che i genitori apprendano i programmi e le strategie che gli specialisti mettono in atto con i loro bambini.

È invece molto importante offrire un Sostegno alla Genitorialità con colloqui individuali o di coppia affinché il genitore si senta sostenuto e guidato nella propria condotta educativa ed abbia uno spazio in cui condividere ed analizzare le proprie emozioni, esperienze, paure e speranze. Un genitore che si sente sostenuto e che si prende cura di se stesso potrà offrire a sua volta il suo sostegno al bambino e garantirgli l’instaurarsi di una qualità della relazione sana.

Sitografia

·        www.dallaluna.it

·        www.fobap.it

·        www.specialeautismo.it

·        www.neuropsicomotricista.it

Bibliografia

·        Andrea Frohlich (2015). La Stimolazione Basale per bambini adolescenti e adulti con pluridisabilità

IL PARERE: EMPATIA, L’ETERNA SCONOSCIUTA

3 Giugno 2019 | Redazione

di Eleonora Fioravanti, Pedagogista

Scuola dell’infanzia, la classe è composta di venticinque bambini: due hanno il sostegno per tutto l’ammontare della loro permanenza nella classe, quattro sono stranieri e non comprendono sufficientemente l’italiano, uno è in fase di valutazione presso una struttura pubblica, una bimba è così timida che alla fine dell’anno non siamo riuscite a coinvolgerla in nessuna attività e a stento ricordo la sua voce e due bambini hanno iniziato logopedia perché hanno un ritardo del linguaggio.

È una classe sicuramente impegnativa, ricca di dinamiche che cambiano quotidianamente e la soglia dell’attenzione è calibrata per una durata massima di dieci, quindici minuti. Rimango seduta in un angolo della classe a osservare tutte le loro particolarità, quando la mia attenzione si concentra su un gruppo di bambini. Seduti intorno al tavolo cinque bambini sono impegnati in attività di pregrafismo, sono i più grandi, quelli che quest’anno otterranno il diploma che segnerà la fine del percorso nella scuola dell’infanzia. Apparentemente lavorano sereni ma osservandoli attentamente, mi accorgo di una celata frazione all’interno di questo piccolo gruppo. Solo quattro di loro riescono a portare avanti il compito assegnato, uno è in difficoltà. Ha le mani sudate e stringe così forte la matita che le nocche della mano sono diventate bianche. Produce delle linee irregolari, il solco grafico è così nutrito che ha perforato il foglio in alcuni punti. Gli altri bambini fanno bella mostra del loro lavoro, sono stati veramente bravi e precisi e non smettono di vantarsi; quando a un tratto notano il libro del compagno. Cominciano a ridere di lui, delle sue difficoltà, della poca precisione e di quanto le sue lettere siano illeggibili. Il bambino rimane in silenzio a osservare il libro, come se aspettasse che le sue linee si tramutassero in lettere. L’istinto mi dice di alzarmi e intervenire immediatamente, la ragione mi porta a concedermi altri cinque minuti e a vagliare una serie di possibilità su come gestire l’accaduto. Sono bambini e il “cucciolo d’uomo” è sempre l’animale più spietato e non hanno ancora la piena maturità di immedesimarsi nell’altro. L’empatia ha uno sviluppo graduale costituito da fasi che camminano di pari passo con lo sviluppo cognitivo, per poi completarsi in adolescenza: momento in cui matura un’empatia che, oltre alla situazione contingente, riesce a valutare le condizioni totalitarie di vita, inglobando valori e giudizi morali. È proprio nella scuola dell’infanzia, dove non sono previsti programmi ministeriali da portare a termine, che possiamo prenderci del tempo da dedicare ”all’ascolto”. Se è vero che l’empatia sia innata, non è detto che tutte le persone siano in grado di valorizzarla. In Danimarca i bambini tra i sei e i sedici anni studiano per un’ora la settimana l’empatia, considerato uno “strumento fondamentale per avere adulti felici e sereni”, l’ora in questione si chiama “ Klassen Tid” ovvero “Lezione di empatia”. L’Università Bicocca di Milano ha condotto uno studio su 110 bambini di scuola elementare per due mesi. Il progetto prevedeva il racconto di storie con una forte valenza emotiva, a metà di loro è stato chiesto di svolgere un disegno sulla storia, all’altra metà è stato proposto un gruppo di discussione. Al termine dello studio è emerso come il secondo gruppo di bambini fosse in grado, rispetto al primo, di comprendere le emozioni proprie e del gruppo, permettendogli di entrare maggiormente in empatia gli uni con gli altri.

E’ fondamentale sviluppare nel bambino la capacità di immedesimarsi nell’altro, di intuire gli effetti di una parola o un comportamento che possa causare dolore al nostro compagno.

Iniziare sin da piccoli a comprendere che non siamo delle “isole” e non possiamo vivere solo ad appannaggio delle nostre priorità ci permetterebbe, in seguito, di gestire meglio anche le nostre relazioni affettive.

Educare all’empatia ha una doppia valenza, può diminuire atteggiamenti narcisistici, atti di bullismo e capire le proprie emozioni riconoscendole negli altri.

28 Maggio 2019 convegno a Roma sul caso di Laura

28 Maggio 2019 | Redazione

Oggi presso la nostra sede di Roma un incontro dedicato solo al caso di Laura e suo figlio

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LE NOSTRE INTERVISTE: DINANZI IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA

20 Maggio 2019 | Redazione

di Marzia Lazzerini, Giornalista

Chiedo aiuto alle istituzioni, rischio di perdere mio figlio”

Uno scenario che si prospetta inquietante, quello di Laura Massaro che oggi, per il terzo giorno, protesta davanti al Tribunale dei Minorenni di Roma, con un cartello in mano: “giù le mani dalle donne e dai bambini, basta violenza istituzionale”.

“Siamo tutte Laura” invece è la frase scelta da alcune poche, piccole associazioni che hanno deciso di sostenerla, compresa l’associazione Maison Antigone, in nome dei numerosi casi di sottrazione di minori che si stanno verificando in questi anni in Italia e nel silenzio istituzionale. Alcune donne vogliono rompere il silenzio ma c’è ancora troppo timore perché in gioco ci sono i figli. È il terrore infatti che le portino via il figlio che spinge Laura a continuare il sit-in iniziato lunedì scorso davanti al Tribunale. Un messaggio chiaro, forte e disperato.

Il calvario comincia nel novembre 2018 quando inizia a difendere suo figlio di 9 anni dal rischio di essere prelevato con la forza e collocato in una casa famiglia per poi successivamente essere affidato in via esclusiva al padre senza poter avere più contatti con lei, neanche telefonici. Così rischiando di perdere la responsabilItà genitoriale per sempre.

L’accusa a questa madre è la solita condanna senza tesi scientifica che alcuni giudici sembra anticipino come legge e come costrutto scientifico: la così detta alienazione genitoriale. Quel sentimento che attribuisce alla madre la responsabilità del rifiuto, e a volte della paura, di un figlio ad incontrare o frequentare il padre, senza considerare gli eventuali altri motivi per cui i bambini possono rifiutare l’incontro.

Durante la causa di separazione di Laura, la consulente tecnica d’ufficio, una psicologa, aveva diagnosticato la sindrome di alienazione parentale al bambino e il Pubblico Ministero ha naturalmente avvallato la tesi. Il 2 maggio, pochi giorni fa, nonostante le richieste della madre di ascoltare il bambino e i suoi timori, il giudice decide di nominare un tutore e di sospendere quindi la responsabilità genitoriale di entrambi. La strada verso il prelievo coatto e il ricovero in una comunità, quindi, è per il bambino sempre più vicina. In nome di una sindrome mai riconosciuta dalla comunità medica e in nome di una bigenitorialità perfetta non ancora varata come legge.

L’ALIENAZIONE PARENTALE NON DEVE ENTRARE NELL’ICD – 11

1 Maggio 2019 | Redazione

di Avv. Michela Nacca

Maison Antigone, Associazione no profit che si batte contro la violenza su donne e minori, chiede a tutti i cittadini e le cittadine italiane di aderire alla lotta contro il costrutto ideologico della “Alienazione Parentale” (ex PAS) sottoscrivendo la propria richiesta di adesione  all’istanza presentata da Docenti Universitari ed esperti internazionali all’OMS (v. nota).

Il 22 aprile 2019 è stato inviato all’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) un documento sottoscritto da ben 173 Docenti e Ricercatori Universitari  australiani, francesi, canadesi, israeliani, spagnoli, svizzeri, inglesi, neozelandesi  e italiani, nonché da esperti che si occupano di violenza su donne e minori.

Il documento illustra in 20 pagine i motivi per i quali la “alienazione parentale” (o qualsiasi altro costrutto diversamente nominato e ad esso ricollegabile) non debba essere inserito nell’ICD-11, in quanto “junk science” e mera strategia processuale nata e spesso  utilizzata allo scopo di negare, giustificare, normalizzare la violenza domestica patriarcale agita su donne e minori.

Attraverso le accuse di “alienazione parentale” nei tribunali vengono infatti negate e ignorate le violenze rivelate e denunciate dai bambini, le cui madri sono accusate di essere manipolatrici, suggeritrici “malevole” a cui , tramite delle CTU che diagnosticano la alienazione, vengono sottratti i loro figli minori: i quali dapprima vengono collocati  in case famiglia o in centri specializzati, dove viene avviato il loro reset mentale ed affettivo (deprrogrammazione e riprogrammazione) affinché si distacchino emotivamente dalle madri e dimentichino la violenza subita e/o assistita, poi sono affidati all’altro  genitore,  indicato dal bambino medesimo come abusante. Talvolta ciò accade sebbene il genitore rifiutato sia stato contemporaneamente rinviato a Giudizio per maltrattamenti domestici o addirittura condannato in via definitiva: ciò in quanto la “junk science” riterrebbe che la presenza di una padre violento e perfino pedofilo sia più importante e benefica, per un figlio, rispetto al distacco dalla fonte della violenza.

Vi chiediamo di aderire  numerosi, anche manifestandoci la Vostra adesione al seguente indirizzo mail: maisonantigone@gmail.com!

https://www.change.org/p/who-parental-alienation-should-not-be-added-to-icd-because-is-junk-science?source_location=petitions_browse

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PATTI PREMATRIMONIALI: CROCE O DELIZIA?

27 Aprile 2019 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio

Mentre tutte eravamo in fermento, giustamente, per contrastare i ddl sul diritto di famiglia (il più osteggiato dei quali è quello del senatore Pillon), in modo silenzioso e subdolo il Consiglio dei Ministri ha approvato dieci disegni di legge con altrettante deleghe al Governo in materia di semplificazione e codificazione. Spicca, per la pesantezza degli argomenti trattati, la riforma del codice civile su temi delicatissimi e costituzionalmente garantiti riguardanti, e non è un caso, la famiglia. Stiamo parlando dell’introduzione, in Italia, dei patti prematrimoniali e di una modifica delle successioni ereditarie.

Da diversi anni i più disparati movimenti a sfondo maschilista, insieme a molte persone “distratte”, tentano di far passare anche in Italia la prassi degli accordi prematrimoniali, scimmiottando il modello di paesi di common law. Di nuovo, dunque, assistiamo ad un tentativo di operare un azzardato copia e incolla di istituti giuridici che con la realtà italiana hanno poco o nulla a che fare. Di nuovo vediamo i nostri politici ossequiare e glorificare istituti giuridici barbari (nel senso greco del termine), come è accaduto per la riforma del diritto di famiglia portata avanti sbandierando innovazioni codicistiche che sarebbero state imitazione di sistemi giuridici stranieri (salvo poi smascherare questa fake new analizzando davvero i codici civili di quelle nazioni e scoprendo che il collocamento paritario dei figli imposto dalla legge è stato ABBANDONATO in paesi come la Francia e la Svezia perchè lesivo dell’equilibrio psicologico dei minori).

In primo luogo, troviamo preoccupante il ricorso ad un iter che dovrebbe essere legislativo e non di mera delega al Governo su argomenti che toccano profondamente le basi della nostra società civile. La Costituzione italiana pone al proprio centro la famiglia quale base della nostra società ed il nostro codice civile, recependo i dettami costituzionali, prevede una tutela ampia sia dei figli minori che del coniuge economicamente più debole.

Delegare, dunque, il Governo (organo ESECUTIVO) di riformare parti così rilevanti del codice civile italiano è da considerarsi non solo anticostituzionale ma anche un atto altamente pericoloso ed eversivo e riteniamo di non esagerare in questa affermazione.

Il nostro attuale codice civile prevede che in caso di separazione dei coniugi, questi potranno ricorrere al Tribunale per ottenere i provvedimenti riguardanti la prole, la casa coniugale ed  un eventuale mantenimento del coniuge economicamente più fragile. Il tutto nel rispetto dei nostri dettami costituzionali (art. 30 Costituzione: È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.  Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.) e civilistici (art. 147 codice civile: Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis).

Nella prassi attuale dei Tribunali, dunque, il Giudice chiamato a pronunciarsi in una separazione dei coniugi analizzerà quella famiglia, il tenore di vita dell’intero nucleo familiare, il tipo di scelte effettuate dai coniugi (ad esempio se uno dei due abbia rinunciato al lavoro o abbia compresso la propria attività per dedicarsi alla crescita della prole), l’educazione data ai figli e le loro aspirazioni ed esigenze nonché eventuali responsabilità del fallimento del matromonio in capo ad uno dei coniugi. In definitiva, il magistrato scatterà una fotografia di quella realtà familiare ed adotterà i provvedimenti più adatti a tutelare soprattutto i figli minori affinché, a causa della separazione dei genitori, la loro quotidianità non venga completamente stravolta. L’introduzione dei patti prematrimoniali in materie delicate come l’educazione dei figli, dunque, è altamente lesiva dei diritti dei minori che diverranno oggetto (e non saranno più soggetti) di fredde programmazioni (piani genitoriali, come ama definirli taluno) riguardanti la loro vita ma tutto ciò ancor prima della loro nascita e prima di sapere quali siano le loro legittime aspirazioni ed inclinazioni tutelate dalla Costituizone e dal codice civile!

Ciò che desta preoccupazione, non è solo questo aspetto anticostituzionale riguardante i figli ma anche quello dell’affievolimento dei diritti nascenti dal matrimonio, in generale, ed in particolare di quelli delle donne in situazioni di violenza o maltrattamento o di fragilità economica. Basti pensare al fatto che la stipulazione degli accordi avviene in un momento particolarmente felice della vita di coppia, poiché antecedente il matrimonio, e chi si occupa di violenza sa bene che nella maggior parte dei casi, un soggetto narcisista e manipolatore riesce a celare molto bene il proprio vero io che esplode violentemente anche dopo diversi anni di matrimonio, lasciando la vittima in una condizione di afflizione morale e psicologica tale che le impedisce a lungo di separarsi fisicamente dal proprio carnefice.

Quindi, è facile immaginare quale sarebbe il tenore di patti prematrimoniali stipulati in una coppia nella quale uno degli sposi sia un narcisista manipolatore: si può facilmente supporre che sarebbero dei patti totalmente sbilanciati in favore di questo soggetto e che ingabbiano del tutto la sua vittima! La tutela che l’altro coniuge potrebbe ottenere, in una causa di separazione, verrebbe annientata dall’accordo che diverrebbe il solo atto giuridico valido ed applicabile al coniuge ed alla prole.

Se rivolgiamo i patti prematrimoniali, invece, a rapporti personali nei quali non esiste violenza abbiamo conseguenze altrettanto dannose perché le condizioni siglate saranno inevitabilmente miopi, decise in un momento nel quale i nubendi sono del tutto ignari di ciò che potrà essere il proprio futuro che, però, ipotecano in un contratto valido che farà sorgere precise obbligazioni in caso di separazione. Se, dunque, la separazione avverrà non avrà rilevanza osservare quale dei coniugi abbia contribuito economicamente al formarsi di quella famiglia, quale abbia rinunciato o limitato la propria attività lavorativa per crescere dei figli (in Italia sappiamo bene che il tasso di disoccupazione femminile è molto elevato e che moltissime donne perdono la propria occupazione, dopo la nascita del primo figlio), chi avrà maggiore o minore potere economico in quel momento storico perché TUTTO era già deciso prima delle nozze. Nessuna valutazione, nessun giudizio, nessuna tutela giuridica. Ogni elemento viene lasciato in mano a chi stipula i patti prematrimoniali che potrebbero essere sottoscritti anche quindici anni prima della fine del matrimonio!

Ciò che viviamo, nell’esperienza dei nostri studi legali, dovrebbe far riflettere qualunque giurista circa la dannosità di questa riforma. Basti pensare a tutte quelle persone che, semplicemente ed ingenuamente, prima del matrimonio hanno costituito società inserendovi la propria dolce metà, cointestato beni (o addirittura intestato beni al coniuge) o aperto conti correnti cointestati nei quali solo uno dei coniugi ha effettuato ingenti versamenti in denaro. Queste persone, quando il rapporto finisce, nel primo colloquio con il proprio avvocato si autodefiniscono “stupidi, ingenui, accecati dall’amore e da una fiducia poi rivelatasi mal riposta”; tuttavia, nell’attuale sistema giuridico, abbiamo degli strumenti che possono far valere le ragioni di chi è stato poco lungimirante o troppo ingenuo prima del matrimonio. Con l’entrata in vigore dei patti prematrimoniali, questi medesimi soggetti eccessivamente ingenui o miopi o troppo fiduciosi nell’altro, firmeranno un accordo che nessuno potrà impugnare o vanificare dopo la fine del matrimonio e che verrà semplicemente e velocemente applicato.

Da qualunque punto di vista la si guardi, dunque, si tratta di una riforma che travolgerebbe tutti i principi di solidarietà familiare, i principi di cura ed educazione dei figli ed è gravissimo che ciò avvenga senza proteste, senza reazioni in primo luogo da parte di chi dovrebbe tutelare le donne ed i bambini che nel nostro Paese sono le fasce più deboli della società.

Pare proprio che questo governo abbia molto a cuore la distruzione di diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti in tema di diritto di famiglia e se non sarà lo scellerato ddl Pillon saranno i patti prematrimoniali ad infliggere un duro colpo a quel sistema di tutele che, almeno, oggi sono codificate.

ABORTO: NUOVO DISEGNO DI LEGGE IN TEXAS

18 Aprile 2019 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio

Promotore di questa riforma è il repubblicano ed ultraconservatore Tony Tinderholt membro della Camera dei rappresentanti del Texas, veterano dell’Aeronautica Militare e con un record particolare: si è sposato per ben cinque volte. Secondo questo soggetto, il tutto si baserebbe sul principio secondo il quale un ovulo fecondato da uno spermatozoo assurgerebbe a soggetto portatore di diritti e degno di protezione esattamente come un bambino.

Ebbene, secondo il promotore di questa iniziativa, la donna che dovesse abortire, qualunque sia il motivo di tale scelta (sottoporsi a cure salvavita oppure aver subito uno stupro), commetterebbe un omicidio e, quindi, dovrebbe essere punita con il medesimo trattamento: la morte!

Questa reazione all’aborto è talmente contraddittoria, ai limiti della schizofrenia (giacché prevede di togliere la vita ad una donna per il fatto che questa avrebbe tolto una vita ad un ovulo fecondato) che non v’è chi non veda, qui dalla civilissima Italia, che si tratta dell’ennesimo attacco alla libertà delle donne, questa volta minacciate addirittura di morte. Non è altro che il ripristino della legge del taglione, in parole povere: occhio per occhio, dente per dente.

Cosa si cela dietro questa previsione normativa che taluni vorrebbero introdurre in Texas, dunque?

Tinderholt è noto per le posizioni omofobe assunte in questi anni, è seguito da un’orda di soggetti che si muovono inneggiando ad ire di Dio ed anatemi di ogni tipo e parlando di aborto come di un genocidio. Una vera e propria massa di esaltati medievali che sono stati addirittura sentiti per la prima volta nella storia dello Stato del Texas, dai membri della commissione legislativa, sotto forma di pubblica testimonianza. Soggetti autodefinitisi appartenenti al movimento “Pro-life” ma che vorrebbero vedere condannate a morte le donne che abortiscono.

Le testimonianze così raccolte sono state circa 500 delle quali 446 a favore della nuova proposta di legge e solo 54 contrarie. Un tentativo di esercizio di democrazia che riteniamo goffo e manipolabile oltre che poco credibile, visto il soggetto dal quale proviene.

È chiaro che Tinderholt abbia assunto il ruolo di portavoce di uno spaccato di Texas estremamente conservatore, omofobo e bigotto ma ciò che ci sembra davvero inquietante sono le dinamiche con le quali sta agendo e che fanno molto riflettere anche su ciò che accade nel nostro Paese.

Innanzitutto colpisce la vicinanza di questo soggetto con ambienti evangelici e cristiani, tipici del white nationalism, e che hanno un nesso diretto con lo stesso Steve Bannon al quale dobbiamo l’ascesa di Trump ed il successo di Bolsonaro in Brasile e che, di recente, è stato in Italia dove ha una speciale intesa con alcuni politici nostrani i quali rappresentano in qualche misura “l’uomo politico ideale” per perseguire l’affermazione del white nationalism anche nel Bel Paese.

In secondo luogo, balzano agli occhi i temi antiabortisti molto cari anche ad una frangia del nostro governo che si identifica in valori “Pro-life” e che ha già avanzato idee originali circa il dissuadere una donna dal ricorrere all’aborto, anche attraverso il pagamento di somme di denaro.

Qualcuno lo considera un reato e conta in sei milioni di bambini non nati il risultato del ricorso all’aborto in Italia (il senatore Simone Pillon-Lega-) e taluni si spingono oltre chiedendo che venga dato rilievo al ruolo paterno, in caso di aborto.

Il tutto viene condito con un terrorismo circa inverno demografico ed invasione di migranti con conseguente estinzione della “razza europea” (si torna, quindi, al white nationalism di impronta statunitense).

Le analogie, dunque, tra ciò che sta muovendo l’opinione pubblica texana sulla questione aborto ed il recente “World Congress of Family” svoltosi a Verona non ci tranquillizzano affatto circa i diritti che ritenevamo acquisiti anche in Italia e che oggi potrebbero essere messi in pericolo. Di fatto, la legge 194/1978 già non viene applicata efficacemente a causa dell’elevato numero di medici (circa il 70%), ostetriche ed operatori sanitari in genere obiettori di coscienza; motivo per il quale riuscire ad avere assistenza sanitaria adeguata e poter effettuare un’interruzione di gravidanza è divenuto un vero calvario. Anche la somministrazione della pillola del giorno dopo (la RU486) è di difficile attuazione a causa di obiezioni di coscienza dei farmacisti che dovrebbero farne scorta.

In poche parole: la 194/1978 rischia di rimanere valida solo sulla carta me sempre meno nella realtà ed oggi rischia anche un durissimo attacco da parte di un movimento che è a dir poco misogino e che noi abbiamo il dovere di contrastare in ogni modo. Le donne sono il 51% della popolazione italiana e hanno il diritto di voto.

Devono far sentire la loro voce!

F – Un Fatto due Opinioni- Il Congresso delle Famiglie nuoce a noi e alla Chiesa?di Gaia Giorgetti

5 Aprile 2019 | Redazione

sulla rivista F del 3 aprile 2019

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RIFORMA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA, CONGRESSO DI VERONA. I ragazzi del Liceo vogliono saperne di piu’!

29 Marzo 2019 | Redazione


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I ragazzi del Liceo James Yoice di Genzano vogliono saperne di più

Un bellissimo segnale da parte degli studenti del Liceo Linguistico James Joyce di Genzano è arrivato all’Associazione Maison Antigone. Il 30 marzo si svolgerà un’assemblea di istituto autogestita e sono stati proprio i ragazzi a voler mettere in programma un approfondimento su quello che sta accadendo in tema di diritto di famiglia ed approvazione dei disegni di legge al Senato, tra cui il cosiddetto ddl Pillon.

Questa iniziativa è un forte segnale che fa comprendere quanto la riforma della famiglia ed il tema dell’affidamento dei figli ma anche il Congresso di Verona, siano argomenti trasversali che non riguardano più soltanto le donne. Qualcosa si inizia a muovere e sembra proprio che tutti vogliano capire meglio cosa sta succedendo nel nostro Paese ma soprattutto i giovani i quali saranno i genitori di domani. Abbiamo ovviamente accolto con grande soddisfazione questo invito e saremo orgogliose di spiegare loro tutti i punti oscuri di questa riforma che da tempo stiamo analizzando.

RAGAZZI EROI DELL’AUTOBUS DIROTTATO

24 Marzo 2019 | Redazione

di Avv. Michela Nacca

2–3 minuti


Cittadinanza onoraria e nomina ad Alfieri della Repubblica per Ramy e Adam

Ramy e Adam sono due tredicenni  cresciuti in Italia,  non ancora cittadini italiani, che il 20 marzo scorso in modo eroico, chiamando l’uno il 112 e l’altro il padre,  hanno salvato se stessi, i loro 49 compagni di scuola e due docenti, da un attentato sciagurato. L’autista  quarantasettenne Ouesseynou Sy, ripetendo loro di voler vendicare i bambini africani morti sui barconi del mare,  aveva requisito i telefoni cellulari dei bambini e dei docenti, li aveva legati, minacciati con armi e, cospargendo il bus di benzina, si diceva  realisticamente determinato a fare del bus e di tutti i suoi piccoli passeggeri  una bomba, da lanciare nei pressi o addirittura sulla pista dell’Aeroporto di Linate, dunque nel centro affollato di Milano (ascolta la voce dell’attentatore al seguente link).

Solo il coraggio di questi bambini ha permesso di dare notizia di ciò che stesse avvenendo ai Carabinieri, i quali prendendo il controllo del bus, salvavano i bambini, i docenti  ed arrestavano l’autista (v, le tragiche immagini al seguente link).

Dinanzi il gesto eroico di questi due ragazzini  il nostro Ministro dell’Interno Salvini  avrebbe provocatoriamente dichiarato che, se i bambini avessero voluto ottenere la cittadinanza italia, già richiesta, avrebbero dovuto prima farsi eleggere in Parlamento:  possibilità tuttavia impedita loro non solo dall’età, ma soprattutto dal fatto di  non avere proprio la cittadinanza italiana desiderata! (v. al seguente link).

Chiediamo dunque che venga concessa la cittadinanza italiana per “meriti speciali” a Ramy e Adam, nonché la nomina ad Alfieri della Repubblica: grati e consapevoli del fatto che, solo grazie a loro ed ai Carabinieri prontamente intervenuti, molti altri  italianissimi cittadini italiani oggi sono salvi!

https://www.change.org/p/sergio-mattarella-cittadinanza-onoraria-e-nomina-ad-alfiere-della-repubblica-per-rami?recruiter=34598318&utm_source=share_petition&utm_medium=facebook&utm_campaign=share_petition&recruited_by_id=1bc99510-152b-0130-7d94-3c764e049b13&utm_content=fht-14530991-it-it%3Av6

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Agenzia Stampa DIRE – L’avvocata della Sacra Rota contro il Congresso di Verona: “Altro che Cattolicesimo, manipolano il Vangelo”

20 Marzo 2019 | Redazione

Quello di Verona è “un momento di riunione per dimostrare che si e’ formato un potere di destra sessista, omofobo, razzista e antifemminista”

di A. Ramundo 20 marzo 2019

la notizia fu ripresa da varie testate, venendo citate anche nella nota 9 di wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Congresso_Mondiale_delle_Famiglie

v. testate

F

Da L’Indro in un articolo di Jeta Gamerro del 22 marzo 2019, ona non piu’ raggiungibile https://www.lindro.it/cgi-sys/suspendedpage.cgi

Repubblica https://borderline.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/03/28/da-greta-thunberg-al-congresso-delle-famiglie-a-verona-ecologia-o-egologia/

https://www.informazione.it/a/321AD157-180E-4927-9537-0EABA76800E3/L-avvocata-della-Sacra-Rota-contro-il-Congresso-di-Verona-Altro-che-Cattolicesimo-manipolano-il-Vangelo

http://www.news-forumsalutementale.it/l%E2%80%99avvocata-della-sacra-rota-contro-il-congresso-di-verona-%E2%80%9Caltro-che-cattolicesimo-manipolano-il-vangelo%E2%80%9D/

https://ventunesimodonna.blogspot.com/2019/03/lavvocata-della-sacra-rota-contro-il.html

https://casadicuravillasandraconvenzionataconserviziosanitario.roma.it/wp-content/uploads/2019/07/2019-n-2-vol-30-quaderni-casa-di-cura-villa-sandra.pdf

Il giorno seguente questa intervista giunse una replica alla Agenzia Stampa DIRE

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Petizione “Noi siamo con Giulia Schiff!

9 Marzo 2019 | Redazione
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CGL Toscana:Giornata Internazionale della donna

6 Marzo 2019 | Redazione
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Arezzo Notizie: I sindacati e l’8 marzo. Al centro il tema della genitorialità

6 Marzo 2019 | Redazione

Il no dei sindacati al Ddl Pillon sull’affido condiviso. Confronto all’auditorium Buozzi. Con Maison Antigone

https://www.arezzonotizie.it/attualita/otto-marzo-sindacati-genitorialita.html

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Tracce Volanti: “Simona vuole cambiare il finale dell’Antigone”

15 Febbraio 2019 | Redazione
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CONFERENZA STAMPA sulla nostra Audizione dinanzi la 2 Commissone Giustizia – Roma

12 Febbraio 2019 | Redazione

Per il 12 febbraio presso l’Associazione Per Roma, Maison Antigone ha indetto una conferenza stampa e un dibattito sulla Relazione presentata in audizione dinanzi alla Commissione Giustizia del Senato sulla Riforma del Diritto di Famiglia prevista dal Contratto di Governo.

All’importante iniziativa sono stati invitati esperti di rilievo del settore e personalità del mondo accademico.

Interverranno tra gli altri, la Prof.ssa Assuntina Morresi, il Dott. Andrea Mazzeo, la Dott.ssa Psicologa Bruna Rucci, la Dott.ssa Raffaella Bocci, l’Avv. Marco Maialetti, la Dott.ssa Giulia Perri, oltre alla Presidente, Avv. Michela Nacca, e alla Vice Presidente, Avv. Simona D’Aquilio, di Maison Antigone.

Il dibattito sarà moderato dalla giornalista Dott.ssa Marzia Lazzerini.

Intervista del 12 febbraio 2019 su Radio Cusano Campus https://www.radiocusanocampus.it/it/michela-natta-ddl-pillon e tag24 https://www.tag24.it/228005-ddl-pillon-2/

L’Agenzia Stampa DIRE, presente alla Conferenza Stampa con la giornalista Annalisa Ramundo, ha riportato la notizia ed intervistato le Relatrici.

v. link .https://www.dire.it/12-02-2019/295707-ddl-pillon-maison-antigone-unici-tutelati-saranno-i-maltrattanti/

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Tag24 – Ddl Pillon (M. Nacca): “Viola la solidarietà familiare e sociale”

12 Febbraio 2019 | Redazione
https://www.tag24.it/228005-ddl-pillon-2/?fbclid=IwAR1Tkh0jFykTC8APgfseqtkdiYGYwZyta76rUcjoIeuVezFyLhJ4kbygGmk
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Agenzia Stampa DIRE: Ddl Pillon, Maison Antigone (Nacca): “Unici tutelati saranno i maltrattanti”

12 Febbraio 2019 | Redazione

ROMA – Ben 20 milioni di persone costrette da Ddl Pillon e collegati (45, 118, 735, 768, 837)

di Annalisa Rsmundo

Pubblicato:12-02-2019

https://www.dire.it/12-02-2019/295707-ddl-pillon-maison-antigone-unici-tutelati-saranno-i-maltrattanti/?fbclid=IwAR1cnOHHtEguCFaUe_MH77V9NhuHlMxkmF37IzsmQiw8TW6GEgxtvb3Tm-8

interviste  sulla riforma legislativa voluta dal  ddl 735 e collegati  Pillon  https://www.youtube.com/watch?v=F5o7bFFUpGw

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Aderiamo alla Campagna mediatica #siamotutteLaura

5 Febbraio 2019 | Redazione

#siamotutteLaura e’ un ashtag utilizzato fin dal 2018 e ideato da una mamma.

L’ashtag diviene a febbraio 2019 una campagna mediatica , attraverso un motivo da aggiungere sul proprio profilo facebook, alla quale Maison Antigone ha subito voluto aderire!

👌Per chi desidera unirsi e sostenere la campagna solidale #siamotuttelaura

✅Ti basta andare su: www.facebook.com/profilepicframes

✅Cercare il motivo con la parola chiave #siamotuttelaura

✅Cliccare su: usa come immagine del profilo per salvare la selezione

di Anarkikka (L.Spano’)
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ITALIE: LA REFORME DU DROIT DE LA FAMILLE QUI PUNIE LES FEMMES ET LES ENFANTS

1 Febbraio 2019 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio

La réforme du droit de la famille (DDL 735 lancée par le sénateur Simone Pillon- Lega- qui a alimenté un débat fort, en Italie, représente la négation des droits fondamentaux des femmes et des enfants. Il s’agit d’un dessin de loi qui vise à frapper les femmes en leur empêchant de voir garantis les droits qui aujourd’hui on assure en cas de séparation et divorce.

Ce dessin de loi, qui risque de nous plonger dans une nuit sans les étoiles du droit, prévois que en cas de séparation (en Italie on a deux phases: la séparation des corps et puis le divorce) les époux DOIVENT, avant tout, contacter un médiateur familial pour concorder un plan de séparation qui concerne le soin des enfants et qui applique la garde réellement partagée sans pension alimentaire.

Ici, donc, la première anomalie de ce dessin de loi: la médiation familial, en fait, est un parcours dont l’efficacité se fonde sur sa nature volontaire et jamais pourrait être imposée par la loi! En plus, selon le DDL 735, la première rencontre serait gratuite mais pas les suivants qui devraient être payantes.

Il faut spécifier que le sénateur Simone Pillon est lui-même un avocat et médiator familial. Donc il y a un significatif conflit d’intérêt dans cet article du ddl.

Le ddl ajoute le coordonnateur parental qui devrait aider, après la séparation ou le divorce, les parents en conflit à trouver des solutions partagées concernant la vie des enfants, SOURVEILLER le respect du plan parental signé dans la séparation ou divorce, SIGNALER au juge tout violation du plan. Cette figure professionnelle serait un psychologue, un assistant social, un psychiatre, un avocat, un médiateur familial, un neuropsychiatre, un psychothérapeute. En résumé: la famille devient un problème public soumise à un contrôle constant!

Pour réaliser la garde réellement partager, selon le sénateur Pillon, les enfants DOIVENT demeurer chez la mère et chez le père (environ le 50% du mois pour chaque parent). Il est clair qu’ils aurons deux maisons et deux modes de vie et quel que soit l’âge des enfants: le ddl 735 ne distingue pas entre 2, 3, 5, 8 ou 14 ans… Les psychologues enfantins estiment que les dommages psychologique sur des enfants ou des bébés seront énormes.

La conséquence immédiate de cette garde réellement partager, pour les pères italiens, est qu’ils ne seront plus obligés de payer la pension alimentaire mais chaque parent va s’occuper directement de l’entretien des enfants: les dépenses sont réparties selon une liste précise rédigée par les parents.

Le contraire de ce qui aujourd’hui est prévue par la loi: en cas de séparation ou divorce le parent qui n’habite plus avec ses enfants doit payer une pension alimentaire à l’autre parent qui reste vivre avec les fils dans la résidence conjugale.

Bien, actuellement, en Italie la majorité des femmes restent à vivre dans la maison conjugale avec les fils car le but de la loi est protéger les enfants qui doivent garder leur « habitat » et leurs habitudes de vie parmi lesquelles le « care giver » primaire. En Italie, est la mère le « care giver » primaire des enfants mais elle est aussi le conjoint plus pauvre, dans le couple. Il s’agit soit d’une nécessité, due à la manque de politiques de soutien aux familles de la part de l’État italien, qui rend impossible pour beaucoup de familles de payer le coût de la crèche, soit d’une choix que les femmes italiennes font souvent en choisissant un travail part time qui leur permet de s’occuper des enfants mais qui implique nécessairement un salaire inférieur de ce des hommes (maris).

Tout cette ménage familial, selon la loi en vigueur aujourd’hui, vient analysé par les juges de la séparation car même le travail d’une femme de foyer a une valeur économique et sociale pour le code civil italien.

Le ddl 735, au contraire, dans un dessin machiste, va frapper les femmes et leurs enfants du moment que prévoit l’application de la garde réellement partagée au fine d’éliminer soit la pension alimentaire que la possibilité pour les femmes d’habiter la maison conjugale qui va rester à complète disposition du légitime propriétaire peu emporte si la femme est dans l’incapacité de payer une location ou d’acheter une maison.

La maison, surtout, reste l’un des points plus importants de ce projet de « affaiblissement des femmes » car le ddl 735, dans l’article 11/5 prévoit que la garde réellement partagée ne peut pas être garantie dans le cas où l’un des parents habite dans une maison avec des espaces inadéquats pour l’enfant. Compte tenu de la situation économique et du chômage qui frappe la plupart des femmes italiennes ça signifie que les mères, obligées par le ddl 735 à repérer une habitation pour soi mêmes, pourraient perdre la garde des enfants à cause des espaces inadéquats d’une maison qui sera nécessairement beaucoup plus petite que la maison conjugale!

Le ddl 735 dans l’art. 15 prévoit aussi que à 18 ans les enfants peuvent demander au juge civil d’obliger ses parents au payement d’une pension alimentaire. En tout cas, cette obligation cesse à l’accomplissement de 25 ans des fils donc même si ils sont encore étudiants (situation qui est la normalité en Italie). Nous aurons, donc, des enfants qui à partir de les 18 ans, disputeront dans les Tribunaux italiens pour problèmes d’argent avec leur parents!

Dans le système actuel, si un conjoint (en Italie sont les maris) ne paye pas la pension alimentaire ou ne respect pas l’obligation d’assistance matériel et moral, commet un crime et peut être dénoncé (art. 570 bis code pénal). L’art. 21 du ddl 735 abroge cette article du code pénal!

Cependant, la réforme ne s’arrête pas à ces détails économiques et pratiques (qui sont déjà assez bouleversants pour les femmes italiennes et leurs enfants) mais, si on regarde tous ces angles, va attaquer un système de loi qui avait aussi le but de protéger les enfants et leurs mères de la violence des pères. C’est pourquoi tous les principales associations d’avocats italiens, tous les associations des femmes qui luttent contre la violence et même les femmes catholique disent « NO » à cette réforme de la famille italienne qui a été pensée et écrite par des violents.

Cette violence s’exprime dans les articles le plus dangereux du ddl 735: 11, 12, 17 et 18. En se cachant derrière le nommé « intérêt supérieur de l’enfant » la reforme IMPOSE la prétendue « bi parentalité » et même en faveur des parents violents (en Italie, dans la majorité des cas, ils sont les pères!). Alors que la séparation avait aussi la fonctionne, le but, de sauver femmes et enfants d’un homme violent, avec le ddl 735 elle ne suffira plus à préserver les enfants car ils sont obligés de garder un lien significatif avec lui (et tout ça en violation de la Convention d’Istanbul qui interdit aussi la médiation familial en cas de violence).

L’article 11 après avoir illustré l’importance de la bi parentalité et en évoquant le double domicile des enfants (un domicile près de chaque parent) interdit la cohabitation des enfants avec un parent exclusivement en cas « attesté et motivé » de: violence, viol, négligence, indisponibilité du parent, insuffisance des espaces de la maison. La piège de cette article est dans les adjectifs « attesté et motivé » car actuellement il est suffisant la plainte d’une violence domestique afin d’obtenir des mesures de sécurité pour les victimes (il convient de rappeler que en Italie, dans la période 2006-2014, le 64% des enfants a assisté aux violences sur leurs mères).

On voit, donc, comment cette article est un instrument d’affaiblissement de la protection contre épisodes de violence qui, dans la procédure pénale italienne, ne sont pas considérés « attesté et motivé » jusqu’au jugement de condamnation c’est à dire plusieurs ans après la plainte. Pendant ce temps, le sujet violent et séparé a le DROIT de voir et vivre avec ses fils!

Dans les articles 17 et 18 l’assaut aux femmes et aux enfants devient frontal et alarme tous les mouvements féministes italiens. Ces articles, en fait, prévoient et disciplinent pour la première foi en Italie la « syndrome d’aliénation paréntale (sap)» ou « aliénation parentale ». Comment? C’est simple: chaque fois qu’un enfant refuse de voir et de vivre avec un parent (ou avec les grand parents) l’autre parent DOIT coopérer pour parvenir à la solution de ce problème mais si, malgré ceci, l’enfant insiste dans son attitude de refus d’un parent, l’autre vient automatiquement accusé d’être le responsable de ce refus, de cette « aliénation » même si rien a fait pour la provoquer. Par conséquence, l’enfant sera déplacé dans la maison du parent refusé (aliéné) et l’autre parent (aliénant) subira des sérieuses limites à son autorité parentale.

Dans les cas extrêmes, l’enfants aliéné pourra être conduit dans un foyer où lui sera interdit tout contact avec le parent considéré aliénant afin d’être « reprogrammer » pour récupérer la parfaite bi parentalité.

Il faut expliquer que ces articles sont la légitimation de la violence patriarcale soutenue par ce système de punition des victimes. En fait, la sap ou aliénation parentale (assez répandue dans les Tribunaux français, aussi) a été inventé par Richard Gardner, un soi-disant psychiatre légal qui, aux Etats Unis dans les années 80, a fait acquitter plusieurs hommes accusés de viol sur ses enfants. Grace à cette théorie, qui a été refusée par la communauté scientifique internationale mais qui trouve place souvent dans les procédures concernant la garde d’enfants, les accusée deviennent victimes, les enfants victimes deviennent des menteurs et leurs mères, accusées d’aliénation, sont effacées de leurs vie. Surtout, par l’aliénation le sujet violent se venge de sa femme qui a porté plainte contre lui et de ses enfants qui ont témoigné contre lui!

Et voici le monde à l’envers que le sénateur Simone Pillon et les mouvements de pères séparés vont réaliser. Un monde ou les femmes victimes de violence avec leurs enfants, si portent plainte risquent pas seulement de ne pas être protégées mais aussi d’être éloignées de leurs fils par l’accuse d’aliénation.

Au soudain, le divorce risque d’être concrètement interdit dans un pays comme l’Italie où le chômage et la condition féminin salarial ne permettent pas aux femmes d’être économiquement autosuffisantes, en cas de séparation: l’inégalité économique entre mari et femme nuira à cette dernière et aux enfants: aucune maison conjugale, aucune pension alimentaire (ça signifie que une femme risque de ne pas pouvoir assurer à ses enfants le même niveau de vie qu’ils ont chez leur père), obligation de payer un médiateur et un coordinateur familial et, en cas de violence familiale non suffisamment prouvée, ces femmes perdront leurs fils puisque seront accusés d’être manipulatrices.

Combien de femmes pourrons être libres de se séparer, si le ddl 735 deviendra loi de l’Ètat italien?

Combien d’enfants seront obligés de vivre avec un père violent ou abusif même s’il est séparé et poursuivi?

Combien d’enfants seront considérés comme un objet qui va être coupé en deux parties égales parfaitement pour rendre heureux des adultes égoïstes?

Cette réforme du droit de la famille, qui nous plonge dans le Moyen Âge, ne protège pas les enfants et détruit la figure maternelle, enfin punie pour sa volonté de se rendre libre de la violence!

Avvocato Simona D’Aquilio

Convegno a La Spezia 1 febbraio 2019. Il ddl Pillon uno scarabocchio. Viola addirittura i Patti Lateranensi.

1 Febbraio 2019 | Redazione

https://www.cittadellaspezia.com/2019/02/01/il-ddl-pillon-uno-scarabocchio-contro-le-donne-278557/

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QUEI “BRAVI RAGAZZI” CHE UCCIDONO LE LORO COMPAGNE di Simon Lapierre e Isabelle Cote

28 Gennaio 2019 | Redazione

Pubblicato il 4 maggio 2014

di Simon Lapierre e Isabelle Cote

Abbiamo saputo di recente che un’altra donna, questa volta in Outaouais, è stata uccisa dal suo compagno. Tuttavia quando i giornalisti intervistano le persone nell’entourage degli aggressori, spesso dei conoscenti, quelle sostengono molto spesso che quegli uomini sono dei “bravi ragazzi, dei “bravi vicini” e dei “bravi padri di famiglia”.

Ancora una volta questi avvenimenti si sono prodotti nel momento in cui la donna aveva deciso di lasciare il compagno. Questo scenario è così frequente che, benché situazioni simili siano allo stesso tempo tristi e scioccanti, non sono più molto sorprendenti.

Quindi, quando i giornalisti interrogano le persone nell’entourage degli aggressori, spesso dei conoscenti o dei vicini, questi ultimi si dicono generalmente sorpresi da questi gesti di violenza estrema. Spesso riferiscono che quegli uomini sono dei “bravi ragazzi” -, dei “bravi vicini” e dei “buoni padri di famiglia” ma anche che abitano in “quartieri tranquilli” dove situazioni simili non dovrebbero verificarsi “non pensiamo mai che una cosa come questa succederà qui”.

Il discorso del “bravo ragazzo”

In queste circostanze, abbiamo sentito: ”Però è un bravo ragazzo, ci salutava sempre quando ci incontrava per strada”. O ancora: ”Però è un bravo padre, lo vedevamo sempre con i suoi figli”. Affermazioni simili, che ci insegnano molto poco sugli uomini in questione, non forniscono alcun chiarimento sui casi di violenza (omicidi) e sul contesto nel quale si inseriscono. Esse inviano anche un messaggio ambiguo alle persone che potrebbero trovarsi davanti ad una situazione simile.

Se le persone sono sorprese che un uomo il quale le salutava per strada o che si occupava dei propri figli possa essere violento verso la propria compagna, al punto di ucciderla, è perché hanno un’immagine ancora molto stereotipata del “picchiatore di donne”. In effetti, più persone continuano a pensare che gli uomini che hanno dei comportamenti violenti verso la loro compagna siano facilmente identificabili, una specie di “mostri” con una personalità asociale, o ancora che essi siano poveri, senza educazione e senza lavoro ecc.

Tuttavia gli uomini che hanno dei comportamenti violenti provengono da ogni gruppo della società, da ogni classe sociale, hanno diversi livelli di educazione e svolgono ogni tipo di lavoro. Questi uomini non sono necessariamente violenti in tutte le sfere della loro vita. Certamente alcuni uomini possono usare la violenza contro la propria compagna, mentre non sono mai violenti contro i propri colleghi di lavoro o i propri amici. In più, non sono necessariamente sempre violenti contro la propria compagna – la violenza coniugale si inserisce generalmente dentro un ciclo, con episodi di violenza ed episodi di luna di miele e di latenza.

E quello del “quartiere tranquillo”

La stessa logica opera quando le persone esprimono la propria sorpresa perché abitano in un “quartiere tranquillo” o in un “buon vicinato”. In effetti, molte persone hanno l’impressione che la violenza coniugale sia l’appannaggio di alcuni quartieri più svantaggiati economicamente o di alcune comunità culturali. Eppure, poiché gli uomini che hanno dei comportamenti violenti provengono da ogni gruppo della società e da ogni classe sociale, questo problema si ritrova in tutti i quartieri e in tutti i paesi.

D’altra parte, contrariamente a molti altri crimini, la violenza coniugale è un reato che si produce dietro le porte chiuse. Evidentemente, gli aggressori non denunciano questi accadimenti. Le donne ed i figli spesso mantengono il silenzio perché hanno paura o perché hanno vergogna. Anche se non è visibile all’esterno, questo non significa che non sia presente…

Un discorso che non si applica allo stesso modo a tutti gli uomini

D’altra parte, il discorso del “bravo ragazzo” non si applica allo stesso modo a tutti gli uomini, rinforzando così i privilegi di alcuni gruppi di uomini. Per esempio, gli uomini bianchi sono molto più suscettibili che gli uomini che provengono da alcune comunità etniche di essere descritti come dei “bravi ragazzi” quando si verificano situazioni simili. Anche lo status sociale, professionale ed economico degli uomini è determinante.

Concludendo

Ma perché i giornalisti persistono nell’interrogare le persone nell’entourage degli aggressori – i loro conoscenti, i loro vicini ecc.- quando si verificano tali situazioni? Non sono certamente queste persone che permettono di capire meglio le situazioni specifiche, ancora meno il problema della violenza coniugale in generale. Quando degli uomini uccidono le loro compagne, non sembra pertinente stabilire se le persone del loro entourage li percepivano o no come dei “bravi ragazzi”, dei “buoni vicini” o dei “buoni padri di famiglia”, percezioni che sono in ogni caso basate su una conoscenza molto parziale della vita quotidiana di questi uomini e della loro compagna. Se i giornalisti desiderassero trattare delle situazioni specifiche, queste sono gli atti di violenza, che sono inaccettabili e pieni di conseguenze, che dovrebbero essere portati all’attenzione del pubblico.

Sarebbe probabilmente più appropriato dare la parola alle persone che lavorano vicino agli aggressori ed alle vittime di violenza coniugale, in modo di far meglio conoscere il problema e le risorse in questo ambito.

E a tutte quelle o tutti quelli che prendono la parola in occasione di questi accadimenti: non è il caso almeno per rispetto delle vittime e dei loro cari di non descrivere questi uomini come dei “bravi ragazzi”. Bisogna rompere il silenzio sulla violenza coniugale ma se è per parlare delle qualità personali dell’aggressore sarebbe preferibile tacere.

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Convegno 16 gennaio 2019 Roma: Avv. M.Nacca Presidente Maison Antigone, il Giudice Fabio Roia, A. Penati di Ass. “Federico nel Cuore”, Dott.ssa M.S. Pignotti e Prof.ssa A. Morresi

16 Gennaio 2019 | Redazione
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AUDIZIONE DI MAISON ANTIGONE DINANZI LA II COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO

15 Gennaio 2019 | Redazione

di Avv. M.Nacca

Riforma ddl Pillon e’ violenta e dunque inemendabile!

Il 15 gennaio 2019 la nostra Associazione è stata audita riguardo la Riforma in materia di separazione ed affidamento dei minori, attualmente in discussione dinanzi la II Commissione Giustizia del Senato, in sede redigente.Nell’occasione abbiamo consegnato una articolatissima relazione di oltre 240 pagine, divisa in vari capitoli.

La Riforma su Diritto di Famiglia e affido minori e’ contenuta in più disegni di legge presentati nel corso della LXVIII Legislatura: il ddl 45 a firma De Poli Binetti et alii, il ddl 118, il ddl 735 a firma Pillon et alii, il ddl 768 a firma Gallone e alii, il ddl 837 a firma Balboni et alii.

Essa sviluppa i punti del Patto di Governo in materia familiare e separativa, prevedendo che, in caso di separazione/divorzio coniugale/genitoriale:

  • sia avviata una mediazione obbligatoria, privata ed a pagamento, prevista come condizione di procedibilità in caso di presenza di figli minori. La mediazione verrebbe applicata senza alcuna eccezione: dunque anche in caso di violenza domestica e nonostante denunce già depositate per abusi e maltrattamenti (violando la Convenzione di Istanbul;
  • dall’udienza Presidenziale in poi (dal valore meramente confermativo circa quanto deciso già in fase mediativa precedente, tradotto nel piano genitoriale) ogni ulteriore conflitto genitoriale inerente le condizioni di affidamento e di mantenimento dei minori, verrà definito tramite mediazione e coordinazione genitoriale, organi privati ed a pagamento, in base a quanto stabilito nell’indefettibile piano genitoriale;
  • verrà applicato a tutte le coppie genitoriali separandae e separate l’affido condiviso e la collocazione paritaria alternata dei figli minori: collocazione suddivisa matematicamente tra un genitore e l’altro, ciò indipendentemente dalla volontà e dall’età dei figli minori. Indipendentemente dalla conflittualità dei rapporti tra genitori;
  • verrà abrogata la previsione dell’assegnazione della casa familiare al coniuge debole/madre, che dunque rimarrà nella disponibilità del solo proprietario. Nel caso di residuale assegnazione al genitore economicamente debole , non proprietario, viene stabilito un canone di locazione fissato in base ai prezzi di mercato, da versarsi al proprietario da parte del genitore debole. Indipendentemente se questi abbia o meno un lavoro, se abbia o meno una età per reinserirsi nel mondo professionale;
  • lo stesso eventuale mantenimento al coniuge debole verrà stabilito solo temporaneamente ed a condizioni fortemente restrittive (ddl 837 art. 5);
  • viene comunque assicurata la frequentazione tra figli e genitori abusanti/pedofili, nonostante condanne passate in giudicato e nonostante la perdita dell’affido condiviso a causa di tali condanne (art. 12 ddl 735);
  • il mantenimento indiretto dei figli minori e dei figli maggiorenni non autonomi, tramite assegno mensile, viene sostituito con un mantenimento diretto, caratterizza to da capitoli di spesa. Non si potrà più dunque procedere al pignoramento dello stipendio, in caso di violazione dell’obbligo di prestazione, non trattandosi di credito liquido ed immediatamente esigibile. Del resto con l’abrogazione del reato prevista, il mancato mantenimento diretto non verrà neppure più condannato n punito;
  • i figli dovranno avviare, al compimento del 18mo anno di età, un procedimento giudiziale dinanzi il Tribunale, al fine di ottenere un mantenimento economico indiretto, tramite assegno, da entrambi i genitori. Diritto di cui si prevede comunque l estinzione al 25mo anno di età, indipendentemente dagli studi e dalle specializzazioni accademiche intraprese, nonché dall’ aver già raggiunto o meno una vera autonomia economica;
  • in caso di reato di violazione agli obblighi coniugali-genitoriali, commessi in costanza di matrimonio, la pena detentiva e pecuniaria viene sostituita con lavoro socialmente utile (ddl 45);
  • è prevista l’introduzione e considerazione presuntiva della Alienazione Genitoriale (ex PAS, anche detta “estraniazione”, “rifiuto”, “manipolazioni psicologiche”) come motivo presunto di esclusione dall’affido condiviso e come reato penale ex art.574 quater cp (v. dopo);
  • viene prevista l’applicazione di un Trattamento Sanitario Obbligatorio, mascherato, per i minori cd alienati o alienanti (bambini che rifiutano un genitore), in centro di deprogrammazione e riprogrammazione mentale affinché essi imparino ad accettare la violenza e la pedofilia come cosa “normale”, riaccogliendo il genitore rifiutato: anche quello ev. abusante o pedofilo;
  • viene depenalizzato il reato di incesto ex art. 570 cp (v. ddl 45);
  • il reato di violazione degli obblighi genitoriali e coniugali ex art.570 cp si amplia della figura che va sotto il seguente inciso chiunque… attua comportamenti che privano gli stessi della presenza dell’altra figura genitoriale;
  • viene depenalizzata la Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio ex art. 570 bis cp (ddl 735). Sicché l abbandono, il mancato pagamento dei capitoli di spesa, finalizzati al mantenimento dei figli minori e maggiori non economicamente autosufficienti, non verranno puniti;
  • il reato di maltrattamenti domestici ex art.572 cp viene riconvertito come violenza fisica e psicologica sistematica e la pena di 2-6 anni, ridotta da un minimo di 1 ad un massimo 5 anni, sostituibile ex officio con lavoro socialmente utile (ddl 45);
  • viene introdotta una nuova figura di reato, in cui far rientrare la cd alienazione parentale (ex PAS) con condanne dai 4 agli 8 anni Art. 574-quater. – (Impedimento doloso alla cura filiale). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con dolo o colpa grave, impedisce, interrompe od ostacola l esercizio del diritto dei minori a ricevere cura e attenzione dai propri genitori e dai parenti più prossimi punito con la reclusione da due a quattro anni e con una multa non inferiore a euro 10.000. Se il fatto di cui al primo comma commesso da uno dei genitori a danno dell’altro la pena della reclusione da quattro a otto anni.

Si tratta di una Riforma che, violando innumerevoli diritti Costituzionali e umanitari, fissati nelle Dichiarazioni Universali dei Diritti dell’Uomo e del Fanciullo, nonché in Dichiarazioni europee e Convenzioni internazionali, non esclusi gli stessi Patti Concordatari, mira alla delegittimazione della funzione giudiziale e, anche fosse emendata, tale Riforma non tutelerebbe i minori e n il coniuge più debole, ma solo il coniuge/genitore maltrattante.

E’ una Riforma che NORMALIZZA LA VIOLENZA DOMESTICA ED ISTITUZIONALE, NONCHE’ LA PEDOFILIA… in un Paese primo al mondo nel turismo sessuale pedofilo!

E’ una Riforma figlicida, adultocentrica, femminicida e matricida, ma soprattutto suicida!

Essa infatti, come GIA’ ACCADUTO in tutti gli altri Paesi dove sia già stata sperimentata (tanto da venire presto revocata o profondamente rivista), finirebbe per destabilizzare la stessa società italiana, partendo proprio dalla sua prima cellula: la famiglia! In quanto da questa Riforma proprio le relazioni familiari verrebbero rese litigiose e ne risulterebbero inasprite anche le conflittualità intergenerazionali, con moltiplicazione dei procedimenti giudiziali.

Quasi 4 milioni di padri separati, abilmente stuzzicati nei loro egoismi dagli articoli di questa Riforma, sarebbero spinti a chiedere la variazione delle condizioni di separazione e di riassegnazione della casa familiare, nonché quelle inerenti il mantenimento per figli minori e maggiorenni non autosufficienti, o ultra venticinquenni. Oppure persuasi a violare i loro obblighi di cura e mantenimento dei figli e/o del coniuge debole, in quanto depenalizzati.

Ad essi si aggiungerebbero ulteriori 4 milioni di madri costituite a fini difensivi. Nonché circa 10 milioni di nonni (per parte materna e paterna).

Ne risulterebbero coinvolti altresì figli maggiorenni non autonomi e circa 2,7 milioni di minori.

Per non parlare del coinvolgimento pratico ed emotivo delle famiglie ricostituite: nuovi partner, altri figli, altri nonni.

Non meno di della nostra Società, o anche più, verrebbe travolto processualmente, emotivamente e psicologicamente! Quasi 20 milioni di persone si riverserebbero nei tribunali a chiedere Giustizia: che non otterrebbero mai, stante il totale blocco che nei tribunali risulterebbe, con ulteriore motivo di frustrazione, aggressività , violenza e impotenza per i destinatari di questa Riforma!

Una Riforma che dunque inevitabilmente, a causa delle gravi conseguenze innescate, creerebbe inevitabilmente sfiducia nella genitorialità, ma soprattutto nella scelta matrimoniale!

E’ una riforma che, se approvata, tradendo i principi solidaristici su cui si fonda la società italiana e la famiglia, tutelati all’art. 2 della Costituzione, ma anche agli art. 29-30-31 della medesima. alimenterebbe il conflitto processuale, familiare e sociale, provocando danni irreparabili sulla salute psichica e fisica dei minori coinvolti.

Soprattutto tradirebbe e violerebbe il supremo bene dei minori, che NON PUO’ e NON DEVE essere messo in discussione, come principio assoluto di civiltà.

Si tratta di diritti essenziali e di beni che vanno tutelati anche e soprattutto quando la coppia smette di essere una “coppia matrimoniale” e si trasforma in “coppia genitoriale”, quando appunto le tensioni nella coppia si impennano in modo esponenziale anche nelle separazioni consensuali, divenendo più gravi ed esasperate in quelle già segnate da maltrattamenti.

E’ una Riforma talmente arida di carità, giustizia ed equità, ma pregna di violenza, che nel caso in cui fosse approvata, lo stesso Codice di Diritto Canonico si troverebbe molto pi all’avanguardia e tutelante le vittime di violenza in famiglia, rispetto alla legislazione italiana!

“Famiglia, Il ddl Pillon va assolutamente ritirato”

15 Gennaio 2019 | Redazione

https://www.tag24.it/225896-ddl-pillon

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COMUNICATO – DDL PILLON AFFIDO MINORI: AUDIZIONE MAISON ANTIGONE

14 Gennaio 2019 | Redazione

Maison Antigone

1–2 minuti


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La Presidente della Associazione Maison Antigone presenta il suo dossier alla Commissione Giustizia del Senato.

E’ con grande soddisfazione che la Presidente della Associazione Maison Antigone sarà domani audita dalla Commissione Giustizia del Senato nell’ambito dell’esame dei disegni di legge nn. 45, 118, 735 e 837 in materia di affido di minori.

Sarà l’occasione per noi di presentare un dossier approfondito al quale stiamo lavorando da tempo, sulle tematiche inerenti l’affido dei minori, affido condiviso e tutela delle donne e dei minori.

Siamo convinte che questa proposta di legge sia un passo indietro rispetto al nostro ordinamento e rispetto alla tutela in primo luogo dei minori e delle donne, troppo spesso lasciati soli in situazioni di violenza al solo scopo di soddisfare esigenze futili degli adulti.

3 Gennaio 2019 | Redazione

25 NOVEMBRE: GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

25 Novembre 2018 | Redazione

di Raffaella Bocci, giornalista

“Nel giorno in cui si celebra il contrasto alla violenza sulle donne, vogliamo pubblicare la seguente intervista, che denuncia un tipo di violenza di genere ancora più grave, perché subdola e da cui difficilmente ci si riesce a difendere: la violenza agita dalle istituzioni.”

È stata depositata presso la Procura della Repubblica di Roma la denuncia di L., la mamma di Roma accusata di Alienazione Parentale, che rischia di vedersi strappare il figlio di 8 anni.

Una denuncia penale per segnalare ai Procuratori della Repubblica di Roma e Perugia ed anche al Consiglio Superiore della Magistratura, le innumerevoli anomalie e illeciti di un iter giudiziario che dura da 6 anni e che vede al centro della vicenda un bambino di 8 anni che rischia di essere strappato dalla casa materna per essere inserito, su richiesta del padre, in una casa famiglia dove non potrà avere nessun contatto con la madre, neanche telefonico, per almeno tre mesi. Dopo questo periodo dovrà andare a vivere a casa del padre e potrà rivedere la mamma solo nei modi e nei tempi che il padre stesso riterrà più opportuni.

Questo è quanto è stato richiesto dalla CTU incaricata dal Tribunale di Roma di valutare la capacità genitoriale dei genitori.

La mamma di Marco (nome di fantasia) non è una tossicodipendente, non ha maltrattato, ucciso o frodato nessuno. È una mamma che dopo anni di lotte giudiziarie si vede accusata di Alienazione Parentale.  

Tutto inizia 6 anni fa quando lei decide di porre fine a quella storia che le procurava sofferenza e malessere. Difficile certo fare una scelta del genere con un bimbo di appena due anni, ma la donna comprende che così non può andare avanti e la separazione è la strada che dolorosamente deve essere percorsa. Lavora e accudisce suo figlio, lo segue a scuola e nelle attività quotidiane aiutata per fortuna dai suoi genitori che cercano di rendersi utili. Iniziano da quel momento anni di liti, accuse, denunce, minacce. Vista l’alta conflittualità tra i genitori, il bambino, pur rimanendo a vivere con la mamma, viene affidato dal Giudice ai servizi sociali che hanno il compito di mediare tra i genitori e prendere decisioni qualora le parti non arrivassero ad un accordo.

Nel 2014 il bambino viene ricoverato d’urgenza per l’insorgere di una malattia autoimmune che lo vede tutt’oggi costretto a prendere quotidianamente dei farmici. Gli viene addirittura riconosciuta l’invalidità. La sua salute è cagionevole e lo stress, come in tutti i casi di malattie autoimmuni, può acuire e peggiorare la patologia.  

Continuano le denunce del padre che vuole stare con il bambino. Il piccolo però si rifiuta. Nonostante ciò il legale della mamma, l’avvocato Lorenzo Stipa, ci assicura che la signora lo ha sempre accompagnato agli incontri protetti con il padre stabiliti dal Tribunale, nonostante il figlio lo supplicasse di non andare.

Passano i mesi e la vita di Marco continua come sempre tra scuola, sport ed amichetti. È sereno, tranne quando deve andare con il padre. Ogni volta piange e si dispera e chiede alla mamma di non farlo più andare. Ha paura e quando lo vede si sente male.  

I Servizi Sociali inviano un educatore a casa del bambino e della mamma per capire come vive Marco e per cercare di avvicinarlo di nuovo alla figura paterna. L’educatore per una anno frequenta la famiglia del bambino: Marco è molto bravo a scuola, ha molti amici, è sereno e sorridente. Anche le maestre raccontano di un bambino con una mente molto vivace e una spiccata predisposizione ai rapporti con gli altri. Ma del padre non ne vuole sapere.

Il padre continua a chiedere di affidare il bambino a una casa famiglia per allontanarlo dalla mamma affinché venga “riprogrammato mentalmente”, in quanto considerato “alienato”. Il suo obiettivo è quello di costruire un rapporto padre-figlio.  

In questa triste e assurda vicenda c’è una mamma accusata di Alienazione Parentale e un papà che rivendica il suo rapporto con il figlio.  

Ma c’è sopratutto un bambino malato di 8 anni che rischia di perdere il suo mondo, che ha passato l’80% della sua vita tra servizi sociali, psicologi, tribunali. Un bambino che nonostante tutto vive la sua vita in modo sereno, ma con la paura di essere strappato dalla sua casa per essere portato in una casa famiglia.

Anni di guerre, perizie, denunce per arrivare a non fargli più vedere e sentire la madre che da quanto si evince lo sta crescendo con ottimi risultati.

Tutto ora è in mano al Giudice che può procedere all’allontanamento forzato del bambino oppure no.  

La denuncia penale che la mamma di Marco ha affidato al suo penalista di fiducia, l’avvocato Sergio Bellotti, vuole far luce su tutta una serie di anomalie, incongruenze e illeciti che emergono dall’analisi dell’intero iter giudiziario.

Ma forse, aspettando che la legge faccia il suo corso, bisognerebbe chiedersi se alla fine ne sarà veramente valsa la pena far vivere tutto questo a Marco… Il rispetto per i bambini dovrebbe sempre prevalere su tutto e tutti.

IL CENTRO DI SOSTEGNO AGLI UOMINI MALTRATTANTI DISVELA IL SENSO FUORVIANTE E LA MATRICE VIOLENTA DEI DDL 735, 45, 118 e 768

15 Novembre 2018 | Redazione

di Avv. M.Nacca

“Il paradosso nella costruzione di questa legge è che sembra costruita da un maltrattante che nega la sua violenza e strategicamente vanifica ogni misura volta a farla emergere”

Facciamo nostra questa attenta e meditata valutazione espressa dal CAM (Centro di Aiuto ai Maltrattanti) espressa dal CAM (Centro di Aiuto ai Maltrattanti) nella sua relazione presentata in occasione della loro audizione del 13 novembre 2018, dinanzi la Commissione Giustizia del Senato in merito alla riforma del sistema separativo e di affido dei figli minori proposto  nei ddl 45, 118, 735 e 768.

La denuncia del CAM è forte e incisiva, derivata dalla attenta lettura dei ddl in questione ed ampiamente argomentata, non potendo che concludersi con una richiesta di ritiro dei medesimi ddl.

11 novembre 2018 in PIazza a Roma contro il DDL Pillon e l’allontanamento del figlio da Laura

11 Novembre 2018 | Redazione

La nostra Presidente In Piazza a Roma contro il ddl Pillon ma anche per manifestare contro il reset (allontanamento coatto dalla madre) del figlio di Laura, richiesto da una CTU sulla base del costrutto Pas/PA.

Presenti le persone in foto: il suo avvocato storico Lorenzo Stipa, la nonna e la psicologa CTP di fiducia di Maison Antigone Bruna Rucci

Eleonora Francica e Michela Nacca

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Alley Oop- il Sole 24h- Quella “diagnosi” di alienazione genitoriale. L’appello a Mattarella: «Proteggete il mio bambino» di Flavia Landolfi e Manuela Perrone

10 Novembre 2018 | Redazione
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GIÙ LE MANI DAL FIGLIO DI LAURA!

7 Novembre 2018 | Redazione

di Avv. Michela Nacca

Abbiamo avviato questa petizione il 7 novembre 2018 per il figlio di Laura, a rischio allontanamento dalla madre – genitrice accudente – a causa del costrutto Pas/PA.

v. la petizione in https://www.change.org/p/sergio-mattarella-gi%C3%B9-le-mani-dal-figlio-di-laura

di seguito abbiamo attivato molte altre iniziative per Laura, specialmente dal nostro profilo facebook, affinche’ le istituzioni la e ci ascoltassero: iniziative inserite in una attivita’ gia’ avviata di denuncia della distorsione della Giustizia a causa di pseudoteorie come la pas/pa e la legge 54/2006 sulla bigenitorialita’ che non prevede la valutazione della Domestic Violence paterna! (v. sotto)

Nel 2022 Laura vincera’ in Cassazione

v. in https://www.change.org/p/sergio-mattarella-gi%C3%B9-le-mani-dal-figlio-di-laura/u/30371289

Testo della petizione

PERCHE’ IL DIRITTO ALLA SALUTE DI UN BAMBINO PREVALE SUL DIRITTO DI UN ADULTO ALLA GENITORIALITÁ.

CHIEDIAMO al Presidente della Repubblica Sergio  Mattarella, alla Ministra della Giustizia Cartabia, alla Ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti, al Presidente del Tribunale per i Minori di Roma di FERMARE L’ENNESIMA SOTTRAZIONE FORZOSA DI UN BAMBINO ALLA SUA CASA, AI SUOI AFFETTI, ALLA SUA MAMMA LAURA M.

SI TRATTA DI UNA SOTTRAZIONE, L’ENNESIMA,  CHE STA PER ESSERE CONSUMATA IN NOME DI UN FALSO COSTRUTTO DENOMINATO “ALIENAZIONE GENITORIALE”: IL PRODOTTO DI UNA CULTURA ADULTOCENTRICA E VIOLENTA.
FIRMIAMO LA PETIZIONE PROMOSSA DALLA NOSTRA ASSOCIAZIONE “MAISON ANTIGONE” SU CHANGE.ORG in favore   del bambino di Laura, mentre lei sta manifestando a Roma, all’ingresso del Tribunale per i Minori.

Da anni nei Tribunali di tutta Italia stiamo assistendo al perpetuarsi di violenze contro le madri, non più solo consumate tra le quattro mura domestiche ma ormai agita anche nelle aule giudiziarie e fattasi  istituzionale, grazie ad una normazione (L.54/2006) frutto di una attività legislativa e giurisprudenziale espressione di una  cultura minoritaria adultocentrica, profondamente misogina e violenta, indifferente alle sofferenze dei minori, che tuttavia va diffondendosi nella inconsapevolezza della società.

La stessa cultura che ha dato forma agli  articoli 17 e 18 contenuti nel DDL 735 (anche detto “ddl Camerini -Pillon” dai nomi di coloro che ne hanno rivendicato la paternità totale o parziale) che questo escamotage “ruba-bambini ” della “alienazione” o “estraniazione” vorrebbero ora introdurre addirittura per legge!

Una stortura così grave che, insieme ad altre, ha indotto  il 10 novembre 2018 migliaia di donne e uomini a scendere nelle piazze italiane per manifestare contro.

Centinaia di minori, anche in tenera età, tramite  CTU completamente aderenti al costrutto ideologico della “alienazione genitoriale”(gia’ denominata PAS e  ridefinita  “estraniazione” dall’art.17 del DDL  735, per farne dimenticare le losche origini gardneriane e bernettiane), vengono sottratti dai Tribunali italiani alle loro madri e non perché queste siano delle assassine, non perché abbiano commesso atti di pedofilia o abusi sui loro figli, ma solo ed esclusivamente per il semplice fatto che questi figli presentano atteggiamenti di forte difesa, di sé e/o della madre, manifestando terrore e rifiuto verso il padre!
Nei Tribunali oggi sempre più spesso accade infatti che non venga più indagata la motivazione del rifiuto del bambino, né sembrerebbe importare più ad alcun Giudice o CTU capire se il rifiuto di un minore sia frutto eventualmente anche  di un grave abuso fisico e/o psicologico commesso dal genitore rifiutato!

Si preferisce viceversa la difesa del diritto adultocentrico alla bigenitorialità, da tutelare  sempre e comunque, anche in caso di denunciate violenze!

Nei Tribunali Italiani verifichiamo come, sull’altare della difesa del diritto indiscriminato degli adulti alla bigenitorialità, si consuma il sacrificio dei diritti essenziali dei figli minori: il loro diritto alla salute, alla libertà, alla salvezza, financo quello alla tutela dalla violenza fisica e psicologica!

173 Docenti universitari, da ogni parte del mondo, il 22 aprile 2019 hanno scritto all’OMS facendo presente che l’alienazione è un costrutto infondato scientificamente, una mera strategia processuale finalizzata a sottrarre i figli alle madri, per le più disparate ragioni e strumentalizzazioni, che non merita di essere inserita nell’ICD (v.  http://www.learningtoendabuse.ca/collective-memo-of-concern-to-WHO-about-parental-alienation.html    )   .

E’ grave cio’  che sta per accadere al figlio di questa mamma romana, che il 6 novembre 2018 tramite un video ha lanciato un grido di aiuto a tutte le donne e gli uomini di buona volontà (v. video su https://www.facebook.com/arianna.manzoni.96/videos/702596536785552/). Ciò e’ quanto gia’ purtroppo è stato sperimentato da molte altre donne.

Un bambino di soli otto anni, per di più portatore di una malattia autoimmune cronica e invalidante che pone a serio  rischio la sua salute e la sua stessa vita, suscettibile ad ogni minimo stress di  aggravamento dalle conseguenze imprevedibili (come lo sono tutte le malattie autoimmuni!) , per la quale già assume costantemente farmaci, verrà presto sottratto con la forza alla sua casa, al suo ambiente domestico, alla sua mamma alla quale è legatissimo e verrà messo in una casa famiglia, con proibizione per i prossimi mesi di vedere e anche solo sentire telefonicamente la madre!

Il tutto perche’ la mamma non sarebbe riuscita a ristabilire un rapporto sereno tra il figlio ed il padre!

Un concetto ed una pretesa inconcepibile che ci riporta indietro di 60 o 70 anni: quando tra padre e figli non esisteva alcun genere di relazione affettiva ed ogni comunicazione  culturalmente veniva mediata dalle madri, per il rifiuto o l’incapacità paterna a comunicare e relazionarsi con i figli, cosicche’ risultava scontato, anche se già profondamente ingiusto, imputare alle donne eventuali carenze del rapporto padre-figli!

Una pretesa che oggi, con la consapevolezza sociale, scientifica e giuridica a cui si è giunti, non può più accettarsi, rimanendo espressione di quel mondo e di una cultura patriarcale e misogina che avremmo voluto veder ormai finita da tempo: una pretesa che peraltro MORTIFICA E CONTRADDICE LO STESSO PRINCIPIO DI BIGENITORIALITA’ CHE DICE INCOERENTEMENTE DI VOLER AFFERMARE E DIFENDERE!

Sara’ cosi che a giorni, a causa di tal pretesa dal sapore pregiudiziale e discriminante, questo bambino non avrà alcun punto di riferimento sicuro intorno a sé!

Non sappiamo e non vogliamo indagare i motivi per i quali questo bambino sembrerebbe rifiutare un genitore. Le sedi opportune valuteranno la coerenza, con i principi costituzionali e le Convenzioni internazionali in materia, delle conclusioni peritali a cui il Tribunale dei Minori è giunto, non spettando certo a noi queste disamine.

Tuttavia al di là degli atti processuali, ciò che interessa tutti noi è ribadire con forza che il rifiuto di un bambino verso l’altro genitore, specie se radicale e grave, non può essere semplicemente PRESUNTO come conseguenza di una manipolazione materna, assolutamente rimasta non dimostrata né dimostrabile, perché illogica, irragionevole e scientificamente infondata …e come tale tautologica!


Un bambino perfettamente integrato in vari contesti sociali, come ci risulta essere  il figlio di Laura, NON DOVREBBE  ESSERE CONSIDERATO un bambino abusato dalla madre, così da giustificare provvedimenti cosi gravi da non essere stati  adottati neppure in casi di  genitori  macchiatisi di reati  come il figlicidio!

NON SI PUO’ sottrarre un bambino al suo mondo ed ai suoi affetti, NON SI PUO’ traumatizzare allotanandolo dalla madre, che egli riconosce come unico genitore accudente sicuro, né deve essere posta in pericolo la sua salute fisica e psicologica PER COLPA DEI GENITORI, O DI UNO FRA QUESTI, e ciò NON PUO’ E NON DEVE ESSERE FATTO NEPPURE DALLE ISTITUZIONI: SOPRATTUTTO DA QUELLE PREPOSTE ALLA TUTELA DEL BENESSERE DI QUELLO STESSO BAMBINO!

NE’ E’ AMMISSIBILE CHE UNA MADRE VENGA PRIVATA DELL’AFFIDO GENITORIALE SOLO PERCHE’ NON E’ RIUSCITA A FAR ACCETTARE AL FIGLIO LA PRESENZA DEL PADRE!

LE ISTITUZIONI ED I TRIBUNALI NON DEVONO FARSI STRUMENTO DI PERSECUZIONE DEI   BAMBINI!

VI CHIEDIAMO DI FiRMARE TUTTI!

Avv. M.Nacca

https://www.maisonantigone.it/

Roma 7 novembre 2018

aggiornata al 10 maggio 2019

https://www.change.org/p/sergio-mattarella-gi%C3%B9-le-mani-dal-figlio-di-laura

P

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Comunicato Stampa – MAISON ANTIGONE E’ DALLA PARTE DEL FIGLIO DELLA MAMMA ROMANA LAURA M. PERCHE’ IL DIRITTO ALLA SALUTE DI UN BAMBINO PREVALE SUL DIRITTO DI UN ADULTO ALLA GENITORIALITA’

7 Novembre 2018 | Redazione

di Avv. Michela Nacca Presidente Maison Antigone

Siamo rimaste allarmate dinanzi agli appelli lanciati via social dalla mamma romana Laura M. sicché abbiamo deciso di farci promotrici in data odierna di una Petizione rivolta al pubblico intitolata “Giù le mani dal figlio di Laura!”, pubblicata sul Portale Change.org (vai al link).

Attraverso la Petizione, aperta alla sottoscrizione di chiunque abbia a cuore la sorte ed il benessere dei bambini, CHIEDIAMO al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Ministro della Giustizia Bonafede, al Presidente del Tribunale per i Minori di Roma di FERMARE L’ENNESIMA SOTTRAZIONE FORZOSA DI UN BAMBINO ALLA SUA CASA, AI SUOI AFFETTI, ALLA SUA MAMMA LAURA M.

SI TRATTA DI UNA SOTTRAZIONE, l’ennesima, CHE STA PER ESSERE CONSUMATA IN NOME DI UN FALSO COSTRUTTO DENOMINATO “ALIENAZIONE GENITORIALE”: IL PRODOTTO DI UNA CULTURA ADULTOCENTRICA E VIOLENTA.

Da anni nei Tribunali di tutta Italia stiamo assistendo al perpetuarsi di violenze contro le madri, non più solo consumate tra le quattro mura domestiche ma ormai agita anche nelle aule giudiziarie e fattasi istituzionale, grazie ad una normazione (L. 54/2006) frutto di una attività legislativa e giurisprudenziale espressione di una  cultura che si va facendo sempre più adultocentrica, profondamente misogina e violenta, indifferente alle sofferenze dei minori.

La stessa cultura che ha dato forma agli  articoli 17 e 18 contenuti nel DDL 735 (anche detto “ddl Camerini -Pillon -Mazzola -Vezzetti- Pingitore” dai nomi di coloro che ne hanno rivendicato la paternità totale o parziale) che questo escamotage legale “ruba-bambini” della “alienazione” o “estraniazione” vorrebbero introdurre addirittura per legge!

Una stortura così grave che, insieme ad altre,  indurrà tra pochi giorni, il 10 novembre p.v., migliaia di donne e uomini a scendere nelle piazze italiane per manifestare contro.

Centinaia di minori, anche in tenera età, grazie a CTU completamente aderenti al costrutto ideologico della “alienazione genitoriale”(gia’ denominata PAS e  ridefinita  “estraniazione” dall’art.17 del DDL  735, per farne dimenticare le losche origini gardneriane!), vengono sottratti dai Tribunali italiani alle loro madri non perché queste siano delle assassine, non perché abbiano commesso atti di pedofilia o abusi sui loro figli, ma solo ed esclusivamente per il semplice fatto che questi figli presentano atteggiamenti di forte difesa, di sé e/o della madre, manifestando terrore e rifiuto verso il padre!

Nei Tribunali oggi sempre più spesso accade che non venga più indagata la motivazione del rifiuto del bambino, né sembrerebbe importare più ad alcun Giudice o CTU capire se il rifiuto di un minore sia frutto di un grave abuso fisico e/o psicologico commesso dal genitore rifiutato! Spesso neppure più si indaga la personalità dei genitori, perché si preferisce  la difesa del diritto adultocentrico alla bigenitorialità, da tutelare  sempre e comunque, anche dinanzi gravi comportamenti di violenza genitoriale e patologie psichiche!

Nei Tribunali Italiani verifichiamo come, sull’altare della difesa del diritto indiscriminato degli adulti alla bigenitorialità, sempre più spesso si consuma il sacrificio dei diritti essenziali dei figli minori: il loro diritto alla salute, alla libertà, alla salvezza, financo quello alla tutela dalla violenza fisica e psicologica!

E’ grave cio’  che sta per accadere al figlio di questa mamma romana, che il 6 novembre 2018 tramite un video ha lanciato un grido di aiuto a tutte le donne e gli uomini di buona volontà cioe’ quanto gia’ purtroppo sperimentato da molte altre donne: in primis dalla mamma del piccolo Federico Barakat, da Federica Puma e la piccola Beatrice,  da tante altre…. ossia un bambino di soli otto anni, per di più portatore di una malattia autoimmune cronica e invalidante che pone a rischio la sua salute e la sua stessa vita, a rischio aggravamento dalle conseguenze imprevedibili (come lo sono tutte le malattie autoimmuni!) ad ogni minimo stress, per la quale già assume costantemente farmaci, verrà presto sottratto con la forza alla sua casa, al suo ambiente domestico, alla sua mamma alla quale è legatissimo e verrà messo in una casa famiglia, con proibizione di vedere e anche solo sentire telefonicamente la madre!

Il tutto perché la mamma non sarebbe riuscita a ristabilire un rapporto sereno tra il figlio ed il padre!

Un concetto ed una pretesa inconcepibile che ci riporta indietro di 60 o 70 anni: quando tra padre e figli non esisteva alcun genere di relazione affettiva ed ogni comunicazione culturalmente veniva mediata dalle madri, per il rifiuto o l’incapacità paterna a comunicare, cosicché risultava scontato, anche se già profondamente ingiusto, imputare alle donne eventuali carenze del rapporto padre-figli!

Una pretesa che oggi, con la consapevolezza scientifica e giuridica a cui si è giunti, non può più accettarsi, rimanendo espressione di quel mondo e di una cultura patriarcale e misogina che avremmo voluto veder ormai finita da tempo: una pretesa che peraltro MORTIFICA E CONTRADDICE LO STESSO PRINCIPIO DI BIGENITORIALITA’ CHE DICE INCOERENTEMENTE VOLER AFFERMARE E DIFENDERE!

Sara’ cosi che, a giorni, a causa di tal pretesa dal sapore pregiudiziale e discriminante,  questo bambino non avrà alcun punto di riferimento sicuro intorno a sé!

Non sappiamo e non vogliamo indagare i motivi per i quali questo bambino sembrerebbe rifiutare un genitore. Le sedi opportune valuteranno la coerenza, con i principi costituzionali e le Convenzioni internazionali  in materia, delle conclusioni peritali a cui il Tribunale dei Minori è giunto (oggi 7 novembre 2018 a quanto ci consta ancora non fatto proprio dal Giudice incaricato), non spettando certo a noi queste disamine.

Tuttavia al di là degli atti processuali, ciò che interessa tutti noi è ribadire con forza che il rifiuto di un bambino verso l’altro genitore, specie se radicale e grave, non può essere semplicemente PRESUNTO come conseguenza di una manipolazione materna, assolutamente rimasta non dimostrata né dimostrabile, perché illogica, irragionevole e scientificamente infondata… e come tale tautologica!

Un bambino perfettamente integrato in vari contesti sociali, come ci risulta il figlio di Laura, NON DOVREBBE ESSERE CONSIDERATO un bambino abusato dalla madre, così da giustificare provvedimenti cosi gravi da non essere stati adottati neppure in casi di  genitori  macchiatisi di reati gravi come il figlicidio!

NON SI PUO’ sottrarre un bambino al suo mondo ed ai suoi affetti, NON SI PUO’ traumatizzare allontanandolo dalla madre, che egli riconosce come genitore accudente sicuro, né deve essere posta in pericolo la sua salute fisica e psicologica PER COLPA DEI GENITORI, O DI UNO FRA QUESTI, e ciò NON PUO’ E NON DEVE ESSERE FATTO NEPPURE DALLE ISTITUZIONI: SOPRATTUTTO DA QUELLE PREPOSTE ALLA TUTELA DEL BENESSERE DI QUELLO STESSO BAMBINO!

LE ISTITUZIONI ED I TRIBUNALI NON DEVONO FARSI STRUMENTO DI PERSECUZIONE DEI  BAMBINI!

VI CHIEDIAMO DI FiRMARE TUTTI!

QUEI FIGLI DIMENTICATI DAL DDL PILLON

5 Novembre 2018 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio

In questi ultimi mesi abbiamo molto sentito parlare e molto letto del disegno di legge n. 735 sulla riforma del diritto di famiglia che è stato subito ribattezzato “Ddl Pillon” dal nome del suo primo firmatario e promotore nonché estensore insieme ad altri soggetti meno noti ai più.

La nostra ferma opposizione verso questa riforma che riteniamo dannosa per i bambini, assolutamente adultocentrica ed anche con diversi elementi di incostituzionalità è stata oggetto di molti post sulla nostra pagina Facebook e di articoli sul nostro sito.

Abbiamo analizzato ogni articolo, ogni singolo aspetto di questo disegno di legge ed ogni sua possibile conseguenza sulla vita pratica dei bambini e ragazzi italiani.

Proprio pensando ai bambini e ragazzi italiani, ad ogni singolo caso che abbiamo visto transitare nei nostri studi legali e che abbiamo anche visto evolversi e risolversi pacificamente con l’impegno di molti genitori, ci è balzato alla mente un aspetto che NESSUNO, sino ad oggi, si è peritato di analizzare circa il Ddl Pillon: quello dei bambini e ragazzi con un disturbo specifico dell’apprendimento o del comportamento dei bambini affetti da disturbo dello spettro autistico e dei minori disabili.

Bambini e ragazzi dimenticati dal Ddl Pillon, invisibili agli occhi di chi, avendo una visione ed un approccio adultocentrato, non poteva certamente analizzare cosa succederebbe se questo disegno di legge venisse approvato.

Occorre brevemente premettere che nella nostra esperienza professionale ed umana, abbiamo registrato un aumento esponenziale del numero di bambini e ragazzi che presentino tali tipi di disturbo; infatti è solo grazie agli enormi passi in avanti compiuti dalle neuroscienze che oggi si conoscono queste intelligenze diversificate e che vengono riconosciute, a livello legislativo, non solo dalla generica legge n. 104/1992 ma anche dalla più specifica legge 170/2010 la quale garantisce il diritto agli studenti DSA, BES ecc. di usufruire di mezzi didattici differenziati e calibrati sulla loro specifica difficoltà.

Ebbene, di questi bambini e ragazzi così come di tutte le disabilità, il Ddl Pillon non fa la benché minima menzione facendoci prevedere un’applicazione concreta della ossessiva e rigida parità dei tempi di permanenza che sarebbe quanto di più dannoso possa esistere per questi bambini e ragazzi.

Di questa rigida applicazione siamo certi poiché ciò a cui mira il Ddl Pillon sembra proprio essere una delega totale ed in bianco alla figura del mediatore familiare (la cui formazione professionale dovrebbe avere caratteristiche accademiche e non essere affidata ad un minicorso specialistico), una delegittimazione del magistrato, unico e naturale persecutore del superiore interesse di un bambino e che normalmente analizza ogni singolo caso ed applica il regime di affidamento e collocamento migliore per il figlio, non certo a tutti i costi quello migliore per i genitori!

Dunque, il mediatore, costringendo letteralmente i coniugi a trovare un accordo con tempi paritari di permanenza del figlio, arriverebbe a far spostare per il 50% del mese anche un figlio disabile o autistico o con un DSA, BES ecc… pur di garantire il diritto paterno alla bigenitorialità.

In totale spregio del principio per il quale ogni nucleo familiare è un caso a se stante, ogni bambino va trattato come PERSONA portatrice di proprie necessità e sentimenti, questo disegno di legge imporrebbe anche a bambini con disabilità e problematiche legate alla sfera emotiva e dell’apprendimento o sviluppo di fare le valige almeno una volta al mese per recarsi in una casa diversa, con abitudini diverse, con spazi diversi e con notevoli difficoltà logistico pratiche.

Questi figli, invisibili agli occhi di chi ha scritto il Ddl Pillon, verrebbero privati di un proprio diritto fondamentale che risiede nell’art. 3 della Costituzione il quale, nel recitare che tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge ha inteso, innanzitutto, garantire uguaglianza a TUTTI i soggetti di diritto senza distinzioni di alcun tipo. Ebbene, nella pratica applicazione delle norme, ciò si traduce nel rimuovere ostacoli penalizzanti per alcune categorie di persone.

Uguaglianza da perseguire sempre, dunque, ma solo in senso migliorativo e non peggiorativo della condizione di un cittadino!

Il Ddl Pillon disattende questo principio nel momento in cui pretende di applicare i propri principi, le proprie regole a TUTTI i minori italiani senza distinzione alcuna e senza tenere conto di esigenze particolari legate a disabilità di vario genere e grado.

Un altro e non banale motivo per ribadire il nostro fermo NO a questa sciagurata riforma del diritto di famiglia.

COORDINAZIONE GENITORIALE

1 Novembre 2018 | Redazione

di Avv. M. Nacca

Sempre fallimentare se privata… Quasi sempre se pubblica!

E’ in atto una sperimentazione presso il tribunale di Roma, al fine di introdurre la figura del coordinatore genitoriale, per aiutare coppie genitoriali separate e ad alta conflittualità a svolgere i loro obblighi e imparare a mediare nelle decisioni che li riguardino, inerenti i figli minori.

Questo quanto riportato durante un Convegno organizzato dal Consiglio dell’Ordine di Roma il 30 ottobre 2018, durante il quale è stato spiegato l’andamento della sperimentazione, in atto già da un anno.

Relatori presenti l’Avv. Pompilia Rossi, che ha avviato i lavori esprimendo riserve su quanto stabilito nel ddl 735 attualmente in sede redigente in Commissione Giustizia del Senato, in merito alla figura del coordinatore genitoriale ed al piano genitoriale.

La Giudice Stefania Ciani ha ricordato come già dai tempi della propria attività presso il Tribunale di Civitavecchia aveva avviato una collaborazione con la Dott.ssa Silvia Mazzoni, Psicologa della Associazione Coordinatori Genitoriali, sperimentando questa nuova figura coordinatrice tra genitori separati e ad alta conflittualità, che ora ha trasportato anche al Tribunale di Roma, dove la Giudice ha chiesto ed ottenuto il trasferimento. Presente anche la Dottoressa Mazzolini, CTU in casi di separazione e affido ad alta conflittualità, già compagna di studi universitari della Dottoressa Silvia Mazzoni, come quest’ultima ha tenuto a precisare con viva soddisfazione e orgoglio.

La Dottoressa Elena Giudice ha portato la propria esperienza di assistente sociale e coordinatrice genitoriale a Milano. Infine il giornalista Dott. Luciano Galassi, moderatore dell’incontro, ha presentato il Presidente del Centro Studi Separazione Dott. Fabio Nestola, che nei pochi minuti rimanenti ha spiegato le motivazioni per le quali il coordinatore genitoriale potrebbe costituire, a suo dire, una risposta all’alta conflittualità processuale delle coppie genitoriali.

Ciò che non è stato precisato tuttavia è che tali coppie altamente conflittuali non sono certo la maggioranza: dagli indici Istat risulta infatti che solo il 16% delle coppie in fase di separazione lo facciano conflittualmente (Istat 2016). L’Istat non specifica quante di queste coppie siano definibili ad alta conflittualità e quante invece a bassa o intermedia conflittualità. Né ciò è stato chiarito durante il Convegno, né sono stati chiariti i termini e neppure i criteri distintivi utilizzati per definire le coppie ad alta, media e bassa conflittualità.

La Dottoressa Mazzoni ha riferito che varie coppie genitoriali dalla “alta conflittualità” processuale, tra cui una addirittura caratterizzata da violenza e stalking, siano state indirizzate da Giudici del Tribunale di Roma in centri di coordinazione genitoriale da lei gestiti/monitorati: uno privato, a pagamento delle parti, l’altro pubblico, gestito da Asl. Ci salta immediatamente agli occhi e con evidenza la grave violazione della Convenzione di Istanbul, almeno nel caso della coppia con violenza e procedimento in corso per stalking.

La Dottoressa Mazzoni ha precisato che le parti inviate nel centro privato hanno aderito allo “invito” del Giudice, accettandone anche l’oneroso impegno. Tuttavia questi si sono rivelati TUTTI tentativi fallimentari, perché dopo poco tempo entrambi o una delle due parti ha chiesto di sospendere la coordinazione, motivando la scelta con una difficoltà a sostenere l’onere economico (60 euro a seduta).

I casi inviati nel centro gestito dalla Asl sono invece ancora in corso (dopo un anno): uno sembrerebbe essere in via di soluzione, gli altri no. Non si sa quanti essi siano di preciso, ma la Dottoressa Mazzoni ha evidenziato che in Canada la sperimentazione iniziale del coordinatore genitoriale venne effettuata con soli 10 casi! La Dottoressa Mazzoni ha altresì precisato che gli invii dei Giudici sono stati alcuni a CTU chiusa, già terminata, altri a CTU aperta: in quest’ultimo caso, gravemente fallimentare, si è determinato un “blocco” della CTU medesima.

E’ stato specificato dai Relatori come, negli Stati dove il coordinatore genitoriale già è figura operante, sia emerso come delle coppie necessitino del coordinatore per anni e anni, fino alla maggiore età dei figli, rimanendo del tutto incapaci a gestire il rapporto con i figli, con l’altro genitore e non riuscendo dunque a mantenere il piano genitoriale in via autonoma.

Secondo la Dottoressa Mazzolini, incaricata come CTU nei tribunali romani, il piano genitoriale dovrebbe fungere, per tali genitori altamente confliggenti ed incapaci di proiettarsi simbolicamente, come un “oggetto autistico”.

Mille i dubbi e le riserve (da avvocato).

L’alta conflittualità delle coppie genitoriali in fase di separazione/divorzio per motivi di affido o gestione dell’affido può essere dovuta non solo a

  1. grave incapacità relazionale/mediativa del singolo genitore o della coppia genitoriale, ma anche a
  2. lucida e precisa VOLONTA’:
    1. di non collaborare/mediare con l’altro genitore,
    2. di non accettare le responsabilità genitoriali,
    3. finalizzata a strumentalizzare il conflitto sulla gestione genitoriale, stressandolo all’inverosimile e per anni, per l’ottenimento di tutt’altri scopi (variazione del tipo di affido già deciso dal Giudice …o anche allo scopo di continuare ad usare violenza psicologica ecc.).       

In tutti i casi la coordinazione genitoriale ci è sembrato uno strumento insufficiente e inadeguato (almeno per i casi ad “Alta conflittualità” per i quali ad oggi pare destinato): chi nutre una volontà contraria al coordinamento genitoriale, così come avviene per la mediazione, non servirà e non basterà MAI che esso venga prolungato per anni e anni, gravando inutilmente sui contribuenti. Un genitore che NON VUOLE trovare un accordo collaborativo con l’altro, non verrà certo persuaso da un coordinatore genitoriale (né da un mediatore) a recedere dalle sue intenzioni: specie se finalizzate a strumentalizzazioni o perpetuare violenza psicologica.

Nel caso in cui il conflitto processuale e genitoriale sia dovuto a strumentalizzazione, infatti, l’intervento tempestivo e decisivo del Giudice è doveroso e necessario, l’unico ammissibile: la coordinazione genitoriale infatti servirebbe solo come strumento nelle mani del genitore manipolatore, permettendogli di proseguire per anni e anni il “gioco” ricattatorio.

Se il problema è invece la incapacità genitoriale, una coordinazione genitoriale, senza contemporaneo e ben accetto adeguato supporto psicologico/psicoterapeutico del singolo, ci sembra inevitabilmente del tutto inutile e fallimentare ab initio. Un non senso.

  1. Il Coordinatore non ha e non può avere l’autorevolezza e l’autorità del Giudice: inutile dunque incaricare un coordinatore che rimarrebbe inascoltato da coppie genitoriali o singoli genitori “altamente conflittuali” (per incomprensione o per precisa volontà contraria, se non addirittura per fini strumentalizzanti).
  2. Se il fine è quello di risparmiare sui costi della Giustizia, è chiaro che il modo non è quello di travasarli sulla Sanità e, oltretutto, senza risultati evidenti (o con risultati CONTRARI), con costi che andrebbero COMUNQUE a pesare sulle tasche dei cittadini.
  3. Applicare la coordinazione, così come la mediazione, anche in casi di violenza endofamiliare è UN CRIMINE.
  4. L’impressione finale è che il delirio di Onnipotenza di psicologi e assistenti sociali a volte fa fare brutti scherzi! Non possiamo CONTROLLARE E PACIFICARE TUTTO… e NON TUTTI agiscono in modo CONTRARIO ALLA LEGGE ED AL BUON SENSO, NONCHE’ A REGOLE DI QUIETO VIVERE, per incapacità. Molti lo fanno per una volontà precisa! LO VOGLIAMO AMMETTERE O NO? Soprattutto psicologi/psichiatri non possono pensare di poter SOSTITUIRSI ALLA GIUSTIZIA…oppure, ancor peggio, di POTER LORO APPLICARE LA GIUSTIZIA!
  5. I Giudici andrebbero meglio preparati e selezionati: non solo da un punto di vista normativo (possibile che non conoscano la Convenzione di Istanbul?) ma anche da un punto di vista psicologico affettivo (non basta conoscere la Convenzione di Istanbul, bisogna capirne anche il senso sotteso, nonché avere la consapevolezza del PROPRIO RUOLO, accettandone la funzione ed i doveri, con la sicurezza di sè che è necessaria a tale impegno, senza avvertire l’esigenza di delegarlo ad altri assolutamente impreparati dal punto di vista legale!).

E’ IN ATTO UN ATTACCO ALLA MAGISTRATURA ED AL PARLAMENTO?

4 Ottobre 2018 | Redazione

di Avv. M.Nacca

Ieri sera la Casa Internazionale delle Donne di Roma, a via della Lungara 19, era così gremita da non contenerci tutte.

Fra noi degli infiltrati.

Tutte unite, in modo trasversale, contro una evidente deriva patriarcale e maschilista che, tramite il ddl 735 ed i suoi ddl “gemelli”, sembrerebbe voler annientare i diritti femminili e quelli dei bambini, lasciando entrambi alla mercé di violenti e soprattutto pedofili, nonché svilire i diritti di tutti gli altri uomini liberi.

L’evidenza è tratta dai contenuti stessi del ddl!

Si tratta di una  deriva politica che, per le modalità legislative  attuate ed i contenuti proposti nella riforma, chiaramente finirebbe per sovvertire NON SOLO l’autonomia decisionale lecita di ognuno/a, MA ANCHE i PROCESSI LEGISLATIVI E GIURISDIZIONALI che fanno ancora del nostro Paese una DEMOCRAZIA!

  1. Innanzitutto riformando, alla luce dei contenuti del ddl,  in modo radicale e violento, reazionario, una materia delicatissima, quella della famiglia, che è alla base del vivere sociale,  caratterizzandone dunque, per il suo tramite, ogni aspetto. E’ chiaro che si vorrebbe ritornare ad un sistema familiare e sociale fondato sulla patria potestà, sebbene non dichiarato esplicitamente,  sulla negazione dei diritti delle donne, o perlomeno di quelle fragili economicamente, ma soprattutto sulla negazione delle violenze familiari e sulla sottomissione delle vittime di violenza e pedofilia. Un sistema che, se attuato, nei fatti  impedirebbe la persecuzione e condanna giudiziaria di ogni violenza familiare.
  2. Tutto ciò avviene esautorando Magistratura e Parlamento!

La riforma proposta nel ddl Pillon – e nei suoi ddl gemelli – infatti intende PRIVATIZZARE la materia che ne è oggetto, ma al contempo CONTROLLARLA IN OGNI SUO DETTAGLIO, ledendo così l’autonomia decisionale lecita di ognuno/a e smantellando un sistema giudiziario che tutela i diritti fondamentali di persone e fanciulli.

Lo fa riconoscendo a Mediatori e coordinatori PRIVATI quei poteri e facoltà che oggi sono attribuibili solo ed esclusivamente alla Magistratura.

Si tratta per di più di una riforma che viene discussa e vorrebbe essere attuata CON UN COLPO DI MANO E SENZA PASSARE DALLA SUA SEDE NATURALE: IL PARLAMENTO.

POCHI SENATORI hanno sottoscritto il ddl e ne basteranno non molti per approvarlo…

Probabilmente saranno molte le UDIENZE che dalla Commissione Giustizia verranno CONCESSE alle Associazioni richiedenti:

  • in primis quelle Associazioni che questo ddl hanno sostenuto. Cioè  circa 60, come  hanno dichiarato i  firmatari ed autori  del cd. Ddl Pillon . Si tratta di associazioni e comitati  di cd “Padri Separati”:  che tuttavia nonostante il nome generalizzante non rappresentano affatto TUTTI i padri separati nè i loro interessi. Si tratta infatti di associazioni costituite in realtà da poco più l’8,9% di tutti i padri separati: cioè per lo più da quei padri che hanno visto negarsi giudizialmente l’affido condiviso dei figli (v. Istat 2016 p. 1ss) e ciò ovviamente per gravi motivi, che  omettono di riferire. Associazioni  che strizzano l’occhio agli altri padri, quel 90% dei padri separati restanti  mai raggiunti da alcun provvedimento giudiziale restrittivo, il cui sostegno cercano di attrarre allettandoli con l’idea di poter evitare di continuare a pagare un assegno per il contributo al mantenimento dei figli, solleticandone gli egoismi, l’avidità, le esigenze narcisistiche o anche solo gli interessi di parte.
  • Saranno senz’altro audite anche le Associazioni di Padri Separati che fanno finta di criticare il ddl ritenendolo “poco incisivo”: quelle ad esempio legate agli autori della legge 54/2006. Avendo anche queste  già da mesi pronti emendamenti peggiorativi!
  • Le altre Associazioni, quelle che denunciano la pericolosità di questo ddl, saranno considerate ed ascoltate? FORSE SI… MA FORSE SOLO per mettere a tacere le ovvie critiche che ne seguirebbero, se ciò non fosse fatto.     

Tuttavia  concedere udienza NON SIGNIFICA automaticamente dare ascolto!

Né significa attuare le critiche espresse con emendamenti puntuali!

Oggi la Società DEVE intervenire.

AFFIDO A TEMPI PARITETICI E AFFIDO MATERIALMENTE CONDIVISO PROPOSTI DAL DDL 735

30 Settembre 2018 | Redazione

di Avv. M.Nacca

Una Riforma di affido dei figli omicida

Gli estensori del ddl tuttavia si soffermano soprattutto sul caso svedese, considerato il più evoluto, laddove nel 28% dei casi di separazione i genitori scelgono un tipo di affido/collocazione a tempi esattamente paritetici (50% e 50%) mentre nel 40% si avrebbe un affido di tipo “materialmente condiviso” con tempi prossimi al 50%. Solo il restante 32% dei genitori separati svedesi preferirebbe dunque una collocazione prevalente presso la madre o il padre.

“Avvenire” ritiene provocatoriamente un “mistero” la causa di un tal numero di suicidi e malattie fra i giovanissimi svedesi, finendo per additarla nella stessa separazione dei genitori. Ma è veramente così?

Se così fosse, allora anche in Italia dovremmo avere lo stesso numero di suicidi l’anno, tra bambini e adolescenti, visto che anche in Italia il 50% delle coppie coniugali e genitoriali si separa (dati Istat 2016).

La causa dunque non risiede nella separazione genitoriale in sé, ma più probabilmente nelle sue diverse modalità e criteri, rispetto a quelle svedesi!

In Italia infatti ancor oggi l’83% delle coppie coniugali che si separano lo fanno consensualmente e, in oltre il 90% dei casi, decidono di allocare i loro figli prevalentemente presso la madre: e ciò fanno in pieno accordo al fine di traumatizzare meno possibile i figli, facendo sì che, nonostante la loro decisione di separarsi, questi bambini e adolescenti non abbiano a soffrire più del necessario la rottura creatasi, non dovendo cioè anche alterare tutta la loro vita ed i loro tempi ed impegni pregressi, compresi quelli da dedicare alla socializzazione e frequentazione di amici, al di fuori del contesto familiare.

Un tempo che viceversa, proprio nei casi di affido con “bigenitorialità materiale”, verrebbe fortemente sacrificato: perché quando un bambino o un adolescente viene costretto a vivere per anni con le valigie sempre fatte, facendo da spola ogni 3 o 5 giorni tra la casa del padre e quella della madre, spesso non attigue, dividendosi tra le esigenze egoiste di due genitori che puerilmente si contendono tutte le sue attenzioni, financo il suo tempo fino all’ultimo giorno o all’ultimo secondo, il risultato è la solitudine del loro figlio: adorato, conteso, ma non veramente amato!

L’esigenza del bambino, dai 4 anni in poi, ed a maggior ragione in una età successiva adolescenziale, non è più infatti quella di giocare e stare con mamma e/o papà. Ma quella di imparare a socializzare, giocando e misurandosi con i coetanei! E per attuare ciò bisogna sacrificare i tempi da dedicare a padre e madre, nonché a nonni e zii, come è sempre stato! Non basta infatti solo la scuola e l’orario mattutino, ma è necessario che il bambino /adolescente si confronti anche in altri contesti, quelli pomeridiani, del tutto necessari per la sua crescita equilibrata: la palestra, i campi da calcio, il cortile sotto casa…..

Tempi che invece da alcuni genitori vengono rivendicati come di propria spettanza e prioritari per se stessi.

Ed è per questo che, per noi, è evidente e chiaro il collegamento tra applicazione della cd “bigenitorialità materiale” e l’elevato tasso di suicidi svedese!

Dividere il tempo tra un padre ed una madre, che si impongono l’uno sull’altra per ottenere al 50% il figlio, significa che a questo bambino/adolescente, avendo a che fare con genitori immaturi ed egocentrati, non sarà permesso di avere tempo, attenzioni ed energie da spendere con i coetanei, con cui imparare ad affrontare il mondo, gli altri…cioè sarà un bambino e un adolescente drammaticamente SOLO!

Perché l’ esigenza dei bambini, specie poi quelle degli adolescenti, è GIOCARE CON I COETANEI ed in tal modo imparare ad affrontare i rischi del mondo, senza averne paura, anche perché inserito in contesti di amici che lo accompagneranno per anni.

Un bambino/ragazzo che è invece costretto a stare TUTTO O QUASI TUTTO IL TEMPO con papà e mamma (per colmare il vuoto affettivo o i sensi di colpa degli ADULTI) magari anche dovendo fingere di divertirsi con loro e di preferirli alla festa di compleanno del compagnetto, o alla recita di fine anno scolastico, o alla partita della propria squadra (perché sennò papà o mamma si offendono e sono gelosi di chissà cosa e chissà chi) in realtà E’ SOLO!

Certo non in senso fisico…ma psicologicamente e affettivamente SOLO: perché nessuno capisce le SUE esigenze e perché, sempre impegnato con papà e mamma, finisce per essere isolato dai coetanei!

Pensiamoci, prima di far approvare una riforma abnorme e fallimentare, che ucciderà i nostri figli!

Una volontà legislativa, quella sottesa a questa Riforma normativa, che non pone in primo piano le esigenze dei bambini ma quelle dei genitori…suicidando il futuro del nostro Paese e dei nostri figli!

IL VOCABOLARIO SESSISTA… IN PROGRESS

28 Settembre 2018 | Redazione

di Avv. Michela Nacca


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  1. “Tu non puoi farlo, non sei maschio”
  2. “A che ti serve studiare, se poi devi badare a casa e figli”
  3. “All’università ci vanno le poco di buono”
  4. “Meglio che non studi, sennò ti vengono grilli per la testa e non sarai una brava madre”
  5. “Nel tuo caso, meglio investire i soldi in un corredo, che in studi universitari”
  6. “Ti avviso….ti laurei, ma poi dopo sposata è meglio che appendi la laurea al chiodo”
  7. “le donne non entrano nei bar, lo fanno solo le poco di buono”
  8. “Parli troppo, come tutte le femmine”
  9. “Non farti vedere intelligente, o nessuno ti vorrà”
  10. “Sarai libera di fare ciò che vuoi solo dopo sposata”
  11. “Potrai dire la tua solo dopo sposata”
  12. “Ti avviso….te la prendi che non sa cucinare” (rivolto al futuro genero).
  13. “Devi fare quello che vuole tuo marito”
  14. “Il lavoro di tuo marito prima di tutto”
  15. “La casa è compito tuo”
  16. “Non è necessario che lavori”
  17. “Non devi dare confidenza ai maschi”
  18. “Devi curarti e tenerti in forma per tuo marito, sennò non gli piacerai più
  19. “Devi tenerti in forma, sennò tuo marito sarà legittimato a tradirti e lasciarti”
  20. “Mi sono pentito/a di averti fatta diplomare”
  21. “Ma perché, tu pretenderesti di educare tua figlia allo stesso modo del fratello? Si vede che non sei una madre adeguata”
  22. “Pensi più al tuo lavoro che a cucinare”
  23. “Come…..non sai neanche rammendare o ricamare?”
  24. “E’ una donna con le palle”
  25. “Non stiamo a pettinare le bambole”
  26. . “Queste sono cose da femmine….queste sono da maschi”
  27. “Dietro ad un grande uomo c’è una grande donna”
  28. “Non credi che dovresti essere un po’ più femminile?”
  29. “A te quello che manca è un fidanzato!”
  30. “Hai imparato a cucinare? Complimenti! Ora sei pronta per sposarti”
  31. “Le donne devono sentire di profumo, non di sigarette e alcool!”
  32. “Non ti sembra di passare per una troppo facile andando a letto con tanti ragazzi? Sappi che ciò che dico è per il tuo bene”
  33. “Lascia perdere, ti faccio vedere io come si fa”
  34. “Quando fai un bambino? Attenzione che il tempo passa in fretta…”
  35. “Se ti vesti in quel modo tanto provocante non pretendere che gli uomini si comportino bene con te”
  36. “Con tuo fratello è diverso, lui è un maschio”
  37. “Che giorno è oggi? Ti sono venute le mestruazioni?”
  38. “Hanno dato il posto a lei. Sicuramente ha una relazione con il capo”
  39. “Sei fortunata che tuo marito ti aiuti con i lavori domestici”
  40. “Una signorina non dovrebbe dire queste parole”
  41. “Se cammini da sola per strada ti può succedere qualcosa”
  42. “Perché non ti curi di più? Così nessuno ti vorrà!”

IL PARERE – IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE ci Curcio Susanna

15 Settembre 2018 | Redazione

di Curcio Susanna

L’intervento dell’Assistente Sociale con le donne vittime di violenza

Ormai, quasi ogni giorno, ci ritroviamo a leggere e ad ascoltare alla tv atti di violenza nei confronti delle donne e spesso purtroppo queste situazioni, anche se vengono denunciate, risultano sottovalutate dalle nostre istituzioni.

Su tutto il territorio italiano esistono tuttavia professionisti e organizzazioni che si attivano per la difesa di queste vittime innocenti e per combattere il fenomeno della violenza di genere dilagante. Centri anti-violenza, associazioni di promozione sociale e volontariato, consultori famigliari e servizio sociale professionale si adoperano quotidianamente con la presenza di operatori preparati e qualificati per interventi efficienti ed efficaci. Medici, psicologi, avvocati, assistenti sociali, operatori sociali e volontari lavorano in rete affinché la donna non si senta sola e venga presa in carico da un equipe multidisciplinare, per un supporto e un sostegno totale lungo tutto il suo percorso.

In particolare la figura dell’assistente sociale, durante il primo colloquio conoscitivo con la donna, cerca di analizzare la situazione riportata dalla stessa, approfondendo le criticità e individuando le risorse personali ed economiche presenti. Fondamentale infatti, risulta la fase dell’accoglienza, poiché se la donna viene messa a proprio agio e percepisce comprensione, empatia e complicità, questa riuscirà ad aprirsi e a raccontare la violenza subita. L’operatore dunque, deve essere in grado di ottenere la fiducia della donna, così da essere da stimolo per il cambiamento della condizione della vittima. L’assistente sociale, inoltre, fornisce le informazioni necessarie sulle azioni da perseguire, qualora si decida di denunciare e intraprendere un percorso di autonomia e libertà dall’uomo maltrattante. La donna e l’assistente sociale, secondo le esigenze proprie della vittima e considerata l’eventuale presenza di figli, progettano compiti e azioni sulla base di obiettivi ben definiti, attraverso l’attivazione di servizi specializzati presenti sul territorio e sviluppando una rete di aiuto parentale/amicale.

In tutte le fasi del processo d’aiuto, l’operatore coinvolge la vittima in tutte le decisioni da prendere, su quali problemi lavorare e intervenire con urgenza, allo scopo di responsabilizzare la donna e rafforzare la sua autonomia e autostima. D’altro canto è la vittima stessa ad aver voglia di uscire dalla situazione di violenza, ed è per questo che l’assistente sociale deve rispettare i tempi di ciascuna donna, spesso alternati da desiderio di rivalsa ed emancipazione ad altri di ripensamento.

L’operatore deve sempre garantire la riservatezza su ciò che viene riferito dall’utente, entro i limiti previsti dalla legge.

L’assistente sociale nel momento in cui si trova a dover lavorare con questo tipo di utenza, collabora con altri professionisti del settore e associazioni del territorio, che si occupano di questa problematica. Il lavoro di equipe è fondamentale nella presa in carico della donna, così da intervenire su tutti gli aspetti che prevedono un intervento.

Di seguito le azioni più importanti dell’assistente sociale qualora si ritrovi a dover affrontare una richiesta di aiuto di donna maltrattata:

  • nei casi di emergenza e pericolo si provvede all’allontanamento della donna e dei figli dalla casa familiare, predisponendo l’inserimento immediato in una struttura protetta o presso parenti/conoscenti che si rendano disponibili;
  • fornire indicazioni o accompagnamento personale della donna presso le forze dell’ordine per presentare una denuncia penale;
  • assicurare supporto nella ricerca di una consulenza legale per l’avvio del procedimento di separazione, divorzio ed affido dei figli minori;
  • nel progetto di autonomia, dare sostegno nella ricerca di un lavoro o per il mantenimento del posto di lavoro;
  • fornire aiuto nella richiesta di sussidi economici al Comune di competenza, se sussistono i presupposti per ottenerli;
  • dare sostegno nella gestione e organizzazione dei figli minori ;
  • attivazione di un supporto psicologico e di altri professionisti che aiutino la donna a superare il momento di difficoltà;

Purtroppo la donna vittima di violenza si mostra reticente nel richiedere aiuto all’assistente sociale: in genere ha paura di non essere creduta, di essere giudicata o che venga minimizzata la situazione. Soprattutto l’idea che gli assistenti sociali provvedano all’allontanamento dei figli spaventa ulteriormente la vittima di violenze e abusi endofamiliari. Invece, proprio in questi casi, si ritiene opportuno mantenere unito il nucleo madre-bambino per non portare ulteriori sofferenze e squilibri alla vita dei minori. Per far si che questa diffidenza nei confronti dell’operatore sociale cambi, bisogna lavorare sull’informazione, diffondendo gli ideali, i valori e i principi su cui si fonda la professione, il ruolo e le azioni che l’assistente sociale mette in atto di fronte a queste circostanze. Dunque, a questo fine, bisognerebbe lavorare su un cambiamento culturale e sociale, così che la donna possa sentirsi tranquilla e libera nell’affidarsi agli enti preposti in cui è presente questa figura professionale, preparata e continuamente aggiornata per rispondere in modo adeguato alle richieste di aiuto di queste donne in difficoltà.

IL PARERE – L’UOMO MALTRATTANTE di Andrea Bernetti

6 Agosto 2018 | Redazione

di Andrea Bernetti, Psicologo CAM

Una lettura del fenomeno a partire dall’esperienza del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti di Roma

Pubblichiamo un contributo del Dott. Andrea Bernetti, psicologo del CAM (Centro Ascolto Maltrattanti) il quale si occupa da molti anni di uomini maltrattanti. Avere un confronto con diverse professionalità ci consente di operare al meglio nella prevenzione della violenza che, spesso, potrebbe essere fermata prima dei tragici epiloghi che leggiamo sui giornali, se solo si conoscessero i meccanismi psicologici sui quali intervenire subito.

Chiama un uomo, piangendo, è tornato a casa e non ha trovato nessuno, né la moglie, né i figli. Sono passati alcuni giorni, ha provato a chiamarla ma non ha ricevuto alcuna risposta, le ha scritto ma lei non ha letto. Ci chiama perché qualche mese prima sua moglie gli disse di contattarci, perché doveva cambiare, ma lui allora non lo ha fatto. Lo accogliamo il giorno dopo, piange ancora, non capisce cosa gli stia succedendo, non sa come fare e non sa darsi pace. Gli chiediamo cosa succedeva nel suo rapporto, lui ci racconta che era molto geloso, che si arrabbiava spesso, ma lo faceva perché lei e i suoi figli sono l’unica cosa che ha al mondo, non voleva perderli. Gli dico che molto probabilmente la donna con i bambini è in una casa rifugio, non è raggiungibile e presto avrà informazioni in merito, che dovrebbe iniziare a farsi qualche domanda. Lui non capisce, non si capacita. Dice che da solo non sa come fare, che senza di loro non ha nulla, non è nulla.

Quest’uomo è uno dei tanti uomini che ci hanno chiamato e dei tanti che ci contatteranno. Noi siamo il CAM di Roma, il Centro di Ascolto per Uomini Maltrattanti. Siamo uno dei pochi centri in Italia che offrono un’opportunità di cambiamento agli uomini che agiscono o temono di agire una qualche forma di violenza contro donne e minori nelle loro relazioni affettive. Un progetto in Italia piuttosto innovativo, se pensiamo che il primo centro è nato nel 2009 a Firenze e noi a Roma siamo nati formalmente nel 2014 e attivi dal 2015, mentre nel resto d’Europa già negli anni 80 esistevano esperienze simili.

Le storie che abbiamo ascoltato in questi anni sono diverse tra di loro, alcuni ci contattano ai primi episodi, altri quando la situazione è esplosa, altri ancora mentre hanno un procedimento penale in corso. Ma ci sono alcuni elementi che ritornano in queste storie, elementi che ci fanno intuire che quel che si agita nella violenza di genere è qualcosa di molto profondo che riguarda tutti noi e che parla della nostra cultura e di come ogni uomo (inteso come genere) si costruisce la propria identità e le proprie relazioni in questa cultura.

La violenza degli uomini contro le donne c’è sempre stata, ma fino agli anni 50 del secolo scorso era una violenza pienamente iscritta nelle regole sociali, una violenza che potremmo definire affermativa. In sostanza la cultura indicava l’uomo come l’unico soggetto sociale, come una sorta d’istituzione che vantava, per il solo fatto di esistere, un riconoscimento e alcuni privilegi. La donna non era un vero e proprio soggetto socialmente riconosciuto, era piuttosto un oggetto di possesso, e in questa logica era concepibile e culturalmente accettato che la violenza dell’uomo potesse essere uno degli strumenti legittimi per affermare questo potere sulla donna.

Dagli anni 50, con quella che Pasolini definì come la “mutazione antropologica”, anche la violenza di genere cambia significato, non è più, progressivamente, una violenza “affermativa”, ma una violenza “disperata”, un tentativo, disperato appunto, di riportare al passato qualcosa che è cambiato, ma anche di riuscire a stare in un mondo che non si capisce e non ci garantisce un’identità.

L’uomo diventa quindi una delle tante “istituzioni autoreferenziali” che entrano in profonda crisi. Tutti quei soggetti che si sono vissuti come istituzioni scontatamente date, in qualche modo fuori dal tempo e dal mondo, immutabili e imprescindibili, cioè quei soggetti del “lei non sa chi sono io”, del “pretendo rispetto”, ad esempio la scuola, la politica, i genitori, la sanità, entrano in profonda crisi perché non riescono a costruire il rispetto attraverso la credibilità e la capacità di generare risposte valide, lo pretendono in maniera autoreferenziale a partire da un ruolo, da una posizione acquisita.

L’uomo, il maschio, è una delle tante istituzioni in crisi, perché in secoli di posizione di potere scontatamente dato non ha affinato le sue capacità di comprendere il mondo e di sapersi adattare ad esso, competenze emozionali, espressive, relazionali, affettive.

Le donne, nei secoli passati, ogni metro vissuto fuori dalle mura domestiche se lo sono conquistato con determinazione e competenza: le prime donne che si sono laureate, quelle che hanno iniziato a lavorare fuori dal contesto familiare, ad uscire, a dire la propria, che hanno scelto liberamente il proprio modo di essere al mondo, che hanno manifestato e fatto lotte politiche, lo hanno fatto dimostrando ad un mondo scettico e ostile di poterlo fare, quindi mostrando il proprio valore, la propria identità, le proprie capacità, i propri obiettivi.

Noi uomini, in quanto uomini, cioè in riferimento alla nostra identità di genere, questo percorso di uscita dal contesto sicuro non l’abbiamo mai fatto in maniera ampia e sistematica ed è proprio per questo che culturalmente abbiamo attualmente una grandissima difficoltà a dare senso e motivare la nostra presenza al mondo al di fuori di stereotipi e modelli culturalmente dati, al di fuori dei contesti rassicuranti, per questo abbiamo una grande difficoltà a parlare delle emozioni, a condividerle, a socializzare i nostri vissuti più profondi.

Gli uomini che ci contattano raccontano di questa violenza disperata, cioè del tentativo disperato, difronte all’incapacità di stare in questo mondo non più certo e accogliente a priori, di avere una donna “oggetto” che li rassicuri di avere una identità, un ruolo, un posto al mondo garantito, in cui sentirsi uomini “come una volta”. Queste donne funzionano come “stampelle”, sono le stampelle su cui gli uomini poggiano la loro identità zoppa, inadeguata sia nei confronti di stereotipi e modelli (fortunatamente) irreplicabili del passato, sia nei confronti di un mondo privo di garanzie.

Come ci ha detto quell’uomo citato in apertura, “senza di lei non sono nulla”. Quest’affermazione non ha a che fare con l’amore, con la nostalgia e il lutto per la fine di un amore, che possono farci sentire vuoti e persi nel momento della perdita, queste parole ci raccontano il vissuto di una identità maschile che, nel momento in cui perde la “stampella”, si sente inadeguata, una nullità.

La relazione che l’uomo propone alla donna “stampella” ha però anche il suo fascino, perché è attraente e accattivante sentirsi come la donna che, unica al mondo, può rendere quell’uomo felice e completo, sentirsi in qualche modo voluta, cercata, desiderata. Anzi molto spesso, proprio per attrarla, l’immagine che viene offerta è quella della donna al centro del mondo, su cui tutte le attenzioni dell’uomo si focalizzano, tutte, troppe…. Regali, sorprese, messaggi, feste, cene, galanterie, spesso sono il modo bello e seducente con cui per primo si mostra la violenza.

All’inizio quindi la relazione può essere vissuta come un vero amore, anzi spesso come qualcosa di straordinario. In questo possiamo notare una forte similitudine tra il comportamento mafioso e quello del maltrattante: il mafioso si mostra con macchine, soldi, oro sul petto, donne, offre un’opportunità di essere come lui potente, offre la sensazione di  forza e potere, ma in cambio chiede un asservimento totale, un possesso senza più via d’uscita; così anche l’uomo si mostra con una grande capacità seduttiva e manipolatoria, per poi privare di libertà la donna.

Pur avendo le sembianze di una storia d’amore è sin dall’inizio, anche, una storia di violenza, dapprima violenza psicologica non facilmente percepibile, un lento lavoro di attrazione e di incatenamento a regole limitanti la libertà. Progressivamente la donna diventa una stampella, preziosa, essenziale, fondamentale, insostituibile, ma pur sempre una stampella, un oggetto.

Questo è il fondamento della violenza: la trasformazione di una persona e degli affetti in oggetti.

L’oggetto non muta, lo può mutare chi lo possiede ma esso non muta, questo è il punto centrale, la perdita totale della libertà di cambiare, di esprimersi, di essere se stessi.  

Fino a quando la donna non reclama questo diritto fondamentale a essere se stessa il rapporto continua senza problemi, pur essendo già violento, ma nel momento in cui la donna sente la necessità di tornare ad essere soggetto e non più oggetto, esplode la relazione e si palesa la violenza.

Gli uomini arrivano al CAM in questo momento mostrandosi, potremmo dire coerentemente, come vittime, si sentono veramente tali e nella loro logica non possono essere che vittime di un tradimento.

Sostanzialmente quello che dicono è questo: c’era un accordo tra di noi, lei mi faceva da stampella, io mi sentivo così completo e sicuro, lei, in quanto stampella, non avrebbe mai avuto alcun problema, ora lei ha tradito questo accordo e io mi trovo a terra, un uomo perso e senza strumenti per stare al mondo. Il suo tradimento è una minaccia alla mia stessa vita, io ho il diritto di difendermi cercando di riportare la situazione alla condizione ex ante, oppure ho il diritto di vendicarmi.

Gli uomini si presentano come vittime e in questo senso giustificano la propria violenza, pur formalmente magari accettando di aver fatto un errore. La loro domanda, nei nostri confronti, è una domanda magica di restituzione di una condizione persa: convincere lei a tornare sui suoi passi, confermare la sua teoria che lui è una vittima e lei è una pazza, diventare noi, in qualche modo, la sua nuova stampella consolatoria.

Quel che è importante capire è che per gli uomini in questa situazione è in gioco non semplicemente la fine di una relazione, ma la loro stessa vita, la loro possibilità di essere al mondo, per questo diventa possibile la violenza, fino alla morte, perché di vita o di morte si tratta.

Raccogliere questo tipo di domande significa analizzarle sviluppando un percorso di risignificazione del senso stesso del venire al CAM, dalla domanda magica di restituzione di un potere, illusorio e impotente, perso, ad una domanda di sviluppo delle loro capacità di adattarsi al mondo, ai cambiamenti, di superare le modalità relazionali fondate sulla pretesa (“fammi da stampella”), sulla lamentazione (“non sei più la donna di prima”), sulla diffidenza, sul controllo, emozioni che si coagulano nel vissuto della gelosia, del tradimento, del “non mi dai più alcuna importanza”. Vissuti che ci riguardano tutti, che nell’uomo maltrattante si radicalizzano nelle forme della violenza e della vendetta in quanto egli ha la percezione che sia in gioco la vita, la capacità di esistere al mondo.

Abbiamo provato brevemente a dare una lettura e una descrizione di ciò che avviene quando un uomo viene al CAM e di cosa lo porta a noi, una lettura che non vuole essere esaustiva, ma che permette di dare senso a molte delle vicende connesse alla violenza di genere, un approccio, questo, che, inoltre, unisce la visione psicologica e culturale del problema della violenza. Da anni, e ancora oggi, prosegue la stucchevole discussione se la violenza di genere sia un problema psicologico o culturale, discussione che possiamo superare con un approccio psicosociale, al quale la nostra proposta di lettura si rifà, approccio per cui i due elementi sono in costante dialogo, perché non esiste individuo senza contesto e contesto senza individui, in cui lo psichico è rintracciabile nel contesto come nelle persone.

Per un approfondimento sull’approccio psicosociale vi consiglio la lettura  di “Analisi della domanda – Teoria e tecnica dell’intervento psicologico” Renzo Carli e Rosa Maria Paniccia. Ed. Il Mulino 2003.

Campagna mediatica #InVacanzaInsieme #Antigonenonliabbandona

6 Agosto 2018 | Redazione

Maison Antigone

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#AntigoneNonLiAbbandona

Abbiamo lanciato questa campagna contro gli abbandoni estivi. Noi non lasciamo i nostri amici a quattro zampe perché sono parte della nostra famiglia. Ricordiamo anche che abbandonare gli animali è un reato punito dall’art. 727 del codice penale*. Se assistete ad episodi di abbandono o maltrattamenti, non vi girate dall’altra parte ma denunciateli.

La violenza sugli animali è sintomo delle pericolosità sociale di un individuo.

*Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze“.

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E

LE NOSTRE INTERVISTE” “VI MOSTRO IL MIO CORPO. LA VIOLENZA CHE NESSUNO VUOLE VEDERE”

5 Luglio 2018 | Redazione

di Marzia Lazzerini, Giornalista

“Queste foto me le ha fatte mio padre. Dovevano rimanere private ma, visto che si continuano a mostrate, al telegiornale, le foto delle donne uccise che sorridono insieme ai loro carnefici, ho deciso di renderle pubbliche.. Io ho fatto una scelta forte e provocatoria, anche con un po’ di vergogna, ma ho capito la necessità di dare una immagine reale della violenza… Questo era da notare, non il trucco waterproof non tolto la sera prima o le mie labbra. Mettere a disposizione di tutti il mio corpo martoriato , la mia espressione sconvolta devono servire da monito”

Queste sono le parole di Lidia ancora oggi, dopo sei anni, il giorno dell’anniversario più brutto della sua vita, dopo aver avuto il coraggio di denuciare l’uomo che l’ha massacrata di botte tentando di ucciderla, dopo aver avuto il coraggio di pubblicare, non senza vergogna, le sue foto dopo il massacro. Un corpo nudo, ferito, sanguinante, livido, martoriato, una stanza divelta dalla violenza di un uomo che la sera prima dice di amare quella stessa donna. Queste sono le immagini della violenza. Queste sono le immagini che devono essere viste, che devono servire per il futuro. Non le vogliamo più vedere le immagini di donne sorridenti abbracciate agli uomini che le hanno uccise. Le foto sono un pugno nello stomaco. Ma dopo sei anni ancora devono servire. Perchè gli uomini, può succede, tornano in libertà. E senza alcun controllo.

Quella di Lidia Vivoli è una storia iniziata 6 anni fa, in provincia di Palermo, e che ancora non ha una fine. È una storia di violenza e di tentato femminicidio. E una storia Che non è finita con il coraggio di denunciare e non è finita mandando a processo l’uomo che l’ha ridotta in fin di vita. L’ex compagno durante la notte si alza e comincia a massacrarla per ucciderla. La colpisce con una padella in ghisa, le sferza delle forbici su tutto il corpo. In fin di vita si salva perchè le promette di non denunciarlo. Ma questa volta invece lo denuncerà. Quattro anni e sei mesi per tentato omicidio e sequestro di persona. Dopo 5 mesi esce agli arresti domiciliari. Fuori controllo, di se e delle istituzioni, rientra in carcere con l’accusa di stalking. Oggi è nuovamente  agli arresti domiciliari. E’ stata emessa infatti un’ordinanza modificando la misura del carcere con quella dei domiciliari sotto il controllo elettronico: il famoso braccialetto elettronico.

All’inizio, circa due mesi fa, quando è stata emessa la misura cautelare, era stato dichiarato chei dispositivi in Italia non erano sufficienti. Per lui non c’era. Rischiava di tornare a casa senza nessun controllo.  Ma se i braccialetti elettronici non ci sono si può comunque decidere per la misura cautelare. Questo è lo stato dei fatti. Lidia può avere un po’ meno paura ad oggi.

Ma la domanda è sempre la stessa: chi tutela le donne vittime di violenza? “Chi mi proteggerà” è la domanda che tutte le donne che hanno subito violenza si fanno. Ricordiamo che in Italia e nei paesi della UE il femminicidio non costituisce uno specifico reato. Nel maggio 2017 il gruppo di esperti di cui si avvale l’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) per la definizione e l’implementazione della Classificazione Internazionale dei reati, di cui è parte anche l’Istat, ha riconosciuto il femminicidio come ‘‘un omicidio di una donna compiuto nell’ ambito familiare, ovvero dal partner, da un ex partner, o da un parente’’(studio Istat dell’11 aprile 2018). Sempre grazie ai dati istat sappiamo che negli ultimi cinque anni si osservano segnali di miglioramento rispetto all’ incidenza del fenomeno e una maggiore consapevolezza da parte delle donne, soprattutto giovani. Tuttavia lo zoccolo duro della violenza non è intaccato ed è in crescita la violenza assistita dai figli. Le donne spesso non parlano con nessuno di ciò che subiscono e poche denunciano alle forze dell’ordine. La maggior parte delle donne che ha subito violenza e che ha paura, infatti, aveva già denunciato. Lidia è una di queste.

LA LINGUA ITALIANA CHE SMINUISCE LA DONNA di E. Francica

3 Luglio 2018 | Redazione

di Eleonora Francica

Quando si affronta il tema della discriminazione femminile non basta parlare di statistiche, lotte e diritti fondamentali. La lunga storia che ha posto la donna subordinatamente all’uomo è infatti comprovata da ciò che è alla base dello stesso sistema sociale e di comunicazione: il linguaggio.

La lingua, la grammatica, i modi di esprimersi, sono tutte basi che vengono insegnate fin dalla tenera età: periodo della vita in cui la mente è particolarmente ricettiva e priva di ogni pregiudizio. Attraverso il linguaggio si insegnano ai bambini nomi, aggettivi, verbi e modi con cui si descrive il mondo esteriore: tali “segni” danno modo di formare e riempire di contenuti il pensiero, la personalità e la volontà del bambino che cresce, permettendogli di esprimersi agli altri nelle relazioni.

Per questo motivo, risulta fondamentale la scelta delle parole con cui la persona comunica se stessa e gli altri: il termine scelto nel nostro linguaggio verbale infatti rispecchia noi stessi e il valore che ci diamo, dando significato al nostro vivere quotidiano ed alle relazioni che intessiamo.

Durante la lunga formazione della lingua italiana si è tuttavia creata una disparità linguistica concettuale tra il genere maschile e quello femminile. Tale disparità è nata da un processo di creazione ideologica, di matrice maschile, utile a rispecchiare la posizione preminente raggiunta storicamente e socialmente dall’uomo rispetto la donna. Ciò ha fatto in modo che questa disuguaglianza indotta fosse espressa anche nel linguaggio verbale e nella comunicazione, oltre che nelle quotidiane dinamiche di potere.

L’esempio più lampante di questo tipo di linguaggio, che racchiude al suo interno molteplici significati discriminatori, si riscontra quando ci si riferisce ad una folla di donne a cui si aggiunge un solo uomo: la lingua italiana in tal caso insegna che bisogna indicare la folla come composta da “ragazzI”. Il motivo per cui ciò è concettualmente sbagliato non è certo perché, come direbbero in molti, vi sono più ragazze che ragazzi nella folla. L’enorme errore risiede nel fatto che, dicendo che vi è una folla di ragazzi, si elimina completamente quella che è la componente femminile, pur presente: si nega la donna, il suo valore, la sua stessa presenza. Questa spiegazione ad un primo approccio potrebbe risultare ostica, in quanto la società è abituata alla negazione della donna di fronte al genere maschile. Per questo motivo il fenomeno si può spiegare in maniera più immediata ribaltando i ruoli ed indicando dunque l’intera folla come composta da ragazzE: appare subito evidente che usando il termine “ragazzE” si intende un gruppo con componente unicamente femminile; quella maschile, eventualmente presente, verrebbe dunque completamente eliminata dalla definizione.

Si potrebbero fare ulteriori esempi di linguaggio discriminante. Basti pensare alla trasformazione che avviene quando si parla di un lavoro al femminile, aggiungendo il suffisso dispregiativo -essa.

Ciò dimostra che, fin dal linguaggio insegnato in periodo infantile, inizia quella disparità che accompagna la vita della donna ogni giorno: essa si insinua nei modi di fare e di essere; inconsciamente diviene un metro di disuguaglianza sociale, che viene usato talvolta involontariamente e crea come effetto una sottile ma costante quanto sminuente rappresentazione femminile, la quale nel tempo si stratifica nella coscienza sociale.

La ex Presidente della Camera Laura Boldrini ha condotto una campagna proprio in difesa del linguaggio declinato al femminile. “Il rispetto delle donne – ha detto – passa anche dal linguaggio” e di conseguenza anche l’agognata parità trova espressione per mezzo della lingua.

La Regione Emilia Romagna ha colto questa esigenza emanando la Legge Regionale del 27 giugno 2014, n.6, anche detta “Legge Quadro per la Parità e contro le discriminazioni di genere”. L’articolo n. 9 della legge di cui sopra, intitolato “Linguaggio di genere e lessico delle differenze”, riconosce come “la lingua rispecchia la cultura di una società e ne è una componente fortemente simbolica e che l’uso generalizzato del maschile nel linguaggio è un potente strumento di neutralizzazione dell’identità culturale e di genere che non permette un’adeguata rappresentazione di donne e uomini nella società”. Raccomanda inoltre al personale l’uso del femminile negli “atti amministrativi e nella corrispondenza, per le denominazioni di incarichi, funzioni politiche ed amministrative” se destinati o riferiti a donne.

In un contesto in cui la battaglia verso l’emancipazione della donna è anche culturale, non bisogna dunque stupirsi se il lavoro femminile viene ancor oggi spesso considerato inferiore rispetto a quello dell’uomo. Le donne da decenni lottano attivamente per avere più diritti in ambito lavorativo, ma poi sono le prime a definirlo in modo dispregiativo. Perché dire “il presidente” è scontato, mentre “la presidente” appare tanto innaturale? Perchè chiamarci “avvocato” invece di “avvocata”?

È giunto il momento di dimostrare che le donne valgono, ed il messaggio deve passare in primo luogo da come e da quanto potere ci si attribuisce attraverso il linguaggio con cui le donne si appellano.

La società italiana è cambiata e la lingua ne deve riflettere il mutamento. La forza delle parole non descrive solo il mondo in cui si vive, ma lo plasma e ne stabilisce i capisaldi: per questo la donna deve soffermarsi ed imparare a trarre vantaggio da quelli che a prima vista possono sembrare solo particolari trascurabili della lingua italiana.

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E

Donna Moderna. Le nuove professioni del noprofit. di Giorgia Nardelli

3 Luglio 2018 | Redazione

Grazie a Giorgia Nardelli ed a Donna Moderna per questo articolo su noi!

https://drive.google.com/file/d/1B76q9LYFnwqgyvNA9-C1oNNwDmwlSFIN/view

L’AVVOCATO CHE SOSTIENE
LE DONNE IN DIFFICOLTÀ
Michela Nacca, 50 anni, ha fondato con due compagne
di liceo Maison Antigone, un network di assistenza

e supporto alle donne e ai bambini in difficoltà (mai-
sonantigone.it). «Con Simona D’Aquilio e Maria

Grazia De Benedictis ci siamo ritrovate dopo anni
e abbiamo iniziato a fare squadra e a darci una

mano reciprocamente. Simona ed io siamo avvo-
cati familiaristi, Maria Grazie è stilista, pian piano

abbiamo conosciuto altre donne che volevano
mettere la loro professionalità al servizio di chi vive
un periodo di disagio. L’anno scorso abbiamo dato
concretezza al network fondando un’associazione
che ha sede nel nostro studio legale: offriamo
assistenza senza chiedere compenso, accesso al
gratuito patrocinio, sostegno psicologico, sportelli
d’aiuto per coppie. Realizziamo progetti con altre
associazioni noprofit, promuoviamo campagne
e petizioni. Non abbiamo fondi, ma questo non
significa che la nostra iniziativa non sia sostenibile

economicamente: ci stiamo strutturando per par-
tecipare a bandi pubblici ed europei».

APERTURA NUOVO “SPORTELLO DONNE” A ROMA E FIRMA PROTOCOLLO INTESA TRA MAISON ANTIGONE E CSC ROMA

27 Giugno 2018 | Redazione

1–2 minuti


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Maison Antigone oggi 27 giugno 2018 ore 17,30 interviene al workshop organizzato da CSC Roma, presso lo Studio del Dott. Roberto Ceccaglia in VIa Montepaulo 25 Roma. Sarà l’occasione per avviare e presentare l’apertura, in questa prestigiosa sede romana, di uno “Sportello Donne” gestito da Maison Antigone.

Nell’occasione la nostra Associazione Maison Antigone e CSC Roma, Associazione che riunisce Amministratori di Condomini, firmeranno un Protocollo di Intesa per avviare progetti di collaborazione finalizzati alla sensibilizzazione di Amministratori e Condomini contro ogni forma di violenza. La scelta di raggiungere questa intesa nasce dalla consapevolezza che ben il 68% delle violenze sulle donne e dei femminicidi avviene in casa: dunque nei Condomini! (v. Fonte Istat).

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E

“L’AFFIDO”: UN FILM DA FAR VEDERE AL NOSTRO NUOVO GOVERNO!

24 Giugno 2018 | Redazione

di Avv. M.Nacca


Jusqu’à la Garde” è il titolo in originale del film “L’Affido“, pluripremiato al Festival di Venezia ed uscito in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane. Il regista Xavier Legrand affronta per la seconda volta, quattro anni dopo il suo corto intitolato “Avant que de tout perdre”, il tema delle violenze domestiche, agite anche oltre la separazione coniugale ed attraverso lo strumento giuridico della bigenitorialità.

E’ questo un tema tanto caro al nostro nuovo Governo italiano, tanto da volerne fare oggetto di una legge che presto troverà luce e farà impallidire la più mite normativa del 2006 sull’affido condiviso.

Il film si apre con l’Udienza degli ex coniugi davanti al Giudice , con i loro rispettivi avvocati: il Presidente del Tribunale, che deve stabilire a quale dei due genitori affidare il figlio minorenne Julien e stabilire i turni di visita, alla fine non sapendo a quale delle due parti credere (magistrale appare la capacità manipolativa e affabulatoria di Antoine), decide per una collocazione congiunta con tempi alternati. Ma ciò viene deciso indipendentemente dalla volontà del figlio Julien, di undici anni, che infatti non ha alcuna voglia di stare con il padre nei week-end. Tant’è che il ragazzino ha soprannominato il padre “l’autre”, in italiano ”quello”, e con il suo atteggiamento dimostra di voler proteggere la madre, probabilmente perchè è stato testimone delle violenze paterne: infatti ad un certo punto Julien gli dice :“però non picchiare la mamma”, inoltre non vuol dare al padre il numero di cellulare della madre e gli mente sulla sua reale residenza, evidentemente per non rendere la madre rintracciabile.

L’atteggiamento del ragazzino descritto dal Regista è insomma quello classico di un bambino testimone della violenza paterna sulla ex moglie, ma che risulta anch’ esso (il bambino) vittima: ciò non solo perché quella assistita è essa stessa violenza, in base alla Convenzione di Istanbul, ma anche perché l’usare una persona, specie se un bambino, per controllarne un’altra, vuol dire violarla nella sua dignità e libertà.

Quello che viene descritto nel film è un comportamento del bambino del tutto naturale, perché essenzialmente di autodifesa e non solo di difesa materna!

Un comportamento che tuttavia oggi molti avvocati, giuristi, psicologi e politici nostrani definirebbero quale caso tipico di “alienazione parentale”, considerandolo cioè come un irrazionale atteggiamento di rifiuto paterno, da parte del figlio, a loro dire dovuto non ad una naturale esigenza di autodifesa del bambino contro la strumentalizzazione paterna, ma ascritto ad una fantomatica e pretesa manipolazione materna. Ciò nonostante la psichiatria abbia chiarito che i comportamenti di autodifesa (anche quelli agiti dai bambini) sono sempre indotti da violenza, psicologica e/o fisica, realmente vissuta.

Il film dispiega perfettamente la personalità di questo padre, Antoine Bresson, in realtà focalizzato nella sua smania di controllare la ex moglie Miriam anche dopo la separazione, cosa che realizza attraverso il figlio, il quale viene dunque strumentalizzato e controllato esso stesso dal padre: si tratta di un uomo complessato e dunque in quanto tale ossessionato, controllante, frustrato, egoista, violento, irascibile, che finisce per usare il figlio solo per avere in scacco la madre. Un uomo che non ha alcuna capacità di entrare in empatia con il figlio, nè interesse ad imparare a fare il padre ed a prendersi cura affettivamente del bambino, un uomo che ama solo il controllo esercitato sul figlio e che si sente importante solo grazie a ciò, ritenendo che il ruolo del bravo genitore si esaurisca in questo controllo ! Quest’uomo quindi trasforma le giornate di esercizio del diritto alla bigenitorialità in una vera e propria tortura per Julien.

Si tratta di un film che fa riflettere: su chi la violenza l’agisce e chi la subisce, direttamente e indirettamente, ma anche sui risvolti di una bigenitorialità che deve rappresentare forse un diritto per i figli, ma mai un dovere per i medesimi!
L’Affido“, magistralmente interpretato da Thomas Gioria, Denis Ménochet e Lèa Drucker, rispettivamente nella parte di Julien, del padre Antoine Besson e della madre Miriam, è consigliato per un pubblico adulto e per un Governo altrettanto adulto!

Perché la bigenitorialità, se non desiderata dai figli ed anzi a questi imposta, NON RISOLVE AFFATTO, MA CREA ulteriori traumi: personali, familiari e sociali.

Cinema. L’Affido: un film da far vedere a tutti!

24 Giugno 2018 | Redazione

di Michela Nacca

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La nostra storia sul Corriere della Sera

9 Giugno 2018 | Redazione

https://www.corriere.it/buone-notizie/18_giugno_07/tre-amiche-vittime-molestie-si-trovano-30-anni-ecco-cos-hanno-fatto-ce30ffb8-6a6c-11e8-adc0-1eaed5ff2c18.shtml

Onorate di essere considerate una #BuonaNotizia dal Corriere della Sera e dalla Giornalista Paola D’Amico, che si e’ interessata alla nostra esperienza associativa, chiedendoci di presentarci ai Lettori.
Pag.28 dell’inserto “Buone Notizie” del Corriere della Sera del 5 giugno 2018.

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INCONTRO CON L’ON. LAURA BOLDRINI

6 Giugno 2018 | Redazione

di Avv. M.Nacca

La #politica DEVE o dovrebbe dialogare con la #società civile, perché la realtà vissuta dalle #donne nel #lavoro, in #famiglia e nei #tribunali spesso non è conosciuta.

Venerdì 20 aprile 2018 siamo state impegnate per lunghe e proficue ore presso la Sala del Cenacolo della #CameradeiDeputati, invitate dall‘Onorevole Laura Boldrini, per riflettere insieme circa la violenza e la discriminazione di genere, nonché per delineare nuove proposte e strategie da adottare nella lotta che ci vede impegnate e nel garantire possibilità di autonomia economica femminile.

Non eravamo sole, ma insieme a persone del calibro di Asia Argento, dalla cui denuncia ha preso avvio il movimento internazionale #metoo contro la violenza e le molestie sul lavoro alle donne, nonché ad altre storiche Associazioni femminili, fra le quali Manden e Federico nel Cuore, alle cui fondatrici siamo particolarmente legate.

Nell’occasione ci siamo fatte portatrici di alcuni argomenti che ci stanno particolarmente a cuore.

– In primis la lotta alla pseudo teorizzazione della cosiddetta Alienazione Genitoriale o #Pas.

Si tratta del cavallo di battaglia di tanti avvocati, spesso non esperti di diritto di famiglia, che in questa pseudo sindrome hanno visto l’occasione di un alibi, sebbene infondato, dinanzi al rifiuto espresso da minori alla relazione con un padre violento.

Tuttavia tale cd “alienazione genitoriale” vorrebbe ora essere dall’Onorevole Giulia Bongiorno addirittura introdotta quale nuova fattispecie di reato nel Codice Penale italiano.

Il rischio che si profila dunque è che non solo vengano rivittimizzate, ma addirittura criminalizzate madri che, come Antonella Penati o Antonietta Gargiulo, tentano solo di salvare i loro bambini da padri violenti, incapaci di esaminare in senso autocritico e maturo le ragioni profonde insite nel rifiuto dei loro figli e delle loro figlie, adattandosi narcisisticamente a spiegazioni di comodo completamente slegate dalla realtà, che vorrebbero le loro ex compagne quali fonti di tutti i loro mali.

– La seconda questione, che abbiamo deciso di focalizzare per evidenziarne l’importanza, è quella contro le molestie sessuali e la #discriminazione di genere negli ambienti di lavoro, specialmente in quello delle Forze Armate.

Abbiamo già denunciato, con una Petizione su Change.org, la #incostituzionalità dei Bandi di Concorso per l’accesso alle FFAA, ad oggi persistente nonostante le tante sentenze dei TAR intervenute negli anni a condanna del Ministero della Difesa, che ha tuttavia continuato ad utilizzare formule che, di fatto, considerano la gravidanza delle concorrenti impeditiva all’accesso, discriminando le concorrenti donne rispetto ai concorrenti uomini.

Una nostra seconda Petizione, pubblicata sulla medesima piattaforma Change.org e finalizzata a sostenere Angela Rizzo, mette in evidenza la vicenda di questa carabiniera che, avendo denunciato per molestie sessuali il proprio superiore gerarchico, peraltro riconosciuto colpevole e condannato dal Tribunale Militare competente, è stata in seguito raggiunta da un provvedimento disciplinare volto a punirla per il fatto che ella avesse divulgato la notizia senza una previa autorizzazione dell’Arma. In tal modo abbiamo voluto stigmatizzare la scelta dell’Amministrazione, dal sapore amaro di una rappresaglia!

Tanti altri saranno gli spunti che suggeriremo ancora, in un dialogo ed una collaborazione ormai avviata: nel diritto processuale penale e civile, nel sostegno alla imprenditoria femminile, nelle problematiche legate al lavoro, alla libera professione femminile, alla previdenza ed al welfare, nella formazione e nell’ambito della comunicazione.

L’intergruppo parlamentare composto da donne di TUTTI gli schieramenti politici tornerà a lavorare su molti temi e noi stimoleremo la politica su ciò che riteniamo prioritario: attuare in concreto REALI pari opportunità!

Siamo dunque lusingate e felici di partecipare ad un grande progetto per le donne, per lo sviluppo del lavoro femminile e contro il sessismo dilagante in Italia!

Ringraziamo l’Onorevole Laura Boldrini per averci invitate a far parte di questa bellissima rivoluzione, che ci vede protagoniste insieme a tante altre donne ed amiche, tra cui Asia Argento.

U. N. A. C. IL SINDACATO NAZIONALE DEI CARABINIERI SI SCHIERA CON MAISON ANTIGONE IN DIFESA DELLA CARABINIERA ANGELA APARECIDA RIZZO

27 Maggio 2018 | Redazione

di Avv. Michela Nacca

Maison Antigone ha lanciato una petizione tramite la piattaforma Change.org in favore della carabiniera Angela Aparecida Rizzo per chiedere che venga immediatamente sospeso il provvedimento disciplinare ai danni della donna, scattato alla fine di un processo che l’ha vista vittima di abusi sul posto di lavoro da parte di un suo superiore.

Dopo aver denunciato il Maresciallo suo superiore gerarchico per molestie sessuali, dopo averlo visto condannare in primo grado con una sentenza a 9 mesi di reclusione, confermata poi in Appello dal Tribunale Militare di Roma, Angela si è ritrovata coinvolta in un procedimento disciplinare per aver parlato con i media senza autorizzazione e per aver, a parere dell’Arma, screditato il prestigio dei Carabinieri.

Angela Aparecida Rizzo lavorava nel laboratorio di analisi delle sostanze stupefacenti del nucleo investigativo del comando provinciale dei Carabinieri di Firenze. Nel 2015 era stata vittima di palpeggiamenti, umiliazioni verbali, minacce di ritorsioni. Dopo essersi confrontata con un collega di grado superiore decise di denunciare tutto al Tribunale Militare e costituirsi parte civile. Angela Rizzo aveva poi rilasciato alcune dichiarazioni sulla vicenda processuale alle telecamere della trasmissione “Presa Diretta”. Per questo motivo l’Arma dei Carabinieri ha avviato il procedimento disciplinare. Un bruttissimo gesto da parte dell’Arma, che di fatto in tal modo parrebbe inviare un messaggio a tutte le donne delle forze armate richiamandole al silenzio. C’è molto da fare all’interno delle Forze Armate dove, nonostante le donne siano ammesse dal 2000, nel codice penale militare di pace il capo di imputazione che più si avvicina alle molestie sessuali è quello di: “minaccia a inferiore aggravata e continuata”. Questo è stato il vergognoso motivo della condanna a soli 9 mesi ricevuta dal Maresciallo molestatore.
Ora anche il Sindacato dei Carabinieri U.N.A.C. sottolinea la beffa subita da Angela ad opera dell’Arma, che invece di schierarsi dalla parte della giustizia l’ha resa di nuovo vittima con un procedimento disciplinare, chiedendo per questo che venga immediatamente revocato. L’U.N.A.C., schierandosi insieme a Maison Antigone e sostenendo la nostra Petizione, ritiene che ad infangare il nome dell’Arma sia stato colui che la Giustizia ha riconosciuto come colpevole di molestie sessuali, non di certo una donna che dopo aver subito molestie ha trovato il coraggio di denunciare.

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MAISON ANTIGONE INAUGURA DUE NUOVI SPORTELLI

12 Maggio 2018 | Redazione

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S.O.S.  Ambiente & Animali e  S.O.S. Genitori

L’Associazione Maison Antigone inaugura oggi due nuovi sportelli e centri di aiuto accessibili via web, tramite il nostro portale www.maisonantigone.it, oppure prendendo appuntamento presso la nostra sede.

Rispondiamo alle richieste di molte amiche e amici che ce lo hanno chiesto con l’apertura degli sportelli S.O.S. AMBIENTE & ANIMALI e S.O.S. GENITORI.  

  • Attraverso lo  sportello S.O.S. AMBIENTE & ANIMALI  potrete segnalarci maltrattamenti, violenze su animali, violazioni ambientali e richieste informazioni, che potremo perseguire giudizialmente e/o portare all’attenzione di soggetti competenti. Maison Antigone ha peraltro di recente aderito al Comitato animalista Roma: una realtà fatta di associazioni e comitati unitesi nella volontà di proteggere l’ambiente ed animali. Siamo persuase, infatti, che chi violenta l’ambiente e maltratta gli animali sia socialmente pericoloso, oltre che dannoso.
  • Lo sportello S.O.S. GENITORI è uno spazio operativo di orientamento, che supporta i genitori che si trovano in difficoltà con i propri figli o che vogliono un aiuto per affrontare il delicato mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Un centro al quale rivolgersi per la prevenzione e la lotta al bullismo ed alla violenza, per problematiche legate alla scuola, per un sostegno alla genitorialità e per acquisire strategie educative efficaci, ma anche per orientarsi nel tortuoso mondo della disabilità, della riabilitazione, dell’inclusione scolastica e della socializzazione di bambini e ragazzi con bisogni speciali.

Maison Antigone è una casa animata da tante anime e, quindi, ci ha fatto davvero piacere dare il nostro sostegno facendo esprimere anche quelle amiche che, fra noi, sentono più vicine le tematiche affrontate nei nostri nuovi Sportelli.
Fare rete è una delle caratteristiche fondamentali di Maison Antigone e la rete siete voi!

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GRANDE FRATELLO? NO, GRANDE IMBARAZZO

2 Maggio 2018 | Redazione

di Raffaella Bocci,Giornalista

Sono lontani i tempi in cui Pietro Taricone & company sperimentavano per la prima volta l’esperienza di vivere 24 ore su 24 ripresi dalle telecamere. Allora, i ragazzi della casa più spiata d’Italia non avevano la più pallida idea di cosa avrebbe significato per loro la partecipazione ad un reality show.  

Nessun copione, nessuna vetrina televisiva di esibizionisti senza fama, solo dei ragazzi che giorno dopo giorno dimenticavano di essere spiati e tiravano fuori la loro indole. Qualche piccola trasgressione, sempre velata da un certo pudore: effusioni sotto una coperta, abiti provocanti ma mai eccessivi.  

Cos’è rimasto di quel “Grande Fratello”? Nulla. Negli anni il casting del Grande Fratello ha selezionato improbabili personaggi sempre più fuori luogo, che pur di ritagliarsi il loro attimo di gloria hanno perso qualsiasi inibizione.   

Un format che ha perso di valore in tutti i sensi fino a rasentare l’assurdo con questa ultima edizione.

Più che “Grande Fratello” dovrebbe essere ribattezzato “Grande Imbarazzo”. Una trasmissione che non fa bene a nessuno. Inconcepibile e inammissibile, né la rete né gli autori né i partecipanti fanno una bella figura, anzi.  

Dopo tutti i fatti di cronaca, dopo tutti gli eventi di sensibilizzazione contro la violenza e il bullismo, come si può tollerare una trasmissione in cui degli uomini mettono all’angolo una donna minacciandola, insultandola e pianificando atti delinquenziali veri e propri?

Non è tv spazzatura, non è cattivo gusto, ma è tollerare comportamenti che non solo andrebbero puniti ma anche perseguiti. Si è passati dalle limitazioni della censura al considerare “normale” ciò che normale non può diventare. Non possiamo assuefarci alla violenza e questi programmi rischiano di portare a questo. L’eliminazione di un concorrente non è sufficiente, quello che continuerà ad entrare nelle case degli italiani è la rappresentazione di un mondo che non può essere accettato. Neanche in nome dello share.

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Petizione: BASTA ALLA DISCRIMINAZIONE DELLE DONNE NELLE FORZE ARMATE!

21 Aprile 2018 | Redazione

di Avv. M.Nacca

5–6 minuti


Chiediamo l’annullamento dei concorsi militari, sono anticostituzionali

L’Associazione Maison Antigone chiede l’annullamento dei concorsi militari – interni ed esterni – in corso per incostituzionalità dei relativi bandi che considerano lo stato di gravidanza delle concorrenti motivo di inidoneità ed esclusione.

Solo venti anni fa circa, e dopo una fermissima resistenza durata decenni,  le Forze Armate italiane finalmente si trovavano costrette ad aprirsi alla possibilità che anche le donne potessero essere assunte tra i loro ranghi, mentre in molti altri Paesi stranieri ciò avveniva pacificamente già da molti decenniinnanzi: tutto ciò  denunciava  il sessismo di cui la nostra cultura nazionale era profondamente caratterizzata.

Nonostante i venti anni trascorsi e una nuova generazione sia nel frattempo nata e cresciuta, ancor oggi il Ministero della Difesa dimostra una strisciante misoginia che, a guardar bene, codesta amministrazione palesa in modo grave ed evidente fin dalle sue fasi iniziali di reclutamento!

Leggendo i bandi di tutti i  concorsi militari delle nostre Forze Armate italiane ( Carabinieri, Aeronautica, Esercito e Marina) risulta infatti evidente come  la selezione del personale venga ancor oggi effettuata con una chiara scelta di voler privilegiare e favorire i concorrenti maschi: ad esempio  individuando nella gravidanza eventuale delle concorrenti femminili un motivo di inidoneità e, dunque, di esclusione dal Concorso!

Così anche quest’anno il bando pubblicato il 10 gennaio 2018 sulla Gazzetta Ufficiale, per l’accesso di Allievi Ufficiali alla prima classe dei corsi normali delle Accademie Militari dell’Esercito, dell’Aeronautica, della Marina e dei Carabinieri per l’Anno Accademico 2018-2019, all’art.10 comma 4 stabilisce che la gravidanza costituisca un “temporaneo impedimento” che, qualora “non superato” entro i termini fissati dalla commissione, divenga  ipso facto motivo di esclusione!

Stesso incostituzionale principio viene confermato nel più recente bando di concorso interno pubblicato il 4 aprile 2018, per l’ammissione al 1° corso superiore di qualificazione, della durata non inferiore a sei mesi (2018–2019), di 100 allievi marescialli dell’Arma dei Carabinieri riservato agli appartenenti ai ruoli iniziali.

Eppure molte sono state le sentenze dei TAR che, negli ultimi anni, si sono succedute dichiarando la incostituzionalità di tali articoli inseriti nei bandi ed invalidando così i decreti di esclusione illegittimamente emessi dalle commissioni in conseguenza di quelli, ricordando  alle amministrazioni statali convenute il loro dovere di salvaguardare il principio di uguaglianza.

Nonostante tali sentenze, il Ministero dell’Interno sembrerebbe ancora intento ad impedire alle ragazze che si trovino  in stato di gravidanza di partecipare alla procedura concorsuale, con conseguente discriminazione rispetto agli uomini ed alle donne che non lo siano.

Siamo chiaramente di fronte ad una violazione della Costituzione e delle direttive dell’Unione Europea, secondo le quali la gravidanza non può essere causa di esclusione. La gravidanza infatti non è una malattia.

I tribunali Amministrativi  hanno  chiaramente spiegato che la gravidanza non possa essere considerata una causa di “inidoneità psico-fisica della donna” al suo eventuale reclutamento.

In altri termini  la gravidanza esonera l’interessata dal sottoporsi TEMPORANEAMENTE all’accertamento, ma non può essere considerato di per sé come una causa di inidoneità, perché ciò sarebbe illegittimo.

Perché allora i bandi di concorso continuano a riportare una formula già più volte cassata come incostituzionale dai Tar?

Eppure la nostra Costituzione (articoli 3 e 51) prescrive chiaramente e senza ombra di dubbio che sia garantita l’uguaglianza fra i sessi anche nelle procedure di accesso agli uffici pubblici.

L’Amministrazione Statale dunque,  nello stabilire le modalità del Concorso, DEVE assicurare il rispetto di questo principio, ponendo in essere tutti gli atti necessari per la sua realizzazione.

La clausola concorsuale che viceversa il Ministero dell’Interno continua ad ostinarsi a voler inserire in tutti i propri bandi, ancor oggi e nonostante le sentenze di condanna dei TAR italiani, deve considerarsi illegittima per violazione dei principi costituzionali e legislativi posti a tutela della maternità e delle pari opportunità.

NOI VOGLIAMO DIRE BASTA ALLA DISCRIMINAZIONE DELLE DONNE NELLE FFAA ITALIANE!

https://www.change.org/p/basta-alla-discriminazione-delle-donne-nelle-forze-armate-roberto-fico-quirinale

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Comunicato Stampa – MAISON ANTIGONE. I BANDI DI CONCORSO DELLE FORZE ARMATE DISCRIMINANO LE DONNE.

21 Aprile 2018 | Redazione

di Avv. M. Nacca


Chiediamo l’annullamento, sono anticostituzionali

L’Associazione Maison Antigone avvia un importante petizione, elaborata dall’Avv. Michela Nacca, in collaborazione con change.org per denunciare la persistente incostituzionalità dei bandi di concorso delle Forze Armate in quanto altamente discriminatori nei confronti delle donne.

Pertanto l’associazione chiede che vengano annullati tutti i bandi di concorso per essere nuovamente indetti seguendo le norme costituzionali vigenti nel nostro Paese e le norme europee.

Sappiamo infatti che, per le donne che desiderano percorrere la strada della carriera militare, c’è una grande discriminazione: lo stato di gravidanza, considerato di fatto quale motivo di esclusione dal concorso!

Ad oltre 20 anni dall’apertura alle donne nelle Forze Armate, dopo una resistenza di molti decenni, il Ministero della Difesa continua dunque a discriminare le donne attraverso bandi che favoriscono una cultura misogina.

In tutti i bandi di concorso militari si legge, infatti, che per le concorrenti donne lo stato di gravidanza costituisca un “impedimento temporaneo” all’ammissione al concorso, che tuttavia finisce per diventare definitivo e motivo di esclusione se “non risolto” in breve tempo e cioè entro le brevi procedure concorsuali.

Tale clausola, lungi dal proteggere la salute della donna, in realtà lede i suoi diritti essenziali e costituzionali: la Costituzione Italiana infatti negli articoli 3 e 51 stabilisce che sia garantita l’uguaglianza dei sessi nelle procedure di accesso agli uffici pubblici.

Coerentemente con questo dettato costituzionale, negli anni sono state moltissime le sentenze dei TAR in cui i Tribunali amministrativi italiani hanno dichiarato l’incostituzionalità delle clausole concorsuali sopra richiamate, stabilendo che la gravidanza non può essere considerata causa di “inidoneità psico-fisica della donna”, sebbene temporanea, tale che di fatto le precluda l’eventuale reclutamento.

Eppure si continua ad inserire questa clausola nei bandi come niente fosse!

Molti i Bandi di concorso, pubblicati anche quest’anno sulla Gazzetta Ufficiale, volti a discriminare le donne per eventuali gravidanze tra cui, fra i tanti, quello del 10 gennaio 2018 per l’accesso di Allievi Ufficiali alla prima classe dei Corsi normali delle Accademie Militari dell’Esercito, dell’Aeronautica, della Marina e dei Carabinieri per l’Anno Accademico 2018-2019 (v. clausola inserita nell’art.10 comma 4) e quello del 4 aprile 2018, per l’ammissione al 1° corso superiore di qualificazione, della durata non inferiore a sei mesi (2018–2019), di 100 allievi marescialli dell’Arma dei Carabinieri riservato agli appartenenti ai ruoli iniziali.

Il Ministero della Difesa deve porre immediatamente fine a questa discriminazione sessista e incostituzionale che lede i diritti a tutela della maternità e delle pari opportunità.

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LA TESTIMONIANZA DI UNA AVVOCATA DEGLI ANNI ’50

9 Aprile 2018 | Redazione

Maison Antigone

3–4 minuti


Una ragazza degli anni ’50: fra traguardi professionali e famiglia

Sono Maria Luisa Francalancia, sono nata a Bologna, il 17 Ottobre 1928, da una famiglia certamente non agiata: mia mamma casalinga, mio papà ferroviere destinato a non fare nessun tipo di carriera, fosse solo per il suo ostinato rifiuto a prendere la tessera del Partito Nazionale Fascista. E tuttavia il contesto familiare era caratterizzato da quella bonomia e giovialità che erano le caratteristiche culturali della Bologna di allora e, spero, anche di quella di oggi. Il quadro dei rapporti uomo-donna erano tuttavia abbastanza chiari e definiti. Si diceva che la donna che studiava troppo era destinata a restare a zitella. In questo i miei genitori erano diversi perché, a differenza della cerchia familiare allargata, mi hanno sempre sostenuta.

Mi sono laureata nel 1952 alla facoltà di Giurisprudenza. Il corso era frequentato da 4 donne, tutti gli altri erano maschi. Ho iniziato subito la pratica presso lo studio di un Avvocato civilista e dopo due anni ho sostenuto l’esame di Procuratore legale.

Sempre per conto dell’Avvocato, presso cui facevo la pratica, andavo in udienza, scrivevo atti e seguivo l’iter delle cause. Non ho trovato difficoltà da parte degli Avvocati e dei Magistrati che mi accoglievano con simpatia.

Con molto coraggio insieme ad altre due colleghe aprimmo uno Studio Legale a Molinella, periferia di Bologna, e qui iniziò l’esercizio della professione in proprio.

Le cose cambiarono quando, a seguito del mio matrimonio, mi trasferii a Padova.

Qui mi trovai sola in un contesto culturale diverso e solo dopo molte difficoltà e ricerche trovai un Avvocato disposto ad accogliermi. Non mi ci volle molto per capire, però, che il massimo ruolo a cui potevo ambire in quello studio una donna era quello della segretaria. Vedendo che, per diffidenza nei miei confronti e per l’aria che si respirava nella compagine patavina, non avevo possibilità di esercitare la mia professione in proprio mi decisi allora a provare concorsi.

Ottenni l’abilitazione all’insegnamento alle materie giuridiche nelle scuole superiori, ma sentivo che l’insegnamento non era quello a cui aspiravo. Così provai il concorso per un posto all’Ufficio Legale alla Provincia di Padova, che vinsi.

Iniziai a lavorare per la pubblica amministrazione diventando dopo qualche anno Responsabile dell’Ufficio Legale dell’USSL. La mia diversità come donna, in un contesto allora prettamente maschile come quello della politica sanitaria, mi ha sicuramente aiutata a mantenere, per quanto nelle mie possibilità, ferme pratiche di correttezza e di rispetto della legalità.

Dopo quasi 40 anni di lavoro sono andata in pensione.

Riflettendo sul mio percorso, credo che molti degli obiettivi che per noi sembravano preclusi o il cui raggiungimento quasi irrealizzabile, si danno quasi per scontati. Mi riferisco per esempio alla presenza delle donne in Magistratura, fatto quasi impensabile negli anni 50.

La sfida adesso non è più quella di occupare i posti degli uomini, ma realizzare modelli comportamentali e organizzativi diversi.

E’ di questo che abbiamo bisogno piuttosto che di donne che replicano quanto ereditato.

ANTONIETTA GARGIULO: UNA SANTA MARIA GORETTI DEL XXI SECOLO?

5 Aprile 2018 | Redazione

di Avv. Simona D’Aquilio


Il caso di Antonietta Gargiulo, aggredita il 28 febbraio scorso dal marito, il quale l’ha gravemente ferita con la propria pistola di ordinanza per poi uccidere le loro due bambine Alessia e Martina, ha scosso profondamente le nostre coscienze. Tutti indistintamente abbiamo sperato sino alla fine che le piccole potessero essere ancora vive, nonostante la lunga trattativa dei Carabinieri non lasciasse presagire nulla di positivo.

Il drammatico epilogo ci ha posti, ancora una volta, dinanzi alla gravità della situazione di moltissime donne separate. Ancora una volta, noi operatori del diritto ci siamo sentiti invasi  da un senso di impotenza, di profonda inadeguatezza a proteggere le vittime di violenza. A questo si è aggiunto il senso di rabbia, di frustrazione per una storia troppo uguale a molte altre, tratteggiata chiaramente in ogni aspetto dal racconto che i media hanno fatto della vicenda personale e matrimoniale di Antonietta Gargiulo.

Capasso ha organizzato la propria vendetta in modo meticoloso, preciso, puntuale senza alcun tentennamento in quella che sembra essere stata una vera e propria esecuzione delle proprie bambine.

Di Antonietta Gargiulo, subito dopo i tragici fatti, abbiamo saputo che era in ospedale e che alla vigilia dei funerali delle figlie le è stata data la notizia che nessuna madre vorrebbe mai avere.

I fatti che ci preme analizzare, oggi, si sviluppano fra il prima ed il dopo figlicidio con un drammatico fil rouge che delinea l’intera vicenda: quello del perdono.

Durante le esequie delle povere Alessia e Martina, il parroco ha pronunciato una frase che ha destato un subitaneo mormorio in tutta la chiesa:”La famiglia ha perdonato”. Una frase che, a ben guardare, è molto più di una mera comunicazione di un fatto, di una volontà della vittima e della sua famiglia. Una frase che è arrivata come un tuono, un colpo ulteriore alla memoria delle bambine trucidate dal loro padre. Una frase che, forse, porta in sé l’essenza di ciò che è accaduto sotto gli occhi di un’intera comunità.

Il parroco evoca un perdono TOMBALE, un vero e proprio masso sepolcrale a copertura definitiva di qualunque commento, polemica, domanda circa le azioni di Capasso ma siamo certi che si riferisca SOLO a Capasso? Non è, forse, più probabile che si sia sentita l’esigenza di mettere a tacere qualunque senso di colpa, rigurgito inconscio e domanda su cosa si potesse fare per evitare questo dramma?

Il perdono, si sa, è frutto di una profonda elaborazione del lutto, di un’analisi dei fatti, di una sedimentazione della rabbia, di una consapevolezza tale che porta la vittima a sostenere di aver superato il proprio trauma tanto da poter perdonare il proprio carnefice.

Il perdono di Antonietta Gargiulo, offerto dal parroco alla propria comunità, sembra invece il frutto di una sorta di rapida liquidazione di un evento scomodo, che potrebbe far tremare ancora a lungo le coscienze. Il perdono di Antonietta è più simile a quello di una santa che non a quello di una donna, di una madre privata delle proprie figlie.
Noi siamo persuasi che non abbiamo bisogno di nessuna Santa Maria Goretti del XXI secolo ma solo di Giustizia, possibilmente umana e non divina…

Allora un’altra questione si pone alla nostra analisi: l’immagine di Antonietta introiettata dalla comunità e dallo stesso Capasso. Un’immagine di martire, forse, di una donna ferita, tradita più volte dal marito, picchiata, maltrattata in privato e, dopo, in pubblico ma che sopporta in silenzio, con dignità, che non denuncia ma cerca un aiuto umano fra conoscenti e superiori del marito. Una donna di tal fatta, con la propria decisione di separarsi, però, cambia le regole del gioco. Lo stesso Capasso ne resta spiazzato per primo: sua moglie non lo perdona più, non accetta più maltrattamenti pubblici e privati e si ribella!

Eppure questo cozza profondamente con la donna che egli conosce e che non può che perdonarlo!

Il perdono, quello che Capasso cercava pur continuando a fare la propria vita fuori casa, con l’ultima delle sue amanti, arriva come uno schiaffo in volto durante il funerale di Alessia e Martina. Arriva assolutamente fuori luogo quindi inaspettato. Arriva come messaggio ad un’intera comunità, un messaggio che sembra dire:”Perdoniamoci perché sapevamo e non abbiamo agito, non abbiamo aiutato a sufficienza Antonietta. Se lei perdona, chi siamo noi per continuare a riflettere su questa vicenda?”.

Non è azzardato ciò che veniamo ricostruendo nella nostra analisi. Non lo è perché la tempistica del perdono è stata frettolosa e la comunicazione è stata fatta pubblicamente.

Non è azzardato, dunque, sostenere che il parroco ha dato a se stesso ed ai propri fedeli il solo messaggio che poteva alleggerire le loro coscienze: Antonietta perdona come la povera santa Maria Goretti la quale perdona il proprio assassino, in punto di morte.

Non vogliamo entrare nelle dinamiche personalissime di una donna ferita a morte ma abbiamo il dovere di chiederci: è questo che vogliamo? Il supremo sacrificio di una donna, di una madre che RINUNCIA a qualsivoglia forma di giustizia perché avrebbe perdonato? Siamo sicuri che ciò non si traduca, di nuovo, nella resa della Giustizia? Nella delega al divino di ogni forma di giudizio e, quindi, di risarcimento sociale di ciò che accade quotidianamente in Italia?

Petizione: ANCHE NOI STIAMO CON ANGELA

5 Aprile 2018 | Redazione

di Avv. Michela Nacca

~1 minuto


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Nuova petizione lanciata da Maison Antigone

Dopo aver denunciato le molestie subite da un proprio superiore, in ambito lavorativo, la Carabiniera Angela Apparecido Rizzo invece di ricevere l’appoggio totale dall’Arma sta subendo un procedimento disciplinare quindi una seconda vittimizzazione!

Chiediamo con forza che tale procedimento venga immediatamente revocato e l’Arma esprima le proprie scuse nonché la propria solidarietà ad Angela perchè chi ha gettato fango sui Carabinieri non è certo lei ma il suo molestatore!

https://www.change.org/p/iostoconangela-robertapinotti-ministerodifesa-carabinieri-presa-diretta-iaconariccardo

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3 aprile 2018 a Laziotv per parlare dell’Omicidio delle sorelle Capasso e del nostro Esposto

3 Aprile 2018 | Redazione

A Laziotv per spiegare i motivi che ci hanno indotte a presentare un esposto denuncia alla Procura della Repubblica di Roma circa i fatti di Cisterna di Latina e per indagare le responsabilita’ di chi fu informato delle violenze ma non agi e di chi confermo’ l’idoneita’ di Luigi Capasso alla detenzione ed all’uso di armi, nonostante una depressione conclamata ed una aggressività risaputa.

Perche’ anche l’omissione e’ reato!

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.2188049648090161&type=3

Avv. Penalista Sergio Bellotti, estensore dell’Esposto

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Latina24ore e TermometroQuotidiano annunciano il nostro esposto sul caso delle due sorelle Capasso uccise dal padre carabiniere.

24 Marzo 2018 | Redazione
https://www.termometropolitico.it/1295411_cronaca-ultime-notizie-latina-procura.html
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PERCHÉ L’INIZIATIVA GIUDIZIARIA DI MAISON ANTIGONE PER I FATTI CRIMINALI DI CISTERNA DI LATINA

21 Marzo 2018 | Redazione

di Sergio Bellotti, Avv. Penalista

La nostra Associazione ha deciso di andare fino in fondo e chiedersi se si sarebbe potuto fare qualcosa di più, per evitare l’ennesima strage familiare annunciata e pianificata.

Sarebbe bastato forse leggere più attentamente e meglio i messaggi mandati dall’assassino nell’etere, via fb, in cui egli abbastanza esplicitamente preannunciava di esser capace, dunque presumibilmente in procinto, di fare qualcosa di inaudito e drammatico.

Sarebbe bastato chiedersi quale fosse la reale personalità di quest’uomo, posto che a quanto pare ed in base alla lettura di commenti espressi  da sedicenti ex compagne di classe, via fb, fin da ragazzino il Capasso avrebbe mostrato un’indole non proprio pacifica, pur avendo in seguito rivestito la divisa dell’Arma e venendo dotato di un’arma di ordinanza.

Sarebbe bastato ascoltare con più empatia e senso di responsabilità la povera moglie e le figlie terrorizzate, non limitandosi a chiedere loro la comprensione e il perdono, ma sentendosi in prima persona coinvolti e corresponsabili per quelle confidenze, che altro non erano se non un grido di aiuto a fare qualcosa in loro difesa.

Non esistono solo reati di azione, ma anche di omissione.

La complicità della società si manifesta quando essa decide di voltarsi dall’altra parte e non fare nulla.

Noi, con l’azione oggi depositata, vogliamo ricordare che il senso e l’esistenza della società stessa si basa su un patto sociale regolato da valori di solidarietà, norme e responsabilità ben precise, la cui negazione, specie a livello istituzionale,  pone in grave crisi gli stessi capisaldi del nostro vivere comune.

L’Avv. Sergio Bellotti, noto penalista romano, persona sensibile ed attenta alla difesa delle vittime di violenza,  con le seguenti dichiarazioni ci ha espresso le nostre medesime  istanze, decidendo di affiancarci e di farsi con noi promotore di un’azione forte che svegli le coscienze, la società e tutte le istituzioni …nessuna esclusa:

“L’Art. 1 della Dichiarazione Onu sull’eliminazione della violenza contro le donne recita: “ E’ violenza contro le donne” ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà. “

Sul sito del Ministero dell’Interno fa bella mostra di sé la seguente pubblicazione:

“Della raccolta e monitoraggio dei dati sulla violenza di genere si occupa l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), organismo interforze Polizia-Carabinieri. Per le segnalazioni è attivo il 1522, il numero verde di pubblica utilità della Rete nazionale antiviolenza.

Sono in campo molteplici interventi: la tutela delle vittime di maltrattamenti e violenza domestica, le risorse per finanziare un Piano d’azione antiviolenza e la rete di case-rifugio, la formazione sulle tecniche di ascolto e approccio alle vittime, di valutazione del rischio e individuazione delle misure di protezione, i corsi sulla violenza domestica e lo stalking.

E’ stata altresì inasprita anche la disciplina penale dei reati cd di genere, con misure cautelari personali, un ampliamento di casi per le associazioni a delinquere, la tratta e riduzione in schiavitù, il sequestro di persone, i reati di terrorismo, prostituzione e pornografia minorile e contro il turismo sessuale.

Sui territori le prefetture promuovono, dove emergono i bisogni e le esigenze, iniziative di informazione e sensibilizzazione per combattere sul nascere la violenza di genere: formazione nelle scuole, corsi di formazione per gli operatori delle strutture sociosanitarie, per migliorare la prima accoglienza, forme di collaborazione con gli enti locali e le associazioni per potenziare l’accoglienza e il sostegno alle vittime, task force e gruppi di lavoro per pianificare le iniziative e divulgare le “best practice”.

Reti di protezione, sensibilizzazione delle strutture e delle amministrazioni, interventi normativi e campagne di educazione civica…. ma se la gestione delle emergenze di genere viene affidata ad una giustizia che non sa ascoltare, a forze dell’ordine che non vogliono intervenire, a servizi territoriali che non sono in possesso di adeguate competenze, rimane la cronaca a raccontare del fallimento del sistema, della società, degli uomini e delle donne chiamate in soccorso dalla vittima di turno.

Rimane però, anche e soprattutto, il dovere di vigilare da parte della Magistratura sulle inadempienze, le omissioni e le illecite determinazioni assunte all’interno di questo virtuale spazio di ascolto delle vittime, per confermare la presenza dello Stato anche dopo che il proprio fallimento è stato gettato nelle cronache nazionali; per comprendere dove e chi abbia sbagliato, per punire ed insegnare – per il futuro ed il presente – che mai si potrà giustificare condotte che siano penalmente sussumibili in un concorso omissivo colposo proprio in quelle attività delittuose e dolose che quotidianamente la cronaca ci racconta, quasi fossero figlie di una ineluttabilità tale da pulire le coscienze di chi avrebbe dovuto ascoltare, indagare, intervenire… e non lo ha fatto.

Il caso di Cisterna di Latina appare esemplare in tale dinamica e Maison Antigone ha deciso di dire Basta!

Basta con la tolleranza della “superficialità”, con la quale gli uomini dello Stato e delle istituzioni in genere hanno sempre liquidato fatti ed atti che, giuridicamente, sono veri e propri contributi causali alle stragicommesse dal Capasso di turno.

Attraverso questa iniziativa lo Sato, per mano della Magistratura, è chiamato a prendere una posizione su questi contribuiti causali, perché abbiano un nome ed un cognome, un processo ed una pena, se dovuta.

Perché chi deve… intervenga; perché le Forze di Polizia, i Servizi territoriali, i Magistrati e la Polizia Giudiziaria sappiano che tali saranno considerati e giudicati: contributi causali all’evento doloso e nella speranza che – in futuro – vi siano sempre meno tragedie con donne e bambini nel ruolo di vittime per le quali trovarsi a domandare … se si sarebbe potuto evitare.”

https://www.termometropolitico.it/1295411_cronaca-ultime-notizie-latina-procura.html
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COMUNICATO STAMPA – DELITTO DI CISTERNA: L’ASSOCIAZIONE MAISON ANTIGONE PRESENTA UN ESPOSTO-DENUNCIA ALLA PROCURA DI REPUBBLICA

21 Marzo 2018 | Redazione

di Raffaella Bocci

2–3 minuti


L’associazione Maison Antigone, grazie al lavoro dell‘Avv. Penalista Sergio Bellotti, ha presentato questa mattina un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Roma affinché si indaghi sull’operato e sulle eventuali responsabilità del comando di Polizia e Carabinieri a cui la vittima si era rivolta.

I fatti, risalenti al 28 febbraio scorso, vedono ancora una volta una donna e madre, Antonietta Gargiulo, dover fare i conti con un marito violento e una sistema di tutela delle donne che non ha funzionato.

Nonostante gli esposti, nonostante gli interventi dell’avvocato di Antonietta, nonostante tutto, quell’uomo ha potuto continuare ad avere a disposizione l’arma di ordinanza con la  quale, nel triste epilogo, ha ucciso le due figlie e ridotto la moglie  in fin di vita prima di suicidarsi.   

L’associazione, che si occupa attivamente contro la violenza di genere, ritiene che debba essere fatta luce su eventuali responsabilità che abbiano portato al compimento di un delitto così efferato.    

Dopo aver lanciato 3 petizioni di cui una presentata alla Presidente della Camera Laura Boldrini lo scorso 25 novembre, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, oggi Maison Antigone scende in campo per chiedere chiarezza sui fatti di Cisterna di Latina.   

Quello che Maison Antigone si chiede è se tutto questo poteva essere evitato, se qualcuno poteva tenere a bada un uomo violento e rancoroso come Luigi Capasso. Se qualcuno abbia visto e sottovalutato atteggiamenti e comportamenti di un uomo che, invece di  onorare la propria divisa in difesa dei più deboli, l’ha macchiata del sangue del suo sangue.

18 vittime di femminicidio dall’inizio dell’anno, più di una donna a settimana barbaramente uccisa, a volte insieme ai suoi figli. Questo dato è sufficiente per interrogarci e scuotere le coscienze su cosa non stia funzionando nel nostro Paese, sulle responsabilità che ognuno di noi: Stato, Istituzioni, Associazioni e singoli cittadini debbano prendersi per combattere davvero il femminicidio.

v. le testate che ne hanno dato notizia

https://www.termometropolitico.it/1295411_cronaca-ultime-notizie-latina-procura.html

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PETIZIONE SU CHANGE.ORG: BRACCIALETTO ELETTRONICO OBBLIGATORIO CONTRO LA VIOLENZA SU DONNE E BAMBINI!

5 Marzo 2018 | Redazione

Dopo il gravissimo duplice figlicidio e tentato femminicidio compiuti da Luigi Capasso vogliamo dire BASTA!

BASTA alla leggerezza, BASTA alla totale mancanza di misure protettive per le vittime ed i loro figli, BASTA alla inadeguatezza ed incompetenza della maggior parte degli operatori che dovrebbero gestire situazioni di pericolo per le vittime ed i loro figli, BASTA alla superficialità ed alla rassegnazione sociale. Chiediamo che venga applicata OBBLIGATORIAMENTE la misura cautelare del braccialetto elettronico a tutti i soggetti ai quali, secondo le norme vigenti, possono essere applicate misure cautelari per reati attinenti alla violenza di genere, stalking e maltrattamenti in famiglia.

Chiediamo che anche le vittime siano munite del medesimo braccialetto elettronico, se acconsentono ad indossarlo, al fine di attuare una CONCRETA protezione dal proprio persecutore del quale, in questo modo, verrebbe rilevata la vicinanza!

Occorre più prevenzione e meno funerali. Lo Stato italiano non può più restare a guardare la mattanza di donne e bambini compiuta per mano di uomini lucidi, vendicativi, possessivi e maschilisti

https://www.change.org/p/sergio-mattarella-braccialetto-elettronico-obbligatorio-contro-la-violenza-su-donne-e-bambini

Di Avv. S. D’Aquilio

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GLI AVVOCATI E IL FASCINO PERVERSO DELLA PAS O ALIENAZIONE GENITORIALE

9 Febbraio 2018 | Redazione

di Avv. S. D’Aquilio

n questi giorni è tornato alla ribalta un argomento che gli avvocati familiaristi conoscono fin troppo bene: la cosiddetta Pas (sindrome da alienazione parentale-genitoriale) recentemente mutata in alienazione genitoriale e della quale abbiamo già parlato nel nostro articolo del 29 gennaio scorso.

Ciò su cui poco ci si interroga è il perché questa “sindrome”, inventata di sana pianta da un sedicente Professore Docente alla Columbia University, eserciti il proprio fascino perverso su moltissimi avvocati.

La prima risposta che verrebbe spontanea è che la Pas costituisce una facile strategia difensiva, sebbene non degna di fondamento, peraltro costosissima (perché comporta un lungo iter processuale ed il coinvolgimento anche di consulenti del Tribunale e di parte, psicoterapia, percorsi di mediazione ecc…), che tuttavia costituisce essa stessa di per sé una fonte di traumi per i minori coinvolti.

Cavalcarla nei Tribunali è stato agevole e poco impegnativo, perché per evocarla è bastato citarne il teorizzatore, Richard Gardner, indicarne i titoli accademici (senza specificare che fossero inveritieri!) per poi passare ad illustrare brevemente al Giudice delle condotte considerate tout court “alienanti” di un genitore (normalmente la madre) verso l’altro, ma spesso senza specificare molto di più e senza che vi fosse un minimo di seria indagine preventiva, per poi semplicemente presumere, da ciò, l’esistenza di una “alienazione” e, per di più, di una “sindrome da alienazione”!

Una volta evocata la famigerata Pas, l’iter giudiziario diventa fra i più dolorosi e penosi immaginabili: i bambini ed i ragazzi vengono analizzati in minuziose CTU (consulenze tecniche d’ufficio) e, sovente, inviati in psicoterapia per recuperare A TUTTI I COSTI il rapporto con il genitore cosiddetto alienato (poco importa se fosse abusante o maltrattante il minore stesso).

Il tutto con somma soddisfazione del legale che ha messo in moto tale procedura nonché, almeno inizialmente, del genitore “alienato”.

Tuttavia la soddisfazione processuale ed economica non sono sufficienti, a nostro sommesso avviso, per spiegare l’enorme successo della Pas fra gli avvocati (degli psicologi ci occuperemo in separato articolo). Non lo sono perché è una lettura superficiale ridurre ad una mera questione di soldi e successo processuale tutto il male che viene fatto ai minori coinvolti, a causa della battaglia di CTU e CTP che si innesca in tali casi, ma anche perché spesso si impongono incontri protetti fra questi minori ed il genitore “alienato” (spesso abusante o maltrattante).

Dopo anni trascorsi nei Tribunali e patrocinando cause di diritto di famiglia, possiamo affermare che, a nostro sommesso parere, tra gli elementi che attirano gli avvocati in un procedimento di affidamento di minori che evochi la Pas vi sono anche fattori ulteriori e più profondi, spesso inconsci (altre volte perfettamente consci) all’avvocato medesimo e che affondano le loro radici nelle stesse dinamiche psicoaffettive del singolo legale, nelle sue motivazioni e nei suoi condizionamenti più intimi.

Gli avvocati del resto sono persone, assolutamente imperfette e con una propria storia che non ha ricadute evidenti in cause di diritto ordinario ma potrebbe averne in cause più delicate e dai risvolti psicologici ed affettivi importanti, come appunto avviene nelle separazioni e nei divorzi giudiziali. Gli avvocati che si dedicano al diritto di famiglia, dunque, dovrebbero avere una formazione di qualità ed improntata SEMPRE ad un’azione giudiziaria scevra da condizionamenti e pregiudizi personali perché, in caso contrario, non si può assumere una difesa efficace.

Pertanto, possiamo asserire che un avvocato che “sposi” la causa del proprio assistito in modo del tutto acritico fino al punto da cavalcare una sindrome inventata come la Pas, non sta svolgendo il proprio mandato con la necessaria competenza.

Aggiungiamo che il medesimo legale affascinato dalla Pas non può certamente difendere in modo efficace le donne vittime di abusi o maltrattamenti poiché, sovente, la Pas viene utilizzata proprio per smantellare ogni accusa di abuso o maltrattamento, assumendo che i figli (cioè i testimoni per eccellenza di reati endofamiliari) sarebbero manipolati dalla madre, vittima denunciante.

Di conseguenza, ci chiediamo come possa un legale che ha utilizzato la Pas nella propria casistica giudiziaria, ergersi a paladino dei diritti delle donne vittime di violenza. Eppure è ciò che accade con un dualismo quasi schizofrenico.

Si tratta di quesiti che dovrebbero far riflettere innanzitutto gli avvocati, proprio quelli che hanno subito il fascino della Pas e che sono convinti essa esista davvero. Dovrebbero essi stessi distinguere fra ciò che è un comportamento rilevabile oggettivamente ed analizzabile nel contesto in cui si manifesta ed una sindrome che venne inventata per colpire le vittime di violenza e, spesso, viene spasmodicamente cercata nelle CTU per finalità che sono assai lontane dal tutelare il benessere dei minori.

Occorrono, dunque, un’etica ed una coerenza professionale che vanno ben oltre il codice deontologico forense e che dovrebbero fare naturalmente parte del sentire ed agire di un avvocato familiarista competente.
Il nostro compito, quello degli avvocati, non è quello di creare sindromi pur di vincere una causa. Il nostro compito è difendere un assistito e le sue ragioni, ma solo se queste sono legittime e non manifestamente infondate perché, viceversa, ne saremmo complici.

Tuttavia, nel diritto di famiglia, il nostro compito di avvocati è ancor più delicato poiché è primariamente quello di tutelare anche i minori ed il loro benessere: perché tutto ciò che viene espletato in un processo di separazione/divorzio giudiziale ha un forte impatto personale e sociale del quale noi avvocati dovremmo sentirci responsabili. Sempre!

“La famiglia è un’isola che il mare del diritto può solo lambire e non sommergere” (Arturo Carlo Jemolo)

Il Parere – EDUCAZIONE ALLA SESSUALITÀ: OSTACOLI E PREGIUDIZI

14 Gennaio 2018 | Redazione

di Bruna Rucci, psicologa e psicoterapeuta

A seguito delle sconcertanti notizie giunteci, che vedono le ragazze italiane assolutamente ignoranti circa sessualità e metodi contraccettivi, abbiamo chiesto un piccolo approfondimento ad una psicoterapeuta che ci ha inviato le sue riflessioni e testimonianza.

Lo scenario che emerge è davvero preoccupante ed i genitori italiani risultano ancora troppo legati a dannosi tabù.

Le giovani donne italiane sono tra le più ignoranti d ‘Europa in materia di informazione sessuale.

Da una recente indagine della Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO), emerge che le giovani  donne italiane hanno informazioni non corrette sulla sessualità, ottenute da internet o dagli amici.

Alcuni dati?

-il 56% non conosce la posizione esatta della vagina, figuriamoci se sa come avviene l’orgasmo in una donna.  Molte mie giovani pazienti hanno l’orgasmo in modo “casuale”, ossia non conoscono i meccanismi e gli stimoli che le porterebbero al raggiungimento del piacere. Si “affidano “ al partner, anche lui mal informato, la cui “teoria” sessuale si basa su informazioni prese dai porno, con insoddisfazione e frustrazione reciproca.

-il 42% delle italiane non utilizza  nessun metodo anticoncezionale durante il primo rapporto, e anche chi usa la pillola non utilizza il preservativo nei rapporti occasionali, con conseguente rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili. La pillola è usata dal 16% delle donne, ancora esiste la paura che faccia ingrassare e che gli ormoni facciano male.

La vendita dei preservativi è in calo.

Spesso anche i medici non sono preparati a fornire le giuste informazioni e il sostegno adeguato ai giovani nel compiere determinate scelte.

Da cosa deriva tutta questa disinformazione rispetto ad altri Paesi della Comunità Europea?

In Italia, complice perbenismo e tabù di derivazione cattolica, non si fa educazione sessuale, ed in questa lacuna siamo anche stai  allertati dalla Comunità Europea. In Italia ancora si vuole evitare il problema. Oltre ad essere all’ultimo posto nella prevenzione sessuale di gravidanze e di malattie trasmesse sessualmente, siamo all’ ultimo posto nell’educazione sessuale.

L’educazione sessuale  nelle scuole è OBBLIGATORIA in tutta Europa dalla scuola materna, associata all’educazione contro i ruoli e gli stereotipi di genere.

In Italia non esiste una normativa chiara a riguardo, e il tutto è lasciato al caso, alla sensibilità ed apertura  di presidi e coordinatori scolastici che devono scontrarsi con l’approvazione o meno delle famiglie.

In molti altri Paesi della Comunità Europea è materia scolastica, come la matematica.

Quindi doppio vuoto informativo per i ragazzi; la famiglia, spesso impreparata o addirittura contraria che si parli di sesso, omosessualità e contraccezione ai propri figli, e la scuola, senza una normativa precisa a riguardo.

Un vuoto familiare e istituzionale che porta i ragazzi all’informazione “fai da te”, con  risultati negativi  che arrivano anche agli stupri e all’utilizzo della donna come oggetto sessuale.

Eppure i giovani fanno sesso, male, senza precauzioni, spesso in modo occasionale e slegato da ogni valenza affettiva, di scambio con l’altro.

Ma tutto questo sembra non interessare ai politici, a chi redige programmi scolastici e nemmeno ai genitori, che preferiscono non sapere, o illudersi che i propri figli”ancora certe cose non le facciano”. Come psicoterapeuta esperta in sessuologia, mi è capitato in una scuola superiore di Roma, dopo aver ottenuto a fatica il consenso da parte dei genitori, per tenere un corso di educazione affettivo-sessuale, di vedermi costretta a lasciare a metà arrivata all’informazione sull’uso corretto degli anticoncezionali e del preservativo.

Eppure i ragazzi, nonostante i temi trattati, ascoltavano con interesse, facevano domande pertinenti, cercavano disperatamente quelle informazioni che nessuno era in grado di fornire loro, nel vuoto assoluto pieno di tabù e pregiudizi che vive la sessualità nel nostro Paese.

IL PARERE. Le conseguenze psichiche degli abusi sessuali nell’infanzia

24 Dicembre 2017 | Redazione

del Dottor Andrea Mazzeo, Psichiatra

Maison Antigone ha chiesto ad uno psichiatra con esperienza ultratrentennale di illustrare le conseguenze degli abusi sulle vittime minorenni. Abbiamo ricevuto delle considerazioni davvero interessanti e che ci fanno comprendere quali possano essere le resistenze ad affrontare la pedofilia in modo incisivo e risolutivo ancora oggi, nel 2017. La nostra petizione/progetto di legge circa la introduzione di una anloga Legge Megan in Italia, dunque, diventa fondamentale per sensibilizzare le coscienze e vi invitiamo a firmarla e a diffonderla.

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“La psichiatria e la psicologia hanno trascurato per lunghi anni le conseguenze psichiche delle violenze e degli abusi sessuali subiti nell’infanzia preferendo soffermarsi sugli effetti di ipotetici e mai dimostrati conflitti intra-psichici e sulla ricerca, sino a ora infruttuosa, di ipotetiche cause organiche alla radice dei più gravi disturbi mentali.

Sigmund Freud era giunto a comprendere le cause dei disturbi mentali ma poi, per paura o vigliaccheria, ha preferito abbandonare quelle ipotesi, abbandonando così al loro destino i suoi pazienti.

Nel 1896 Freud tenne una conferenza alla Società di psichiatria e neurologia di Vienna, dal titolo “Etiologia dell’isteria” (cfr Opere complete di Freud, Ediz. Boringhieri, testo elettronico, pag. 2383). In questa conferenza “Freud espone, in modo specifico per l’isteria, la teoria del trauma sessuale precoce, e cioè della seduzione da parte di adulti subita nella prima infanzia(dalle avvertenze editoriali). Freud dichiarò di non avere alcun dubbio sulla veridicità dei racconti fattigli dai suoi pazienti, che gli furono confermati anche da terze persone coinvolte in quegli episodi.

La conferenza suscitò molte critiche da parte dei medici presenti i quali consigliarono a Freud di abbandonare questa teoria pena la condanna all’oblio della nascente psicanalisi. Cosa che Freud ha fatto, abbandonando la teoria della seduzione infantile da parte degli adulti e teorizzando che i traumi sessuali riportati dai suoi pazienti fossero solo loro fantasie e non realtà vissute traumaticamente.

Gli altri psicanalisti seguirono Freud su questa strada; solo uno psicanalista ungherese, Sandor Ferenczi, l’allievo preferito di Freud, restò fedele alla teoria del trauma sessuale precoce come causa di disturbi psichici. Ferenczi fu allontanato dalla Società di psicanalisi e venne fatto passare per demente.

Si deve arrivare al 1980, quando uno psicanalista statunitense, Jeffrey Masson, studiando gli archivi di Freud scoprì e rivelò al pubblico i motivi per i quali Freud abbandonò la teoria della seduzione in favore della teoria delle fantasie infantili e del complesso di Edipo. Il libro con il quale Masson ha fatto queste rivelazioni, “Assalto alla verità”, non è più in commercio; un estratto del libro si può consultare qui.

Successivamente è la psicanalista Alice Miller che ha approfondito i legami tra disturbi psichici e violenze abusi sessuali subiti nell’infanzia; per questo motivo la Miller è stata espulsa dalla Società psicanalitica. Lo stesso destino di Ferenczi.

Va ricordato anche il gruppo coordinato dallo psicologo Andrea Vitale che sta lavorando sulla teoria del deficit parentale (http://parentaldeficit.blogspot.com/).

Solo di recente la psichiatria e la psicologia stanno rivalutando, tra i fattori responsabili dei disturbi mentali, le violenze e gli abusi sessuali nell’infanzia.

Nel 2006 si è svolto a Madrid il XV congresso della Società internazionale per il trattamento della schizofrenia e delle altre psicosi (ISPS); nel corso del congresso sono stati presentati numerosi lavori scientifici focalizzati sugli abusi infantili come causa di psicopatologia dell’adulto. La rivista spagnola online Tendencias sociales ne ha dato notizia con un titolo forte: “L’abuso infantile è la prima causa della schizofrenia”. Purtroppo è stato il sito ufficiale del congresso è stato hackerato, come si può vedere; questo fa comprendere che di abusi sessuali non si può parlare liberamente pena ritorsioni.

Uno dei lavori più interessanti presentati a questo convegno è quello di un gruppo di lavoro inglese che ha trovato delle correlazioni significative tra abusi sessuali subiti nell’infanzia e la comparsa di allucinazioni uditive (le famose voci) da adulti.

​Siamo solo all’inizio di questi studi ma i risultati sembrano indicare un’importanza sempre crescente delle violenze e degli abusi sessuali infantili come causa dell’insorgenza di disturbi mentali negli adulti. Correlati a violenze e abusi sessuali sono vari disturbi di personalità, in primo luogo il disturbo borderline di personalità, oltre l’anoressia mentale, molte forme depressive e depressivo-ansiose, disturbi fobici e ossessivi.

Per ripetere un concetto di Alice Miller, “psicosi, droga e criminalità sono l’espressione cifrata delle prime esperienze infantili”.

IL PARERE: LA VIOLENZA AI MINORI

18 Dicembre 2017 | Redazione

di Antonella Del Monte e Luciana Piermattei, Educatrici professionali

5–7 minuti


L’intervento multidisciplinare fra professionisti e il ruolo dell’educatore professionale

Maison Antigone collabora con diverse figure professionali che costituiscono la nostra rete di supporto per donne e minori vittime di abusi.

Abbiamo chiesto il contributo di due operatrici professionali in ambito minorile al fine di comprendere meglio il fenomeno per poterlo combattere con efficacia.

Il problema della violenza ai minori è sempre esistito nella storia. Purtroppo fa parte di un male congenito dell’umanità; attualmente riguarda milioni di bambini nel mondo.

Vittime dello sfruttamento, della povertà, dell’abuso cinico e bieco.

La devastazione nell’anima: ecco quello che deve cercare di “curare” chi si trova a dover seguire casi di minori abusati. Ci si trova di fronte a bambine/i in età, in cui la serenità e la spensieratezza dovrebbero favorirne la crescita, e che sono invece lacerati dal più pesante dei tradimenti: quello subito da chi credevano fosse dalla loro parte!

Il fenomeno della violenza, è caratteristico di relazioni perverse, ove conflitti non risolti da una generazione, vengono espulsi in quella successiva.

A scatenare reazioni violente contro i propri figli nella maggior parte dei casi sono l’abuso di alcool e di stupefacenti, mentre la correlazione tra povertà e maltrattamenti, benché esistente, non sembrerebbe essere altrettanto costante. All’interno di ogni relazione familiare multiproblematica c’è sempre il cosiddetto “paziente designato” sul quale si scaricano le negatività dei membri più disturbati, in una sorta di mala eredità transgenerazionale.

Ci sono ancora profonde difficoltà emozionali nelle vittime, spesso coinvolte affettivamente con le figure familiari che compiono abusi su di loro.

Il timore di reazioni aggressive, di separazioni, di abbandoni o la paura di essere giudicati pazzi, cattivi o bugiardi, costituiscono i freni principali alla ribellione e alla rivelazione della violenza sia da parte dei bambini sia da parte (a volte) dell’altro genitore non abusante (spesso la madre) che pur intuendo o conoscendo addirittura l’episodio criminoso, non ha la forza di opporvisi.

La violenza ai minori è il più delle volte sommersa, quindi non facilmente

diagnosticabile, è un fenomeno nascosto per il quale c’è una drammatica carenza di dati.

E’ indispensabile, pertanto, costruire intorno al bambino e alla sua famiglia una rete di vigilanza, di cure e di sostegno fin dal grembo materno.

L’intervento in generale

Per combattere la violenza degli abusi dobbiamo soprattutto prevenire e poi curare la deprivazione. Dare una risposta corale in favore di tutti quei bambini abusati e maltrattati che coinvolga tutti, umanamente e professionalmente. E’ importante sottolineare sempre l’”insieme” degli interventi.

L’intervento specifico multidisciplinare fra professionisti

E’ necessario costruire un sapere comune per ottimizzare l’intervento creando un quadro di riferimento concettuale a cui attingere nei casi di abuso. Quadro di riferimento che può scaturire soltanto dal dialogo e dal confronto di diverse figure professionali quali:

psicologi, assistenti sociali, insegnanti, educatori, giuristi.

Va sottolineato, pertanto, che è necessario sintonizzare e integrare i diversi piani di intervento: giudiziario, psicosociale , terapeutico e clinico. In questi anni abbiamo riscontrato numerosi casi di violenze ed abusi ai minori (spesso sommerse) collaborando con strutture quali Centri d’ascolto, Scuole e Case famiglia, operando in qualità di educatrici

professionali.

Il ruolo dell’educatore professionale

Per meglio comprendere il ruolo dell’educatore professionale, nei casi di abuso ai minori è bene sottolinearne il profilo professionale.

In particolare le attività dell’educatore professionale si esplicano attraverso una gamma di interventi che si estendono in un arco molto ampio: di promozione o prevenzione primaria; di prevenzione più specifica con interventi precoci laddove si profilino occasioni di rischio o di difficoltà; di trattamento e reinserimento in presenza di difficoltà già

manifestatesi. I vari interventi sono svolti in collaborazione con altre figure professionali.

L’educatore professionale nel merito del suo intervento, è il “tecnico della relazione”, è un operatore che, vivendo la quotidianità con l’utente è a diretto contatto anche con la sua “emozionalità”, e quindi in grado di conoscerne l’andamento.

Pertanto è una figura, in grado, di riassumere in sé le competenze per poter operare proficuamente, fermo restando il rispetto delle peculiarità delle altre figure professionali che risultano essere, comunque indispensabili, per mettere a punto una politica d’intervento mirata.

Insomma, come già detto, è necessario sintonizzare e integrare i diversi piani di intervento: giudiziario, psicosociale, terapeutico, clinico per arrivare a costruire un percorso integrato e sinergico risolutivo nei casi di violenza ai minori.

La scommessa è: mobilitare tante competenze per raccogliere e costruire “sapere condiviso”, garantite rispetto ad una cooperazione comunicativa.

BASTA AL FAVOREGGIAMENTO DELLA PEDOFILIA E DELLA PEDOPORNOGRAFIA IN ITALIA ED IN EUROPA! ISTITUIAMO IL PUBBLICO REGISTRO PEDOFILI

17 Dicembre 2017 | Redazione

di Avv. Michela Nacca6–7 minuti


Rendiamo i pedofili identificabili e tracciabili pubblicamente come già avviene negli U.S.A.

Perché il diritto alla privacy dei pedofili non può prevalere sul diritto dei bambini ad essere tutelati dalle violenze sessuali, dallo sfruttamento sessuale e dalla pedopornografia!

In Europa i bambini e le bambine  abusate sessualmente sono 18 milioni.

In Italia su circa 80.000 chiamate l’anno giunte a Telefono Azzurro il 10% dei casi riguardano violenze sessuali.

Uno studio del Centro Aurora di Bologna (Centro Nazionale per i bambini scomparsi e sessualmente abusati) ha evidenziato che in Italia  dal 2004 al 2007 sono scomparsi 3.399 minori. E la situazione sta peggiorando: nell’ultimo decennio molte di più sono state le scomparse di bambini, dato l’aumento di immigrazione clandestina di minori.

La pedofilia, la pedopornografia, le violenze sessuali sui bambini e le bambine, il turismo sessuale, fenomeno molto diffuso tra gli italiani così come tra uomini europei ancora oggi troppo poco ostacolato, costituiscono reati particolarmente pericolosi per il futuro dei piccoli abusati che porteranno per sempre le cicatrici della violenza spesso con ripercussioni a livello psichico e sociale.

Un registro pubblico dei pedofili, nella maggior parte dei  casi recidivi, permetterebbe di identificare prontamente persone già condannate per pedofilia che si aggirano in luoghi frequentati da minori e prevenire così qualsiasi forma di avvicinamento.

Negli USA, nonostante le violenze sessuali sui minori siano nettamente inferiori, il fenomeno viene contrastato con maggiore forza rispetto all’Europa, specialmente in fase preventiva e tenendo conto del fatto che i “predatori sessuali” sono dei recidivi.

Innanzitutto grazie alla “Legge Megan”, che prende  il nome da Megan Kanka, bambina  di sette anni che fu rapita, violentata e uccisa nel 1994 da un vicino di casa pluripregiudicato per reati  sessuali su minori.

Dal 1997 in Usa le autorità devono schedare i condannati per delitti sessuali su minori: in tutti gli Stati è prevista la registrazione in una banca dati elettronica dell’amministrazione penitenziaria, acquistabile da parte di qualsiasi cittadino su Cd-Rom  per 35 dollari, oppure consultabile tramite un numero verde o un cd-rom disponibile presso i commissariati, le biblioteche o le fiere delle contee.

A breve, è stato previsto che i pedofili americani siano identificati come tali anche sul loro passaporto, ciò per rafforzare la lotta contro il turismo sessuale con minori e lo sfruttamento infantile. Il Dipartimento di Stato americano infatti  applicherà una sorta di “bollino” sui documenti di chi ha commesso questo tipo di reati ed il retro del passaporto recherà la dicitura “Il proprietario è stato condannato per un reato di tipo sessuale nei  confronti di minori ed è schedato secondo la legge americana”.

In Europa la materia di abuso, sfruttamento dei minori e pornografia minorile sono regolate dalla Direttiva 2011/92/UE.

La Convenzione di Lanzarote già dal 2007 prevede “la registrazione e alla conservazione dei dati relativi all’identità, nel rispetto della privacy e ad uso interno, nonché al profilo genetico (DNA) delle persone condannate per reati sessuali, affidati ad un’unica autorità nazionale che deve interfacciarsi con le altre autorità degli Stati membri”. Tuttavia tale normativa è rimasta inapplicata dalla maggior parte degli Stati membri.

In Italia l’esistenza di una banca dati nazionale, ma a mero uso interno per le forze di polizia, è stata prevista dalla legge 36 del 2006.

Ciò stante noi chiediamo che in Italia ed in tutta Europa:

1.    Venga soppressa la condizione contenuta nella stessa Convenzione di Lanzarote, inerente la tutela della privacy dei pedofili  condannati.

2.    Sia creato un Registro Pubblico Pedofilia ove siano inseriti tutti i dati identificativi di responsabili di reati di  pedofilia e pedopornografia (nome, cognome, data di nascita, residenza, domicilio, riconoscimento fotografico) consultabile da ogni cittadino  via web.

3.    Venga introdotta la “Legge Megan” prevedendo che  chiunque è condannato per qualsiasi genere di reato a sfondo sessuale,  in cui vittima sia un bambino o un minore, perdendo ogni diritto alla privacy, con  l’obbligo di registrare presso le Forze dell’ordine i propri dati  anagrafici, il proprio domicilio e i propri spostamenti, gli sia imposto  il divieto assoluto di frequentare, lavorare e/o risiedere nelle  vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori o dal genere di persona normalmente bersaglio dei propri crimini.

4.    Coloro che si siano macchiati di gravi reati sessuali su minori vengano resi identificabili sul loro passaporto, con specifico ed esplicito riferimento alla condanna subita.

Riteniamo infatti che il diritto alla privacy di un condannato per pedofilia NON SIA PIU’ MERITEVOLE DI PROTEZIONE DEL DIRITTO DEI BAMBINI DI POTER ESSERE SALVATI DA VIOLENZE SESSUALI!

Solo l’introduzione delle misure da noi richieste e sopra indicate, infatti, potranno efficacemente contrastare in via preventiva la pedofilia: l’adozione di politiche e legislazioni diverse da quelle sopra suggerite potranno solo testimoniare la piena complicità ed il favoreggiamento compiuto dalle istituzioni europee ed italiane verso tali odiosi reati!

Firmiamo tutti l’introduzione del Registro Pubblico Pedofili, affinché lo Stato e l’Europa ci mettano realmente in  condizione di difendere preventivamente i nostri figli e nipoti!

https://www.change.org/p/presidente-parlamento-europeo-istituzione-pubblico-registro-pedofili

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Comunicato Stampa – L’ASSOCIAZIONE MAISON ANTIGONE FIRMA UN’IMPORTANTE PETIZIONE CONTRO LA PEDOFILIA

15 Dicembre 2017 | Redazione

di Raffaella Bocci

5–7 minuti


Si chiede l’istituzione di un pubblico registro dei pedofili e l’adozione in Italia e in Europa della statunitense “Legge Megan”

I dati del Telefono Azzurro sono agghiaccianti: ogni anno in Europa 18 milioni di bambini sono vittime di abuso sessuale. Nel 2016 sono stati gestiti 301 casi e l’Interpol ha identificato 5 bambini vittime di abusi sessuali on line al giorno. Una vittima su due è una bambina al di sotto degli 11 anni.

E questi sono i casi denunciati che rappresentano solo la minima parte di un fenomeno difficile da stimare se si tiene conto di tutti i minori immigrati che giungono nel nostro Paese privi di identità e di tutti i bambini che svaniscono nel nulla senza lasciare traccia.

Ogni anno in Italia scompaiono circa 100 bambini di cui si perde ogni traccia, in Europa ben 270 mila.

Proteggere i bambini è un dovere che deve coinvolgere tutti i cittadini.

La Convenzione di Lanzarote del 2007 e la successiva rettifica del 2012, prevedono “la registrazione e la conservazione dei dati relativi all’identità, nel rispetto della privacy e ad uso interno, nonché al profilo genetico (DNA) delle persone condannate per reati sessuali, affidati ad un’unica autorità nazionale che deve interfacciarsi con le altre autorità degli Stati membri”. Tuttavia tale normativa è rimasta inapplicata dalla maggior parte degli Stati membri.

Le misure fino ad oggi adottate in Italia e nel resto d’Europa inoltre, non tengono sufficientemente conto dalla facilità di adescamento da parte dei pedofili anche per mezzo della rete internet. Attraverso il web si può entrare in contatto con i minori, conoscere le loro abitudini e controllare i loro spostamenti. I casi di abusi sessuali sui minori sono in costante aumento anche grazie all’incontrollabile villaggio globale.

Tutto questo nella maggior parte dei casi sfugge al controllo degli adulti di riferimento, i collegamenti internet sono sempre più facili attraverso gli smartphone attraverso i quali i minori possono relazionarsi inconsapevolmente con potenziali pedofili.

La prevenzione e la tutela dei minori deve giocare un ruolo di primo piano per contrastare questo fenomeno, tra cui anche la pedopornografia e il turismo sessuale i cui dati sono sempre più allarmanti. In questo contesto è indispensabile rendere i cittadini attori protagonisti della lotta alla pedofilia.

Negli Stati Uniti nel 2007 è stata introdotta la Legge Megan, che prende il nome da Megan Kanka, bambina di sette anni che fu rapita, violentata e uccisa nel 1994 da un vicino di casa pluripregiudicato per reati sessuali su minori.

Già perché chi si macchia del reato di pedofilia è sempre recidivo e di solito è  stato egli stesso un bambino abusato.

A breve sempre in USA i pedofili saranno identificati anche mediante segnalazione sul passaporto al fine di combattere il turismo a sfondo sessuale con minori e lo sfruttamento infantile. Il Dipartimento di Stato americano infatti applicherà una sorta di ‘bollino’ sui documenti di chi ha commesso questo tipo di reati ed il retro del passaporto recherà la dicitura “Il proprietario è stato condannato per un reato di tipo sessuale nei confronti di minori ed è schedato secondo la legge americana”.

L’Associazione Maison Antigone chiede pertanto l’Istituzione di un Registro Pubblico Pedofili e lo ha fatto pubblicando una Petizione elaborata dalla nostra Presidente Avv. Michela Nacca pubblicata su change.org https://www.change.org/p/presidente-parlamento-europeo-istituzione-pubblico-registro-pedofili.

Cio’ affinche’

  • Venga introdotta la “Legge Megan” prevedendo che chiunque venga condannato per qualsiasi genere di reato a sfondo sessuale, in cui vittima sia un bambino o un minore, perda essenzialmente ogni diritto alla privacy per un periodo variabile, da un minimo di 10 anni dalla data del rilascio fino a tutta la vita, con l’obbligo di registrare presso le Forze dell’ordine il proprio domicilio e i propri spostamenti, il divieto assoluto di frequentare, o risiedere nelle vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori o dal genere di persona normalmente bersaglio dei propri crimini,  l’affissione di tali dati in un registro pubblicamente consultabile, assicurando il diritto a qualunque cittadino  di accedere a tali dati tramite appositi siti Internet e che venga previsto che, anche in Italia ed in Europa, coloro che si siano macchiati di gravi reati sessuali su minori vengano resi identificabili su passaporto, con specifico riferimento alla condanna.
  • Coloro che si siano macchiati di gravi reati sessuali su minori vengano resi identificabili sul loro  passaporto, con specifico ed esplicito riferimento alla condanna.

Solo l’introduzione delle misure da noi richieste e sopra indicate, infatti, potranno efficacemente contrastare in via preventiva la pedofilia: l’adozione di politiche e legislazioni diverse da quelle sopra suggerite potranno solo testimoniare la piena complicità ed il favoreggiamento compiuto dalle istituzioni europee ed italiane  verso tali terribili reati!

Essere adescati da un pedofilo è più facile di ciò che si pensa, può capitare a ognuno dei bambini che si incontriamo per strada ogni giorno . Nessuna cura potrà far guarire un bambino abusato.

Per questo motivo Maison Antigone ritiene che sia determinante la prevenzione a 360° ad opera di tutti i cittadini, piuttosto che un eventuale inutile recupero di ferite che non potranno mai essere rimarginate.  

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PANDORA È RIUSCITA A GETTARE IN UN SOLO COLPO 50 ANNI DI FEMMINISMO ITALIANO

14 Dicembre 2017 | Redazione

di Marzia Lazzerini

Cosa vogliono le donne per Natale? Soprattutto rispetto

Non potevamo crederci ma  purtroppo è tutto vero. La scritta apparsa ieri nei cartelloni  pubblicitari del grande marchio Pandora ci ha lasciate sgomente. Sono riusciti a mettere insieme i più beceri stereotipi sul genere femminile e questo accade a nemmeno una settimana dal 25 novembre, in cui si è  ricordata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Una pubblicità così non si vedeva nemmeno negli anni ’60, quando le donne erano ritratte con grembiule e ai fornelli mentre il marito, stanco, tornava da lavoro e si sedeva a tavola. Non possiamo tornare indietro e  bruciare in questo modo un pezzo di storia del femminismo italiano.

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Il PARERE: LA VIOLENZA E’ UNA MALATTIA?

2 Dicembre 2017 | Redazione

di Bruna Rucci psicologa psicoterapeuta

Maison Antigone, denunciando il rischio di depenalizzazione del reato di maltrattamenti, abbiamo chiesto alla dottoressa Bruna Rucci, psicologa e psicoterapeuta, un parere in merito.

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La violenza nelle relazione è la forma di violenza più comune nella vita delle donne, in tutto il mondo, superando ogni altro tipo di abuso fisico e sessuale.

La comunità scientifica ha da tempo abbandonato la visione della violenza verso le donne come malattia psicologica, perché non può descrivere quello che accade, né generare strumenti efficaci di intervento.

1- Affermare che la violenza verso le donne sia una malattia di cui è affetto chi la esplica, non è confermato da studi e ricerche. Nel caso della violenza domestica i violenti aggrediscono fisicamente solo la loro compagna, moglie, fidanzata (a volte anche i figli). Quindi c’è una scelta razionale su chi attaccare, come, quando e dove, che la persona con reali disturbi psichici, come uno schizofrenico, non è in grado di fare. Il comportamento dei violenti non corrisponde, quindi, a quello di individui con problemi mentali o psichici.

2- Affermare che la violenza sia una perdita di controllo, ossia un “ raptus”, (termine caro a media e giornalisti per giustificare stupri e femminicidi) scatenato dalla incapacità di gestire rabbia e frustrazione, non corrisponde a quanto succede nella realtà.

Le ricerche e lo studio dei comportamenti dei violenti nei confronti delle donne, hanno evidenziato che il presunto raptus (momento di assoluto obnubilamento delle facoltà razionali), non si scatena mai verso colleghi, amici o passanti, ma è rivolto sempre contro moglie o fidanzata.

L’azione violenta è spesso preparata con cura.

Pedinare la futura vittima, tenderle un tranello per incontrarla da sola, andare all’incontro con una tanica di benzina e sostenere dopo di non sapere cosa si stesse facendo, sono in aperta contraddizione.

Il violento abituale sceglie con cura le sue tecniche. Picchia solo in privato, o fa in modo di non lasciare prove e testimoni. Alcuni minacciano gli affetti della vittima (figli, animali domestici, parenti), facendo scelte razionali su come fare del male alla donna anche quando pretendono di aver “perso la testa“. In questi comportamenti, così studiati e selettivi, possiamo riscontrare patologia o disturbo psichico?

La violenza è un comportamento scelto in modo cosciente ed i suoi fini sono il predominio e l’abuso.

Chi è violento nei confronti della moglie o fidanzata, all’interno della relazione, lo è con lo scopo di ottenere il controllo psicologico e sociale su azioni, pensieri e sentimenti della partner.

Chi usa violenza verso la donna ha aspettative determinate su chi deve “comandare” e sui meccanismi ritenuti accettabili per sottometterla.

Dice alla donna cosa fare e si aspetta di essere obbedito, è convinto che lei non abbia diritto a sottrarsi al controllo, si sente giustificato ad usarle violenza.

Getta la colpa dei suoi atti sulla donna e non si sente responsabile o in colpa per il dolore, la sofferenza o la morte.

La violenza di genere è il risultato di relazioni sociali basate su dominio e diseguaglianza, e si nutre ed alimenta dalle giustificazioni culturali, religiose, economiche e politiche.

Finché nella società esisteranno, tra uomo e donna, disparità di ruoli, mentalità, peso economico, peso sociale, la violenza continuerà ad essere presente.

La violenza esercitata dagli uomini sulle donne è riconosciuta come una violazione dei diritti umani (ONU 1993 Dichiarazione per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne).

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Il sindaco di Pimonte prova a recuperare organizzando tre eventi in concomitanza con la Giornata Nazionale contro le violenze sulle donne

https://www.ilgazzettinovesuviano.com/2017/11/28/palummo-pimonte-stupro/
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VesuvioLive: “Non è una bambinata ma uno stupro”: 46mila firme contro il sindaco di Pimonte

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Il Giornale.it. 46mila firme contro il sindaco che definì stupro “bambinata”Una 15enne venne violentata da un gruppo di minorenni. E il sindaco sminuì i fatti.

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